UN ITINERARIO INTERPRETATIVO PER LA NON TASSAZIONE DELLA PERDITA DI LAVORO DIPENDENTE
(dott. Raimondo Olmo)

E' il caso di un lavoratore che acconsente ad interrompere definitivamente il rapporto di lavoro per venire incontro ad esigenze di ristrutturazione aziendale, dettate peraltro da una difficile congiuntura economica, ricevendo una somma di denaro.
Si discute se tale somma debba essere sottoposta a tassazione come reddito di lavoro dipendente, alla luce delle norme del TUIR.

Bisogna preliminarmente considerare che il legislatore tributario ha dato una definizione di reddito di lavoro dipendente di tipo omnicomprensiva (v. art. 46 - art 48 tuir), stabilendo poi specifiche deroghe al principio della totale tassabilità, prevedendo cioè che alcuni componenti non concorrono a formare il reddito o vi concorrono soltanto in parte.
Partendo quindi dal presupposto che la somma percepita dal lavoratore è, in via di principio, imponibile, resta da valutare la possibilità di considerarla come un componente che non concorre a formare il reddito.
Tale potrebbe essere la liberalità erogata al dipendente, che ad alcune condizioni, è sottratta dalla tassazione.
Prima, però, di addentrarci nella legislazione tributaria, che compiutamente definisce quali atti devono considerarsi di liberalità, è necessario stabilire se sussiste la causa dell'atto di liberalità, se l'imprenditore ha cioè elargito la somma di denaro con l'animus donandi, che è "la ragione giustificatrice dell'attribuzione, fatta senza precedente obbligo e senza quello scambio che costituisce il più frequente e più forte impulso al trasferimento dei diritti…"(1)
Ebbene, bisogna subito e semplicemente rilevare che, se l'imprenditore ha ottenuto il licenziamento del lavoratore contro una somma di denaro, l'atto non rientra nel campo delle liberalità:(2) le azioni delle parti sono reciprocamente condizionate.
Esso comunque deve valutarsi come un atto utile all'organizzazione aziendale, finalizzato alla realizzazione del ridimensionamento della forza lavoro, ad avviare il lavoratore fuori dell'impresa, ma in modo da non creare attriti e contese tra le parti: è l'indennizzo del danno provocato al lavoratore per la perdita dell'attività.

Può così intendersi quella somma versata a titolo di risarcimento di un danno per andare all'articolo 6 dpr 917/86, secondo cui " i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti."
E' evidente che deve valutarsi se la somma erogata al lavoratore dipendente sia effettivamente legata ad una perdita di redditi.
Ora, secondo un'attenta interpretazione del fatto , può sostenersi che non c'è legame tra risarcimento del danno e reddito, essendo il risarcimento slegato dal lucro cessante, cioè dal reddito che il lavoratore avrebbe percepito in futuro se non fosse stato interrotto il rapporto, mentre è esclusivamente correlato al danno emergente.
Ed infatti, il lavoratore non rivendica un'improbabile e discutibile attualizzazione dei redditi futuri, che avrebbe potuto chiedere in un caso di licenziamento illegittimo; così la somma sarebbe stata attratta a tassazione, rientrando nella previsione dell'articolo 6 dpr 917/86 di "risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi". Ma il licenziamento illegittimo non è, avendolo il lavoratore, con un comportamento contrattuale, pienamente avallato.
Correttamente il SECIT, nella relazione sull'attività svolta nell'anno 1991, ha ritenuto di tassare le somme erogate per transazioni per cause di lavoro, stipulate in sede giudiziaria o davanti a commissioni provinciali di conciliazioni, in ottemperanza al comma 2 dell'articolo 6 Tuir, "non essendo dubbio nella generalità dei casi il loro effettivo carattere di proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro subordinato o parasubordinato o di indennità conseguita a titolo di risarcimenti consistenti nella perdita di redditi, già maturati o maturandi (lucro cessante)".
Ma, il legame tra somma versata dall'imprenditore al lavoratore e reddito (lucro cessante), maturato o maturando, nel caso concreto, non esiste, e così non è stato oggetto di valutazione delle parti, versandosi esclusivamente nel campo del risarcimento del danno emergente.(3)
Non si è tenuto conto né di quote di reddito maturate negli anni trascorsi in costanza del rapporto di lavoro, come trattamento di fine rapporto, né dei redditi futuri, a cui il lavoratore, sul piano logico temporale ha rinunziato, addivenendo prima al suo licenziamento e poi accettando un risarcimento.
D'altra parte se l'azienda avesse avuto prospettive positive di reddito tali da poter sostenere costi del personale utili e necessari alla sua attività ed alla produzione, non avrebbe eliminato parte della forza lavoro, ed il lavoratore, sentendosi ingiustamente licenziato da un'azienda con redditività positiva ed escluso dalla partecipazione al conseguimento dell'utile, avrebbe chiesto di mantenere il suo posto.
Bisogna concludere che, per questo caso, non rientrante cioè nelle "generalità di casi" di simulazione allo scopo di evitare l'imposta evidenziati dal Secit, il legame tra somma versata e reddito non esiste, potendosi derivare la non attrazione a reddito di lavoro dipendente, né ad altro reddito.


1 - Cfr. OPPO, Adempimento e liberalità, p.90, Milano 1947; v D'ANGELO, La donazione remuneratoria, Milano, 1942. "Beneficium non in eo quod fit aut datur, consistit, sed in ipso dantis aut facientis animo." (Il beneficio non consiste nella sostanza o valore della cosa che si dà, né nella persona che lo riceve, ma nella intenzione e nel modo di chi lo dà.) Seneca, De benef., 2,8,1. (torna su)

2 - Né potrebbe opporsi una mera distinzione tra causa della liberalità ed il suo motivo, che è giuridicamente irrilevante, facendo coincidere quest'ultimo col ridimensionamento aziendale. (torna su)

3 - La relazione di accompagnamento al testo unico precisa che sono in ogni caso esclusi dalla tassazione gli indennizzi risarcitori del danno emergente e non quelli del lucro cessante. Invero, il diritto già conosce e regola casi particolari in cui il risarcimento è limitato al danno emergente, come nell'articolo 81 del codice civile, in conseguenza di ingiustificata rottura degli sponsali. (torna su)













 

 

 


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