Lassistenza
tecnica del fallimento e delle altre procedure concorsuali
nella disciplina del nuovo processo tributario
di Federico Maria Puddu
SOMMARIO:
1. La questione. - 2. Il dibattito. - 3. Le conseguenze
della violazione dellart. 31, c. 3, L.F.
1. LA QUESTIONE
Come è noto nella riforma del contenzioso tributario
il legislatore, mutando rispetto alla precedente disciplina
del giudizio e ricalcando le regole del processo civile,
ha introdotto con lart. 12 D.Lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546, lobbligo per i contribuenti (ovvero per le
parti del processo diverse dall'ufficio del ministero delle
Finanze e dall'ente locale nei cui confronti è proposto
il ricorso), sole escluse poche eccezioni, di essere assistiti
nelle controversie il cui valore ecceda Lire 5.000.000 da
un difensore abilitato.
Il secondo comma del sopracitato art. 12 individua poi una
(eccessivamente) vasta categoria di difensori abilitati
alla assistenza tecnica del contribuente tra i quali viene
poi operata una discriminazione fra professionisti cui è
attribuita una competenza generale, avvocati, dottori commercialisti,
ragionieri e periti commerciali, e quelli ai quali è
invece demandata una competenza limitata dalla materia del
contendere.
Infine, il comma 6° dell'articolo citato, in conformità
a quanto dispone l'art. 86 del Codice di Procedura Civile,
stabilisce che i professionisti abilitati all'assistenza
tecnica possono stare in giudizio personalmente, senza l'assistenza
di altri difensori.
Orbene da tale ultimo inciso scaturisce il quesito se il
curatore fallimentare, quale professionista appartenente
a una delle categorie professionali abilitate all'assistenza
tecnica per effetto dell'art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992,
possa stare in giudizio personalmente avanti alle Commissioni
tributarie senza doversi avvalere dellassistenza tecnica
di un difensore abilitato.
La problematica in realtà sorge perché la
legge fallimentare prevede allart. 31, terzo comma,
che "il curatore non può assumere la veste di
avvocato o procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento".
Conseguentemente, occorre verificare se il divieto per il
curatore avvocato (o procuratore) di potere fungere come
tale nei processi in cui sia parte il fallimento sia vigente
anche per il nuovo processo tributario e, in caso affermativo,
quale conseguenza determinerà il mancato rispetto
di tale disposizione.
Naturalmente il dubbio non deve essere circoscritto alla
sola ipotesi in cui il curatore sia avvocato (tenuto conto
che il richiamo alla categoria dei procuratori è
superato dalla soppressione di tale titolo verificatosi
con la Legge n. 27 del 1997), bensì va interpretativamente
esteso, tenuto conto che tale divieto è connesso
alla veste di difensore, alle altre categorie professionali,
richiamate dal secondo comma dellart. 12, che possono
assumere la carica di curatore fallimentare.
2.
IL DIBATTITO
Ricordiamo che le disposizioni contenute nell'art. 12 costituiscono
una delle più importanti innovazioni del nuovo processo
tributario, in quanto, in attuazione della delega contenuta
nelle lettere g), i) e t) dell'art. 30 della legge n. 413
del 1991, introducono, sulle orme del processo civile, l'obbligo
dell'assistenza tecnica da parte di un difensore abilitato.
Ovviamente lintroduzione di tale innovazione legislativa
ha provocato non poche perplessità in merito allesatta
interpretazione dellart. 12 ed in particolare del
suo sesto comma.
In particolare nella Circolare del 23 aprile 1996 n. 98/E,
sub art. 12, viene specificato che il comma 6 dell'art.
12, in parallelo a quanto disposto dall'art. 86 del Codice
di procedura civile, stabilisce che i professionisti abilitati
all'assistenza tecnica possono stare in giudizio personalmente,
senza l'ausilio di altri difensori qualora la controversia
pendente innanzi alla commissione tributaria li riguardi
direttamente.
Già da tale prima interpretazione sorge quindi un
primo interrogativo che involge anche la curatela fallimentare.
Infatti, viene da chiedersi se tale norma si possa applicare
solo qualora il professionista abilitato sia il destinatario
diretto ed immediato dellatto che si intende impugnare,
ovvero anche nellipotesi che lo stesso professionista
abbia la mera rappresentanza legale o volontaria dellimmediato
destinatario dellatto.
Il primo precedente giurisprudenziale che si rinviene riguardo
allinterpretazione di tale disposto in materia di
curatela fallimentare, confermato poi da successivo della
medesima autorità giudiziaria (1), è nel senso
che il sesto comma in esame non possa essere inteso in senso
restrittivo e, cioè, con riferimento alla sola ipotesi
in cui il soggetto in possesso dei requisiti agisca in quanto
interessato personalmente alla controversia, poiché,
in attuazione dellespresso richiamo nel processo tributario
(previsto dal secondo comma dellart. 1 D.Lgs. n. 546/92
secondo il quale "i giudici tributari applicano le
norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto
e con esse compatibili, le norme del codice di procedura
civile") delle norme processuali civili, trova piena
applicazione il principio generale sancito dallart.
86 c.p.c., secondo il quale "la parte o la persona
che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità
necessaria per esercitare lufficio di difensore con
procura presso il giudice adito, può stare in giudizio
senza il ministero di altro difensore", e che a parere
della giurisprudenza va poi inteso nel senso che il professionista
legale può assumere personalmente il patrocinio tanto
se agisca o sia convenuto nel giudizio in proprio, quanto
se sia costituito in nome altrui, in forza di rappresentanza
organica o quale procuratore generale ad negotia (2).
Se tale interpretazione estensiva trova senzaltro
riscontro per quanto riguarda lamministratore di un
condominio o il rappresentante legale di una società
che al contempo rivesta la qualità di avvocato, qualche
dubbio potrebbe sorgere invece per il curatore fallimentare
data la sua incerta posizione nelle cause che intraprende
per conto del fallimento. Tuttavia, nonostante la tormentata
evoluzione giurisprudenziale sullargomento, è
ormai pacifico che il curatore quando sta in giudizio in
luogo del fallito occupa la medesima posizione già
spettante a questultimo, divenendo, secondo la concezione
privatistica del fallimento, un rappresentante o un sostituto
processuale del fallito (3).
Il dibattito sullassistenza tecnica del fallimento
è stato poi ulteriormente sollecitato dalla Circolare
del Ministero delle Finanze del 18 dicembre 1996 N. 291/E
PROT. 3-5011 P. 2 (4).
Secondo tale circolare il curatore fallimentare, anche se
appartenente ad una delle categorie professionali comprese
nellart. 12 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non può
assumere le vesti di difensore tecnico del fallimento nelle
controversie che riguardano il fallimento avanti alle Commissioni
tributarie, in quanto detta norma è in contrasto
con lart. 31, terzo comma, della legge fallimentare
che vieta espressamente al curatore fallimentare di assumere
la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano
il fallimento. Ribadisce poi correttamente la Circolare
che detta disposizione deve trovare applicazione oltre che
per la categoria professionale degli avvocati, espressamente
richiamata, anche per le altre categorie professionali abilitate
all'assistenza tecnica.
La Circolare in questione ha suscitato non poche critiche
favorevoli e contrarie.
Infatti, viene contestato (5) che lart. 12, comma
sesto, D.Lgs. n. 546/1992, in quanto norma speciale non
può subire alcun effetto derogatorio da parte di
altra norma speciale antecedente quale è appunto
quella prevista dallart. 31, terzo comma, della legge
fallimentare. A sostegno di tale tesi si afferma che se
da un lato è vero che la norma fallimentare, intesa
quale legge speciale, deroga il sopra citato art. 86 c.p.c.
(6), inteso come norma generale di diritto comune, secondo
il principio lex specialis derogat legi generali (la legge
speciale deroga la legge generale), dallaltro la stessa
legge fallimentare, sempre intesa come legge speciale, può
essere derogata da altra norma successiva di carattere speciale
quale è quella sul nuovo contenzioso tributario tra
cui appunto il sesto comma dellart. 12. Secondo tale
opinione avrebbe in tal modo senso linserimento del
sesto comma dellart. in esame, le cui previsioni sarebbero
state altrimenti già implicitamente previste facendo
ricorso allart. 86 c.p.c. in forza del richiamo operato
nellart. 1, comma secondo, D.Lgs. n. 546/1992.
Più corretta della precedente interpretazione appare
invece la soluzione adottata dalla Commissione di Salerno
(7) laddove sostiene linammissibilità del conferimento
allo stesso curatore dellesercizio della difesa tecnica
dinanzi alle Commissioni tributarie affermando, senza peraltro
spiegarne le motivazioni, che la specialità e la
forza della normativa fallimentare prevale comunque su ogni
altra disposizione compresa quella sul nuovo processo tributario.
Nel commento alla suddetta decisione (8) si trovano poi
ulteriori notevoli spunti di riflessione che peraltro giustificano
la prevalenza della norma fallimentare su quella tributaria
in esame. Infatti, viene detto che il divieto sancito dalla
legge fallimentare per il curatore di assumere personalmente
la difesa del fallimento è strettamente connesso
alla figura ed ai poteri attribuitigli dalla legge fallimentare.
In altri termini tale divieto scaturisce direttamente dallenunciato
normativo di tale norma che, essendo diretta ad evitare
il cumulo dellufficio di curatore e delle funzioni
di difensore, prevede una situazione di incompatibilità
tra i due ruoli applicabile a tutti i tipi di processo,
compreso quello innanzi alle commissioni tributarie (9).
In dottrina sempre sul tema dellincompatibilità
dei due ruoli atri hanno affermato che tale divieto è
dipendente dalla qualità di organo pubblico del curatore,
per cui tale funzione pubblica deve sempre prevalere su
quella privata del curatore quale professionista (10).
Mi pare sostenibile, al contrario di chi semplicisticamente
afferma che per motivi di logica predomini la tesi che trattandosi
di processo che si svolge in casa tributaria debbano prevalere
le regole che in essa vigono (11), che il divieto generale
sancito dalla legge fallimentare non possa essere derogato
nemmeno nel processo in esame, non esistendo nella normativa
sul nuovo processo tributario alcuna norma "speciale"
che apertis verbis deroghi a quanto esplicitamente previsto
nella legge fallimentare. In altri termini, nelle nuove
norme sul processo tributario non si rinviene una specifica
eccezione al divieto dettato dalla legge fallimentare, e,
pertanto, non appare sostenibile che la previsione prevista
dallart. 12, comma sesto, D.Lgs. n. 546/1992, possa
in alcun modo inficiare la specialità di tale divieto.
3)
LE CONSEGUENZE NEL PROCESSO TRIBUTARIO DELLA VIOLAZIONE
DELLART. 31, COMMA TERZO, LEGGE FALLIMENTARE
Riconosciuta loperatività nel processo tributario
dellart. 31, comma terzo, Legge fallimentare, si pone
poi lulteriore problema delle conseguenze della violazione
di tale disposto.
Secondo la Commissione di Imperia (12), "poiché
ai sensi dellart. 156 c.p.c. la nullità di
un atto processuale per inosservanza di forme può
essere dichiarata soltanto nei casi espressamente previsti
dalla legge, nel caso in esame deve escludersi che tale
pronuncia possa essere emessa, non esistendo alcuna norma
che commini la nullità nella ipotesi in cui il ricorso
alla Commissione tributaria risulti sottoscritto dal curatore
il quale possieda anche i requisiti del difensore; in altri
termini la sottoscrizione del ricorso da parte del curatore
fallimentare che appartenga ad una delle categorie elencate
nellart. 12, anche se irregolare ai sensi della legge
fallimentare non integra alcuna ipotesi di nullità
per la legge fallimentare".
Secondo autorevole dottrina (13), tra laltro conforme
a quanto statuito nella suddetta decisione, lassunzione
in giudizio della difesa tecnica da parte del curatore da
luogo, oltre a conseguenze meramente endofallimentari che
operano sul piano della responsabilità del curatore
medesimo, ad una mera irregolarità peraltro sanabile
a norma dellart. 182 c.p.c.
Altra dottrina, al contrario, afferma che lart. 31,
comma terzo, Legge fallimentare, prevede una vera e propria
causa di incapacità del curatore avvocato, cosicché
gli atti da questi compiuti in violazione del divieto sarebbero
radicalmente nulli per difetto di rappresentanza processuale
e perciò non imputabili al fallimento (14).
Entrambe le suddette opinioni sono poi contestate dalla
più recente dottrina (15) la quale correttamente
evidenzia che tale divieto non ha carattere generale in
quanto non opera nei giudizi in cui la parte è abilitata
a stare in giudizio personalmente senza lassistenza
del difensore (ad esempio nelle controversie innanzi al
giudice di pace per le cause il cui valore non ecceda il
milione).
Infine è indispensabile distinguere lipotesi
in cui il curatore assuma la rappresentanza senza la necessaria
autorizzazione del giudice delegato così come richiesta
dallart. 25, comma primo, n. 6, Legge fallimentare,
che, dando luogo ad un difetto di rappresentanza, pregiudica,
se non sanata, lattività processuale del curatore,
dalla fattispecie in cui lattività processuale
sia compiuta da un curatore fallimentare abilitato alla
difesa ed alluopo autorizzato dal giudice delegato,
che, come sopra evidenziato, non inficia mai lattività
processuale compiuta dal curatore ma genera soltanto conseguenze
endofallimentari.
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(1) Tribunale Parma, ord. 18 settembre 1996, in Corr. trib.,
1997, 967, con nota di Ferraù, Quando il curatore
fallimentare può stare in giudizio personalmente;
Tribunale Parma, decr. giud. del 29 aprile 1998, in Fall.
1998, all. al n. 8/98; in dottrina contra Napolitano, Lassistenza
tecnica, in Tesauro, Il processo tributario, in Giur. sist.
dir. trib., Torino, 1998, 242.
(2) Cass. 16 ottobre 1956, n. 3647; Cass. 13 novembre 1974
n. 3600, in Giust. civ. Rep., 1974, v. Procedimento civile,
54; sullamministratore di condominio si vedano Cass.
26 febbraio 1990 n. 1442, in Giust. civ., 1990, I, 2612,
e Cass. 5 giugno 1992, n. 6947, in Giust. civ. Mass., 1992,
fasc. 6.
(3) Galgano, Diritto commerciale, Limprenditore, Bologna,
1991, 330-331.
(4) Si riporta la parte della circolare relativa al commento
dell'art. 12 circa la posizione del curatore fallimentare:
"E` stato inoltre chiesto di conoscere se il curatore
fallimentare, quale professionista appartenente a una delle
categorie professionali abilitate all'assistenza tecnica
per effetto dell'art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e,
al tempo stesso, quale rappresentante legale del fallito,
possa assistere quest'ultimo in giudizio, alla luce della
disposizione recata dal comma 6 dello stesso art. 12 che
permette ai soggetti, in possesso dei requisiti richiesti
per esercitare il patrocinio alle liti, di stare in giudizio
personalmente. A tale proposito si ritiene che il curatore
fallimentare non possa assumere anche la veste di difensore
tecnico del fallito nelle controversie dinanzi alle commissioni
tributarie, in virtù del disposto dell'art. 31, terzo
comma, del regio decreto 16 marzo 1947, n. 267, in base
al quale il curatore fallimentare non può rivestire
il ruolo di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano
il fallimento e dell'art. 25, primo comma, n. 6) del citato
regio decreto che prevede, tra i poteri del giudice delegato,
la nomina degli avvocati e dei procuratori. Malgrado le
menzionate disposizioni operino un espresso richiamo solo
a una precisa categoria professionale, si ritiene che lo
stesso criterio valga anche nei confronti del curatore fallimentare
appartenente alle altre categorie professionali abilitate
all'assistenza tecnica, escludendosi pertanto, in tali ipotesi,
la possibilità che il rappresentante legale del fallito
possa anche difenderlo nel giudizio tributario. Diversa,
invece, è la situazione relativamente alle controversie
tributarie concernenti il soggetto fallito, già pendenti
alla data dell'1 aprile 1996 dinanzi alle preesistenti commissioni
tributarie di primo e secondo grado. Si ricorda infatti
che, secondo la disciplina transitoria recata dall'art.
79, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per le predette
controversie la nomina da parte del ricorrente di un difensore
abilitato non è obbligatoria, bensì può
essere discrezionalmente disposta dal presidente della sezione
o dal collegio sulla base di valutazioni di opportunità.
Poiché, ai sensi dell'art. 43 del regio decreto n.
267 del 1947, è stata riconosciuta la legitimatio
ad processum del curatore fallimentare nelle controversie
relative a rapporti giuridici del fallito, previa, tuttavia,
l'autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dal giudice
delegato, ai sensi dell'art. 31, secondo comma, del predetto
regio decreto, si ritiene che, nelle controversie tributarie
già pendenti alla data dell'1 aprile dinanzi ai previgenti
organi di giustizia tributaria, il fallito possa star in
giudizio tramite il curatore fallimentare, in veste però
solo di suo rappresentante legale. Pertanto, relativamente
a tali liti, qualora non sia stata disposta l'assistenza
tecnica con provvedimento del giudice tributario, il curatore
fallimentare potrà, per conto del fallito, svolgere
tutte le attività processuali connesse al giudizio
(es. produzione di documenti, presentazione di istanza di
trattazione in pubblica udienza, discussione orale della
controversia)". In Corr. trib., 1997, 127, sub art.
12.
(5) Ferraù, Curatore fallimentare e assistenza tecnica
del fallimento, in Corr. trib., 1997, 1244; Bellini, Novità
in tema di difesa tributaria delle procedure concorsuali,
Il Fisco, 1997, 3694.
(6) Cass. 4 luglio 1985, n. 4039, in Fall., 1986, 160.
(7) Comm. trib. prov. Salerno 9 settembre 1997, n. 260,
in Rass. Trib., 1998, 247 con nota di Cantillo, Il curatore
difensore del fallimento nei giudizi innanzi alle commissioni
tributarie.
(8) Cantillo, op. cit.
(9) M. Finocchiaro, Correlata la tesi dellinammissibilità,
in Il Sole 24 Ore, Guida Normativa, 13 novembre 1997, 27.
(10) Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, 1962,
I, 541.
(11) Bellini, op. cit.
(12) Comm. trib. prov. Imperia 20 giugno 1997, n. 232, in
Il Fisco, 1998, 9410, con nota di Lambert.
(13) Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano,
1974, 1, 719.
(14) Ferrara, voce Curatore del fallimento, in Encl. Dir.,
XI, Milano 1962, 523.
(15) Cantillo, op. cit.