in collaborazione con il
Centro studi di diritto fallimentare di Bari

 

Stato di insolvenza,falso in bilancio e bancarotta fraudolenta.

Michele CASTELLANO
Avvocato
Professore di diritto commerciale nell'Università di Bari

 

Non affronterò tutte le problematiche che sono evocate da questa triade:non posso affrontarle per ragioni di competenza specifica essendo la mia competen- za specifica quella del diritto commerciale e quindi assolutamente privatistica come impostazione. Avevo colto il suggerimento di individuare sostanzialmente due problemati- che di fondo che mi sono anche suggerite dalla composizione poi dei relatori cultori del diritto penale e cultori delle scienze ragionieristiche aziendali e,se permettete modestamente anche il cultore del diritto commerciale.E queste due tematiche le vedo nelle seguenti:innanzitutto qual è il rapporto tra bilancio falso così come viene richiamato nell'art.223 come fatto costitutivo di reato ai sensi e per gli effetti del 223 della Legge Fallimentare e il bilancio non vero ai sensi e agli effetti della legge civile. Sono la stessa cosa? In materia di diritto,nell'ambito della legislazione civilistica quello che governa la redazione del bilancio di esercizio,è il principio di verità. E allora,il principio di verità civilistico,l'offesa del principio di verità civi- listico,realizza già per ipotesi la falsità di bilancio di cui al 223? E questo già mi sembra un primo problema di impostazione di carattere generale e se volete sistematica che mi pare suggerito appunto dal tema. Il secondo è,poi,qual è il rapporto tra principio di verità,così come viene offerto nell'ambito della legislazione civilistica dagli artt.2423 ss.del Codice Civile e regole tecniche elaborate dai cultori delle scienze ragionieristiche aziendali;nel senso che faccio riferimento,evidentemente,a quelle regole tec- niche che non siano state già sussunte dal legislatore negli artt.2423 ss.e,in particolare,nelle norme di dettaglio e sui principi di redazione del bilancio di cui all'art.2423 bis. Il primo problema si manifesta in modo più congruo al nostro vocabolario e alle nostre intelligenze,nel senso che,gli interessi tutelati dalle norme civi- listiche in materia di principio di verità del bilancio sono gli stessi interessi tutelati dalla normativa in materia di falso di bilancio di cui al 223 Legge Fallimentare? Tra l'altro il trait d'union tra normativa civilistica e normativa disposta in materia di bancarotta fraudolenta è dato,come già è stato ricordato,dal 2621 così che allora la domanda si articola,si arricchisce ancora di un ulteriore ele- mento:il falso in bilancio,richiamato dal 2621 è lo stesso fatto ipotizzato dal 223 Legge Fallimentare?E il falso in bilancio ipotizzato e richiamato dal 2621 c.c.è lo stesso bilancio non vero ai sensi e agli effetti della legge civilistica? Il che significa chiedersi quali sono gli interessi tutelati dal 2423 ss.,quali sono gli interessi tutelati dal 2621 e quali sono gli interessi tutelati dal 223 Legge Fallimentare. 18.Dal mio punto di vista,devo dire,che il compito che ho è abbastanza agevo- le perché determinare sotto il profilo civilistico quali siano gli interessi tutelati in materia di bilancio di esercizio e dal principio di verità è compito davvero agevole. Però qui,probabilmente,ho da aprire una piccola parentesi anche perché,sia chiaro,il risultato cui la maggioranza della dottrina oramai perviene e che anti- cipo,perché si ritiene in realtà essere la fattispecie bilancio o la lesione del prin- cipio di verità,una sorta di fattispecie plurioffensiva e non a caso,rubo una ter- minologia cara evidentemente ai cultori del diritto penale proprio perché come sapete,una delle opinioni,forse la più attualmente osservata dalla giurispruden- za in punto di 2621 e poi con la trasmigrazione dal 2621 al 223,è proprio quel- la di ipotizzare che gli interessi tutelati anche sotto il profilo penale dal 2621 sono in realtà una pluralità di interessi:fede pubblica,patrimonio,interesse dei soci,interessi dei creditori,interesse del mercato e come vedremo anche inte- resse all'informazione. Come è noto l'attuale normativa in materia di bilancio -parlo del bilancio civilistico e non evidentemente del bilancio tributario -è stata innovata in sede di attuazione di due direttive comunitarie,la quarta e la settima,in virtù di un decreto legislativo del 1991 che poneva in essere poi le norme,e rinviava l'in- troduzione di queste norme al 1993. Che cosa ha comportato questa innovazione?Quali sono le novità più impor- tanti che sono state introdotte? Innanzitutto è stato introdotto un sistema che,per semplicità,chiamerei pira- midale,un sistema piramidale nel senso che sono poste alla base di questa idea- le piramide una serie di norme di dettaglio che riguardano forma,contenuto, struttura,criteri di valutazione del bilancio di esercizio. Va subito precisato,peraltro,che il termine bilancio in realtà serve a desi- gnare sostanzialmente tre documenti,oramai secondo un lessico che viene uti- lizzato anche dai legislatori. Questa non è stata una novità senza peso perché già su questo punto c'erano contrasti tra giuristi e cultori delle scienze ragionieristiche aziendali sullo stes- so concetto del termine bilancio,sulla capacità,su che cosa si poteva designare con il termine bilancio. Oggi,almeno,questo problema non ce lo poniamo più e per bilancio dob- biamo intendere tanto i conti relativi allo stato patrimoniale,economico e finan- ziario,tanto il conto economico quanto l'ex conto profitti e perdite,quanto la nota integrativa. Se alla base di questa piramide abbiamo queste norme di dettaglio,imme- diatamente sopra,tra base e vertice,abbiamo i principi di redazione del bilan- cio,principi generali che sono molto importanti perché costituiscono poi la cin- 19.ghia di trasmissione tra queste norme di dettaglio e le clausole generali che sono poste al vertice di questa piramide,che sono,in realtà,anche veicolo di tra- smissione all'interno del codice dei principi contabili generalmente accettati. Tali principi sono il principio di prudenza,di continuazione,di realizzazio- ne,di competenza,di valutazione per classi omogenee dei beni,ecc. Merita,invece,di essere richiamato il vertice di questa piramide dove sono indicate le clausole generali:il principio di chiarezza,il principio di correttezza e finalmente il principio di verità. Perché piramide?Perché in realtà questa piramide visualizza immediata- mente qual è il rapporto gerarchico tra queste disposizioni. Le norme di dettaglio,i principi generali in materia di redazione sono stru- mentali e devono essere strumentali alla realizzazione della verità,chiarezza e correttezza. Anche questa è una puntualizzazione e precisazione effettuata dal legislato- re del '91 niente affatto irrilevante,perché certamente anche qui vi è noto che in realtà nel sistema previgente,quando la clausola generale era quella della chia- rezza e precisione e quando c'erano norme di dettaglio che prevedevano come criterio di valutazione solo ed esclusivamente criteri massimi di valutazione,in realtà ci si poneva il problema del rapporto tra principi di chiarezza e precisio- ne e norme di dettaglio e,per molto tempo,anche la giurisprudenza più avver- tita in realtà non negava che l'osservanza dei criteri di valutazione massimi indi- cati dall'allora 2425 già realizzasse,per ipotesi,il principio di chiarezza e preci- sione con una conseguenza immediata che era quella della liceità delle riserve occulte con la liceità dei fondi neri. Le ragioni che hanno condotto lì sarebbe molto interessante richiamarle in questa sede,ma anche qui devo andare per sommi capi;mi basta soltanto ricor- dare che con buona probabilità l'esigenza che le imprese italiane incentivassero l'autofinanziamento era probabilmente una ragione economica forte che spinge- va anche la giurisprudenza sostanzialmente ad avere un atteggiamento morbido sulla questione. Peraltro,non va dimenticato che nella stessa tradizione legislativa italiana, nel codice del 1882,il legislatore si limitava a dire che il bilancio doveva mani- festare con chiarezza e verità gli utili conseguiti e le perdite sofferte e nulla dice- va su come bisognava in realtà perseguire questo obiettivo lasciando la massi- ma discrezionalità agli amministratori e ovviamente sono successe cose da ira di Dio sul piano della verità,per l'appunto,dei bilanci. Per la pluralità di criteri che possono essere adottati in sede di redazione del bilancio,per la pluralità di fini che possono essere perseguiti attraverso il bilan- cio di esercizio cosicché,per esempio,vi basti pensare che se si accoglieva o se si accoglie tutt'oggi l'idea che il bilancio deve rappresentare il reddito distribui- 20.bile,questo ancora una volta e non già il reddito prodotto,significa ammettere la liceità delle riserve occulte,perché se il reddito distribuibile significa quello che devo dare in pasto -non a caso in pasto -agli azionisti,io amministratore che devo garantire la continuità della produzione dell'impresa ben posso in realtà occultare valori perché se li do,se li manifesto ai soci questi in realtà sono presi da furore distributivo di questi valori e questo potrebbe mettere per l'ap- punto in crisi l'impresa. Tutto questo problema è in realtà oggi superato perché il 2 °comma dell'art. 2423,ma in particolare il 4 °comma del 2423,in realtà chiariscono,una volta per tutte,che le norme di dettaglio sono funzionali alla realizzazione del princi- pio di verità,nel senso che hanno addirittura imposto l'obbligo al redattore di bilancio di derogare alle norme di dettaglio e quindi ai criteri di valutazione indicati per l'appunto dal legislatore quando l'adozione di quei criteri in realtà finisce con l'essere inidonea alla rappresentazione veritiera e chiara. Il punto non è di poco conto perché,quando fu introdotto questo principio di verità,furono mosse non poche obiezioni politiche e anche di carattere tecnico; politiche -mi riferisco alle critiche mosse all'introduzione del principio di verità e al rapporto con le norme di dettaglio dall'associazione delle anonime che, come sapete è una associazione che fa capo alla Confindustria,la quale lamen- tava la posizione assolutamente rigida in cui si venivano a trovare gli ammini- stratori con l'introduzione di questo principio di verità rigida rispetto alle possi- bili sanzioni -perché in realtà si diceva come è possibile affermare un principio di verità rispetto ad un documento che fa riferimento a stime,a valori congettu- rati? Come è possibile?Ed è questa una obiezione che ha un suo fondamento;in realtà in sede di beni iscrivibili in bilancio,in sede di criteri di valutazione,come voi sapete,noi abbiamo dei criteri determinati,fissi,rigidi,ma abbiamo anche dei criteri per l'appunto elastici:valga uno per tutti l'esempio che sarà oggetto di più puntuale trattazione nel prosieguo,valga uno per tutti il criterio di valuta- zione disposto in materia di crediti,presumibile valore di realizzo.Il che signi- fica valutare le capacità reddituali e patrimoniali del soggetto debitore:il crite- rio è del tutto congruo,evidentemente,e però questo dà un margine di discre- zionalità al redattore del bilancio e allora come si fa a dire che cosa è vero? Avere un credito di 100 milioni nei confronti di Michele Castellano ed iscriver- lo ad 80 milioni è vero o è falso?E le indagini prospettiche che sono fatte anche sulla capacità reddituale futura di Michele Castellano come devono essere fatte? Quanto grado di errore,quanto margine di errore dobbiamo riconoscere per l'ap- punto a questo redattore del bilancio? Il problema,in realtà,quindi sussiste e,ovviamente,il problema diventa addirittura drammatico qualora si pensi alla necessità,alla possibilità che la vio- 21.lazione del principio di verità in materia di bilancio di esercizio così come indi- cato dalle norme di diritto civile finisce con l'essere di per sé fattispecie rile- vante anche sotto il profilo penale essendo per l'appunto un bilancio non veri- tiero ai sensi degli artt.2423 ss.,un bilancio falso ai sensi del 2621 e quindi un bilancio falso ai sensi del 223 della Legge Fallimentare. Tra l'altro queste regole,queste norme di dettaglio addirittura non devono essere applicate quando ricorrono delle situazioni eccezionali e quindi anche qui ci potrebbe essere bilancio falso quando,sussistendo le ragioni eccezionali indi- cate dalla legge,un redattore del bilancio adotti gli schemi e i criteri di valuta- zione indicati dalla legge;perché se è vero che l'eccezione deve tendere alla rea- lizzazione di un bilancio vero,se io adotto il criterio normale previsto dalla legge senza introdurre il momento eccezionale dovuto,quel bilancio sarà falso, sarà non vero,e sarà sicuramente passibile di sanzione di diritto civile,ma potrei anche essere sottoposto a sanzione di carattere penale e quindi se volete,para- dossalmente,l'adozione dei criteri previsti dalla legge può comportare realizza- zione di un bilancio falso rilevante ai sensi del 223. La cosa può apparire paradossale,ma è questa la ricostruzione che emerge dal collegamento tra le diverse disposizioni normative che ho per l'appunto richiamato. Per la verità,proprio questo rapporto regola -eccezione è stato evocato dai cultori delle scienze ragionieristiche aziendali per dire,se è lo stesso legislatore che in realtà vi dice che queste norme di dettaglio non realizzano il principio di verità,perché sostanzialmente questo mi sta dicendo,allora questo significa una sola cosa:che le norme di legge che determinano i criteri di valutazione e altro, sono in realtà norme che hanno un valore residuale.Bisogna fare riferimento alle norme tecniche elaborate dai cultori delle scienze ragionieristiche azienda- li perché solo queste mi possono garantire,a questo punto,il principio di verità. Anche questa posizione,probabilmente,è una sorta di richiamo ad una rie- vocazione,ad una sorta di indipendenza da parte dei redattori del bilancio dalla legge per tentare di superare una primazia legislativa che dall'indomani del Codice dell'82 in realtà era già stata fissata.Qual è il vizio di questo tipo di discorso? In realtà il vizio è che si confonde il rapporto regola-eccezione cioè nel senso che l'adozione di quelle norme di dettaglio più volte richiamata,in via di prin- cipio,realizza il principio di verità e solo in casi eccezionali può non realizzar- lo;casi eccezionali che peraltro comportano una sorta di inversione dell'onere della prova,nel senso che dovrà essere il soggetto che eventualmente impugna il bilancio o che comunque qualifica quel bilancio come falso che dovrà dimo- strare la necessità che ricorsero ragioni tali,eccezionali,da comportare l'obbli- go della deroga. 22.Ma,in realtà,in via di principio l'osservanza di quei criteri indicati dagli artt. 2424 ss.non vi è dubbio che realizzino il principio di verità oltre che di chia- rezza e correttezza. Abbiamo in proposito da spendere non solo l'argomento di carattere storico - se andate a leggere la relazione al decreto legislativo del '91 troverete che pro- prio in questo senso l'indicazione del legislatore storico -e qui apro una picco- la parentesi (richiamo la rivalutazione sotto il profilo dei criteri interpretativi che la Cassazione ha fatto dell'intenzione del legislatore così come emerge anche dai documenti storici)ma abbiamo anche un argomento testuale che ci deriva dal 2423,4 °comma laddove testualmente si dispone che solo in casi eccezionali è possibile per l'appunto derogare il che significa che,in via di prin- cipio,la relazione tra principio di dignità,chiarezza e correttezza e norme di det- taglio sussiste e quindi la valenza dell'obiezione mossa dagli autorevoli,in realtà aziendalisti,a me pare per l'appunto che non possa essere accolta. Ma,quali eccezioni,quali sono questi momenti eccezionali che possono comportare questa deroga e qua mi avvicino forse più immediatamente all'og- getto del tema.Cioè una domanda che ci si potrebbe fare è:è possibile deroga- re ai criteri di valutazione indicati dal legislatore nel 2424 ss.per attenuare uno stato di insolvenza o addirittura per superarlo?Perché scrivere una immobiliz- zazione al costo storico significa determinare una certa quantità di netto patri- moniale,significa determinare se il capitale è coperto,significa determinare se ci sono perdite o meno di capitale e allora in ragione del criterio di valutazione che adotto,costo oppure valore di mercato oppure costo più tasso inflattivo fin lì maturato,ovviamente i risultati possono per l'appunto mutare e allora ci si potrebbe chiedere:sono queste ragioni eccezionali che consentono o addirittura obbligano di derogare alle disposizioni? Il tema,come certo sapete,è un tema che è stato molto dibattuto nell'ambito del previgente regime allorquando,con un mezzo colpo di mano,ci fu un inter- vento legislativo che introdusse una sorta di interpretazione autentica delle cosiddette speciali ragioni che consentivano di derogare ai criteri di valutazio- ne.Cioè nel sistema previgente al decreto legislativo del '91 i criteri di valuta- zione individuati dal 2425 potevano essere per l'appunto derogati qualora soc- corressero speciali ragioni. Il legislatore,in particolare il Minervini,introdusse con una legge dell'83 il principio per il quale in realtà le speciali ragioni indicate come deroga al 2425 dovevano essere intese tali nel modo seguente.Era necessario derogare al 2425 per realizzare un quadro fedele della situazione patrimoniale,economica del- l'impresa. Anche qui problemi vari,ma allora questi criteri di valutazione non realizza- no un quadro fedele vero è però che quello che si decise,che si stabilì,uno dei 23.problemi che si affrontò fu:è possibile allora derogare ai criteri di valutazione di cui al 2425 nell'ipotesi per esempio del 2446 riduzione del capitale per per- dite? Quando convoco un'assemblea per la riduzione del capitale per perdite oltre un terzo,riduzione obbligatoria,anche qui posso individuare allora criteri di valutazione difformi?Posso,per esempio,considerare e introdurre una rivaluta- zione degli immobili diversa e ulteriore da quella espressamente autorizzata dalle leggi speciali? Anche qui,mi rendo conto di richiamare grandi dinosauri uno dietro l'altro, ricordo che nel nostro sistema si sono succedute una serie di leggi speciali che hanno autorizzato la rivalutazione monetaria dei beni. Il problema che ci si poneva era:è necessario e indispensabile che vi sia una legge speciale per effettuare questa rivalutazione o in ragione delle speciali ragioni di cui sopra,ricorrendo una situazione di perdite della società,si può effettuare comunque una rivalutazione discrezionale da parte degli amministra- tori? Ci fu dottrina,e c'è stata dottrina e c'è stata anche giurisprudenza,minorita- ria per la verità,che ha accolto questo tipo di impostazione,in particolare dicen- do che quando la rivalutazione è ammessa dalla legge speciale non si paghino le imposte,quando in realtà non è ammessa dalla legge speciale,si paghino quantomeno le imposte.Ma,voglio dire,trattandosi di copertura di perdite,alla fine queste imposte finiva che non si pagavano mai e quindi in realtà questo stesso problema può essere riproposto oggi ed è riproposto sia pure tra le righe dai primi commentatori di questa legge,ma anche nell'ambito dei primi manua- li.Mi pare che la risposta non possa che essere assolutamente negativa nel senso che proprio non esiste spazio alcuno per poter dire che è possibile in realtà dero- gare a questi criteri di valutazione e ai criteri di formazione del bilancio di cui al 2424 ss.per in realtà non far apparire stati che possono essere prefallimenta- ri o che comunque sono in una situazione di perdita. Per una serie di ragioni:innanzitutto,per quanto riguarda la rivalutazione si tenga conto che le direttive comunitarie alla luce delle quali poi,in sede di ade- guamento delle quali sono state introdotte le disposizioni che stiamo commen- tando,in realtà prevedevano e davano la facoltà agli Stati membri di introdurre un bilancio inflattivo che tenesse conto per l'appunto dell'inflazione,ma il legi- slatore italiano,in sede di adeguamento,ha espressamente negato di voler rece- pire questo bilancio di inflazione e questa scelta ovviamente non la possiamo far rientrare dalla finestra attraverso questa ipotesi eccezionale.Ma,poi,c'è un argomento che è più decisivo:le eccezioni devono mirare a realizzare il princi- pio di verità abbiamo detto più volte e quindi non c'è spazio alcuno per dire che queste eccezioni devono mirare a fini evidentemente diversi;per cui non è un 24.problema di situazione di perdita della società che può modificare la verità di quella situazione contabile.Quindi o uno la fa sempre e comunque questa dero- ga o non la può fare solo quando ricorrono per l'appunto le perdite. Quindi,anche sotto questo profilo,mi pare che ci sia stata una semplifica- zione di una serie di tematiche che venivano affrontate e però rimane il proble- ma:che significa bilancio vero sotto questo profilo,se è vero che stiamo comun- que parlando di valori che non sempre sono fissi e determinati dalla legge,ma alcuni valori rinviano a stime,rinviano per l'appunto a congetture e qui mi limi- to a dire che,in realtà,il criterio che viene adottato è il criterio della ragionevo- lezza del redattore di bilancio. Per la verità c'è qualcuno che dice,in realtà il bilancio è vero -è una posi- zione un po'minoritaria -se il redattore è in buona fede vero è che si devono adottare principi corretti di redazione del bilancio e bisogna richiamare sotto questo profilo i principi contabili nel senso che abbiamo una discrezionalità tec- nica del redattore di bilancio,abbiamo una discrezionalità secondo altri che rin- via all'arbitrium boni viri e non al merum arbitrio nel senso che comunque io devo tener conto di quelli che sono gli obiettivi che è la rappresentazione anco- ra una volta veritiera. Certo non è verità epistemologica in senso filosofico,non è corrispondenza di un enunciato ad un fatto perché non è possibile per i valori stimati,per i valo- ri congetturati,ma questo non significa che non sia possibile determinare con ragionevolezza qual è il valore più prossimo a quella realtà. Poi,peraltro,mi chiedo che tipo di rapporto può esistere sul piano dell'ambi- to di discrezionalità nelle valutazioni dei beni tra quanto stiamo raccontando in principio di verità e quanto indicato in materia di conferimenti in natura. In realtà c'è poi un margine di tolleranza voluto dalla legge;mi chiedo se quel quinto possa essere richiamato o forse è troppo?Se questo è il quadro che emer- ge in modo molto sintetico nell'ambito della legislazione civilistica,lo stesso dobbiamo dire per il bilancio falso del 2621,per il bilancio falso del 223 ban- carotta? In realtà la bancarotta fraudolenta era già sanzionata nelle ordinanze di Luigi XIV,con addirittura la pena di morte. C'era una ragione e la ragione era che era un periodo in cui l'attività econo- mica,l'attività del commerciante doveva acquistare credibilità,doveva creare affidamento e se doveva creare affidamento,tanto più ti mazzolavo,tanto più il terzo era affidato ossia produceva questo affidamento;mi interessava poco il destino del singolo:ciò che emergeva era il favore per la classe ,per il ceto mer- cantile perché in questo modo si potevano moltiplicare gli affari. Nel sentire il dibattito attuale su questo punto è evidente che si potrebbe dire che le società non hanno più bisogno di essere legittimate da queste disposizio- 25.26 ni e rivendicano oggi una libertà,una sorta di emancipazione per cui dicono ora- mai basta ci siamo legittimati da soli,non abbiamo più bisogno di strumenti,di eterolegittimazione per cui queste norme aboliamole. Qual è il problema però,serio,evidentemente?Che le sanzioni civili sono chiaramente inefficienti.Sono inefficienti proprio se consideriamo quelli che sono gli interessi tutelati che sono interessi dei soci,dei terzi,del patrimonio, sono interessi del mercato;cioè con un bilancio di esercizio c'è quotazione di borsa,con un bilancio di esercizio che propone un risultato piuttosto che un altro,il titolo va giù o va su. Tutto questo incide sul mercato dei titoli e volente o nolente incide anche sul nostro quotidiano anche di quelli che non vanno ad investire;e allora se certo c'è l'esigenza sotto questo profilo,di chiamare la responsabilità delle ammini- strazioni sul piano civilistico,un deterrente che può rimanere è quello della san- zione penale. Ora mi rendo conto delle preoccupazioni,delle perplessità che sono state avanzate ma mi rendo altresì conto che in realtà la tutela di quegli interessi è fondamentale perché,in realtà,l'informazione che passa attraverso questi docu- menti è non solo espressione di realizzazione e di tutela di tutti quegli interessi ma probabilmente anche strumento,ovviamente utopistico,per la realizzazione di una democrazia economica che utopisticamente bisognerà continuare a perseguire.

Tratto dalla Collana di studi giuridici dell'Ordine
degli Avvocati di Bari
Atti del Seminario di Studi su
FALSO IN BILANCIO BANCAROTTA FRAUDOLENTA












 

 

 


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