in
collaborazione con il
Centro
studi di diritto fallimentare di Bari
Stato
di insolvenza,falso in bilancio e bancarotta fraudolenta.
Michele CASTELLANO
Avvocato
Professore di diritto commerciale nell'Università di
Bari
Non
affronterò tutte le problematiche che sono evocate da questa
triade:non posso affrontarle per ragioni di competenza specifica
essendo la mia competen- za specifica quella del diritto commerciale
e quindi assolutamente privatistica come impostazione. Avevo
colto il suggerimento di individuare sostanzialmente due problemati-
che di fondo che mi sono anche suggerite dalla composizione
poi dei relatori cultori del diritto penale e cultori delle
scienze ragionieristiche aziendali e,se permettete modestamente
anche il cultore del diritto commerciale.E queste due tematiche
le vedo nelle seguenti:innanzitutto qual è il rapporto tra
bilancio falso così come viene richiamato nell'art.223 come
fatto costitutivo di reato ai sensi e per gli effetti del
223 della Legge Fallimentare e il bilancio non vero ai sensi
e agli effetti della legge civile. Sono la stessa cosa? In
materia di diritto,nell'ambito della legislazione civilistica
quello che governa la redazione del bilancio di esercizio,è
il principio di verità. E allora,il principio di verità civilistico,l'offesa
del principio di verità civi- listico,realizza già per ipotesi
la falsità di bilancio di cui al 223? E questo già mi sembra
un primo problema di impostazione di carattere generale e
se volete sistematica che mi pare suggerito appunto dal tema.
Il secondo è,poi,qual è il rapporto tra principio di verità,così
come viene offerto nell'ambito della legislazione civilistica
dagli artt.2423 ss.del Codice Civile e regole tecniche elaborate
dai cultori delle scienze ragionieristiche aziendali;nel senso
che faccio riferimento,evidentemente,a quelle regole tec-
niche che non siano state già sussunte dal legislatore negli
artt.2423 ss.e,in particolare,nelle norme di dettaglio e sui
principi di redazione del bilancio di cui all'art.2423 bis.
Il primo problema si manifesta in modo più congruo al nostro
vocabolario e alle nostre intelligenze,nel senso che,gli interessi
tutelati dalle norme civi- listiche in materia di principio
di verità del bilancio sono gli stessi interessi tutelati
dalla normativa in materia di falso di bilancio di cui al
223 Legge Fallimentare? Tra l'altro il trait d'union tra normativa
civilistica e normativa disposta in materia di bancarotta
fraudolenta è dato,come già è stato ricordato,dal 2621 così
che allora la domanda si articola,si arricchisce ancora di
un ulteriore ele- mento:il falso in bilancio,richiamato dal
2621 è lo stesso fatto ipotizzato dal 223 Legge Fallimentare?E
il falso in bilancio ipotizzato e richiamato dal 2621 c.c.è
lo stesso bilancio non vero ai sensi e agli effetti della
legge civilistica? Il che significa chiedersi quali sono gli
interessi tutelati dal 2423 ss.,quali sono gli interessi tutelati
dal 2621 e quali sono gli interessi tutelati dal 223 Legge
Fallimentare. 18.Dal mio punto di vista,devo dire,che il compito
che ho è abbastanza agevo- le perché determinare sotto il
profilo civilistico quali siano gli interessi tutelati in
materia di bilancio di esercizio e dal principio di verità
è compito davvero agevole. Però qui,probabilmente,ho da aprire
una piccola parentesi anche perché,sia chiaro,il risultato
cui la maggioranza della dottrina oramai perviene e che anti-
cipo,perché si ritiene in realtà essere la fattispecie bilancio
o la lesione del prin- cipio di verità,una sorta di fattispecie
plurioffensiva e non a caso,rubo una ter- minologia cara evidentemente
ai cultori del diritto penale proprio perché come sapete,una
delle opinioni,forse la più attualmente osservata dalla giurispruden-
za in punto di 2621 e poi con la trasmigrazione dal 2621 al
223,è proprio quel- la di ipotizzare che gli interessi tutelati
anche sotto il profilo penale dal 2621 sono in realtà una
pluralità di interessi:fede pubblica,patrimonio,interesse
dei soci,interessi dei creditori,interesse del mercato e come
vedremo anche inte- resse all'informazione. Come è noto l'attuale
normativa in materia di bilancio -parlo del bilancio civilistico
e non evidentemente del bilancio tributario -è stata innovata
in sede di attuazione di due direttive comunitarie,la quarta
e la settima,in virtù di un decreto legislativo del 1991 che
poneva in essere poi le norme,e rinviava l'in- troduzione
di queste norme al 1993. Che cosa ha comportato questa innovazione?Quali
sono le novità più impor- tanti che sono state introdotte?
Innanzitutto è stato introdotto un sistema che,per semplicità,chiamerei
pira- midale,un sistema piramidale nel senso che sono poste
alla base di questa idea- le piramide una serie di norme di
dettaglio che riguardano forma,contenuto, struttura,criteri
di valutazione del bilancio di esercizio. Va subito precisato,peraltro,che
il termine bilancio in realtà serve a desi- gnare sostanzialmente
tre documenti,oramai secondo un lessico che viene uti- lizzato
anche dai legislatori. Questa non è stata una novità senza
peso perché già su questo punto c'erano contrasti tra giuristi
e cultori delle scienze ragionieristiche aziendali sullo stes-
so concetto del termine bilancio,sulla capacità,su che cosa
si poteva designare con il termine bilancio. Oggi,almeno,questo
problema non ce lo poniamo più e per bilancio dob- biamo intendere
tanto i conti relativi allo stato patrimoniale,economico e
finan- ziario,tanto il conto economico quanto l'ex conto profitti
e perdite,quanto la nota integrativa. Se alla base di questa
piramide abbiamo queste norme di dettaglio,imme- diatamente
sopra,tra base e vertice,abbiamo i principi di redazione del
bilan- cio,principi generali che sono molto importanti perché
costituiscono poi la cin- 19.ghia di trasmissione tra queste
norme di dettaglio e le clausole generali che sono poste al
vertice di questa piramide,che sono,in realtà,anche veicolo
di tra- smissione all'interno del codice dei principi contabili
generalmente accettati. Tali principi sono il principio di
prudenza,di continuazione,di realizzazio- ne,di competenza,di
valutazione per classi omogenee dei beni,ecc. Merita,invece,di
essere richiamato il vertice di questa piramide dove sono
indicate le clausole generali:il principio di chiarezza,il
principio di correttezza e finalmente il principio di verità.
Perché piramide?Perché in realtà questa piramide visualizza
immediata- mente qual è il rapporto gerarchico tra queste
disposizioni. Le norme di dettaglio,i principi generali in
materia di redazione sono stru- mentali e devono essere strumentali
alla realizzazione della verità,chiarezza e correttezza. Anche
questa è una puntualizzazione e precisazione effettuata dal
legislato- re del '91 niente affatto irrilevante,perché certamente
anche qui vi è noto che in realtà nel sistema previgente,quando
la clausola generale era quella della chia- rezza e precisione
e quando c'erano norme di dettaglio che prevedevano come criterio
di valutazione solo ed esclusivamente criteri massimi di valutazione,in
realtà ci si poneva il problema del rapporto tra principi
di chiarezza e precisio- ne e norme di dettaglio e,per molto
tempo,anche la giurisprudenza più avver- tita in realtà non
negava che l'osservanza dei criteri di valutazione massimi
indi- cati dall'allora 2425 già realizzasse,per ipotesi,il
principio di chiarezza e preci- sione con una conseguenza
immediata che era quella della liceità delle riserve occulte
con la liceità dei fondi neri. Le ragioni che hanno condotto
lì sarebbe molto interessante richiamarle in questa sede,ma
anche qui devo andare per sommi capi;mi basta soltanto ricor-
dare che con buona probabilità l'esigenza che le imprese italiane
incentivassero l'autofinanziamento era probabilmente una ragione
economica forte che spinge- va anche la giurisprudenza sostanzialmente
ad avere un atteggiamento morbido sulla questione. Peraltro,non
va dimenticato che nella stessa tradizione legislativa italiana,
nel codice del 1882,il legislatore si limitava a dire che
il bilancio doveva mani- festare con chiarezza e verità gli
utili conseguiti e le perdite sofferte e nulla dice- va su
come bisognava in realtà perseguire questo obiettivo lasciando
la massi- ma discrezionalità agli amministratori e ovviamente
sono successe cose da ira di Dio sul piano della verità,per
l'appunto,dei bilanci. Per la pluralità di criteri che possono
essere adottati in sede di redazione del bilancio,per la pluralità
di fini che possono essere perseguiti attraverso il bilan-
cio di esercizio cosicché,per esempio,vi basti pensare che
se si accoglieva o se si accoglie tutt'oggi l'idea che il
bilancio deve rappresentare il reddito distribui- 20.bile,questo
ancora una volta e non già il reddito prodotto,significa ammettere
la liceità delle riserve occulte,perché se il reddito distribuibile
significa quello che devo dare in pasto -non a caso in pasto
-agli azionisti,io amministratore che devo garantire la continuità
della produzione dell'impresa ben posso in realtà occultare
valori perché se li do,se li manifesto ai soci questi in realtà
sono presi da furore distributivo di questi valori e questo
potrebbe mettere per l'ap- punto in crisi l'impresa. Tutto
questo problema è in realtà oggi superato perché il 2 °comma
dell'art. 2423,ma in particolare il 4 °comma del 2423,in realtà
chiariscono,una volta per tutte,che le norme di dettaglio
sono funzionali alla realizzazione del princi- pio di verità,nel
senso che hanno addirittura imposto l'obbligo al redattore
di bilancio di derogare alle norme di dettaglio e quindi ai
criteri di valutazione indicati per l'appunto dal legislatore
quando l'adozione di quei criteri in realtà finisce con l'essere
inidonea alla rappresentazione veritiera e chiara. Il punto
non è di poco conto perché,quando fu introdotto questo principio
di verità,furono mosse non poche obiezioni politiche e anche
di carattere tecnico; politiche -mi riferisco alle critiche
mosse all'introduzione del principio di verità e al rapporto
con le norme di dettaglio dall'associazione delle anonime
che, come sapete è una associazione che fa capo alla Confindustria,la
quale lamen- tava la posizione assolutamente rigida in cui
si venivano a trovare gli ammini- stratori con l'introduzione
di questo principio di verità rigida rispetto alle possi-
bili sanzioni -perché in realtà si diceva come è possibile
affermare un principio di verità rispetto ad un documento
che fa riferimento a stime,a valori congettu- rati? Come è
possibile?Ed è questa una obiezione che ha un suo fondamento;in
realtà in sede di beni iscrivibili in bilancio,in sede di
criteri di valutazione,come voi sapete,noi abbiamo dei criteri
determinati,fissi,rigidi,ma abbiamo anche dei criteri per
l'appunto elastici:valga uno per tutti l'esempio che sarà
oggetto di più puntuale trattazione nel prosieguo,valga uno
per tutti il criterio di valuta- zione disposto in materia
di crediti,presumibile valore di realizzo.Il che signi- fica
valutare le capacità reddituali e patrimoniali del soggetto
debitore:il crite- rio è del tutto congruo,evidentemente,e
però questo dà un margine di discre- zionalità al redattore
del bilancio e allora come si fa a dire che cosa è vero? Avere
un credito di 100 milioni nei confronti di Michele Castellano
ed iscriver- lo ad 80 milioni è vero o è falso?E le indagini
prospettiche che sono fatte anche sulla capacità reddituale
futura di Michele Castellano come devono essere fatte? Quanto
grado di errore,quanto margine di errore dobbiamo riconoscere
per l'ap- punto a questo redattore del bilancio? Il problema,in
realtà,quindi sussiste e,ovviamente,il problema diventa addirittura
drammatico qualora si pensi alla necessità,alla possibilità
che la vio- 21.lazione del principio di verità in materia
di bilancio di esercizio così come indi- cato dalle norme
di diritto civile finisce con l'essere di per sé fattispecie
rile- vante anche sotto il profilo penale essendo per l'appunto
un bilancio non veri- tiero ai sensi degli artt.2423 ss.,un
bilancio falso ai sensi del 2621 e quindi un bilancio falso
ai sensi del 223 della Legge Fallimentare. Tra l'altro queste
regole,queste norme di dettaglio addirittura non devono essere
applicate quando ricorrono delle situazioni eccezionali e
quindi anche qui ci potrebbe essere bilancio falso quando,sussistendo
le ragioni eccezionali indi- cate dalla legge,un redattore
del bilancio adotti gli schemi e i criteri di valuta- zione
indicati dalla legge;perché se è vero che l'eccezione deve
tendere alla rea- lizzazione di un bilancio vero,se io adotto
il criterio normale previsto dalla legge senza introdurre
il momento eccezionale dovuto,quel bilancio sarà falso, sarà
non vero,e sarà sicuramente passibile di sanzione di diritto
civile,ma potrei anche essere sottoposto a sanzione di carattere
penale e quindi se volete,para- dossalmente,l'adozione dei
criteri previsti dalla legge può comportare realizza- zione
di un bilancio falso rilevante ai sensi del 223. La cosa può
apparire paradossale,ma è questa la ricostruzione che emerge
dal collegamento tra le diverse disposizioni normative che
ho per l'appunto richiamato. Per la verità,proprio questo
rapporto regola -eccezione è stato evocato dai cultori delle
scienze ragionieristiche aziendali per dire,se è lo stesso
legislatore che in realtà vi dice che queste norme di dettaglio
non realizzano il principio di verità,perché sostanzialmente
questo mi sta dicendo,allora questo significa una sola cosa:che
le norme di legge che determinano i criteri di valutazione
e altro, sono in realtà norme che hanno un valore residuale.Bisogna
fare riferimento alle norme tecniche elaborate dai cultori
delle scienze ragionieristiche azienda- li perché solo queste
mi possono garantire,a questo punto,il principio di verità.
Anche questa posizione,probabilmente,è una sorta di richiamo
ad una rie- vocazione,ad una sorta di indipendenza da parte
dei redattori del bilancio dalla legge per tentare di superare
una primazia legislativa che dall'indomani del Codice dell'82
in realtà era già stata fissata.Qual è il vizio di questo
tipo di discorso? In realtà il vizio è che si confonde il
rapporto regola-eccezione cioè nel senso che l'adozione di
quelle norme di dettaglio più volte richiamata,in via di prin-
cipio,realizza il principio di verità e solo in casi eccezionali
può non realizzar- lo;casi eccezionali che peraltro comportano
una sorta di inversione dell'onere della prova,nel senso che
dovrà essere il soggetto che eventualmente impugna il bilancio
o che comunque qualifica quel bilancio come falso che dovrà
dimo- strare la necessità che ricorsero ragioni tali,eccezionali,da
comportare l'obbli- go della deroga. 22.Ma,in realtà,in via
di principio l'osservanza di quei criteri indicati dagli artt.
2424 ss.non vi è dubbio che realizzino il principio di verità
oltre che di chia- rezza e correttezza. Abbiamo in proposito
da spendere non solo l'argomento di carattere storico - se
andate a leggere la relazione al decreto legislativo del '91
troverete che pro- prio in questo senso l'indicazione del
legislatore storico -e qui apro una picco- la parentesi (richiamo
la rivalutazione sotto il profilo dei criteri interpretativi
che la Cassazione ha fatto dell'intenzione del legislatore
così come emerge anche dai documenti storici)ma abbiamo anche
un argomento testuale che ci deriva dal 2423,4 °comma laddove
testualmente si dispone che solo in casi eccezionali è possibile
per l'appunto derogare il che significa che,in via di prin-
cipio,la relazione tra principio di dignità,chiarezza e correttezza
e norme di det- taglio sussiste e quindi la valenza dell'obiezione
mossa dagli autorevoli,in realtà aziendalisti,a me pare per
l'appunto che non possa essere accolta. Ma,quali eccezioni,quali
sono questi momenti eccezionali che possono comportare questa
deroga e qua mi avvicino forse più immediatamente all'og-
getto del tema.Cioè una domanda che ci si potrebbe fare è:è
possibile deroga- re ai criteri di valutazione indicati dal
legislatore nel 2424 ss.per attenuare uno stato di insolvenza
o addirittura per superarlo?Perché scrivere una immobiliz-
zazione al costo storico significa determinare una certa quantità
di netto patri- moniale,significa determinare se il capitale
è coperto,significa determinare se ci sono perdite o meno
di capitale e allora in ragione del criterio di valutazione
che adotto,costo oppure valore di mercato oppure costo più
tasso inflattivo fin lì maturato,ovviamente i risultati possono
per l'appunto mutare e allora ci si potrebbe chiedere:sono
queste ragioni eccezionali che consentono o addirittura obbligano
di derogare alle disposizioni? Il tema,come certo sapete,è
un tema che è stato molto dibattuto nell'ambito del previgente
regime allorquando,con un mezzo colpo di mano,ci fu un inter-
vento legislativo che introdusse una sorta di interpretazione
autentica delle cosiddette speciali ragioni che consentivano
di derogare ai criteri di valutazio- ne.Cioè nel sistema previgente
al decreto legislativo del '91 i criteri di valuta- zione
individuati dal 2425 potevano essere per l'appunto derogati
qualora soc- corressero speciali ragioni. Il legislatore,in
particolare il Minervini,introdusse con una legge dell'83
il principio per il quale in realtà le speciali ragioni indicate
come deroga al 2425 dovevano essere intese tali nel modo seguente.Era
necessario derogare al 2425 per realizzare un quadro fedele
della situazione patrimoniale,economica del- l'impresa. Anche
qui problemi vari,ma allora questi criteri di valutazione
non realizza- no un quadro fedele vero è però che quello che
si decise,che si stabilì,uno dei 23.problemi che si affrontò
fu:è possibile allora derogare ai criteri di valutazione di
cui al 2425 nell'ipotesi per esempio del 2446 riduzione del
capitale per per- dite? Quando convoco un'assemblea per la
riduzione del capitale per perdite oltre un terzo,riduzione
obbligatoria,anche qui posso individuare allora criteri di
valutazione difformi?Posso,per esempio,considerare e introdurre
una rivaluta- zione degli immobili diversa e ulteriore da
quella espressamente autorizzata dalle leggi speciali? Anche
qui,mi rendo conto di richiamare grandi dinosauri uno dietro
l'altro, ricordo che nel nostro sistema si sono succedute
una serie di leggi speciali che hanno autorizzato la rivalutazione
monetaria dei beni. Il problema che ci si poneva era:è necessario
e indispensabile che vi sia una legge speciale per effettuare
questa rivalutazione o in ragione delle speciali ragioni di
cui sopra,ricorrendo una situazione di perdite della società,si
può effettuare comunque una rivalutazione discrezionale da
parte degli amministra- tori? Ci fu dottrina,e c'è stata dottrina
e c'è stata anche giurisprudenza,minorita- ria per la verità,che
ha accolto questo tipo di impostazione,in particolare dicen-
do che quando la rivalutazione è ammessa dalla legge speciale
non si paghino le imposte,quando in realtà non è ammessa dalla
legge speciale,si paghino quantomeno le imposte.Ma,voglio
dire,trattandosi di copertura di perdite,alla fine queste
imposte finiva che non si pagavano mai e quindi in realtà
questo stesso problema può essere riproposto oggi ed è riproposto
sia pure tra le righe dai primi commentatori di questa legge,ma
anche nell'ambito dei primi manua- li.Mi pare che la risposta
non possa che essere assolutamente negativa nel senso che
proprio non esiste spazio alcuno per poter dire che è possibile
in realtà dero- gare a questi criteri di valutazione e ai
criteri di formazione del bilancio di cui al 2424 ss.per in
realtà non far apparire stati che possono essere prefallimenta-
ri o che comunque sono in una situazione di perdita. Per una
serie di ragioni:innanzitutto,per quanto riguarda la rivalutazione
si tenga conto che le direttive comunitarie alla luce delle
quali poi,in sede di ade- guamento delle quali sono state
introdotte le disposizioni che stiamo commen- tando,in realtà
prevedevano e davano la facoltà agli Stati membri di introdurre
un bilancio inflattivo che tenesse conto per l'appunto dell'inflazione,ma
il legi- slatore italiano,in sede di adeguamento,ha espressamente
negato di voler rece- pire questo bilancio di inflazione e
questa scelta ovviamente non la possiamo far rientrare dalla
finestra attraverso questa ipotesi eccezionale.Ma,poi,c'è
un argomento che è più decisivo:le eccezioni devono mirare
a realizzare il princi- pio di verità abbiamo detto più volte
e quindi non c'è spazio alcuno per dire che queste eccezioni
devono mirare a fini evidentemente diversi;per cui non è un
24.problema di situazione di perdita della società che può
modificare la verità di quella situazione contabile.Quindi
o uno la fa sempre e comunque questa dero- ga o non la può
fare solo quando ricorrono per l'appunto le perdite. Quindi,anche
sotto questo profilo,mi pare che ci sia stata una semplifica-
zione di una serie di tematiche che venivano affrontate e
però rimane il proble- ma:che significa bilancio vero sotto
questo profilo,se è vero che stiamo comun- que parlando di
valori che non sempre sono fissi e determinati dalla legge,ma
alcuni valori rinviano a stime,rinviano per l'appunto a congetture
e qui mi limi- to a dire che,in realtà,il criterio che viene
adottato è il criterio della ragionevo- lezza del redattore
di bilancio. Per la verità c'è qualcuno che dice,in realtà
il bilancio è vero -è una posi- zione un po'minoritaria -se
il redattore è in buona fede vero è che si devono adottare
principi corretti di redazione del bilancio e bisogna richiamare
sotto questo profilo i principi contabili nel senso che abbiamo
una discrezionalità tec- nica del redattore di bilancio,abbiamo
una discrezionalità secondo altri che rin- via all'arbitrium
boni viri e non al merum arbitrio nel senso che comunque io
devo tener conto di quelli che sono gli obiettivi che è la
rappresentazione anco- ra una volta veritiera. Certo non è
verità epistemologica in senso filosofico,non è corrispondenza
di un enunciato ad un fatto perché non è possibile per i valori
stimati,per i valo- ri congetturati,ma questo non significa
che non sia possibile determinare con ragionevolezza qual
è il valore più prossimo a quella realtà. Poi,peraltro,mi
chiedo che tipo di rapporto può esistere sul piano dell'ambi-
to di discrezionalità nelle valutazioni dei beni tra quanto
stiamo raccontando in principio di verità e quanto indicato
in materia di conferimenti in natura. In realtà c'è poi un
margine di tolleranza voluto dalla legge;mi chiedo se quel
quinto possa essere richiamato o forse è troppo?Se questo
è il quadro che emer- ge in modo molto sintetico nell'ambito
della legislazione civilistica,lo stesso dobbiamo dire per
il bilancio falso del 2621,per il bilancio falso del 223 ban-
carotta? In realtà la bancarotta fraudolenta era già sanzionata
nelle ordinanze di Luigi XIV,con addirittura la pena di morte.
C'era una ragione e la ragione era che era un periodo in cui
l'attività econo- mica,l'attività del commerciante doveva
acquistare credibilità,doveva creare affidamento e se doveva
creare affidamento,tanto più ti mazzolavo,tanto più il terzo
era affidato ossia produceva questo affidamento;mi interessava
poco il destino del singolo:ciò che emergeva era il favore
per la classe ,per il ceto mer- cantile perché in questo modo
si potevano moltiplicare gli affari. Nel sentire il dibattito
attuale su questo punto è evidente che si potrebbe dire che
le società non hanno più bisogno di essere legittimate da
queste disposizio- 25.26 ni e rivendicano oggi una libertà,una
sorta di emancipazione per cui dicono ora- mai basta ci siamo
legittimati da soli,non abbiamo più bisogno di strumenti,di
eterolegittimazione per cui queste norme aboliamole. Qual
è il problema però,serio,evidentemente?Che le sanzioni civili
sono chiaramente inefficienti.Sono inefficienti proprio se
consideriamo quelli che sono gli interessi tutelati che sono
interessi dei soci,dei terzi,del patrimonio, sono interessi
del mercato;cioè con un bilancio di esercizio c'è quotazione
di borsa,con un bilancio di esercizio che propone un risultato
piuttosto che un altro,il titolo va giù o va su. Tutto questo
incide sul mercato dei titoli e volente o nolente incide anche
sul nostro quotidiano anche di quelli che non vanno ad investire;e
allora se certo c'è l'esigenza sotto questo profilo,di chiamare
la responsabilità delle ammini- strazioni sul piano civilistico,un
deterrente che può rimanere è quello della san- zione penale.
Ora mi rendo conto delle preoccupazioni,delle perplessità
che sono state avanzate ma mi rendo altresì conto che in realtà
la tutela di quegli interessi è fondamentale perché,in realtà,l'informazione
che passa attraverso questi docu- menti è non solo espressione
di realizzazione e di tutela di tutti quegli interessi ma
probabilmente anche strumento,ovviamente utopistico,per la
realizzazione di una democrazia economica che utopisticamente
bisognerà continuare a perseguire.
Tratto
dalla Collana di studi giuridici dell'Ordine
degli Avvocati di Bari
Atti del Seminario di Studi su
FALSO IN BILANCIO BANCAROTTA FRAUDOLENTA
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