Fernando
Galli, chiusura di una procedura per ritorno "in bonis"
Molto
è stato scritto sulle procedure fallimentari e poco
è stato detto in merito alla chiusura di una procedura
per ritorno "in bonis" di un soggetto fallito sia
giuridico che persona fisica.
In tutti i testi che trattano la normativa delle procedure
fallimentari si è sempre data scarsissima rilevanza
all'ipotesi di ritorno "in bonis" di un soggetto
fallito o addirittura neanche citato questo particolare caso,
molto raro ai giorni d'oggi, ma sicuramente interessante sotto
l'aspetto giuridico, fiscale e contabile.
Si ha la chiusura di una procedura fallimentare con ritorno
"in bonis" quando il curatore, con l'attivo recuperato,
paga tutti i creditori privilegiati e tutti i creditori chirografari
per l'intero importo insinuato nello Stato Passivo fallimentare
e tutti i debiti eventualmente contratti dal curatore nell'amministrazione
del fallimento.
Così facendo il soggetto fallito, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 143 comma 1 della Legge Fallimentare, rientra
nelle condizioni previste per la riabilitazione.
Infatti detto soggetto, a seguito del Decreto di estinzione
della procedura emanato dal G.D. ed a seguito degli ultimi
adempimenti di chiusura del fallimento eseguiti del curatore,
può riprendere ad esercitare la propria attività
dal giorno in cui la stessa era stata bloccata con la sentenza
di fallimento come se nulla fosse accaduto.
Con Circolare n. 26/E del 22/3/2002 punto 5, l'Agenzia delle
Entrate - Dir. Centrale - Normativa e Contenzioso stravolge,
sotto l'aspetto fiscale, quello che si è precedentemente
detto.
Infatti pur rimanendo inviolato l'art. 143 comma 1 della L.F.
relativamente alla riabilitazione del soggetto fallito, l'Ufficio
afferma che con la chiusura della procedura fallimentare anche
in ipotesi di ritorno "in bonis" l'eventuale ripresa
della precedente attività economica, determina in ogni
caso, anche ai fini fiscali, il sorgere di una nuova impresa.
Pertanto, ai fini Iva, la chiusura della procedura fallimentare
integra una fattispecie di cessazione dell'attività,
ai sensi dell'art. 35, quarto comma, del DPR n. 633/72, anche
nel caso di ritorno "in bonis" del soggetto fallito.
Il curatore sarà tenuto a presentare la dichiarazione
di cessazione dell'attività entro trenta giorni dalla
data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione
dell'impresa, e sarà tenuto all'adempimento di tutti
gli altri obblighi connessi all'applicazione del tributo,
compresa la presentazione della dichiarazione annuale, negli
ordinari termini di legge.
A parte l'opposta linea di pensiero dello scrivente, insorge
spontaneo il dubbio di come agire in ipotesi di chiusura di
una procedura fallimentare con ritorno "in bonis"
di una società di capitali quando in base all'art.
143 L.F. precedentemente citato il soggetto fallito, se ne
nulla osta, viene immediatamente riabilitato dal Tribunale
e trattato come se lo stesso non fosse mai fallito: perché
il curatore deve chiudere una partita iva di un soggetto non
fallito con tutto quello che ne consegue?
Comunque, per dovere di cronaca riporto qui di seguito il
punto 5 della Circolare oggetto del presente articolo.
Punto
5. ( circolare n. 26/E del 22/3/2002 - Ag. Delle Entrate)
Obblighi
di dichiarazione ai fini dell'IVA.
L'art.
8, comma 4, del DPR n. 322/98, così come modificato
dall'art. 8 del DPR n. 435/2001, disciplina la presentazione
della dichiarazione IVA relativa all'anno solare precedente
il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa e la
presentazione della dichiarazione relativa alle operazioni
registrate nell'anno solare in cui sono iniziate le procedure
concorsuali.
Nulla dispone tale norma, così come anche l'art. 74-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633, in merito alla dichiarazione annuale da presentare
al termine della procedura fallimentare.
Tuttavia, l'articolo 74-bis indica chiaramente che, per le
operazioni effettuate successivamente all'apertura del fallimento,
tutti gli adempimenti previsti per l'applicazione del tributo
sono a carico del curatore, compresi, quindi, anche gli obblighi
di dichiarazione.
Nel paragrafo 1 si è evidenziato come l'analisi della
disciplina fiscale del fallimento porti a concludere che il
maxi-periodo d'imposta di durata della procedura sia, fiscalmente,
anche l'ultimo periodo d'imposta dell'impresa. E ciò
anche nel caso di ritorno in bonis del soggetto fallito, poiché,
in tale ipotesi, la ripresa della precedente attività
economica è del tutto eventuale, e in ogni caso determina
- anche ai fini fiscali - il sorgere di una nuova impresa.
Pertanto, ai fini Iva, la chiusura della procedura fallimentare
integra una fattispecie di cessazione dell'attività,
ai sensi dell'art. 35, quarto comma, del DPR n. 633/72, anche
nel caso di ritorno in bonis del soggetto fallito. Il curatore
sarà tenuto a presentare la dichiarazione di cessazione
dell'attività entro trenta giorni dalla data di ultimazione
delle operazioni relative alla liquidazione dell'impresa,
e sarà tenuto all'adempimento di tutti gli altri obblighi
connessi all'applicazione del tributo, compresa la presentazione
della dichiarazione annuale, negli ordinari termini di legge.
Inoltre, come affermato nella circolare ministeriale n. 3
del 28 gennaio 1992, la dichiarazione di cessazione di attività
ai fini IVA non è strettamente collegata all'emanazione
del decreto di chiusura della procedura fallimentare, ma all'ultimazione
delle operazioni di liquidazione dell'azienda. In sostanza,
la dichiarazione di cessazione dell'attività e la successiva
dichiarazione annuale possono essere presentate anche prima
che si chiuda il fallimento, purchè siano ultimate
tutte le operazioni rilevanti ai fini dell'IVA.
Rag.
Fernando Galli
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