Sulla natura del termine stabilito dall'ART. 36/Bis del D.P.R. 600/1973 secondo la definizione del'ART. 28 della Legge 27 Dicembre 1997 n°449
(dott. Raimondo Olmo)

L’articolo 36 bis del dpr 600/1973 stabilisce che gli uffici delle imposte procedono entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni alla liquidazione delle imposte dovute. Si discute se il termine indicato dalla norma sia di carattere ordinatorio o perentorio,  alla luce dell’introduzione dell’articolo 28 della legge 27 dicembre 1997 n.449. Invero, l’articolo 28 citato chiarisce che il primo comma dell’articolo 36 bis deve essere interpretato nel senso che il termine in esso indicato, avendo carattere ordinatorio, non è stabilito a pena di decadenza. La legge interpretativa o interpretazione autentica, frequente in materia tributaria, si applica anche ai rapporti precedenti e l’articolo 28 in parola è senza dubbio una norma i cui effetti si estendono anche al passato. E se, come è stato avvertito[1], bisogna evitare di considerare interpretativa una nuova legge  se essa non si qualifica tale, è necessario abbandonare ogni incertezza sulla natura dell’articolo 28 che, si noti, ancora prima di definire la materia per cui è stato redatto, subito si presenta nel testo del titolo quale “norma interpretativa”, senza altra ulteriore specificazione ed inutile. Evidentemente il legislatore ha voluto che il destinatario della norma non dubitasse nemmeno un istante sulla natura della legge, definendola interpretativa due volte, nel titolo e nel corpo del testo, usando il  verbo “interpretare”. Ulteriore conferma di tale osservazione  può aversi dalla lettura dei titoli degli articoli della legge n. 449/97, tutti normalmente dedicati all’oggetto della  materia che disciplinano, tanto che l’interprete individua subito quelli di suo interesse. Ma l’articolo 28, tralasciando qualsiasi intestazione di carattere tematico, dichiara esclusivamente la sua natura interpretativa.[2] Pertanto  riteniamo che il termine stabilito dall’articolo 36 bis dpr 600/1973 sia di carattere ordinatorio. Invero qualche osservazione può avanzarsi in relazione al coordinamento dell’articolo 36 bis, interpretato secondo l’articolo 28, con gli articoli 152 e seguenti del codice di procedura civile. E’ però utile preliminarmente sottolineare il differente contesto cui si riferisce la legge : l’amministrazione finanziaria e la liquidazione delle imposte nell’articolo 36 bis, il processo civile ed i suoi  termini negli articoli 152 e seguenti. L’articolo 36 bis  può leggersi insieme al secondo comma dell’articolo 152 cpc, secondo cui “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori” : si conclude che il termine del “31 dicembre dell’anno successivo”  è di carattere ordinatorio e che l’articolo 28 ha solo chiarito la corretta interpretazione della norma. Ciò consente  il confronto tra l’articolo 36 bis e l’articolo 154 cpc, secondo cui  “il giudice, prima della sentenza, può abbreviare o prorogare, anche d’ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza”.  Ed a tal punto ci si può chiedere se è stato legittimo l’intervento del legislatore che, a termini spirati, ha prorogato g Ebbene, riteniamo che una soluzione in tal senso,  cioè l’illegittimità dell’articolo 28, veramente confonda i contesti giuridici per i quali le norme esistono, forzando eccessivamente la portata dell’articolo 154 cpc. Le due norme non solo si riferiscono a due situazioni profondamente diverse, ma anche a soggetti la cui attività è difficile se non assurdo confrontare. Il  soggetto agente, infatti, colui che ha il potere di prorogare i termini ordinatori, è il giudice del processo nel caso dell’articolo 154 cpc ;  chi, invece, ha stabilito il termine ordinatorio dell’articolo 36 bis, è il legislatore medesimo. E si noti che il legislatore non ha prorogato il termine, ma ha ribadito che è sempre stato di carattere ordinatorio. Insomma, il giudice è nella legge ed agisce (art. 154 cpc), il legislatore fa la legge (art. 36 bis ed art. 28) Sterile infine sarebbe il tentativo di voler autonomamente inficiare la validità giuridica dell’articolo 28, ritenendo che ove si volesse dimostrare l’infondatezza di una norma non è all’interpretazione che bisogna mirare, ma alla norma interpretata, che nel caso in esame è l’articolo 36 bis. Altro è sindacare la scelta del legislatore definendola in contrasto “con i naturali principi di base di una convivenza comune e di trasparenza operativa degli apparati pubblici” ,[3] altro ancora è invocare la valutazione di legittimità costituzionale o dimostrare che il legislatore ha introdotto una vera e propria norma innovativa dichiarandola invece interpretativa.[4] La posizione del legislatore è diversa da quella dell’interprete davanti alla legge : il primo opera un’attività di politica economica, l’interprete deve applicare le scelte del legislatore. Ove poi si voglia sindacare la legittimità costituzionale della norma, innanzitutto in relazione al principio di capacità contributiva, che è il fondamentale precetto rivolto al legislatore tributario, bisogna farlo tenendo presente l’intero sistema, individuandone l’equilibrio generale, e senza dimenticare che “le più opportune scelte di politica tributaria dipendono spesso da questioni contingenti, come l’andamento dell’economia, del debito pubblico, dei rapporti con l’estero, etc.”[5] A dimostrazione, si noti che l’articolo 28 è contenuto nella legge n. 449/97 collegata alla finanziaria e tesa alla “stabilizzazione della finanza pubblica”.

[1] Raffaello Lupi, Lezioni di diritto tributario, Giuffrè, 1992, p.56

[2] A titolo di esempio si noti che gli articoli immediatamente precedenti e seguenti il 28 definiscono l’oggetto che trattano : così l’articolo 29 è intitolato all’ “Assegnazione agevolata di beni ai soci e trasformazione in società semplice” ; e l’articolo 27 è intitolato a “Disposizioni in tema di personale dell’amministrazione finanziaria e della Presidenza del Consiglio dei ministri”.

[3] Giuseppe Rita, Le cartelle in ritardo restano valide, Italia Oggi, mercoledì 27 maggio 1998, pag. 39, che aggiunge : “Ciò che risulta frustante è quindi, lo strappo causato dal legislatore in rapporto a diritti ormai acquisiti. Trattasi di una palese offesa alla coerenza comportamentale, alla certezza giuridica, alla conservazione dell’affidamento riposto dal singolo cittadino-contribuente sulla potestà impositiva o riscossiva dell’amministrazione finanziaria nonché del più generale principio di ragionevolezza degli interventi normativi.”

[4] Sulla norma innovativa mascherata da interpretazione autentica v. Pasquale Russo, Manuale di diritto tributario, Giuffrè, 1996, p.104

[5] Raffaello Lupi, Lezioni di diritto tributario, Giuffrè, 1992, p. 37  n.61

 











 
 

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