Nei casi in cui viene disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa dichiarata fallita, per i contratti di somministrazione e di assicurazione, non sussiste il diritto alla prededuzione dei crediti anche preesistenti alla dichiarazione di fallimento essendo le prestazioni effettuate a mezzo di contratto di somministrazione tra di loro indipendenti e distinte per cui il credito vantato potrà essere valutato in modo frazionato e non in modo unitario.
Nell’ipotesi in cui al termine dell’esercizio provvisorio, il curatore opta per il subentro nel contratto, la procedura è tenuta a corrispondere anche il prezzo delle forniture già eseguite prima della dichiarazione di fallimento.
La disciplina della Legge Fallimentare, art.74, comma 2, non costituisce applicazione dell’unità di prestazione derivante dall’unicità del contratto di somministrazione, ma la disposizione che pone il credito pregresso del somministrante fuori concorso ed è frutto del contemperamento operato equitativamente dalla legge, fra gli interessi della massa e quelli del terzo contraente della procedura fallimentare, con una disciplina la cui base deve individuarsi nell’esistenza del fallimento e nelle sue specifiche finalità.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2124/2011 proposto da:
ROSSO SPA;
RICORRENTE
Contro
BIANCO GIALLO SAS, in persona del Curatore
CONTRORICORRENTE
avverso il decreto del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO, depositato il 10/12/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con sentenza del 22.10.2009 il Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato il fallimento della BIANCO GIALLO SAS nonchè del socio accomandatario TIZIO GIALLO, disponendo la continuazione dell’esercìzio provvisorio dell’impresa.
La ROSSO SPA, creditrice per forniture di energia elettrica e di gas della società fallita, ha presentato domanda di ammissione al passivo in prededuzione per la somma di Euro 198.4 61,76.
Il giudice delegato ha ammesso il credito in via chirografaria e, con decreto del 3/12/2010, il Tribunale di Busto Arsizio ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento dalla ROSSO SPA la quale lamentava l’esclusione della prededuzione, chiesta perchè era stato disposto l’esercizio provvisorio.
Ha osservato il Tribunale che la prosecuzione dell’attività in presenza di esercizio provvisorio dell’impresa fallita non comporta l’obbligo per la procedura di pagare in prededuzione i crediti maturati prima della dichiarazione di fallimento nell’ambito dei contratti pendenti posto che la disposizione contenuta nella Legge Fallimentare, art.104, comma 9, prescrive che la disciplina dettata dagli articoli 72 e seguenti (la quale prevede che in caso di subentro nei contratti pendenti il curatore ne assuma i relativi obblighi) trovi applicazione solo dopo la cessazione dell’esercizio provvisorio.
Contro il decreto del tribunale la società opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo.
Resiste con controricorso la curatela intimata.
Nei termini di cui all’art.378 cpc, parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.
2.- La società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della Legge Fallimentare, art.104, e vizio di motivazione.
Sostiene che, una volta disposto l’esercizio provvisorio, qualora il curatore non si sia sciolto dal contratto o non abbia optato per la sospensione, “debbono essere soddisfatti in prededuzione non solo i crediti sorti in pendenza di detto esercizio, ma anche i crediti scaduti quando siano funzionalmente collegati, come nel caso di specie, ad un rapporto contrattuale unitario che prosegue e che rende per l’effetto anche unitario il credito”.
3.- Il ricorso è infondato.
Il nuovo art.72, Legge Fallimentare, dispone che, se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando nei confronti di una è dichiarato il fallimento, l’esecuzione di esso, fatte salve diverse disposizioni della stessa sezione 4′, “rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto (comma 1). Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto (comma 2).
A tale regola generale fa eccezione la Legge Fallimentare, art.104, comma 7, per l’ipotesi in cui il tribunale abbia autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa, prevedendo che “durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli“.
Per i contratti la cui esecuzione sia proseguita in virtù della predetta norma (e senza che il curatore abbia esercitato la facoltà di sospensione o scioglimento) il comma 9 della citata disposizione prevede che “al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le disposizioni di cui alla sezione 4′ del capo 3′ del titolo 2′“.
Quindi, al termine dell’esercizio provvisorio “rivive” la regola generale di cui alla Legge Fallimentare, art.72, e la disciplina prevista dell’intera sezione 4′. Nell’ambito di tale disciplina derogatoria (anche della Legge Fallimentare, art.74) l’art.104, comma 8, prevede che “i crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 111, comma 1, n. 1)“.
Ciò è quanto risulta espressamente anche dalla Relazione illustrativa, nella parte in cui afferma che “le norme in materia di effetti dal fallimento sui rapporti giuridici pendenti trovano impregiudicata applicazione anche al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio dell’impresa per quei contratti ancora pendenti alla medesima data” e che “al fine di dirimere possibili contrasti, è espressamente previsto che i crediti sorti durante l’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione nel fallimento“.
La prededuzione, dunque, è prevista soltanto per i crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio mentre, una volta tornata applicabile la regola generale di cui alla Legge Fallimentare, art.74, solo se il curatore, al termine dell’esercizio provvisorio, opta per il subentro nel contratto, è tenuto a corrispondere anche il prezzo delle forniture già eseguite prima della dichiarazione di fallimento.
Invero, stante “l’eccezionalità delle disposizioni dettate dalla Legge Fallimentare, artt.74 e 82, per i contratti di somministrazione e di assicurazione, laddove, in ragione dell’indivisibilità delle prestazioni, riconoscono ai contraenti dell’imprenditore insolvente il diritto alla prededuzione dei crediti anche preesistenti” (Sez. 1, n.11855/2006) e l’espressa previsione della Legge Fallimentare, art.104, comma 7, in ordine alla prededucibilità soltanto dei crediti maturati nel corso dell’esercizio provvisorio, quella norma avente carattere eccezionale (come tale “inapplicabile oltre i casi in essa considerati“: Sez. 1, n. 396/2001) non può essere estesa anche ai rapporti che “proseguono” per effetto diretto del provvedimento del tribunale che dispone l’esercizio provvisorio.
La soluzione accolta nel provvedimento impugnato è conforme a tali principi e alla ratio della Legge Fallimentare, art.74, come ricostruita dalla giurisprudenza di questa Corte.
Le Sezioni unite, invero, hanno da tempo evidenziato la caratteristica essenziale del contratto di durata (alla cui categoria indubbiamente appartiene la somministrazione), nel quale all’unità sinallagmatica nella fase genetica, corrisponde la continuità o la periodicità nella fase esecutiva (Sez. U, Sentenza n. 4715 del 22/05/1996).
Secondo la pronuncia ora menzionata, “il contratto di somministrazione non mira ad un risultato contrattuale unico (come si verifica per es. nella vendita a consegne ripartite), ma al riprodursi di un risultato contrattuale completo e definitivo in ogni sua manifestazione, per cui le singole prestazioni sono tra di loro indipendenti e distinte, avendo come unico elemento comune il fondamento giuridico sulla cui base sono dovute, e possono essere rinnovate. Di conseguenza, ogni atto di prestazione e controprestazione non costituisce un adempimento parziale del contratto di durata, ma un adempimento pieno delle obbligazioni da esso sorgenti che se in relazione alla caratteristica di contratto di durata l’adempimento non estingue il rapporto, ma permette il sorgere di nuovi rapporti di credito e di debito. Ogni consegna, o la erogazione continuata, appaga interessi strutturalmente autonomi del creditore, per cui non è individuabile, per la stessa struttura del contratto di durata, una prestazione unica, ma una pluralità di prestazioni in relazione al ripetersi periodico, o continuativo, nel tempo del bisogno del creditore, ancorchè la pluralità delle prestazioni sia collegata dall’unicità del contratto che ne è la fonte obbligatoria.
Così configurata, la natura del contratto di somministrazione non è di per sè incompatibile col fatto che una parte dei crediti sorti dal contratto debba essere pagata in prededuzione ed altra abbia natura concorsuale.
Conseguentemente la disciplina della Legge Fallimentare, art.74, comma 2, non costituisce applicazione dell’unità di prestazione derivante dall’unicità del contratto di somministrazione, ma la disposizione che pone il credito pregresso del somministrante fuori concorso non è propria del rapporto di somministrazione, nè è portato della natura di detto rapporto, ma è frutto del contemperamento, operato equitativamente dalla legge, fra gli interessi della massa e quelli del terzo contraente della procedura fallimentare, con una disciplina la cui base deve individuarsi nell’esistenza del fallimento e nelle sue specifiche finalità”.
Le Sezioni unite, quindi, con la pronuncia innanzi richiamata, hanno concluso, tra l’altro, nel senso che “la disciplina della Legge Fallimentare, art. 74, comma 2, non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali, cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa” (Sez. U, Sentenza n. 4715 del 22/05/1996, in motivazione). Conclusivamente, alla luce dei principi giurisprudenziali richiamati e delle norme introdotte dalla riforma, occorre distinguere i crediti che potrebbero esser maturati in tre successivi ma distinti segmenti temporali:
a) ante fallimento,
b) in pendenza dell’esercizio provvisorio,
c) successivi al termine dell’esercizio provvisorio.
I crediti del SEGMENTO B) sono sempre indiscutibilmente prededucibili;
quelli del SEGMENTO C) sorgono ovviamente solo se il curatore al termine dell’esercizio provvisorio abbia optato per il subentro nel contratto ed, in tal caso,
sono del pari sicuramente prededucibili; quelli del SEGMENTO A) sono o meno prededucibili a seconda che, sempre al termine dell’esercizio provvisorio, il curatore abbia scelto di subentrare o di sciogliersi dal contratto.
Tale ultima soluzione – come ha avvertito una parte della dottrina – è giustificata da ciò che la continuazione del contratto è frutto di opzione legislativa e non del curatore.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
La novità della questione, peraltro, giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.