Agenzia
delle Entrate, Risoluzione n° 171 del 05 giugno 2002,
Il socio fallito deve dichiarare plusvalenza per cessione
di quote di s.r.l.
Direzione
Centrale Normativa e Contenzioso
Risoluzione
del 05/06/2002 n. 171
Interpello
...../2002- ART. 11, legge 27-7-2000, n. 212. XYdi YY&
c. Snc in fallimento Curatore fallimentare ZH. Istanza prot.
n. 954-62215 del 15/03/2002. Fallimento di una societa' di
persone. Cessione di partecipazioni sociali di proprieta'
dei soci falliti. Articolo 125, comma 3, del TUIR approvato
con DPR 22 dicembre 1986, n. 917.
Con
l'istanza di interpello inoltrata ai sensi dell'articolo 11
della legge 27 luglio 2000, n. 212, e indirizzata alla Direzione
Regionale della......, il Dott.ZH curatore del fallimento
della XYdi YY& c. Snc, ha chiesto il parere in merito
al corretto trattamento fiscale di talune plusvalenze derivanti
dalla cessione di una partecipazione qualificata in una S.r.l.,
detenuta da uno dei soci falliti ed acquisita alla massa fallimentare.
Esposizione
del quesito
A
seguito del fallimento della XY di YY & c. S.n.c., e'
stata acquisita alla massa fallimentare la quota di partecipazione
qualificata in una S.r.l. detenuta da uno dei soci, che e'
stato dichiarato fallito ai sensi di quanto disposto dall'articolo
147 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Successivamente,
tale quota di partecipazione e' stata ceduta: il corrispettivo
della cessione e' stato incassato dalla procedura fallimentare
interamente nell'anno 2001, mentre la vendita si e' perfezionata
soltanto nel 2002.
Dalla
cessione e' stata realizzata una plusvalenza assoggettabile
a tassazione ai sensi dell'articolo 81, comma 1, lettera c),
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Soluzione
prospettata dal contribuente
L'istante
ritiene che l'imposta sostitutiva del 27 per cento dovuta
per effetto del realizzo della plusvalenza relativa alla cessione
a titolo oneroso della partecipazione qualificata detenuta
dal socio fallito non sia un adempimento a carico della procedura
fallimentare.
Il
curatore non ritiene, altresi', di essere tenuto alla presentazione
della dichiarazione dei redditi per conto del predetto socio.
Il
curatore, invece, intende provvedere a comunicare al socio
fallito l'avvenuta cessione della quota e l'ammontare della
relativa plusvalenza ai fini dell'indicazione della stessa
nella propria dichiarazione dei redditi e del pagamento della
relativa imposta sostitutiva.
Risposta
dell'Agenzia delle Entrate al contribuente istante
In
relazione al quesito proposto si ritiene corretto che il curatore
comunichi al socio interessato la data in cui si e' perfezionata
la cessione ed il corrispettivo della stessa, affinche' il
socio possa calcolare la plusvalenza realizzata ed includerla,
unitamente ad altri eventuali redditi non compresi nella procedura
fallimentare, nella propria dichiarazione dei redditi del
relativo periodo d'imposta.
Occorre
infatti considerare, come affermato nella circolare n. 26/E
del 22 marzo 2002 e come sostenuto anche da autorevole dottrina,
che il fallito, imprenditore individuale o socio di societa'
personale, mantiene la soggettivita' passiva tributaria ed
anche la piena titolarita' giuridica dei redditi personali,
sia attratti al fallimento, sia estranei ad esso.
Infatti,
la perdita della disponibilita' del reddito, conseguente al
fallimento, e la sua destinazione vincolata non privano il
reddito stesso, in astratto, di attitudine contributiva e
non impediscono il sorgere dell'obbligazione tributaria.
Di
conseguenza il fallito, per ogni singolo periodo d'imposta,
dovra' indicare nella propria dichiarazione sia i redditi
personali, non attratti al fallimento a norma dell'art. 46
della legge fallimentare, sia quelli direttamente attratti
al fallimento (redditi da lavoro, rendite, ecc) sia quelli
derivanti da beni attratti al fallimento (fitti su immobili,
dividendi o plusvalenze su partecipazioni, ecc).
Al
riguardo si osserva che solo il fallito e' in grado di dichiarare,
con riferimento ai redditi compresi nel suo reddito complessivo,
eventuali oneri deducibili, detrazioni, crediti d'imposta
e ritenute spettanti.
Nello
specifico caso in esame, poi, solo il fallito dispone di tutti
gli elementi (costo d'acquisto, eventuali minusvalenze su
altre operazioni, ecc.) per la determinazione dell'effettiva
plusvalenza tassabile derivante dalla cessione della partecipazione.
Si
ricorda, inoltre, che l'art. 125, comma 3, del TUIR prevede
che il residuo attivo e' diminuito dei corrispettivi delle
cessioni dei beni personali del fallito compresi nella procedura
ed e' aumentata dei debiti personali dello stesso pagati dal
curatore.
Tale
norma, in coerenza con le conclusioni sin qui raggiunte, deve
essere interpretata nel senso di comprendere non solo "i
corrispettivi delle cessioni dei beni personali", ma
anche le disponibilita' derivanti dall'acquisizione al fallimento
dei redditi personali del fallito. Cio' al fine di evitare
una duplicazione della tassazione su tali redditi: una prima
volta, nei singoli periodi d'imposta, come parte del reddito
complessivo del fallito, successivamente, al termine della
procedura, come parte del residuo attivo.
D'altra
parte, un'interpretazione restrittiva della norma porterebbe
a comprendere nel residuo attivo, e dunque nel reddito dell'impresa
fallita, anche redditi personali dell'imprenditore o del socio
quali stipendi, pensioni, redditi fondiari e di capitale,
differenti per natura e per regime impositivo dal reddito
d'impresa, con conseguenze pratiche aberranti e incompatibili
con la ratio del sistema.
Occorre
comunque considerare che l'interpretazione sin qui seguita
- nel senso di ritenere il soggetto fallito obbligato alla
dichiarazione ed al pagamento delle imposte con riferimento
sia ai redditi personali estranei al fallimento che a quelli
utilizzati dalla procedura - comporta l'attribuzione in capo
al fallito dell'onere impositivo relativo a redditi dei quali
egli non ha la disponibilita' materiale.
Ove
il fallito non fosse in grado di adempiere, con i mezzi a
sua disposizione, al complesso delle obbligazioni tributarie
derivanti dai redditi a lui imputabili, si prospetterebbe
un evidente contrasto con il principio di capacita' contributiva.
Contrasto che assume rilevanza, a ben vedere, non in relazione
alla titolarita' giuridica del reddito o all'attitudine contributiva
del reddito stesso, quanto piuttosto al momento dell'adempimento
dell'obbligazione tributaria sorta in capo al fallito.
Tale
contrasto, ovviamente, non puo' essere superato addossando
al fallimento un onere impositivo proprio del fallito, quale
"spesa per l'amministrazione del fallimento" in
regime di prededuzione ai sensi dell'art. 111 della legge
fallimentare. Soccorre invece il principio, contenuto negli
articoli 46 e 47 della stessa legge, in base al quale al fallito,
durante tutta la procedura, deve rimanere la disponibilita'
di quanto occorre per il sostentamento suo e della famiglia.
A tal fine, l'ultimo comma dell'art. 46 prevede che il giudice
delegato stabilisca con decreto i limiti entro i quali il
curatore possa apprendere al fallimento i redditi propri del
fallito.
Pertanto,
ai fini dell'effettivo rispetto del principio indicato e del
principio costituzionale di capacita' contributiva, il curatore
dovra' tenere conto, nel computo dei redditi da lasciare nelle
disponibilita' del fallito per il soddisfacimento dei suoi
bisogni essenziali, anche un ammontare di reddito corrispondente
all'imposta gravante sull'imponibile in questione.
Con
riferimento all'ulteriore questione, posta dalla Direzione
Regionale......., riguardante l'individuazione del periodo
di imposta in cui il socio fallito deve indicare la plusvalenza
conseguita e liquidare l'imposta sostitutiva da versare, si
ritiene che la plusvalenza debba intendersi come realizzata
nell'anno in cui la cessione si e' perfezionata (nel caso
in esame il 2002). Infatti, la plusvalenza si intende realizzata
nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso
delle attivita' finanziarie e non ha alcuna rilevanza, a tal
fine, il momento in cui viene liquidato e percepito il corrispettivo
della cessione.
Pertanto,
le somme percepite a titolo di anticipazione nei periodi d'imposta
precedenti alla cessione non sono tassabili nell'anno in cui
sono incassate, ma in quello in cui la cessione si perfeziona.
Inoltre,
occorre considerare che ai sensi dell'articolo 5 del decreto
legislativo 21 novembre 1997, n. 461 il pagamento dell'imposta
sostitutiva del 27 per cento dovuta sulle plusvalenze di cui
alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 81 del TUIR (plusvalenze
relative a partecipazioni qualificate) avviene mediante versamento
diretto nei modi e nei termini previsti per il versamento
delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione.
La
risposta di cui alla presente risoluzione, richiesta con istanza
di interpello presentata alla Direzione Regionale .........,
viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma
1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
Fonte : corrispondente dall'Agenzia delle Entrate
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