Osserva
La CTR di Bologna, accogliendo l’appello di (…) appello proposto contro la sentenza n.97/01/2008 della CTP di Ferrara che aveva respinto il ricorso della parte contribuente avverso avviso di mora per tributo IRPEF-ritenute alla fonte iscritto a ruolo nell’anno 1989- ha annullato il predetto avviso di mora perché non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento al diretto interessato.
La CTR ha motivato la propria decisione evidenziando che la Concessionaria -che si era difesa assumendo che la cartella era stata notificata nel 1995 al curatore del fallimento dichiarato in data 8.4.1992 a carico del (…) in quanto socio di tale “(…) snc”- avrebbe dovuto effettuare la notifica della cartella ad entrambi i soggetti (al curatore, in ragione della partecipazione di detti crediti all’asse fallimentare- al contribuente, in quanto soggetto passivo del rapporto tributario) e comunque non aveva fornito prova della notifica asseritamente effettuata alla procedura concorsuale, avendo allegato agli atti il solo originale dell’avviso di mora inviato al contribuente (peraltro stampato su modulo non appropriato e di difficile lettura).
(…) spa ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi del l’art.375 cpc.
Ed invero, con il motivo di impugnazione (improntato alla violazione degli art.26 e 50 del DPR n.602/1973) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito abbia ritenuto illegittima la notifica della prodromica cartella effettuata nelle mani del curatore fallimentare (così come documentalmente provato in giudizio e comunque non oggetto di contestazione da parte del contribuente), notifica che è idonea ad esplicare i suoi effetti anche nei confronti del fallito tornato in bonis.
Trovando origine la pretesa in un accertamento divenuto definitivo e non essendo stata la cartella oggetto di impugnazione da parte del curatore, di nessun pregiudizio procedimentale poteva dolersi il contribuente, avendo il curatore fallimentare l’obbligo di trasmettere al fallito notizia di ogni atto a lui relativo e non potendosi dubitare che anche il (…) sia stato notiziato di tanto.
La censura appare inammissibilmente formulata.
Ed invero la parte ricorrente prospetta la sua censura sulla scorta di due convergenti presupposti di fatto: che la notifica della cartella esattoriale sia avvenuta a mani del curatore fallimentare e che ciò sia stato implicitamente ammesso dalla parte contribuente per effetto della mancata contestazione. Della corrispondenza al vero di detti presupposti, però, non offre alcuna specificazione che sia rispettosa del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, canone che si estende anche alle premesse di fatto su cui si fonda il vizio di errore di diritto:” Poiché l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., che la parte attemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea” (per tutte, Cass. Sez. L, Sentenza n. 9777 del 19/07/2001). Nella specie di causa detto canone avrebbe dovuto essere rispettato in maniera ancor più rigorosa, atteso che si desume dalla pronuncia qui impugnata che il giudice del merito ha già positivamente verificato l’omessa produzione in giudizio della notifica asseritamente effettuata ed ha implicitamente escluso che negli atti di parte contribuente sia stata fatta ammissione “per omessa contestazione” circa la realtà di detta notifica, siccome le censure di parte contribuente (per come trascritte nella parte narrativa della pronuncia impugnata) sono tutte improntate all’implicito disconoscimento della consapevolezza di una tale corrispondenza al vero.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
Roma, 30 dicembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato; che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in €1.800,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per esborsi.