Corte di cassazione (sez. Tributaria), sentenza 20 novembre 2000, n. 14987, Imposta sul valore aggiunto - Accertamento - Crediti i cui presupposti si siano avverati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione sia intervenuta - Dev'essere notificato non solo al curatore ma anche al contribuente.


L'accertamento tributario in materia di iva, ove inerente a crediti i cui presupposti si siano avverati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione sia intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, eventualmente nelle forme dell'ammissione al passivo con riserva, o, comunque, della loro idoneità a incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento - ma anche al contribuente, il quale non è privato, conseguentemente alla dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell'atto impositivo.
Da ciò deriva che il fallito, nell'inerzia degli organi fallimentari - ravvisabile, per esempio, nell'omesso esercizio, da parte del curatore, del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell'atto impositivo - è eccezionalmente abilitato a esercitare egli stesso tale tutela alla luce dell'interpretazione sistematica del combinato disposto degli articoli 43 della legge fallimentare e 16 del d.p.r. 636 del 1972, conforme ai princípi, costituzionalmente garantiti (art. 24 commi 1 e 2), del diritto alla tutela giurisdizionale e alla difesa, secondo cui, pur in assenza di un'espressa disposizione normativa in tal senso, deve ritenersi che il curatore non è gravato da un mero onere di informazione nei confronti del fallito, bensí da un vero e proprio obbligo di trasmettergli tutti gli atti relativi a quelle situazioni giuridiche idonee a incidere, dopo la chiusura del fallimento, nella sua sfera patrimoniale.

Perciò, nelle ipotesi in cui il curatore si sia disinteressato del rapporto tributario sorto nei confronti del fallito, il termine per impugnare l'atto di accertamento decorre, per quest'ultimo, dal momento in cui l'atto impositivo sia stato portato a sua conoscenza, mentre, per converso, l'opposizione del fallito non vale a rimettere in termini il curatore che, ricevuta la notificazione dell'avviso di accertamento, non si sia attivato con tempestiva impugnazione.

È questo un principio ormai consolidato, che la Corte ha seguito anche nelle ipotesi di notifica al curatore avviso di accertamento relativo ai redditi dichiarati dall'imprenditore fallito, osservando che l'eccezionale conservazione della capacità processuale del fallito medesimo è correlata, in tali fattispecie, a situazioni giuridiche non comprese, di fatto, nella massa fallimentare.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Michele CANTILLO, Presidente
Dott. Giovanni PAOLINI, Consigliere
Dott. Enrico ALTIERI, Consigliere
Dott. Giulio GRAZIADEI, Consigliere
Dott. Salvatore DI PALMA, Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
N. 14987 DEP. IL 20.11.2000

sul ricorso proposto da:

C.A. GIÀ PRES CONS AMM, F.G. GIÀ LEG RAPPR LIQ, P.A. NQ CUR FALL ICM, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato BERRUTI GIULIANO, che li difende unitamente all'avvocato TOSI LORIS, giusta delega in atti;

ricorrente

contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE in persona del Ministro pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 154/96 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di VENEZIA, depositata il 20.03.97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09.12.99 dal Consigliere Dott. Salvatore DI PALMA;

udito per il resistente l'Avvocato DI STEFANO che ha chiesto il rigetto e l'eventuale rinvio al giudice di II GRADO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso con assorbimento degli altri motivi;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1 In data 10 ottobre 1994, l'Ufficio I.v.a. di Venezia notificò all'avv. A.P. - curatore del Fallimento della I.C.M. Technoglass S.p.a., dichiarata fallita dal Tribunale di Venezia con sentenza del 12 maggio 1994 - processo verbale e avviso di irrogazione di sanzioni n. 703134 94, con il quale il predetto Ufficio aveva determinato la pena pecuniaria di £. 1.584.228.000, a titolo di sanzione amministrativa ex art. 44 comma 2 d.P.R. n. 633 del 1972 per omesso versamento periodico dell'imposta relativamente ai mesi da gennaio a novembre del 1992, in violazione degli artt. 27 e 33 dello stesso decreto.

Con lettera raccomandata a.r. del 9 agosto 1995, ricevuta l'11 agosto successivo, il curatore fallimentare trasmise il predetto atto, non impugnato dal Fallimento, ad A.C. ed a G.F. - rispettivamente: ex presidente del c.d.a. ed ex liquidatore della Società fallita - per le determinazioni che avessero ritenuto di assumere.

1.2 Con ricorso del 14 novembre 1995 alla Commissione tributaria di I° grado di Venezia il C. ed il F. impugnarono il predetto atto, chiedendo, in via principale, che fossero dichiarate inapplicabili le sanzioni irrogate per impossibilità economica e, in via subordinata, che fosse dichiarata, invece, applicabile la soprattassa di cui all'art.44 comma 1 d.P.R. n. 633 del 1972, ovvero che fosse ridotta la pena pecuniaria ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 8 della legge n. 4 del 1929 e del D.m. 1° settembre 1931.

In data 6 marzo, 1996 il C. ed il F. depositarono copia dell'istanza all'Ufficio I.v.a. di Venezia per la sanatoria delle violazioni di cui all'art. 19-bis d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, conv., con mod., nella legge 22 marzo 1995 n. 85 - presentata in data 15 dicembre 1995 dal curatore fallimentare - con allegata attestazione di pagamento in pari data della somma di £. 2.500.000.

L'Ufficio I.v.a. di Venezia, costituitosi, eccepí, tra l'altro, l'inammissibilità del ricorso introduttivo, per intervenuta definitività del provvedimento, in quanto intempestivamente impugnato da soggetti non legittimati.

La Commissione adita, con decisione n. 39 del 22 marzo 1996, dichiarò estinto il procedimento per intervenuto condono, respingendo preliminarmente l'eccezione di inammissibilità ed osservando, in proposito, che "il soggetto fallito conserva la legittimazione a ricorrere contro l'avviso di accertamento non impugnato dalla curatela fallimentare in ordine a redditi non dichiarati dall'imprenditore, con la conseguenza che il termine per impugnare, nei confronti del fallito, decorre solo dal momento in cui l'accertamento stesso sia stato portato a sua conoscenza".

1.3 Avverso tale decisione l'Ufficio provinciale I.v.a. di Venezia propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale di Venezia, contestando, tra l'altro, l'affermata legittimazione del fallito all'impugnazione dell'atto di irrogazione della sanzione.

Costituitisi, il C. ed il F. instarono per la reiezione del gravame e per la conferma della decisione impugnata, riproponendo, altresí, tutte le domande formulate nel giudizio di primo grado.

La Commissione adita, con sentenza n. 154/4/96 del 20 marzo 1997, tra l'altro accolse l'appello dell'Ufficio, riformando la decisione impugnata.

In particolare, e per quanto in questa sede rileva, la Commissione ha osservato quanto segue: "Con riferimento al caso in esame si rileva: 1. che l'accertamento in esame non riguarda redditi dichiarati dall'imprenditore fallito, ma di avviso di irrogazione di sanzione conseguente gli omessi versamenti periodici dell'imposta sul valore aggiunto ....; 2. che nell'ipotesi di cui trattasi non si ravvisano le questioni di cui al 2° comma dell'art. 43 della Legge fallimentare che potrebbero giustificare l'intervento in giudizio dei falliti, altrimenti precluso a mente del precedente comma; 3. che comunque resterebbe da dimostrare il disinteressamento dell'Ufficio fallimentare per il rapporto tributario in contestazione, posto che il curatore fallimentare ha invece dimostrato di interessarsi alla soluzione della vertenza, provvedendo, in data 15.12.1995, a presentare istanza di condono. A tale ultimo proposito va comunque rilevato che nessun effetto risolutivo della controversia in atto poteva derivare dalla presentazione della predetta istanza di definizione trattandosi di rapporto comunque divenuto definitivo per mancata impugnazione dell'avviso e quindi escluso dai benefici della sanatoria.

D'altra parte la costante giurisprudenza ha specificato come, una volta dichiarato il fallimento, all'attività e alla legittimazione del fallito si sostituisce la figura del curatore fallimentare, quale ausiliare del giudice delegato al fallimento e, come tale, soggetto particolarmente a obblighi e responsabilità che assorbono completamente la personalità del fallito ai fini della garanzia della par condicio creditorum stabilita dalla legge fallimentare, che prevede la preventiva autorizzazione del giudice delegato per tutti gli adempimenti sostanziali .... A giudizio del Collegio va quindi accolto l'appello dell'Ufficio in quanto il ricorso avverso il processo verbale e avviso di irrogazione di sanzioni ....è stato proposto da soggetti non legittimati e contro un atto oramai divenuto definitivo. Ciò esime il Collegio dall'esaminare le altre questioni poste dall'Ufficio nel proprio appello e dai contribuenti nelle loro controdeduzioni".

1.4 Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A.C. e G.F., nelle predette qualità, nonché l'avv. A.P., curatore del Fallimento della I.M.C. Technoglass S.p.a., deducendo quattro motivi di censura.

Resiste, con controricorso, il Ministro delle Finanze.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1 Con il primo (con cui deduce: "Art. 360 1° c. nn. 3 e 5 c.p.c. - Violazione e falsa applicazione di norme di diritto - Insufficiente o, in ogni caso, contraddittoria motivazione in ordine alla legittimazione dei ricorrenti e alla tempestività del ricorso") ed il secondo motivo (con cui deduce: "Art. 360 1° c. nn. 3 e 5 c.p.c. - Violazione e falsa applicazione di norme di diritto - Insufficiente o, in ogni caso, contraddittoria motivazione in ordine all'estinzione del giudizio per intervenuta domanda di condono"), i ricorrenti, criticando la sentenza impugnata, sostengono che: a)- "la legittimazione e, quindi, la capacità processuale, sussistono quando la curatela fallimentare (indipendentemente da una sua espressa dichiarazione di volontà) non provveda a contestare la pretesa erariale, trascurando (deliberatamente o meno) di assumere una qualsiasi posizione su di essa" (come sarebbe avvenuto nella specie); b)- "il termine per la proposizione del ricorso decorre per il fallito soltanto dalla data in cui questo ha avuto conoscenza effettiva del provvedimento, senza che possa invece assumere rilevanza la decadenza maturata in capo alla procedura fallimentare" (nella specie, il ricorso sarebbe stato tempestivo, in quanto la conoscenza effettiva del provvedimento sarebbe stata acquisita dai primi due ricorrenti l'11 agosto 1995 ed il ricorso sarebbe stato proposto entro il termine di sessanta giorni dal 16 settembre 1995, scadenza del periodo di sospensione feriale dei termini processuali); c)- la proposizione dell'istanza di condono da parte del curatore fallimentare non potrebbe in nessun caso essere valorizzata al fine di contestare la legittimazione degli ex legali rappresentanti della Società fallita; d)- una volta affermata la tempestività dell'impugnazione e la rituale instaurazione del rapporto processuale, la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata senza rinvio per intervenuta estinzione del giudizio a seguito di condono.

Con gli ulteriori due motivi, formulati subordinatamente alla reiezione dei primi due, i ricorrenti invocano l'applicazione del jus superveniens costituito dagli artt. 6 d.lgs. n. 472 del 1997 e 13 d.lgs. n. 471 del 1997.

2.2 Deve, preliminarmente, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso (nella parte in cui è stato) proposto (anche) dal curatore del Fallimento della Technoglass S.p.a., avv. A.P., per carenza di interesse, sia perché il ricorrente non è stato "parte" del giudizio a quo, disinteressandosi espressamente dello stesso (cfr., supra, n. 1.1), sia perché la sentenza impugnata non è, allo stato, idonea a spiegare alcun effetto nei confronti del Fallimento stesso.
2.3 Dal momento che la ratio decidendi, su cui si fonda la sentenza impugnata, sta nell'affermata carenza di legittimazione attiva degli altri due ricorrenti a proporre ricorso giurisdizionale avverso il processo verbale ed avviso di irrogazione della sanzione, nonché nell'affermata "definitività" di tale provvedimento (cfr., supra, n. 1.3), la duplice questione sottoposta all'esame di questa Corte consiste nello stabilire, in primo luogo, se l'amministratore o il liquidatore di società di capitali dichiarata fallita sia legittimato ad impugnare, dinanzi al giudice tributario, il provvedimento di irrogazione di sanzione pecuniaria per la violazione di omesso versamento periodico dell'i.v.a., commessa anteriormente alla dichiarazione di fallimento, nell'ipotesi in cui (quale quella di specie) il provvedimento medesimo sia stato notificato, dopo la dichiarazione di fallimento, al curatore e questi abbia omesso di impugnarlo nel termine stabilito, comunicandolo, peraltro, oltre tale termine, ai predetti organi della società; e, in secondo luogo - in caso di risposta affermativa a tale quesito - se, nel caso di specie, l'impugnazione del provvedimento sia stata tempestivamente proposta.

La risposta affermativa ai due predetti quesiti si impone sulla base delle seguenti considerazioni.

Esiste, innanzitutto, un consolidato orientamento di questa Corte (cfr. sentt.nn. 3667 del 1997, 7308 del 1996, 7561 e 3094 del 1995, 3321 del 1993), condiviso dal Collegio, secondo cui l'accertamento tributario (in materia di i.v.a.), ove inerente a crediti, i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare (eventualmente nelle forme della ammissione al passivo con riserva), o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento - ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla "definitività" dell'atto impositivo; secondo cui, da ciò deriva che il fallito, nell'inerzia degli organi fallimentari - ravvisabile, ad es., nell'omesso esercizio, da parte del curatore, del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell'atto impositivo - è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela alla luce dell'interpretazione sistematica del combinato disposto degli artt. 43 della legge fallimentare e dell'art. 16 d.P.R. n. 636 del 1972, conforme ai principi, costituzionalmente garantiti (art. 24 commi 1 e 2), del diritto alla tutela giurisdizionale ed alla difesa; secondo cui, pur in mancanza di un'espressa disposizione normativa in tal senso, deve ritenersi che il curatore non è gravato da un mero onere di informazione nei confronti del fallito, bensí da un vero e proprio obbligo a trasmettergli tutti gli atti relativi a quelle situazioni giuridiche che siano idonee ad incidere, dopo la chiusura del fallimento, nella sua sfera patrimoniale; e secondo cui, nelle ipotesi in cui il curatore si sia disinteressato del rapporto tributario sorto nei confronti del fallito, il termine per impugnare l'atto di accertamento decorre, per quest'ultimo, dal momento in cui l'atto impositivo sia portato a sua conoscenza (mentre, per converso, la opposizione del fallito non vale a rimettere in termini il curatore che, ricevuta la notificazione dell'avviso di accertamento, non si sia attivato con tempestiva impugnazione: cfr., supra, n. 2.2).

E tale orientamento è stato seguito anche nelle ipotesi in cui sia stato notificato al curatore avviso di accertamento relativo ai redditi dichiarati dall'imprenditore fallito, sottolineandosi che la eccezionale conservazione della capacità processuale di quest'ultimo è correlata, in tali fattispecie, a situazioni giuridiche non comprese, di fatto, nella massa fallimentare.

Siffatto orientamento non può che essere integralmente ribadito anche nella particolare fattispecie de qua per molteplici, ulteriori ragioni.

Innanzitutto, perché nel diritto sanzionatorio amministrativo (cfr., ad es., art. 6 della legge n. 689 del 1981) in generale, ed in quello tributario (cfr. artt. 3 comma 133 lett. b della legge n. 662 del 1996 e 2 comma 2 del d.lgs n. 472 del 1997) in particolare, va progressivamente e tendenzialmente affermandosi - in analogia al principio penalistico della natura "personale" della relativa responsabilità (art. 27 comma 1 Cost.) - il principio della c.d. "personalizzazione" della responsabilità e della sanzione; alla quale tendenza non può non corrispondere la predisposizione di un'adeguata tutela, anche giurisdizionale, in favore del soggetto-persona fisica, la cui responsabilità da illecito amministrativo (e tributario) risulti comunque coinvolta (cfr., ad es., artt. 16 e 18 del d.lgs. n. 472 del 1997).

In secondo luogo, perché la dichiarazione di fallimento di una società, anche se comporta l'assunzione della sua amministrazione da parte del curatore, non determina, ipso jure, la totale cessazione degli organi sociali, e, quindi, ad es., dell'amministratore o del liquidatore, che l'art. 146 comma 1 legge fall. assoggetta soltanto agli obblighi imposti al fallito dal precedente art. 49, ed ai quali, pertanto, deve ritenersi consentito lo svolgimento di limitate attività non precluse dagli effetti della dichiarazione di fallimento (cfr., in tal senso, Cass. n. 3400 del 1997).

In terzo luogo, perché l'accertamento definitivo della violazione di norme tributarie assistite da sanzione (quale quella di specie, relativa al versamento periodico dell'i.v.a.) è astrattamente idoneo ad incidere sulla responsabilità dell'organo amministrativo della società fallita, sia sul piano civile (ai sensi del combinato disposto degli artt. 146 comma 2 legge fall. e 2392-2393 cod.civ.) sia su quello sanzionatorio amministrativo, o in via diretta, ove l'organo - persona fisica risulti "autore" della violazione, o a titolo di solidarietà da fatto illecito (cfr., ad es., l'art. 98 comma 6 d.P.R. n. 602 del 1973 - ora abrogato dall'art. 16 comma 1 lett. c del d.lgs n. 471 del 1997 - che prevedeva l'obbligo solidale al pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie, con il soggetto passivo del tributo o con il soggetto inadempiente, di coloro che ne hanno la rappresentanza).

Le considerazioni che precedono consentono di affermare, con specifico riferimento alla fattispecie, sia che gli attuali ricorrenti erano legittimati, nella loro qualità di organi della Società fallita, ad impugnare il provvedimento di irrogazione della sanzione de quo (cfr., supra, n. 1.2); sia che gli stessi hanno esercitato il loro diritto alla tutela giurisdizionale tempestivamente: infatti, a quest'ultimo proposito - posto che è pacifico che essi hanno ricevuto (avuto conoscenza) dal curatore il predetto provvedimento in data 11 agosto 1995, e che lo hanno impugnato dinanzi alla Commissione tributaria di I° grado di Venezia il successivo 14 novembre 1995 (cfr., supra, nn. 1.1 e 1.2) - è evidente che il relativo ricorso è stato proposto entro il prescritto termine di sessanta giorni (art. 16 comma 5 del d.P.R. n. 636 del 1972, ,applicabile alla specie ratione temporis) dalla effettiva conoscenza del provvedimento impugnato, tenuto altresí conto che il dies a quo del termine medesimo decorre, in ragione della sospensione feriale dei termini processuali, dal 16 settembre 1995.

2.4 La lettura della motivazione della sentenza impugnata (dianzi riprodotta: cfr., supra, n. 1.3) rende evidente che l'accoglimento dei primi due motivi - limitatamente ai profili di cui al n. 2.1 lett. a) e b) - determina l'assorbimento sia degli ulteriori due profili dei motivi stessi (cfr., supra, n. 2.1 lett. c e d, attinenti all'efficacia dell'istanza di condono, presentata dal curatore della Società fallita: cfr., supra, n. 1.2), sia dei motivi terzo e quarto (relativi all'applicabilità, nella specie, del jus superveniens in materia sanzionatoria tributaria).

2.5 La sentenza impugnata - che si fonda su principi opposti a quelli in questa sede ribaditi - deve essere pertanto annullata; e la relativa causa deve essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Veneto, la quale, oltre ad uniformarsi ai principi medesimi ed a decidere le ulteriori questioni sottostanti ai profili e motivi dichiarati assorbiti, provvederà anche a regolare le spese del presente grado di giudizio (pertinenti alla causa C.F. Ministro delle Finanze).

2.6 Per quanto attiene, infine, alle spese del grado, pertinenti alla causa P. - Ministro delle Finanze, sussistono giusti motivi per dichiararle compensate per intero tra le parti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto da A.P.. Accoglie, per quanto di ragione, i primi due motivi del ricorso proposto da A.C. e G.F. e dichiara assorbiti gli altri profili e motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto. Compensa le spese della causa P. Ministro delle Finanze.
Cosí deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 9 dicembre 1999.

 












 

 

 


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