Risoluzione
89 del 18.03.02
OGGETTO Termini per l'emissione di una nota credito dopo la
chiusura del fallimento. Interpello - articolo 11 legge 27
luglio 2000, n.212
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TESTO
Con istanza d'interpello, presentata ai sensi dell'art. 11
della
legge 27 luglio 2000, n. 212, il Gruppo Finanziario XY S.p.a
ha esposto il
seguente quesito, volto a conoscere l'esatta applicazione
dell'art. 26 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633.
QUESITO
La societa' istante, nell'anno 1995, ha emesso nei confronti
di una
societa', sua cliente, alcune fatture per la fornitura di
capi di
abbigliamento. Le fatture, regolarmente registrate in contabilita',
non sono
mai state saldate dal cliente che, nell'anno 1996, e' stato
dichiarato
fallito.
A seguito di istanza della societa' il credito vantato e'
stato
ammesso al passivo fallimentare.
La procedura fallimentare e' stata chiusa con decreto emesso
il 3
novembre 1997 ex articolo 119 della legge fallimentare, senza
il pagamento
del credito vantato dalla societa' istante.
Tanto premesso, la societa' chiede di conoscere l'avviso di
questa
Direzione circa la possibilita' di emettere le note di variazione
di cui
all'articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, nonostante siano
decorsi piu' di
quattro anni dalla data di chiusura del fallimento.
SOLUZIONE
INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La societa' ritiene legittima l'emissione delle note di variazione
(imponibile e relativa imposta) per gli importi dei corrispettivi
non
riscossi, anche se sono decorsi oltre quattro anni dalla chiusura
del
fallimento, considerato che la normativa vigente non prevede
alcun limite
temporale entro il quale devono essere emesse dette note di
variazione.
La societa' fa presente, infine, che non costituisce un ostacolo
al
recupero dell'imposta non riscossa, l'aver dedotto integralmente
il credito
ai fini delle imposte dirette, ai sensi dell'articolo 66,
comma 3, del TUIR,
in quanto l'IVA detratta a seguito delle note di variazione
sarebbe attratta
a tassazione a titolo di sopravvenienza attiva.
PARERE
DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
L'articolo 26, secondo comma del DPR n. 633 del 1972 (come
modificato
dall'articolo 2, comma 1, lettera c-bis del decreto legge
31 dicembre 1996,
n. 669, convertito, con modifiche, dalla legge 28 febbraio
1997, n. 30, e
dall'articolo 13-bis del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79,
convertito
dalla legge 28 maggio 1997, n. 140) prevede che "se un'operazione
per la
quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione
di cui
agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se
ne riduce
l'ammontare imponibile, ... per mancato pagamento in tutto
o in parte a
causa di procedure concorsuali ... il cedente del bene o prestatore
del
servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'art.
19 l'imposta
corrispondente alla variazione registrandola a norma dell'art.
25."
Per la corretta applicazione della disposizione appena richiamata
occorre, come peraltro chiarito con circolare n. 77 del 17
aprile 2000, che
si verifichino i seguenti presupposti:
. procedura fallimentare in corso alla data del 1 marzo 1997;
. operazione certificata da fattura regolarmente registrata;
. infruttuosita' della procedura concorsuale.
In particolare nella procedura fallimentare il presupposto
del
mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo si
verifica alla
scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto
stabilito con
decreto dal giudice delegato, ovvero, in assenza del piano
di riparto, alla
scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura
del fallimento
stesso.
Per quanto riguarda le variazioni in diminuzione dell'imponibile,
si
ricorda che le stesse, a differenza di quelle in aumento,
sono facoltative.
Tuttavia, a norma del citato secondo comma dell'articolo 26
del DPR n. 633
del 1972, solo attraverso tale procedura e' possibile esercitare
il diritto
alla detrazione dell'imposta corrispondente alle variazioni,
ai sensi
dall'articolo 19 del medesimo decreto.
Ai sensi dell'articolo 26, terzo comma, le variazioni in argomento,
nei casi di sopravvenuto accordo tra le parti o inesattezza
di fatturazione,
possono essere eseguite entro un anno dalla effettuazione
dell'operazione
imponibile.
Le stesse variazioni in diminuzione possono essere effettuate
senza
alcun limite temporale - come dispone il secondo comma del
medesimo articolo
26 - nelle ipotesi di nullita', annullamento, revoca, risoluzione,
rescissione e simili nonche' di procedure concorsuali o procedure
esecutive
rimaste infruttuose ovvero di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.
Quest'ultima disposizione, tuttavia, va coordinata con quella
concernente l'esercizio del diritto alla detrazione portata
dal citato
articolo 19, secondo cui tale diritto puo' essere esercitato
"al piu' tardi
con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a
quello in cui il
diritto alla detrazione e' sorto ed alle condizioni esistenti
al momento
della nascita del diritto medesimo".
Ne deriva quindi che le variazioni possono essere effettuate
senza
limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta
puo'
essere esercitato al piu' tardi con la dichiarazione relativa
al secondo
anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto
per operare la
variazione in diminuzione.
Per esercitare il diritto alla detrazione e' necessario quindi
che il
cedente o prestatore provveda all'emissione di una nota di
variazione e che
la stessa sia registrata nel registro degli acquisti di cui
all'articolo 25
prima della liquidazione periodica o della dichiarazione annuale
nella quale
e' esercitato il diritto alla detrazione. In tale modo l'imposta
da
recuperare, considerata alla stregua dell'imposta corrisposta
per gli
acquisti o importazioni di beni e servizi, confluisce nelle
liquidazioni
periodiche, ed e' detratta dalla relativa imposta a debito
del periodo.
Nel caso di fallimento del debitore la facolta' di eseguire
la
variazione in diminuzione sorge da quando e' reso esecutivo
il piano di
riparto dell'attivo ovvero dalla data di chiusura della procedura
fallimentare in assenza di un piano di riparto; cio' al fine
di adeguare
l'imposta al corrispettivo effettivamente incassato. Da tale
data il
contribuente, come si evince dal dettato normativo, "ha
diritto di portare
in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente
alla
variazione, registrandola a norma dell'art. 25". Ne consegue
che le note di
variazione devono essere emesse entro lo stesso termine previsto
dall'articolo 19 per l'esercizio del diritto alla detrazione
dell'imposta
sugli acquisti, con decorrenza dal momento in cui si verifica
l'evento.
Peraltro a fronte del diritto alla detrazione sorge in capo
al
fallito, ossia al curatore, l'obbligo di registrare la variazione
in aumento
dell'imposta.
E infatti, ancorche' la rettifica in diminuzione costituisce,
per il
cedente o prestatore, un diritto potestativo che egli puo'
o meno
esercitare, tuttavia, quando tale diritto viene esercitato,
fa sorgere per
il cessionario o committente l'obbligo di effettuare la corrispondente
rettifica in aumento (articolo 26, secondo comma, ultimo periodo).
Ai fini di certezza e trasparenza dei rapporti tra le parti
e per
consentire all'Amministrazione l'eventuale recupero dell'indebito
nei
confronti del contribuente fallito tornato in bonis, e', quindi,
necessario
che tale facolta' sia esercitata entro limiti temporali certi.
Pertanto nella fattispecie in esame, nonostante sarebbero
sussistenti, per quanto desumibile dall'istanza d'interpello,
i presupposti
per far valere il diritto alla detrazione dell'imposta, lo
stesso non e'
piu' esercitabile per decorrenza dei termini, anche qualora
si volesse far
riferimento al piu' ampio termine previsto dall'articolo 19,
cosi' come
novellato dal decreto legislativo 2 settembre 1997, n.313.
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