MARCO
CATALANO
Magistrato
del Tribunale di Torre Annunziata
LE MODIFICAZIONI DELLO STATO PASSIVO NEL FALLIMENTO
PROFILI
SOSTANZIALI E GIURISPRUDENZIALI
Una delle principali attività che il giudice delegato
ed al curatore devono espletare in maniera congiunta è
quella della verificazione dello stato passivo, ovvero l'
accertamento dei debiti in capo al fallito al fine di procedere
alla successiva ripartizione. Trattasi di un' attività
con un certo margine di elasticità da effettuarsi in
contraddittorio con gli interessati (creditori e fallito),
al termine della quale il g.d. dichiara esecutivo lo stato
passivo. Una volta terminata questa operazione spetta al curatore
comunicare ai creditori istanti l' esito delle loro domande
di ammissione con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Caratteristica principale dello stato passivo è la
sua immodificabilità se non tramite l' esperimento
dei rimedi di cui agli artt. 98 e ss. l.f. ; in altre parole
solamente tramite l' esercizio del rimedio dell' opposizione
del creditore escluso o ammesso con riserva, dell' impugnazione
da parte degli altri creditori, della insinuazione tardiva
e della revocazione si possono apportare modificazioni allo
stato passivo utili ai fini di una diversa distribuzione dell'
attività fallimentare.
Passando all' esame analitico delle norme che contengono i
rimedi ora enunciati si osserva.
L' opposizione allo stato passivo ex art. 98 e ss l.f. è
il rimedio che la legge attribuisce al creditore escluso o
ammesso con riserva per veder modificata la sua domanda di
ammissione, esclusa in tutto o in parte dal g.d. Detta istanza,
da presentarsi con ricorso al g.d. che fissa l' udienza di
comparizione ed il termine per la notifica del ricorso e del
decreto al curatore deve essere esperita entro 15 dalla ricezione
della raccomandata con la quale il curatore notizia il creditore
della esclusione totale o parziale (o della ammissione del
credito in chirografo piuttosto che in privilegio), ai sensi
della nota sentenza nr 102 del 1986 della Corte Costituzionale.
L' onere di prova della tempestività della presentazione
del ricorso entro i 15 giorni assegnati dalla legge incombe
al creditore opponente, che deve allegare l' originale o la
copia della comunicazione inviatagli dal curatore al fine
di permettere al collegio l' accertamento della tempestività
(Se risulta dagli atti di causa che il curatore ha inviato
la comunicazione prevista dall' art. 97 l.f., il creditore
escluso ha sempre e comunque l' onere di provare la tempestività
dell' opposizione allo stato passivo producendo la lettera
raccomandata a lui pervenuta. In mancanza, il tribunale deve
rilevare d' ufficio la inammissibilità dell' opposizione,
ancorchè il curatore costituito non abbia depositato
l' avviso di ricevimento della lettera raccomandata inviata
al creditore e non abbia eccepito la tardività dell'
opposizione Trib Agrigento 29.11.1995). E' onere ulteriore
del creditore quello di costituirsi in giudizio almeno 5 giorni
prima della udienza fissata dal g.d. altrimenti l' opposizione
si reputa abbandonata ; anche in questo caso il collegio dovrà
verificare d' ufficio l' esatto adempimento dell' onere imposto
al creditore opponente.
Circa la procedura che si applica nel caso de quo, è
indubbio che trattasi di quella risultante dalla legge 353/1990
con l' unica eccezione della riserva di collegialità
ai sensi dell' art. 48 ord. Giudiziario ; sulla scorta di
siffatto principio è stato affermato che "nel
giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal creditore,
la cui richiesta di insinuazione sia stata respinta dal g.d.,
è lo stesso creditore opponente ad avere la veste di
attore, mentre il curatore che contesti la pretesa assume
la veste di convenuto. Pertanto, nei limiti in cui le regole
del processo di cognizione lo consentono, nulla impedisce
a detto curatore di far valere, in via di eccezione, ragioni
di infondatezza della pretesa del ricorrente diverse da quelle
enunciate nell' originario provvedimento di non ammissione
del credito al passivo, non essendovi alcun onere di sollevare
tutte le possibili contestazioni nel corso dell' adunanza
prevista dall' art. 96 l. fall." (Cass sez. I 1.8.1996
nr 6963).
Essendo quindi considerato il giudizio di opposizione come
un normale procedimento contenzioso avente quale fine l' emanazione
di una sentenza dichiarativa, l' opponente ed il curatore
(se costituito) debbono osservare, come di è detto,
le norme che il codice di procedura civile detta in tema prova.
Dibattuta è la questione se il giudice dell' opposizione,
che è il g.d. nella veste di giudice istruttore, possa
d' ufficio acquisire il fascicolo fallimentare, problema dibattuto
anche negli altri giudizi che traggono origine dal fallimento,
come ad esempio per le azioni revocatorie ; sebbene vi siano
alcuni contrasti giurisprudenziali, si ritiene che valendo
nel giudizio di opposizione i normali oneri probatori che
gravano su ogni parte processuale, anche nel giudizio di opposizione
il fascicolo non potrà essere acquisito d' ufficio,
ma potrà essere inserito nella procedura o a mezzo
di acquisizione tramite la p.a. o tramite l' ordine di esibizione
; qui, infatti, a differenza che nel giudizio di opposizione
alla sentenza dichiarativa di fallimento, nel quale il tribunale
dovrà d' ufficio accertare se sussistevano i presupposti
per la dichiarazione di fallimento e quindi dovrà esaminare
l' intero fascicolo amministrativo, siamo di fronte ad un
giudizio contenzioso ordinario, come si è detto, nel
quale sono in vigore le normali regole procedurali. La legge
fallimentare prevede, inoltre, che per motivi di economia
processuale i giudizi di impugnazione dei vari crediti di
una stessa procedura siano riuniti, e per far ciò impone
al g.d. di stabilire per ogni opposizione la stessa data di
udienza, onde permetterne la riunione ; trattasi non di litisconsorzio
necessario, ma facoltativo, la cui pratica attuazione è
oggi più difficile in quanto il termine quindicinale
per impugnare l' esclusione o l' ammissione con riserva non
è lo stesso per tutti i creditori, ma per ognuno di
essi decorre dalla data di ricezione della raccomandata con
avviso di ricevimento con la quale il curatore notizia i creditori
; pertanto, nella pratica, il dies a quo può essere
diverso vuoi per il fatto che i creditori si trovano in domicili
diversi, vuoi per disfunzioni del sistema postale nazionale.
Circa il regime delle spese, esso trae la sua fonte nel sistema
ordinario delle norme del codice di procedura civile.
E' pertanto necessario che il creditore si costituisca a mezzo
di procuratore ad litem giusta il disposto di cui all' art.
82 c.p.c. ; nella pratica, poiché è raro che
un creditore presenti in proprio la domanda di ammissione
al passivo, ma delega un avvocato, nel mandato allo stesso
conferito per la presentazione di domande di ammissione al
passivo è stabilita la facoltà di proporre opposizioni
e/o impugnazioni ; è bene comunque accertare che il
mandato ad litem esista al momento del deposito del ricorso,
non essendo possibile una apposizione successiva al deposito.
Sarà onere del curatore informare, una volta ottenuta
la notifica del ricorso e del decreto, il g.d. ai fini di
eventuale costituzione in giudizio. Circa la opportunità
di costituzione, infatti, trattasi di apprezzamento rimesso
al g.d. ed al curatore. Vi possono essere infatti casi di
in cui il credito è stato escluso perché basantesi
su documentazione in copia non conforme ed il creditore con
la opposizione allega gli originali dei titolo ; in tal caso
sarà inutile la costituzione in giudizio ; oppure vi
sono casi, abbastanza frequenti, di credito di lavoro per
i quali, in sede di verifica, sono state ammesse solamente
le somme accertabili documentalmente o con un semplice calcolo,
quali le ultime mensilità od altro, mentre il creditore
richiedeva anche differenze retributive o straordinari ; in
questi casi, trattandosi di accertamenti da effettuare in
concreto a mezzo deposizioni testimoniali, e non avendo la
curatela da articolare prove contrarie, inutile sarà
al sua costituzione in giudizio.
Per quanto riguarda la natura della opposizione allo stato
passivo è opinione comune che trattasi di impugnazione
al provvedimento di esclusione totale o parziale dell' istanza
del creditore, nel quale il creditore riveste la figura dell'
attore e il curatore quella del convenuto. Di conseguenza
il creditore attore nel giudizio di opposizione non potrà
far valere nuove domande, ma dovrà solamente far accertare
giurisdizionalmente quel che gli era stato precluso in sede
di verifica ; e d' altra parte il curatore non potrà
proporre domande riconvenzionali, sebbene in relazione al
titolo fatto valere possa proporre eccezioni diverse da quelle
alla base del rigetto della domanda di ammissione (Cass 1.8.1996
nr 6963). Ed inoltre "nel procedimento di opposizione
allo stato passivo, in cui sono preminenti le esigenze di
celerità nello svolgimento del giudizio, non sono ammissibili
domande riconvenzionali che siano solo genericamente o indirettamente
ricollegabili al rapporto sul quale il creditore ha fondato
la propria richiesta di insinuazione al passivo, e non invece
rigorosamente dipendenti dal medesimo fatto dal quale trae
origine la pretesa creditoria. Ne consegue che, ove il curatore
fallimentare non si limiti a far valere la pretesa revocatoria
ex art. 67 l. f., al solo fine di paralizzare la contrapposta
pretesa del creditore che voglia far ammettere al passivo
un proprio credito o far riconoscere una causa legittima di
prelazione, ma proponga, nel giudizio di opposizione allo
stato passivo, una vera e propria domanda riconvenzionale,
questa è inammissibile, pur quando eventualmente si
ricolleghi al medesimo rapporto al quale ha fatto riferimento
il creditore ricorrente, attesa che essa si fonda sul compimento
di un fatto (il compimento dell' atto revocando) - e, dunque,
su un titolo - diverso e non dipendente da quello (Cass 1.8.1996
nr 6963).
Passando all' esame della procedura di opposizione allo stato
passivo in relazione a casi concreti, è stato innanzitutto
affermato che "sono inopponibili al curatore fallimentare,
in quanto prive del requisito della certezza, le date risultanti
dai timbri postali apposte su alcune cambiali per l' annullamento
delle marche integrative del bollo, poiché l' emissione
delle cambiali è posteriore rispetto al momento dell'
apposizione dei timbri (nella specie il giudicante ha rigettato
l' opposizione allo stato passivo diretta all' ammissione
del credito risultante dalle cambiali (Trib Napoli 16.3.1996).
Ed ancora, "l' opposizione allo stato passivo proposta
dal creditore escluso dal concorso fallimentare costituisce
una vera e propria impugnazione del provvedimento del g.d.,
con la conseguenza che il tribunale, cui è devoluta
la cognizione di essa, non può pronunciarsi su questioni
non dedotte dall' opponente, dal curatore e dagli altri creditori
eventualmente intervenuti in causa, salvo che si tratti di
questioni rilevabili d' ufficio, né possono essere
proposte domande nuove o più ampie rispetto a quelle
fate valere in sede di insinuazione al passivo" (Cass
sez. I 25.1.1993 nr 845).
Passando all' esame dell' art. 100 della l.f., esso prevede
l' opposizione da parte di creditori ammessi nei confronti
degli altri creditori ammessi.
Il primo problema che si pone riguarda la legittimazione,
ovvero se l' impugnazione in parola possa essere effettuata
solamente dai creditori ammessi al passivo, da qualsiasi creditore
o anche dai creditori esclusi o ammessi con riserva i quali
contemporaneamente presentino opposizione allo stato passivo
ai sensi dell' art 98 l.f.. Per quanto riguarda il primo problema,
ovvero della partecipazione indiscriminata di qualsiasi creditore
a proporre impugnazione ex art. 100 l.f. anche se il suo credito
non sia stato accertato dal g.d., la concorde opinione dottrinaria
è per la tesi negativa ; e ciò nonostante il
dato letterale della norma possa far propendere per la soluzione
positiva, parlando la legge di "ciascun creditore",
in quanto sarebbe contrario al sistema fallimentare prevedere
da un lato un rigido accertamento dell' esistenza di un credito
all' interno di una rigorosa procedura endofallimentare ed
invece allargare le magli a soggetti che in definitiva non
avrebbero alcun interesse concreto ad agire. Per quanto riguarda
la seconda problematica, nonostante alcune voci favorevole,
la più influente dottrina ritiene che non sia ammissibile
l' impugnazione da parte di soggetti la cui ammissione sia
condizionata da un procedimento di impugnazione. L' altra
questione riguarda la legittimazione ad agire del curatore
; anche in questo caso, nonostante alcune voci isolate, si
è ritenuto non legittimato il curatore sia perchè
non espressamente previsto dalla norma sia perché laddove
la legge fallimentare ha voluto l' intervento del curatore,
lo ha espressamente previsto, come nell' azione ex art. 102
l.f. : parimente si è argomentato per quanto riguarda
la legittimazione ad impugnare del fallito, il quale, come
è noto, a seguito della sentenza dichiarativa di fallimento
perde la capacità processuale (L' art. 100 della legge
fallimentare, il quale, in applicazione del principio fissato
dal precedente art. 43, circa la perdita della capacità
processuale del fallito nelle cause relative a rapporti patrimoniali
compresi nel fallimento, stabilisce che l' impugnazione dei
crediti ammessi al passivo è proponibile da altri creditori,
e non quindi dal fallito, manifestamente non si pone in contrasto,
per tale esclusione, con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
tenuto conto che i provvedimenti resi in materia di ammissione
di crediti al passivo spiegano effetto solo nell' ambito della
procedura concorsuale, senza precludere al fallito ulteriori
futuri controlli sulle pretese dei creditori, e che inoltre
gli interessi del fallito stesso in detta procedura trovano
adeguata difesa e tutela, oltre che nella facoltà di
esporre le proprie ragioni nel corso della formazione e della
verifica dello stato passivo (art. 95 e 96 della citata legge),
nella partecipazione del curatore al suddetto giudizio di
impugnazione, in qualità di parte necessaria Cass Civ.
Sez I 21.1.1985 nr 195).
Per quanto riguarda il procedimento, esso è analogo
a quello relativo all' impugnazione. Ex art. 98. Il creditore,
legalmente rappresentato da un avvocato abilitato, deve depositare
un ricorso alla cancelleria del g.d. entro 15 dalla data delle
A.R. con le quali il curatore lo avvisa del deposito in cancelleria
dello stato passivo. La partecipazione del curatore è
prevista come necessaria.
Particolarità della norma in esame è il disposto
del comma 4 dell' articolo in esame il quale stabilisce che
"se all' udienza le parti non raggiungono l' accordo
il giudice dispone con ordinanza non impugnabile che in caso
di ripartizione siano accantonate le quote spettanti ai creditori
contestati", ciò all' evidente fine di non far
ricadere sul creditore contestato le conseguente di una impugnazione
che potrebbe darsi infondata.
Quanto all' onere della prova, esso spetta a colui che intende
far valere in giudizio in diritto, e quindi spetta al creditore
istante la prova negativa dell' esistenza del credito contestato
ed ammesso definitivamente al passivo fallimentare ("Con
riguardo all' impugnazione prevista dall' art. 100 l.fall.
- con cui può essere fatto valere qualsiasi motivo
di esclusione del credito ammesso e delle relative garanzie,
senza che l' eventuale difetto di motivazione del decreto
di ammissibilità implichi la nullità del provvedimento
- non è il creditore ammesso a dover fornire nuovamente
la prova del suo credito, il quale è assistito dalla
favorevole valutazione che ne ha fatto il giudice della verifica,
ma è il creditore impugnante a dover provare la fondatezza
della sua contestazione" Cass Sez. I 26.7.1994 nr 6954
"Sulla base dell' ordinamento vigente, sono soggetti
alla procedura del fallimento gli imprenditori commerciali,
i cui crediti siano rimasti insoluti, formando così
nella specifica procedura la massa passiva. Ora, ai sensi
dell' art. 100 della legge fallimentare, i crediti già
ammessi possono divenire oggetto di impugnazione da parte
di altri creditori aventi diritto alla contestazione. Tale
impugnazione provoca un giudizio di cognizione di natura contenziosa,
deputato alla verifica dell' esistenza e dell' ammontare del
credito ammesso, attraverso la contestazione della validità
dell' accertamento sommario già effettuato dal g.d..
In detto giudizio il creditore interessato - impugnante è
legittimato a far valere tutti i possibili motivi di esclusione
di tale o parziale del credito stesso o delle prelazioni riconosciute
e tutte le eccezioni che sarebbero spettate al debitore. In
conseguenza di ciò, la natura e la struttura del procedimento
comportano la piena applicazione del principio dell' inversione
dell' onere della prova ; per cui non è il creditore
ammesso a dover fornire di nuovo la prova del suo credito,
peraltro già assistito dalla favorevole valutazione
del giudice della verifica, ma è il creditore impugnante
a dover provare la fondatezza della sua contestazione"
Cass Sez I 13.12.1994 nr 10613).
Ulteriore
disciplina modificatrice dello stato passivo è quella
prevista dall' art.101 l.fall., la quale, a differenza delle
precedenti che comportano solamente una modifica di un credito
ammesso e l' ammissione di un credito escluso, comporta una
valutazione su un credito totalmente nuovo, che non era stato
in tempo portato all' attenzione del g.d. in sede di verifica
dei crediti. Proprio per la sua particolare natura di innovazione
rispetto ai crediti in precedenza esaminati, la disciplina
di cui all' art. 101 e, come vedremo dell' art. 103, comporta
delle similitudini e differenze con i casi di opposizione
ai crediti ammessi o esclusi ; similitudine i quanto, relativamente
alla prima fase dell' accertamento, essa si atteggia quasi
come una naturale prosecuzione dell' udienza di verifica dello
stato passivo. Prosecuzione in quanto un a volta depositato
il ricorso per ammissione tardiva vi è una prima fase,
non contenziosa, in cui compaiono creditore e curatore e nella
quale il curatore esprime il suo parere che, se condiviso
dal g.d., comporta l' ammissione del credito allo stato passivo
(e la cancellazione al ruolo della causa, secondo prassi inveterata
di molti tribunali) ; differente in quanto in caso di contestazione
del curatore (e anche se per ipotesi, piuttosto rara, in vero,
il g.d. sia d' accordo con l' ammissione), occorre instaurare
un procedimento contenzioso in cui il curatore dovrà
eventualmente essere autorizzato dal g.d. a resistere in giudizio
"l' art. 101mcomma terzo l.f. prefigura due possibili
forme di accertamento e dichiarazione tardiva del credito
: la prima, che si conclude con un provvedimento (decreto)
di ammissione al passivo assunto dal giudice delegato, presuppone
la sussistenza della duplice condizione che non sia contestata
dal curatore l' ammissione del credito stesso e che questo
sia ritenuto fondato dal giudice ; la seconda, che si conclude
con sentenza del tribunale fallimentare, presuppone che l'
ammissione del credito, di cui si chiede l' insinuazione tardiva,
sia contestata dal curatore e che, a seguito di tale contestazione,
il giudice abbia provveduto alla istruzione della causa a
norma degli artt. 175 e ss c.p.c.. Detta contestazione sussiste
in tutte le ipotesi in cui il curatore non esprime una integrale
adesione alla domanda formulata dal creditore per ciò
che attiene alla esistenza, alla quantità, alla qualità
(cause legittime di prelazione, prededucibilità), agli
accessori del credito medesimo, in quanto fatti valere nel
giudizio di insinuazione tardiva Cass sez. I 19.6.1995 nr
6937). Ulteriore corollario è che il decreto del g.d.
il quale abbia deciso l' ammissione del credito in conformità
al parere del curatore che però abbia contestato qualità
o quantità del credito è atto abnorme e pertanto
ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. (Il decreto con
il quale il giudice delegato, nel procedimento di insinuazione
tardiva, disponga l' ammissione al passivo di un credito in
modo non conforme alla richiesta, deve essere qualificato
come atto abnorme avente natura di sentenza e come tale impugnabile
con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. Sez : 19.11.1997
nr 11497), secondo un recente orientamento il quale è
di contrario avviso a quello che si era consolidato in precedenza,
secondo il quale "il creditore, il quale abbia proposto
domanda di dichiarazione tardiva di credito, accolta solo
parzialmente con decreto, adottato ex art. 101 terzo comma,
prima proposizione, L. fall. ì, dal giudice delegato
sulla base dell' erroneo presupposto della "non contestazione"
del creditore o dell' intervenuto accordo con il curatore
fallimentare, se non può esperire, avverso il predetto
provvedimento, i rimedi endofallimentari astrattamente ipotizzabili
(reclamo ex art. 26 od opposizione allo stato passivo ex artt.
98 e 99 L. fall.) può però impugnare il provvedimento
- avente natura sostanziale di sentenza - mediante appello,
con la conseguenza della non esperibilità avverso lo
stesso, in quanto mancane del carattere della non definitività,
del ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell' art.
111 comma secondo Cost." Cass sez. I 19.6.1995 nr 6937.
Quanto alla legittimazione attiva, come si è detto,
essa spetta a chiunque non abbia potuto presentare domanda
tempestiva di insinuazione ; il profilo della colpa rileva
soprattutto per il regime delle spese, essendovi una presunzione
di colpa del creditore tardivo, il quale, se non vuole sottostare
al regime delle spese, deve dimostrare che il ritardo non
è derivato da sua colpa. Particolare profilo riveste
la figura del cessionario del credito, in quanto, da un lato,
in virtù del principio di immodificabilità dello
stato passivo, vi sono coloro che ritengono che la cessione
del credito avvenuta dopo l' approvazione dello stato passivo
per essere efficace deve solamente essere notificata al fallimento,
dall' altro vi sono coloro che ritengono che il cessionario
debba, per azionare il suo diritto nei confronti della massa,
far valere la sua pretesa azionando il dispositivo di cui
all' art. 101 l.f. ; sul punto non rileva la circostanza che
la cessione sia avvenuta per volontà delle parti o
ex lege come nel caso di cui all' art. 3 L. 297/1982 che ha
istituito presso l' INPS un apposito fondo per il pagamento
di TFR e ultime tre mensilità a favore dei lavoratori,
nel caso di imprenditore dichiarato fallito ed incapiente,
da parte dell' Istituto Previdenziale. Continuando con la
disciplina della cessione del credito, particolare interesse,
specialmente dal punto di vista pratico, rileva la cessione
del credito effettuata prima del fallimento dell' imprenditore
nel caso in cui sia cedente che cessionario facciano domanda
tardiva di insinuazione al passivo fallimentare ; in questo
caso il principio che soccorre è quello di carattere
sostanziale dell' art. 1264 c.c. in base al quale l' efficacia
della cessione è subordinata all' accettazione del
debitore ceduto a alla notificazione dell' atto di avvenuta
cessione.
Dal punto di vista oggettivo, deve trattarsi di nuovi crediti,
ovvero di domande che non siano state sottoposte in precedenza
all' esame del g.d. e del curatore, a meno che riguardo ad
esse sia stato adottato un provvedimento di rigetto di carattere
formale, come nel caso, ad esempio di domanda inesistente
perché mancante della sottoscrizione della parte o
del suo procuratore ; né l' insinuazione è ammissibile
per il riconoscimento di una causa legittima di prelazione,
in quanto in relazione a questa questione, vi è l'
apposito strumento della opposizione allo stato passivo (è
inammissibile la domanda d' insinuazione tardiva al passivo
per far valere un diritto di prelazione (nella specie pegno),
accedente ad un credito già ammesso in chirografo,
su conforme domanda del creditore Cass. sez. I 27.4.1979 nr
2438); si pone, inoltre, il problema relativo alla ammissibilità
di domanda tardiva nel caso in cui lo stato passivo sia stato
approvato negativamente o per rinunzia dei creditori o per
mancata presentazione di domande tempestive, e la risposta,
dal mio punto di vista, è affermativo se è ancora
in vita la procedura fallimentare, anche perché, come
si vedrà in seguito, la pendenza di domanda tardiva
di ammissione non è causa ostativa alla chiusura della
procedura concorsuale senza nemmeno bisogno di accantonamenti
da parte del curatore, ma il tutto con rispetto del termine
finale del provvedimento del g.d. che approva e rende esecutivo
il piano di riparto finale dell' attivo (Cass sez. I 2.3.1988
nr 2201).
Passando e continuando nella disciplina di carattere procedimentale,
si osserva, come accennato poc' anzi, il principio della natura
bifasica della procedura di insinuazione tardiva. Nella prima
fase della procedura, in cui ancora non vi è contenzioso,
si pone il problema della rappresentanza in giudizio, ovvero
se il creditore istante debba parteciparvi a mezzo di procuratore
o e sufficiente l' istanza sottoscritta personalmente dallo
stesso, valendo le norme del processo ordinario solamente
per la fase contenziosa che si apre con la contestazione del
curatore ; la norma parla al riguardo di creditori, secondo
una dizione comune all' art. 93 e 98 l. fall. ; ma, mentre
nessun dubbio che la domanda di ammissione al passivo possa
essere firmata dal colo creditore, così come l' opposizione
ex art. 98 debba essere proposta a mezzo di procuratore concretandosi
in un giudizio di impugnazione, dubbi possono sorgere ex art.
101 l. fall., sebbene l' orientamento prevalente è
che il creditore, per potersi validamente costituire in giudizio,
debba munirsi di procuratore, anche perché il comma
due dell' art. in esame, nel disciplinare la costituzione
del parti, richiama l' art. 98 comma terzo l. fall. che prevede
la costituzione in giudizio almeno 5 giorni prima dell' udienza
fissata. Ulteriore conseguenza è che se il creditore
non si costituisce l' insinuazione si reputa abbandonata ed
il processo si estingue rendendo improcedibile la reiterazione
della medesima istanza ("la decadenza per la mancata
costituzione nel termine di cinque giorni prima dell' udienza
fissata dal giudice delegato, prevista dall' art. 98 terzo
comma, della legge fallimentare per l' opposizione allo stato
passivo, si applica, in forza del rinvio contenuto nel successivo
art. 101 anche alla domanda di insinuazione tardiva di crediti,
e ne rende perciò inammissibile la riproposizione quando
la causa non sia stata iscritta a ruolo nel suddetto termine
Cass. Sez I 4.11.1982 nr 5790). In conseguenza della natura
processuale e tecnica della costituzione in giudizio, si applicano
le norme del processo civile che disciplinano la procura ad
agire, che può essere generale o speciale ;se quindi
ad agire in giudizio è un cessionario ex lege non occorre
alcuna procura ad litem in quanto è la legge stessa
che attribuisce detto potere all' organo procedente, mentre
nel caso di cessione tra soggetti privati occorre che la procura
abbia i requisiti di cui all' art. 87 c.p.c. ; l' unica eccezione
alla interpretazione secondo cui occorre un procura ad litem
è quella relativa all Amministrazione finanziaria la
quale può essere rappresentata, nella fase amministrativa,
dai propri funzionari ai sensi dell' artt. 13 legge 3.4.1979
nr 103, mentre nella successiva fase contenziosa deve munirsi
del patrocinio dell' Avvocatura dello Stato.
L' ultimo rimedio relativo alla modifica dello stato passivo
è quello previsto dall' art. 103 l. fall. che riguarda
le istanze di rivendica tardive ;premesso in fatto che per
le istanze di rivendica, ovvero di separazione delle cose
mobili possedute dal fallito ma di proprietà di terzi,
la cancelleria forma un fascicolo secondo le procedure previste
dagli artt. 93 e ss l. fall. e l' esame delle istanze di rivendica
avviene di pari passo con quello dei crediti procedendo infine
il g.d. ad una unica approvazione dello stato passivo delle
rivendiche e dei crediti, il proprietario di bene mobile anche
dopo l' approvazione dello stato passivo delle rivendiche
può effettuare domanda tardiva di separazione sulla
base del comma terzo dell' art. 103 l. fall.
Nessun problema particolare si pone se non con riferimento
a particolari casi ; è stato infatti affermato che
in caso di rivendica di beni mobili fungibili (es dazione
di somma di danaro volta a costituire pegno irregolare) la
istanza medesima non sia ammissibile in quanto il possesso
da parte del fallito vale proprietà ed il creditore
ha la sola possibilità di rifarsi chiedendo l' ammissione
al passivo per il tantundem ; in caso di autoveicoli, inoltre,
dato che la trascrizione al PRA ha carattere dichiarativo
e non costitutivo, il possesso dell' autovettura da parte
del fallito equivale a qualificarlo come proprietario ; pertanto
è il terzo rivendicante che deva dare la prova della
proprietà per vincere la presunzione di appartenenza
del bene al fallito. La istanza di rivendica è inoltre
ammissibile se il bene rivendicato non è nel possesso
del fallito, in quanto in questo caso nulla vi è da
restituire (Cass sez. I 4.6.1983 nrv 3803). Quanto alle istanze
tardive di rivendica esse seguono la stessa sorte delle domande
di ammissione tardive in forza del richiamo all' art. 101
effettuato dall' art. 103 l. fall., con tutte le conseguenze
sostanziali e procedimentali sopra esaminate.
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