in
collaborazione con il
Centro
studi di diritto fallimentare di Bari
Problematiche
societarie nel Processo "Cusani ".
Dott.Massimiliano
CASSANO
Dottore Commercialista in Bari
Quanto
contenuto,frutto di una ricerca documentale,nasce dalla esigenza
di guardare dentro alle cose. L'articolo 2621 del codice Civile
disciplina due distinti reati;il delitto di false comunicazioni
sociali ed il reato di illegale distribuzione di utili,recita
così: "Salvo che il fatto costituisca reato più grave,sono
puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa
da lire due milioni a venti milioni: 1)i promotori,i soci
fondatori,gli amministratori,i direttori generali,i sinda-
ci e i liquidatori,i quali nelle relazioni,nei bilanci o in
altre comunicazioni sociali,fraudolentemente espongono fatti
non rispondenti al vero sulla costi- tuzione o sulle condizioni
economiche della società o nascondono in tuto o in parte fatti
concernenti le condizioni medesime; 2)gli amministratori e
i direttori generali che,in mancanza di bilancio appro- vato
o in difformità da esso o in base ad un bilancio falso,sotto
qualunque forma,riscuotono o pagano utili fittizzi o che non
possono essere distribuiti; 3)gli amministratori e i direttori
generali che distribuiscono acconti sui dividendi: a)in violazione
dell'articolo 2433 bis,primo comma; b)ovvero in misura superiore
all'importo degli utili conseguiti dalla chiusu- ra dell'esercizio
precedente,diminuito delle quote che devono essere destinate
a risrva per obbligo legale o statutario e delle perdite degli
esercizi precedenti e aumentato delle riserve disponibili;
c)ovvero in mancanza di approvazione del bilancio dell'esercizio
preceden- te o del prospetto contabile previsto nell'articolo
2433 bis,quinto comma, oppure in difformità da essi,ovvero
sulla base di un bilancio o di un pro- spetto contabile falsi.".
I due reati non hanno rapporto tra loro e quindi non sussiste
un reato com- posto. Il reato qui esaminato è quello che la
rubrica definisce come "False Comunicazioni",la pratica ed
il linguaggio come "Falso in Bilancio",con una accezione,a
mio avviso,che nei termini conduce ad una visione riduttiva.
a)Il Bene protetto L'interesse tutelato può secondo la dottrina,essere
diviso in tre: 1)la Fede Pubblica; 2)l'Economia Pubblica;
3)il coacervo delle prime due con numerose altre,tutte inscindibilmente
con- nesse o conseguenti. Queste tre teorie,in realtà,sono
state oggetto tutte singolarmente di censura, nel senso che
le tesi sono valide nell'individuazione dell'interesse,ma
possono fuorviare nell'intento di esclusività. 82.La norma
protegge un fascio di interessi,tutti vengono colpiti dalla
viola- zione della stessa,la natura emerge nella qualità plurioffensiva.
In realtà,i soci,i terzi,i debitori,i creditori,etc.hanno
il diritto alla cono- scenza e/o conoscibilità del soggetto
con cui hanno rapporti,è quindi evidente la necessità di:
o"chiarezza societaria"; o"nemo ignorus esse debet conditionis
cuis cum quo contrahibit"(nessuno deve ignorare le condizioni
del contraente). "La tutela sancita dalla legge,attesa la
pluraletà dei beni giuridici immedia- tamente prodotti,riguarda
non soltanto la società,i soci uti singoli,i futuri soci,
i possibili creditori in genere,i terzi interessati,ma si
estende all'interesse gene- rale al regolare funzionamento
delle società commerciali nell'ambito dell'eco- nomia nazionale,sicchè
il comportamento nominato può anche essere lesivo dell'economia
pubblica"-passim -Cass.Pen.V 28.02.91 in Riv.Pen.1991, 1253.
b)I soggetti attivi:ipotesi di concorso del terzo. Il reato
di false comunicazioni è un reato proprio. Gli autori sono
rigorosamente specificati,ma tale puntualità non significa
che la responsabilità sia connessa ad una nomina esistente,valida
ed efficace. È necessario aver riguardo all'effettiva esistenza
di poteri gestori corrispon- denti alla qualifica in quanto
il significato dei termini va riferito "ai profili fun- zionali
e non alla fonte di legittimazione"(Antolisei). Talune riflessioni,proprio
in tema di soggetto attivo di un reato proprio, merita la
questione del Processo celebrato presso il Tribunale di Milano
Pres. ed est.Tarantola,P.M.A.Di Pietro,imp.S.Cusani in rivista
PENALE DELL'ECONOMIA 1996 pagg 78,87. -Omissis -"Il delitto
di falso in bilancio è reato proprio,e cioè può essere commesso
oltanto da persone che rivestono una certa qualifica:nel caso
di specie gli amministratori delle società Montedison,Simmont
e Sviluppo Linate. Sergio Cusani non ha mai rivestito queste
cariche. Ma,poiché nel reato proprio la nozione di illecito
si riferisce non tanto al soggetto qualificato quanto ad una
condotta tipica,occorre accertare se l'im- putato possa avere
di fatto esercitato tali funzioni. Non è stata raccolta prova
sufficiente per poter affermare che Cusani abbia agito come
amministratore di fatto,e la stessa accusa ha precisato di
non pre- tenderne la punizione sotto questo titolo. Cusani
sostiene di aver svolto attività di consulenza prima in favore
di Gardini,poi di Sama e che tale attività,anche se in certi
momenti assorbente, 83.non gli ha impedito di seguire le pratiche
dei clienti del suo studio professiona- le di via S.Andrea.L'assunto
è provato dalla documentazione sequestrata, riguardante fatture
per prestazioni in favore di grossi imprenditori (Cabassi,
Verasi,Ligresti,Bonifaci). Cusani sostiene anche di non essersi
mai occupato dei bilanci delle società sopra indicate.L'affermazione
trova conferma nelle dichiarazioni di Sama e di Magnani. La
limitata sfera dei destinatari del precetto normativo non
deve però far dimenticare i principi del concorso di persone
nel reato. Ed infatti l'accusa ha contestato al capo 1 il
concorso di Cusani con Gardini, Sama,Garofalo e Masseroli,tutti
componenti dei consigli di amministrazione delle società interessate
al falso. Si tratta dell'ipotesi di concorso dell'estraneo
in un reato proprio. La dichiarazione di responsabilità dell'estraneo
richiede,per costante giuri- sprudenza,l'accertamento del
fatto in capo al soggetto intraneo,l'influenza causale dell'estraneo
(che viene evidenziata nella determinazione o nel raffor-
zamento del proposito criminoso dell'intraneo,v.Cass.12.05.1992
n °5522)e la consapevolezza della qualifica esistente in capo
al cosiddetto "intraneo"(v. Cass.12.11.1992 n °10896). Nessun
problema sembra possa sorgere in ordine al primo e al terzo
requi- sito.Gardini,Sama,Garofano e Masseroli,per tutto quanto
sopra si è detto sul problema del falso in bilancio,hanno
certamente diffuso false notizie per poter disporre di ingenti
somme liquide a fini estranei all'oggetto sociale.Non è necessario
ul punto accertare la responsabilità di questi soggetti in
ordine al reato loro contestato in altra sede,perché è sufficiente
l'accertamento della materialità dei fatti,che è già stata
ampiamente esposta. La consapevolezza da parte di Cusani delle
qualifiche sociali dei predetti non può poi essere posta in
discussione,dal momento che è pacifico che l'at- tuale imputato
ha agito affiancando per molti mesi,in particolare,l'attività
di ideazione di Gardini e quella di rifinitura di Garofano,dirette
ad influire su aspetti economici e finanziari delle società
che pubblicamente ammini- stravano. Resta quindi da discutere
sull'influenza causale di Cusani su queste attività. Sul punto
è certo che Cusani è stato un professionista molto ascoltato
in Montedison,e oprattutto da Gardini.Lo stesso imputato afferma
di essere stato fiduciario di Gardini e di sentirsi legato
a lui al punto da rifiutarsi di risponde- re in giudizio a
domande che riguardavano l'esecuzione del mandato fiduciario.
Sama sostiene che Cusani ha assistito intellettualmente Gardini
in tutte le vicen- 84.de più complesse nelle quali era interessato.E
al processo ono state raccolte prove di interventi di Cusani
in questioni riguardanti sempre ad alto livello Montedison.Le
agende di Gardini sono piene di appuntamenti con Cusani e
Gardini esigeva la sua presenza con grande rigore.La vicinanza
con Gardini gli conferiva autorevolezza,tanto che quando Cusani
parlava appariva certo che fosse autorizzato da Gardini. Per
quanto riguarda la vicenda relativa alla chiusura della Joint
venture Enimont,risulta agli atti che Cusani era presente
al momeno della decisione di Gardini di cedere le azioni e
a quella di pagare i politici. In più Cusani svolse un'azione
determinante per raggiungere questo copo: infatti Gardini
affidò a lui l'incarico di studiare la procedura più rapida
e sicu- ra per procurare la provvista e,successivamente,quello
di dirottarla in Italia e all'estero in favore dei destinatari
designati (sul punto l'imputato ha reso subi- to completa
confessione). Fu Cusani ad individuare in Bonifaci la persona
che poteva risolvere il pro- blema,a convincerlo a vendere
alcuni palazzi romani,a rinegoziare l'affare Montecity e a
mettere a disposizione le sue imprese appaltatrici,a nome
del gruppo Montedison. E,come si dirà in dettaglio esaminando
il prossimo capitolo,relativo alla distribuzione della provvista,fu
Cusani a ritirare da Bonifaci danaro e titoli di Stato,a cambiare
questi ultimi in Comitalia e a trasmetterli a Bisignani perché
li portasse per il cambio allo Ior,ad indicare allo Ior le
modalità del versamento su conti svizzeri e lussemburghesi.
Fu lui soprattutto a mettere a disposizione conti svizzeri
e lussemburghesi perché le somme potessero essere occultamente
incassate o transitassero verso paradisi fiscali sicuri,facendo
così perdere le loro tracce.Ed è prova- to che si occupò di
ritirare somme in contanti in Svizzera,in Lussemburgo e in
Italia. Cusani ha quindi svolto un'attività di supporto costante,seguendo
dall'ori- gine al destinatario finale le somme che dovevano
essere utilizzate per fini estracontabili.È stato il punto
di riferimento della manovra illecita. Senza la sua opera
di consulenza e di vigile operatività,Gardini non sareb- be
stato in grado di trovare un accordo con chi lo contrastava
sul piano indu- striale,di sodisfare le pretese di amici e
nemici,di raggiungere lo scopo con- corato:la condotta dell'attuale
imputato è stata quindi determinante nell'indur- re Gardini
a delinquere e nel rafforzarne il proposito criminoso. La
difesa sostiene che il contributo causale dell'estraneo va
rilevato al momento della consumazione del reato,e quindi
all'atto della redazione dei bilanci,dei quali,come si è detto,non
risulta che Cusani si sia materialmente interessato. 85.L'assunto
è infondato. La condotta di Cusani,che sopra è stata soltanto
trattegiata per venire poi approfondita durante l'esame delle
imputazioni collegate all'utilizzo della somma di circa 152
miliardi recuperata da Bonifaci,è stata finalizzata al recu-
pero di questa omma in modo del tutto riservato:il mandato
ricevuto da Gardini richiedeva infatti in modo imprescindibile
l'occultamento della provvi- sta.Pertanto il falso in bilancio
si presentava come la necessaria conclusione di questa condotta.Cusani,accettando
l'incarico,doveva sapere o quanto meno prevedere che Montedison
avrebbe poi falsificato i bilanci servendosi delle sue strutture
tecniche;lo ha previsto e se ne è assunto il rischio.In più,va
ricorda- to che l'imputato non era una persona qualsiasi ma
un profondo conoscitore della materia ed in quel periodo era,per
sua stessa ammissione,a consulto costante con Gardini:si può
quindi sostenere che egli ha dato il suo consiglio o la sua
approvazione anche sul modo in cui la vicenda avrebbe potuto
essere mascherata tra le pieghe dei bilanci. Va anche sottolineato
che Gardini "sconfitto e amareggiato"per l'esito della vicenda
Enimont,ha rassegnato le dimissioni da tute le cariche in
Montedison e si è allontanato dall'Italia;prima di partire
ha lasciato le sue instruzioni non certo al figlio ivan (che
fino a quel momento non aveva partecipato alla vita della
società),né a Sama (che aveva coltivato le pubbliche relazioni
in genere), ma a Garofano (che aveva responsabilità sociali)e
a Cusani (che conosceva i termini degli accordi col mondo
politico e doveva realizzarli):ed infatti Garofano e Ccusani
agiscono da quel momento in perfetta sintonia.È Cusani che
tratta con Bonifaci e Garofano che avalla la conclusione dei
contratti da lui procurati (Masseroli dichiara che i documenti
gli venivano sottoposti solo per la firma):le due azioni sono
necessariamente coordinate e si è visto che i con- tratti
contengono gli elementi di falsità destinati alle comunicazioni
sociali. Deve quindi essere affermata la responsabilità dell'imputato
a titolo di con- corso,così come contestato al capo 1.". Dalla
lettura emerge che il dott.Cusani non ha mai formalmente rivestito,
nelle società i cui Bilanci sono risultati falsificati,alcuno
dei ruoli che costitui- scono condizione perché l'agente possa
essere chiamato a rispondere della fal- sità:promotore,socio
fondatore,etc.. Il Tribunale ha verificato se il dott.Cusani
potesse avere di fatto svolto il ruolo di amministratore della
stessa,l'esito è stato negativo. L'attenzione della Corte
si è quindi spostata sull'ipotesi di concorso dell'e- straneo
nel reato proprio attraverso tre circostanze: 1)accertamento
del fatto in capo all'intraneus; 2)l'influenza causale dell'extraneus;
3)la consapevolezza dell'extraneus della qualifica dell'intraneus.
86.Quanto al contributo causale,la tesi difensiva sostenuta
è stata che per l'e- straneo il contributo andrebbe accertato
al momento della consumazione del reato,e quindi all'atto
della redazione del Bilancio,per il quale non è risultato
essersi interessato il dott.Cusani. L'assunto è stato respinto
con l'argomentazione che l'incarico dato dal dott. Gardini
e dal dott.Cusani,di provvedere a creare la provvista di 152
miliardi prevede in modo imprescindibile che questa rimanesse
occulta,rendendo quin- di indispensabile la successiva fase
di falsificazione dei bilanci tesi a garantire questo risultato.
"Cusani accettando l'incarico,doveva sapere o quanto meno
prevedere che Montedison avrebbe poi falsificato i bilanci
servendosi delle strutture tecniche; lo ha previsto e se ne
è assunto la responsabilità". c)Il principio "nemo tenetur
se detegere". Per entrambe le operazioni volte alla creazione
della "provvista Bonifaci"si è inoltre realizzato un falso
nel bilancio Montedison con la mancata registrazio- ne delle
entrate in contanti o in titoli di Stato corrispondenti ai
152 miliardi che Bonifaci ha messo a disposizione del dott.Cusani.A
questo proposito la difesa dell'imputato ha argomentato che
la mancata registrazione nelle scritture conta- bili di guadagni
di provenienza delittuosa sarebbe giustificata dal principio
nemo tenetur se detegere,cioè dal diritto che ciascuno ha
di non denunciare reati a suo carico.Il tribunale ha invece
ritenuto che il suddetto principio non opera "nel caso in
esame,dove gli imputati non intendono nascondere un provento
illecito ma un semplice versamento in denaro lecito,che sarà
solo successiva- mente utilizzato a fini illeciti. L'omessa
indicazione dell'entrata non è quindi in funzione di non rilevare
un reato ma diventa lo strumento per evitare che un'ulteriore
attività illecita venga scoperta". d)L'elemento oggettivo
Per quanto concerne l'elemento oggettivo del reato di false
comunicazioni sociali il d.legisl.9 aprile 1991,n °127,codificando
taluni fondamentali prin- cipi contabili,ha determinato sotto
il solo profilo oggettivo,una tendenziale coincidenza tra
il bilancio invalido in sede civile e bilancio falso penalmente
rilevante.Se si osserva,infatti,che,alla stregua del nuovo
testo dell'art.2423 cod.civ.,il bilancio dovrà essere redatto
con chiarezza e dovrà rappresentare "in modo veritiero e corretto
la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed
il risultato economico dell'esercizio",appare pertanto,per
la dottrina e la giuri- sprudenza prevalente,che l'inosservanza
di tali fondamentali criteri determini 87.una non veridicità
del bilancio,coincidente con la falsità di cui all'art.2621
cod.civ..Ciò tuttavia,non può implicare la rilevanza penale
di qualsiasi devia- zione della pedissequa osservanza della
articolazione del bilancio dettata dal codice civile;occorrerà
sempre far riferimento alla rappresentazione che ne driva
della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato
economico. L'esame dell'elemento oggettivo va condotto con
distinto riferimento: 1)gli atti sui quali può incidere la
Falsità; 2)alle condotte idonee ad integrae il bilancio. L'immutatio
veri,che attacca l'interesse tutelato dalla norma cioè si
è detto il fascio di interessi,che per brevità individuiamo
nella trasparenza societaria, deve essere contenuta nel bilancio,nelle
relazioni e nelle altre condizioni socia- li,anche quelle
verbali che sono la manifestazione di una specifica funzione
esercitata dal soggetto nell'ambito di una società. Quanto
ai primi,tenendo presente che la norma penale contiene un
generico riferimento ai bilanci,senza altra precisazione,sembra
necessario ritenere che la norma stessa si riferisca:al bilancio
di esercizio (art.2433 cod.civ.),al bilan- cio Consolidato
di gruppo (Cass.9 luglio 1992,Bover,in Riv.Trim.dir.Pen. Ec.,1993,1366)nonché
sentenza Cusni 28 aprile 1994 Tribunale di Milano,al bilancio
finale di liquidazione (art.2453 cod.civ.),al bilancio per
la richiesta di fallimento (art.14 L.F.),nonché ai vari bilanci
straordinari redatti in occasione di particolari circostanze
(es.,per la riduzione del capitale per perdite,art.2446 cod.civ.;per
la fusione,art.2502 cod.civ.). -Passim -Sentenza Tribunale
di Milano 28.04.1994 Tarantola/Di Pietro/ Cusani. "Il bilancio
consolidato della società capogruppo non è un semplice prospet-
to contabile,ma esendo diretto a rappresentare la situazione
patrimoniale del- l'intero gruppo societario costituisce una
conseguenza sociale agli efetti del- l'art.262 cod.civ.,che
può essere viziata ove sia viziato il Bilancio di una società
interamente posseduta che venga classificata con il modulo
dell'integrazione globale"-Omissis -. Con riferimento alle
società di persone,i bilanci,ai quali si richiama la norma,sono
quelli di cui agli artt.2302 (in relazione agli artt.2214
e 2217 c.c.), 2303 e 2311 (previsti per le società in nome
collettivo),2320 e 2321 cod.civ. (previsti per le società
in accomandita semplice). Con riferimento alle società di
persone,avuto riguardo alla normativa conte- nuta dal D.L.9/4/91
n °127 il Napoleoni ne "I Reati":"Con l'importante rilievo
che la funzione informativa del bilancio di esercizio delle
società di persone è destinata ad esplicarsi essenzialmente
all'interno delle società,nei confronti dei soci non amministratori,non
essendone presente alcuna forma di pubblicazione che ne assicuri
la fruibilità all'esterno. 88.Per le relazioni,la disciplina
delle società di capitali offre più esempi,legi- slativamente
nominati,di relazione degli amministratori o dei sindaci:la
rela- zione degli amministratori o dei sindaci che correda
il progetto di bilancio (artt. 2423 e 2429-bis cod.civ.),la
relazione per la distribuzione di acconti dividendo (art.2433-bis
cod.civ.),la relazione sulla situazione patrimoniale per la
riduzio- ne del capitale in seguito a perdite (artt.2446 e
2447 cod.civ.),la relazione dei sindaci al progetto di bilancio
(art.2432 cod.civ.),la relazione al bilancio fina- le di liquidazione
(art.2453 cod.civ.),la relazione al Conto Consolidato. Va
sottolineato che,a seguito del d.ligisl.9 aprile 1991,n °127,attuativo
della IV direttiva CEE,la relazione è stata scomposta in due
distinti documen- ti:la nota integrativa,che è elemento costitutivo
del bilancio,e la relazione sulla gestione,che deve avere
riguardo anche dell'evoluzione della situazione econo- mica
della società. Ed in tale documento,a mio avviso,può essere
contenuto e/o deve ricercar- si l'elemento oggettivo. Tra
le comunicazioni sociali,rilevanti ai fini della fattispecie
in esame,rien- trano anche le situazioni patrimoniali presentate
alle banche per ottenere finan- ziamenti (Cass.29 aprile 1980)(Cass.Pen.,1981
p.2119),prevalendo in tal caso la fattispecie di cui all'art.2621
n °1 cod.civ.su quella diciplinata dall'art.137 T.U.leggi
bancarie,che contiene una espressa clausola di riserva. e)La
condotta La condotta,nel delitto di false comunicazioni sociali,può
consistere sia nella esposizione di fatti non rispondenti
al vero sulla costituzione o sulle con- dizioni economiche
della società,sia nella dissimulazione di fatti concernenti
le condizioni medesime. Restano,perciò,al di fuori dell'ambito
di operatività della norma in esame le false informazioni
su dati non direttamente riconducibili allo stato patrimoniale
ed alle condizioni economiche dell'impresa o alla sua costituzione.
Per esposizione dei fatti deve intendersi "ogni dichiarazione
oggettivamente percepibile"(Zuccalà);cioè della esposizione
di fatti e della conoscenza e/o conoscibilità da parte dei
terzi. La prima ipotesi consiste nella enunciazione di fatti
non veritieri.È contro- verso se,per essere penelmente rilevante,la
non veridicità debba oggettiva- mente avere il connotato della
fraudolenza. Passando a considerare l'ipotesi di falsa comunicazione
concernente le con- dizioni economiche,si pone il problema,assai
delicato,di determinare in che senso il legislatore abbia
usato la parola "fatto".In molti casi non possono sor- gere
incertezze. 89.Il problema,viceversa,si pone rispetto alle
valutazioni,molto spesso conte- nute nelle relazioni,nei bilanci
e nelle altre comunicazioni sociali,quando le medesime non
corrispondono a verità.Si osserva,infatti,che le valutazioni
non sono "fatti",ma semplici giudizi o apprezzamenti. In realtà
a parte il problema della rilevanza nella materia dei criteri
dettati dal cod.civ.per le valutazioni degli elementi attivi
e passivi del bilancio,si può osservare che anche le eccessive
sopravvalutazioni e sottovautazioni si risolvo- no sicuramente
in una falsità.Le prime equivalgono alle enunciazioni di attività
inesistenti,mentre le seconde si risolvono in un occultamento
di attività effetti- vamente esistenti. Tipica ipotesi di
falsità si ha quando,al fine di coprire le perdite di esrcizio,
si proceda ad una rivalutazione degli immobili in base ad
elementi assoluta- mente fittizi (Cass.25 maggio 1993). Quanto
alla seconda ipotesi di condotta,consistente nella dissimulazione
di fatti concernenti le condizioni economiche della società,occorre
precisare quale sia il rapporto della norma con l'esigenza,tutelata
anche in sede penale (art. 2622 cod.civ.,divulgazione di notizie
sociali riservate),di non rilevare ai soci ed al pubblico
tutti indiscriminatamente i fatti concernenti le condizioni
econo- miche della società. Con riferimento ai bilanci,si
può osservare che i cirteri per la redazione dei medesimi
sono fissati negli artt.2217 e 2423 e ss.Cod.civ.,sicchè,almeno
ten- denzialmente,sarà violato il precetto penale ogniqualvolta
non saranno osser- vate le disposizioni predette e manchi,perciò,quell'informazione
chiara,veri- tiera e corretta imposta dalla normativa civilistica
sul bilancio. Con riferimento alle altre comunicazioni sociali,su
fatti non rilevanti ai fini del decidere va esclusa l'illiceità
della omessa informazione. Non sussite il reato se i fatti
occultati nella comunicazione sociale riguarda- no notizie
sociali riservate,che il destinatario non sia legittimato
a conoscere, costituendo anzi la divulgazione di tali notizie
reato ai sensi dell'art.2622 cod. civ.. Viceversa,non vale
ad escludere l'esistenza del reato la circostanza che tutti
i soci siano consapevoli della falsità della comunicazione,essendo
destinatari di questa anche i terzi. Secondo l'opinione prevalente
perché la falsità dell'informazione societaria sia penalmente
sigificativa è necessario che sussista anche il requisito
della rile- vanza dell'informazione non veritiera.È,perciò,non
punibile il falso accertato che non incida in misura rilevante
sui contenuti della esposizione contabile e quindi non alteri
in modo significativo il risultato dell'informazione economica
proveniente dalla società. 90.f)L'elemento soggettivo. L'esistenza
dell'avverbio "fraudolentemente"nella disposizione in esame
esclude che il delitto di false comunicazioni sociali sia
punibile a titolo di dolo generico. Il legislatore,usando
quella espressione,ha inteso indicare che ai fini del dolo
non sono sufficienti la coscienza e volontà della immutatio
veri,essendo invece necessario che il soggetto abbia agito
con l'intenzione di determinare un errore nei soci o nei terzi
sulla reale situazione patrimoniale della società, accompagnata
dal proposito di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto,
senza però che occorra anche il proposito di cagionare un
danno,essendo suffi- ciente che l'agente l'abbia previsto
come possibile. Più di recente si è affermato che è sufficiente
la volontà di determinare un errore nei soci o nei terzi,allo
scopo di indurli a comportamenti o rapporti nei confronti
della società che diversamente e presumibilmente non terrebbero.Si
è così compiuto un radicale mutamento nella interpretazione
dell'avverbio frau- dolentemente,che è stato per lungo tempo
letto come espressione della neces- sità,oltre che dell'intenzione
di ingannare o di indurre in errore,anche del pro- posito
di recare danno (alla società,ai soci o ai terzi)e conseguentemente
di ricavare un profitto. Quanto detto emerge dalla già citata
sentenza del Tribunale di Milano che a mio giudizio più di
ogni commento alla norma,e nella specie all'avverbio "frau-
dolentemente"induce ad una riflessione: "(Passim da Riv.Pen.dell'Economia
pag.84,1996)Tutte le discussioni sul- l'elemento psicologico
del delitto di falso in bilancio ruotano attorno all'avver-
bio "fraudolentemente"che il r.d.30.12.1930 ha introdotto
in luogo dell'avver- bio "scientemente",ritenuto pleonastico.
La relazione ministriale ha spiegato la modifica sottolineando
che occorre- va l'intenzione di ingannare gli altri e il concetto
è stato interpretato nel senso che,oltre alla volontà di indurre
altri in errore,fosse necessaria l'intenzione di trarne un
ingiusto profitto e quella di danneggiare i terzi. In tal
modo sfuggivano alla repressione penale alcuni comportamenti
grave- mente ingannatori,e ciò nonostante che il falso preso
in consierazione dalla norma fosse ben più grave di altre
ipotesi di falso per le quali era ritenuto suf- ficiente un
dolo di pericolo.E così la relazione al codice civile del
1942 ha pre- cisato che per l'esistenza del reato non doveva
richiedersi un elemento sogget- tivo diverso e più intenso
di quello richiesto per le varie forme di comune falso in
atto pubblico. Si è quindi andata affermando una giurisprudenza
che,partendo dall'osser- vazione che l'intento di frode evidenziato
dal discusso avverbio non implica 91.altro scopo di quello
di ricavare un utile,ha concluso nel senso che il reato richiede
il dolo specifico,che si concreta quando il soggetto agisce
con la volontà di determinare un errore nei soci o nei terzi
in ordine alla effettiva situa- zione patrimoniale della società,accompagnata
dal proposito di conseguire un ingiusto profitto per sé o
per altri,senza che occorra il proposito di cagionare un danno,essendo
sufficiente la previsione di questo come correlativo al profit-
to (tra le tante,Cass.21.10.1982,mass.N °146199,Cass.8.03.1988,mass.
N °168207,Cass.8.11.1989,Fabbretti). Questa oluzione non appare
convincente,sia dal punto di vista dogmatico, in quanto introduce
elementi propri del dolo eventuale in una dichiarata fatti-
specie di dolo specifico,sia soprattutto perché,stabilito
che l'intenzione del soggetto agente deve essere rivolta all'inganno,l'intenzione
o anche la sempli- ce previsione del profitto o del danno
appaiono irrilevanti,restando assorbite nella coscienza del
disvalore del fatto. Questo Tribunale ritiene pertanto che
ad integrare il solo specifico del delitto di false comunicazioni
sociali è sufficiente la volontà di determinare un errore
negli organi sociale,nei soci o nei terzi,allo scopo di indurli
a com- portarsi in modo diverso da quello che terrebbero se
fossero a conoscenza della realtà della situazione pertanto
tale dolo prescinde dalla rappresenta- zione,anche sotto il
profilo della semplice possibilità,del danno che potrà derivare
al terzo. La Corte di Cassazione in alcune recenti sentenze
sembra essersi pronuncia- ta in tal senso (v.Cass.12.02.1992,mass.1485,Cass.19.06.1992
Farina).In quest'ultima decisione si legge infatti che il
dolo specifico del delitto in esame ricorre quando esiste
"la volontà di determiare un errore nei soci o nei terzi in
ordine alla effettiva situazione patrimoniale della socieà,anche
se il soggetto si propone di risollevare le sorti della società
medesima,accompagnata dal propo- sito di procurare a sé o
ad altri un ingiusto profitto"e senza quindi alcuna rile-
vanza della coscienza o volontà di danno. Alla stessa soluzione
è giunta parte della dottrina,che ha interpretato l'av- verbio
fraudolentemente come un dato qualificante della fattispecie
oggettiva: per integare il dolo del delitto di falso in bilancio
è sufficiente la coscienza e volontà dell'uso di mezzi ingannatori
perché l'avverbio di cui si discute,signifi- cando semplicemente
"con modalità fraudolentemente"non ha rilievo ai fini di connotare
l'intento del soggetto agente. Questa interpretazione non
aveva avuto seguito in passato perché si riteneva che l'esposizione
di atti non corrispondenti al vero,che costituisce la condotta
tipica della norma,già comprendesse il connotato della fraudolenza
e quindi non sembrava possibile che il legislatore del 1930
avesse introdotto un pleonasmo per eliminarne uno precedente.
92.93 È invece,a parere del Collegio,un'interpretazione che
merita di essere riva- lutata. In primo luogo va considerato
che,quando il legislatore richiede una parti- colare sottolineatura
dell'elemento soggettivo,non ha normalmente ricorso ad avverbi
ma evidenzia il fine dell'azione con le espressioni "al fine
di","allo scopo di","per". Inoltre l'esposizione di fatti
non veri può avvenire anche senza ricorrere a mezzi fraudolenti:basta
omettere il riferimento a dati essenziali per la cono- scenza.Sul
punto è emblematica la vicenda conenssa alla violazione finanziaria
dell'art.4 n °7 L.516/82.La giurisprudenza aveva a lungo oscillato
tra il ricono- scere come sufficiente ad integrare la fattispecie
criminosa la condotta consi- stente nell'omissione di componenti
positivi del reddito e il richiedere che que- sta condotta
si esprimesse in forme oggettivamente fraudolente.E il contrasto
era stato composto dalla Corte Costituzionale con sentenza
in data 28.01.1991 con un intervento deciso (e secondo alcuni
persino oltre il lecito)a favore della seconda alternativa.Ebbene,il
nuovo elgislatore,per rispettare il dettato della Corte Costituzionale,ha
formulato la lettera f)dello stesso art.4 nel senso che la
condotta deve concretarsi in "comportamenti fraudolenti idonei
ad ostacolare l'accertamento dei fatti amteriali".La fraudolenza
è dunque elemento costituti- vo della condotta. Concludendo,il
Tribunale ritiene che,sia interpretando l'avverbio "fraudo-
lentemente"come elemento soggettivo del reato,sia ricomprendendolo
nelle modalità della condotta,non sia necessario ricercare
la volontà o anche la sem- lice coscienza del danno ai terzi.
Questa conclusione assume importanza determinante in ipotesi
come quella in esame. Non vi è alcun dubbio infatti che i
responsabili di Montedison,Sviluppo Linate e Simmont hanno
agito con piena coscienza e volontà di ingannare i soci e
i terzi interessati,nascondendo loro le manovre patrimoniali
e finanziarie poste in essere per procurarsi la provvista
extracontbile di circa 152 miliardi.Ed è anche fuor di dubbio
che abbiano avuto coscienza del disvalore del fatto,e cioè
di violare i principi di trasparenza e di veridicità pretesi
dall'ordinamento. Non è invece sicuro che essi abbiano avuto
coscienza del danno procurato a soci e a terzi ed è anzi possibile
che abbiano ritenuto che la loro azione portasse van- taggi
indiretti per tutti.
Tratto
dalla Collana di studi giuridici dell'Ordine
degli Avvocati di Bari
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