Cassazione Civile, sez. I, 02 aprile 2012, n. 5261
Con sentenza n. 5261 del 02 aprile 2012 la Cassazione afferma il principio secondo cui gli effetti dell’approvazione tacita del conto corrente ex art. 1832 c.c. non sono opponibili al curatore fallimentare.
Tale norma, derubricata “Approvazione del conto” prevede infatti che “l’estratto conto trasmesso da un correntista all’altro s’intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze”.
In tal senso, secondo la Cassazione, l’istituto di credito, il quale prospetti una sua ragione di credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto corrente e ne chieda l’ammissione allo stato passivo, ha l’onere, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, di dare piena prova del suo credito, assolvendo al relativo onere secondo il disposto della norma generale dell’art. 2697 c.c. attraverso la documentazione relativa allo svolgimento del conto, senza poter pretendere di opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, “ex” art. 1832 cod. civ., derivano, ma soltanto tra le parti del contratto, dall’approvazione anche tacita del conto da parte del correntista, poi fallito, e dalla di lui decadenza dalle impugnazioni.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Plenteda Donato – Presidente –
Dott. Dogliotti Massimo – Consigliere –
Dott. Cultrera Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. Giancola Maria Cristina – Consigliere –
Dott. Didone Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1949-2011 proposto da:
XXX BANK S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in XXX, via
XXX, presso l’avvocato XXX, rappresentata e difesa dall’avvocato XXX, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO XXX S.R.L., in persona del Curatore dott. XXX, elettivamente domiciliato in XXX, via XXX, presso
l’avvocato XXX che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato XXX, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di PARMA, depositato il 15/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2012 dal Consigliere Dott. XXX;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato XXX, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato XXX che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. XXX che ha concluso per, in via principale,
l’inammissibilità del ricorso; in subordine rigetto.2
FATTO E DIRITTO
1.- Con il decreto impugnato il tribunale di Parma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento
della s.r.l. XXX in liquidazione proposta dalla s.p.a. XXX (e per essa dalla mandataria XXX BANK s.p.a.) la
quale lamentava l’esclusione del credito di Euro 953.451,63 derivante da contratto di factoring stipulato
dalla fallita, di cui Euro 761.848,36 per anticipazioni e per la restante parte per interessi e commissioni.
Contro il decreto del tribunale la banca opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo
motivo.
Resiste con controricorso la curatela intimata la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso non essendo
state impugnate tutte le ragioni poste a base della decisione.
Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.
2.- Con l’unico motivo di ricorso la banca ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
1366, 1832, 2704 e 2710 c.c. e art. 45, L. Fall., e dei principi generali in tema di opponibilità degli atti al
fallimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.p., nn. 3 e 5. Deduce che, contro i principi generalmente applicati dalla
giurisprudenza di legittimità e risultanti chiaramente dall’art. 1832 c.c., il tribunale ha sostenuto l’irrilevanza
del contratto di apertura del conto, degli estratti conto e del certificato notarile del saldo debitore,
contraddicendosi con il richiamo dell’art. 2710 c.c..
Per contro, applicando corretti principi giuridici, pur considerando il curatore terzo nel procedimento di
accertamento del passivo, il tribunale sarebbe pervenuto a decisione opposta se avesse ritenuto il
contratto di apertura del rapporto di factoring e il documento di sintesi opponibili al curatore per la
presenza di data certa sul retro del contratto e del documento di sintesi agli atti del presente giudizio.
3.- L’unico motivo di ricorso è infondato. Invero, il tribunale, accertata l’anteriorità della stipula del
contratto rispetto alla sentenza di fallimento, ha ritenuto infondata l’opposizione perchè esclusa
l’operatività dell’art. 2710 c.c. nei confronti della curatela fallimentare – la banca opponente non aveva
assolto all’onere “di dare piena prova del suo credito, attraverso la documentazione relativa alle singole
operazioni poste in essere nello svolgimento del conto, che, ai sensi dell’art. 119, Legge Bancaria, deve
essere conservata dalla banca per dieci anni (C. 9 maggio 2001 n. 6465)”. Il giudice del merito, pertanto, pur
avendo ritenute fondate le ragioni della banca opponente quanto alla prova dell’anteriorità del contratto di
factoring, ha rigettato l’opposizione ritenendo non provato il credito insinuato e, così facendo, ha
correttamente applicato il principio per il quale l’istituto di credito, il quale prospetti una sua ragione di
credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto corrente e ne chieda
l’ammissione allo stato passivo, ha l’onere, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, di dare piena
prova del suo credito, assolvendo al relativo onere secondo il disposto della norma generale dell’art. 2697
cod. civ. attraverso la documentazione relativa allo svolgimento del conto, senza poter pretendere di
opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, “ex” art. 1832 cod. civ., derivano, ma
soltanto tra le parti del contratto, dall’approvazione anche tacita del conto da parte del correntista, poi 3
fallito, e dalla di lui decadenza dalle impugnazioni (Sez. 1, Sentenza n. 6465 del 09/05/2001; Sez. 1,
Sentenza n. 1543 del 26/01/2006). Peraltro, la decisione impugnata è conforme all’insegnamento per il
quale gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., che conferiscono efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti
inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trovano applicazione nei confronti del
curatore del fallimento, il quale agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente
capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non potendo egli, in tale sua
veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalle norme in questione, operanti solo tra imprenditori
che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa; ne consegue che, nel giudizio di opposizione
allo stato passivo, non assumono la predetta efficacia probatoria le fatture cui si riferiscono i crediti oggetto
di domanda di ammissione al passivo da parte di un imprenditore (Sez. 1, Sentenza n. 10081 del
09/05/2011). Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori
come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2012.