ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DELLA CIRCOSCRIZIONE DEL TRIBUNALE DI NAPOLI

Commissione di studio "Crisi dell'impresa"
Il ruolo del curatore fallimentare tra esigenze
di giustizia e parti sociali coinvolte

Napoli 25/02/02

RELAZIONE DEL CONSIGLIERE
DOTT. EUGENIO FORGILLO
GIUDICE DELLA SEZIONE FALLIMENTARE
DEL TRIBUNALE DI NAPOLI

Allorquando sono stato invitato ad intervenire in quest'incontro ho avuto qualche momento d'esitazione. Oltre che la mia naturale ritrosia ad intervenire in pubblici dibattiti mi sono chiesto che cosa mai potessi dire di interessante su una legge che ha superato un cinquantennio di attuazione e mostra, all'evidenza di tutti, molti limiti nel confrontarsi con una società oramai profondamente cambiata, con sistemi di lavoro del tutto diversi e tecnologie immensamente differenti. Tutto ed anche di più è stato detto dagli studiosi della materia fallimentare e, spesso, proprio per adattare un corpo normativo oramai logoro, gli interventi della dottrina si sono sforzati di trovare modelli operativi per consentire l'effettività dell'applicazione della legge alle variegate realtà del caso concreto. Quando, poi, ho visto il tema del convegno sono rimasto ancora più perplesso, trattandosi di argomento difficilmente conciliabile con un impianto legislativo scritto con un modello sicuramente poco attento alle esigenze delle parti sociali. E, d'altra parte, considerando "i tempi" in cui la legge è stata scritta, il frutto è esattamente conforme. L'occasione odierna della presentazione del "Manuale del curatore fallimentare", peraltro, rende ancor più stridente il contrasto oggi esistente tra una legge che oramai, con la mutata sensibilità culturale e giuridica, testimonia apertamente la scarsa attenzione verso le parti sociali e la pubblicazione di un'opera che, per quanto aggiornata, in quanto manualistica, non può che essere fedelmente aderente al modello legale. Mi ponevo, perciò, alcune perplessità sul taglio di un intervento che non volesse essere né didascalico né sterilmente "de iure condendo" (visto che, nell'attuale contesto politico, è improbabile che si riformi a breve la legge fallimentare). Tuttavia, riflettendo, ho pensato che probabilmente qualcosa allo stato degli atti, può essere rilevante per avvicinare quest' impianto normativo alle esigenze delle parti. E' a tutti noto quanto sia difficile, in particolare per i curatori (che, istituzionalmente, svolgono il compito di amministrazione del patrimonio del fallito), condurre gli atti del processo; come sia difficile istruire l'esame delle domande d'ammissione, tener traccia degli atti man mano presentati, coordinare i diversi documenti della procedura, svolgere gli adempimenti di carattere amministrativo e fiscale connessi. E' difficile, ad esempio, nell'organizzare gli atti delle procedure più complesse, memorizzare organicamente indirizzi dei creditori ammessi, dei legali e degli altri ausiliari coinvolti a vario titolo, dei membri del comitato dei creditori e quant'altro. Per lo più, mentre le cancellerie e i giudici si avvalgono di sistemi informatici di un qualche ausilio, i curatori devono organizzarsi autonomamente per memorizzare gli atti, sovente replicando presso i propri studi quelle stesse informazioni che sono già in possesso della cancelleria. Lo stesso accade con i legali incaricati di seguire qualche pratica. Le altre parti diverse dai curatori si giovano soltanto indirettamente delle banche dati degli uffici giudiziari o dei curatori; spesso è l'interpretazione restrittiva delle norme che rende malagevole l'accesso all'informativa anche agli stessi soggetti istituzionalmente coinvolti. E' a tutti noto quanto sia difficile per il fallito, per il legale della procedura o per il c.d.c. avere una corretta e sollecita informativa su atti o dati rilevanti. Per lo più la gestione di tali informative e affidata al curatore fallimentare che, così, si tramuta, talora impropriamente, nel ruolo di collettore e filtro di informative che, peraltro, fisicamente sono custodite altrove (nelle cancellerie). Il che appare francamente bizzarro! Questo comporta una sostanziale sottoutilizzazione del patrimonio informativo di conoscenze ed è a tutti noto che spesso per ottenere una notizia che sarebbe per antonomasia "pubblica" o, comunque, di spettanza del titolare, si deve ricorrere ad artifici o a strade tortuose e complesse. Ciò implica, in aggiunta, che proprio in ragione delle difficoltà obiettive di accesso agli atti, sostanzialmente, il comitato dei creditori abbia perso d'importanza nell'economia del sistema, al punto che il compito di controllo è sostanzialmente azzerato. Eppure, tutto questo, nonostante che la sentenza di fallimento sia pubblica per antonomasia, che l'accesso agli atti sia giuridicamente libero per alcune categorie di soggetti e che vi siano palesi duplicazioni d'attività. Il tutto con enorme dispendio di energie e dispersione di forze che potrebbero più comodamente essere utilizzate per attribuire un valore aggiunto alla procedura; quel valore intellettivo per cui, in definitiva, giudici, curatori, avvocati, sono chiamati per l'esercizio delle rispettive attività. In sintesi, voglio dire, che l'enorme dispersione di energie per la collazione e l'ordinamento dei dati e degli atti, sottrae tempo e forze per l'impiego di risorse in attività molto più proficue ed importanti. Il Presidente Mazzocca, che coordina i lavori, ricordava poc'anzi, che non basta ritagliare da una banca dati elettronica una massima giurisprudenziale per incollarla e fare una buona sentenza. Ha pienamente ragione, ma questo spesso accade quando le attività sono sopraffatte da miriadi di incombenze quotidiane improprie. Quante volte a me stesso capita di disperdere la gran parte del tempo per riordinare gli atti che malassortitamente mi sono sottoposti e perciòstesso sentirmi già sfiancato prim'ancora di poter cominciare a scrivere la motivazione della sentenza? Quella parte, cioè, saliente delle mie attività e per la quale, principalmente, sono stato assunto! Questo mi sembra paradossale. E ciò, temo, possa capitare anche ai curatori chiamati a svolgere le attività in un contesto sicuramente poco confortevole come quello attuale. Proviamo, allora, ad ipotizzare quali casi potrebbero consentire di evitare duplicazioni e dispersioni di energie: RELATIVAMENTE ALLA VERIFICA DEL PASSIVO - Se le cancellerie compilassero l'elenco delle domande tempestive e tardive presentate, con tanto d'indirizzo dei procuratori o del domicilio del creditore, il relativo elenco potrebbe essere fornito direttamente in forma elettronica al curatore per consentirgli di predisporre in maniera pressocché automatica gli avvisi che è tenuto a dare dopo l'approvazione del passivo o per il riparto; - Se le cancellerie provvedessero alla scansione ottica delle domande d'ammissione al passivo i curatori potrebbero studiare con relativa facilità, nel più comodo loro studio, anzicché negli impraticabili uffici, le istanze sottoposte alla giustizia, agevolando senz'altro gli oneri connessi alla verifica; - entrambi i sistemi che precedono potrebbero, peraltro, consentire la predisposizione della camicia della verifica in modo automatico, con all'interno già la proposta del curatore, dimodocché il momento dell'esame delle domande verrebbe enormemente agevolato in fase di verifica; - il coacervo di questi meccanismi agevolerebbe inoltre le stesse cancellerie che avrebbero la possibilità di certificare in qualsiasi momento, per singola istanza, l'esito della verifica, senza dover riprendere, spesso a distanza di anni, materialmente la consultazione del fascicolo; E', pertanto, provato che, mediante una diversa strutturazione del modo di lavorare si potrebbero ottenere risultati immediatamente più tangibili. RELATIVAMENTE ALLA VENDITA DEI BENI - Se la predisposizione del verbale d'inventariazione dei mobili in forma informatica consentirebbe di predisporre le ordinanze di vendita in pochi attimi ed al curatore di avere una visione sempre chiara dei beni residuati; RELATIVAMENTE AGLI ATTI GESTIONALI - La predisposizione di una relazione ex art. 33 L.Fall. informatica consentirebbe al giudice delegato di enucleare agevolmente alcuni pezzi per la redazione del provvedimento da emettere e di interloquire sinergicamente col curatore. RELATIVAMENTE ALLA GESTIONE PATRIMONIALE. - La visualizzazione dello stato patrimoniale dei conti delle procedure appoggiati presso banche direttamente dalle cancellerie o dalla singole stanze dei giudici delegati e, addirittura, la possibilità di poter emettere mandati elettronici di pagamento, diminuirebbe sensibilmente il flusso di carte e di adempimenti connessi alle fasi patrimoniali, oltre a rendere più trasparenti ed efficaci le interfacce tra curatori e giudici. Si tratta, com'è comprensibile, d'interventi di modesta portata che potrebbero contribuire a migliorare sensibilmente il livello complessivo di resa del sistema ed avvicinare concretamente gli interlocutori istituzionali ad una migliore gestione del processo fallimentare che, allo stato, sembra caratterizzato, nella gestione quotidiana, da estrema farragginosità e arcaicità. Spesso ho la sensazione di vivere la realtà d'ufficio come un girone infernale dantesco dove miriadi di personaggi impazzano quotidianamente carte alle mano che proliferano incessantemente; talora basta un piccolo intoppo burocratico (quale, ad esempio, l'assenza o l'indisponibilità di taluni) per mandare a monte ore ed ora di attesa quotidiana per la firma, l'autorizzazione, il visto o quant'altro del giudice o del funzionario di turno. Eppure, vi dicevo, basterebbe poco per avvicinare i soggetti istituzionali al processo. Consapevole di quest'esigenza mi sono attivato, in sede di predisposizione del programma di gestione informatica degli affari fallimentari, che sto valutando in sede di commissione di collaudo ministeriale, per aumentare il livello di efficienza del medesimo, pensando il sistema non solo in funzione delle esigenze di singoli operatori (segnatamente magistrati e/o personale di cancelleria) ma in prospettiva di una più complessiva utilizzazione da parte di tutti indistintamente gli interlocutori istituzionali del processo - ovviamente per ciascuno in proporzione all'interesse ed alla legittimazione per ciascuna fase - dimodocché la gestione non sia un'utilità che interessi settorialmente una o altra categoria ma coinvolga tutti gli "attori" del processo e renda, in definitiva, più trasparente e agevole la trattazione delle pratiche fallimentari. A questa convinzione sono pervenuto mediante anche in conseguenza della Legge 39/93 (istitutiva dell'A.I.P.A.), laddove è stato affidato ad un organo indipendente costituito in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra l'altro, il compito di raccordare le risorse della P.A. al fine di uniformare il trattamento dei dati e rendere comune a tutte le amministrazioni il patrimonio informativo immagazzinato. Si è, infatti, ritenuto da parte del legislatore che non ha senso replicare miriadi di informazioni quotidiane quando le stesse sono già in possesso dell'Aministrazione; che, in sintesi, non potesse farsi carico all'interessato di produrre certificati ed atti già in possesso della stessa o di altra amministrazione (pur facente parte del sistema) giacché il patrimonio informativo comune deve essere disponibile in qualsiasi momento ed immediatamente utilizzabile. Per questo si ambisce a realizzare la Rete Unitaria della P.A. che consenta un agevole interfaccia tra tutti gli uffici. Su questa stessa direttrice le norme sul processo telematico contemplano la messa a disposizione degli utenti abilitati del patrimonio comune di dati acquisiti o da acquisire al processo, dimodocché questo si forma attraverso la partecipazione coordinata di tutte le parti che diventano "attori" e non più semplici spettatori "muti" della funzione altrui. Tuttavia, quando ho proposto di ampliare le possibilità gestionali del programma informatico realizzando in modo da consentire, ad esempio, anche ai curatori di avere accesso dai propri studi professionali ai dati inseriti nel sistema (ovviamente, limitatamente per ciascuno agli incarichi attribuitigli) ho all'inizio percepito qualche perplessità perché si è ritenuto che la funzione di organizzazione dell'incarico pubblicistico non rientrasse nei compiti di un programma dell'amministrazione. A mio avviso questo modo di ragionare non è corretto giacché tien conto di una visione settoriale del sistema che non sembra più essere al passo coi tempi. Messi in questa prospettiva si dovrebbe sostenere che anche le norme del processo telematico non avrebbero dovuto essere scritte nei termini che conosciamo perché non v'è ragione che si consenta al legale di consultare dal proprio studio la banca dati dell'ufficio. Invece ciò si è previsto proprio per ravvicinare funzioni tutto sommato eterogenee che, però, per le finalità del processo, s' intersecano tra loro, concorrendo, pro parte, a creare il prodotto finale. Certamente, quando le tematiche sulla firma digitale avranno piena e completa attuazione molte cose cambieranno o dovranno necessariamente cambiare: ma quello che deve essere assolutamente chiaro e che anche un modesto sforzo organizzativo può sopperire alle lacune di una legge non più aderente alla qualità e quantità del lavoro che oggi invade gli uffici. In definitiva si può agevolmente pensare che mediante una gestione informatica intelligente e sinergica del processo fallimentare possa consentirsi agli operatori tutti di operare in maniera più razionale, efficiente e proficua.

 












 

 

 


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