Cassazione
- Sezione Quinta Penale - Sent. n. 5503/2000 - Presidente
P. Lacanna - Relatore F. Marrone. Reati fallimentari - bancarotta
fraudolenta patrimoniale documentale
MOTIVI
1).
I1 Tribunale di Milano, in sede di riesame ha confermato
l'ordinanza del GIP in data 6.7.1999 colla quale era stata
disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti
di R. D. per il delitto continuato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale.
Si
tratta del fallimento di sei società per azioni e
di una società a r.l. dichiarato dal Tribunale di
Milano, nelle quali l'indagato ha svolto funzioni di amministratore
di diritto (in alcune: GIFI e CEI INSTEAM) e di fatto nelle
altre.
Ha
ritenuto il Tribunale:
-
che il G.i.p. aveva esaurientemente esposto la sussistenza
del quadro indiziario ed innanzi alla completezza del provvedimento
non ci si può che ad esso riportare, tanto più
che la difesa non aveva ritenuto di esporre alcuno specifico
motivo di censura in sede di presentazione della richiesta
di riesame né all'udienza camerale - che all indagato
viene sostanzialmente imputato il "progetto'' - realizzato
- di acquisizione della maggior parte delle società
di due importanti gruppi nel settore dell'impiantistica
e dell'alta tecnologia (gruppo GIFI e gruppo CEI), ponendo,
quindi, in essere una serie sistematica di operazioni che
hanno portato al depauperamento delle stesse ed alla dichiarazione
di fallimento, il tutto in un breve arco temporale
-
che, quanto all'acquisto della CEI Holding Spa, l'indagato
era divenuto azionista di maggioranza (53,02%) attraverso
la sua GIF Spa; che la sottoscrizione dell'aumento di capitale
deliberato - in mancanza di liquidità - avvenne con
il conferimento di due società immobiliari (Building
Towers e Shopping Towers, entrambe costituite il 28.5.1993,
con identica sede e rappresentanti legali, con volume d'affari
pari a 'zero' negli anni 1993 e 1994), nonché di
crediti che la GIF asseriva di vantare nei confronti delle
stesse; che i beni immobili delle due società risultavano
stimati con perizia per un valore di circa 50 miliardi;
mentre, in realtà si trattava di alcuni lotti di
un complesso residenziale ubicato in Colle del Fagiano,
Castelnuovo di Porto, Roma, gravato da ipoteche a garanzia
di un finanziamento concesso dall'Istituto Credito Casse
Risparmio italiane Spa del valore di circa 35 miliardi a
favore di Investimenti Strategici Spa; che questi stessi
beni sono stati peraltro utilizzati per operazioni negoziali
solo apparenti, senza alcun versamento di corrispettivo,
con occultamento dell'esistenza del peso ipotecario, per
procrastinare azioni legali da parte dell'istituto di credito
finanziatore, per simulare consistenze patrimoniali di volta
in volta in capo a diverse società del gruppo - come
nel caso dell'acquisto della CEI Holding -, per dare contabile
giustificazione a pagamenti da una società ad un'altra,
con l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma
aventi ad oggetto la vendita degli immobili e la realizzazione
di lavori di ristrutturazione e sistemazione
-
che analoga era la situazione con riferimento all'ingresso
dell'indagato nella compagine sociale del gruppo GIFI SpA
che già possedeva e controllava altri importanti
gruppi industriali, in quanto nel 1995, e precisamente il
22.5.1995, l'intero pacchetto azionario della GIFI, e così
di tutto il gruppo (e dunque anche la De Bartolomais Safi
SpA), fu acquistato dal gruppo D'Andria (GIF SpA), con pagamento
stabilito principalmente a mezzo cambiali, di cui la prima
protestata, con la conseguenza che le successive neppure
vennero messe all'incasso
-
che le modalità di acquisizione rendono evidente,
anche in questo caso, la totale mancanza della necessaria
liquidità da parte dell'acquirente che non sostenne
alcun esborso e che, con il meccanismo dell'avallo da parte
delle società cedute, fece indirettamente cadere
su di esse il peso economico della operazione
-
che la bancarotta documentale relativa al fallimento della
GIFI SpA è provata dalla relazione del curatore che
ha rilevato la totale assenza dei libri e scritture contabili
che consentono la ricostruzione delle vicende societarie.
Quanto
alle esigenze cautelari il Tribunale ha rilevato che sussiste
il concreto pericolo: di inquinamento probatorio, di fuga
e di reiterazione di analoghe condotte criminose.
2).
Col ricorso la difesa deduce:
I
- La violazione dell'art. 606, comma 1, lett. E) cod. proc.
pen. in relazione all'art. 309 e 125 s.c. per avere l'ordinanza
impugnata omesso di motivare sui gravi indizi di colpevolezza
richiamando la motivazione del provvedimento emesso dal
Giudice per le indagini preliminari.
II
- L'illogicità della motivazione sui gravi indizi
di colpevolezza:
-
in relazione all'operazione di acquisizione del patrimonio.
Sostiene,
a tale proposito, la difesa che il Tribunale non abbia motivato
sulla distrazione del patrimonio, ma abbia descritto le
modalità di acquisizione da parte dell'indagato della
CEI Holding e della GIFI per evidenziare come lo stesso
non disponesse delle risorse finanziarie necessarie per
effettuare tali acquisizioni; mentre, in effetti, l'operazione
che ha portato il D. ad entrare nella compagine sociale
delle sue società ha seguito un moderno ma assolutamente
lecito schema di autofinanziamento, qual'è quello
del c.d. leverage buyout.
-
in relazione all'operazione di finanziamento tra società
del gruppo; al quale proposito sostiene che erroneamente
il Tribunale ha evidenziato che le distrazioni di rilevanti
somme di denaro si sarebbero consumate principalmente attraverso
la concessione di finanziamenti non garantiti e senza alcun
utile, in favore di altre società collegate alle
fallite, ma non ha considerato il profilo della riconducibilità
di operazioni di finanziamento tra società del gruppo
allo schema della bancarotta fraudolenta ed è incorso
in un errore logico, in quanto rispetto alle capogruppo
che gestiscono il servizio di tesoreria, la concessione
di finanziamenti a società controllate a tassi nulli
o a tassi di favore può rispondere ad una ben precisa
logica economica quale potrebbe essere quella di agevolare
la propria controllata evitandole una crisi di liquidità
od altro
-
in relazione alla bancarotta documentale in quanto la contestazione
che riguarda il D., infatti, concerne sette società
ma l'ordinanza si limita a prendere in considerazione le
risultanze della dott.ssa Ortelli; e dalla stessa motivazione
del provvedimento risulta che il curatore "dalla documentazione
richiesta o ottenuta dagli istituti bancari" ha potuto
ricostruire i movimenti finanziari della società.
III
- Violazione dell'art. 606, comma I, lett. E) cod. proc.
pen. in relazione all'art. 309, 125 e 274 s.c. per non aver
l'ordinanza impugnata motivato e, comunque, per aver illogicamente
motivato sulla esistenza delle esigenze cautelari.
IV
- Violazione dell'art. 606, comma I, lett. E) cod. proc.
pen. in relazione all'art. 309, 125 e 275 s.c. per non aver
l'ordinanza impugnata motivato e, comunque, per aver illogicamente
motivato sul criterio di adeguatezza e proporzionalità.
3).
Il ricorso non è fondato.
a)
In tema di misure cautelari, la motivazione dell'ordinanza
del Tribunale del riesame che, quanto alla esistenza e gravità
degli indizi, rinvii per relationem alla motivazione dell'ordinanza
del GIP applicativa della misura è legittima, qualora
- come nel caso in esame - nessuna censura sul punto venga
sollevata dalla difesa in sede di presentazione della richiesta
di riesame o nell'udienza camerale.
In
tal caso, infatti, al giudice del riesame non può
ritenersi essere stato devoluto il problema riguardante
la esistenza degli indizi e la loro gravità.
Quanto
poi alla valutazione degli elementi emergenti dall'interrogatorio
dell'indagato, va osservato che tutta la complessa e argomentata
motivazione dell'ordinanza impugnata riguarda proprio la
confutazione del "progetto" di acquisizione delle
società prospettato proprio dall'indagato.
b)
La tesi - esposta dalla difesa col secondo motivo di ricorso
- colla quale sostiene che il D. è "entrato
nella compagine sociale'' della CEI Holding e della GIFI
seguendo "un moderno ma assolutamente lecito schema
di autofinanziamento, qual'è quello del c.d. Leverage
Buy Out" non è accoglibile.
L'istituto
del LBO, sorto negli Stati Uniti d'America, consiste nell'acquisizione
di una società (società bersaglio - target
company) da parte di un'altra società la quale ultima
contrae un prestito con un terzo (di solito altra società),
garantendo tale prestito con le azioni o con il patrimonio
della società bersaglio.
Tale
istituto non è importabile in Italia, ostando il
principio fissato nell'art. 2358 Cod. Civ. per il quale
"la società non può accordare prestiti
né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione
delle azioni proprie (co. 1), né può accettare
azioni proprie in garanzia".
Il
meccanismo finanziario utilizzato mediante il LBO è
perciò illecito in Italia, quanto meno nei limiti
sovra esposti.
c)
La ordinanza impugnata non è censurabile neppure
con riguardo alla osservazione difensiva secondo la quale
il Tribunale non ha motivato sulla distrazione del patrimonio
ma si è limitato a descrivere lo modalità
di acquisizione delle due società.
Senonché,
le modalità di acquisizione della CEI Holding SpA
e del gruppo GIFI Spa sono tali da configurare entrambe
delle ipotesi di distrazione dei beni delle due società,
posto che il corrispettivo delle loro azioni era o inesistente
(Bulding e Shopping Towers e crediti vantati) o costituito
da immobili supervalutati e già ipotecati oppure
ancora da cambiali mai onorate.
d)
Il principio affermato dalla difesa sui finanziamenti della
società capo gruppo alle società controllate
a tassi nulli o di favore è in astratto condivisibile,
in quanto ben può il finanzia mento essere stato
effettuato nell'interesse della capo-gruppo per agevolare
la controllata a risolvere una crisi di liquidità
o altro.
Ma
nel caso in esame la situazione ben diversa, posto che -
secondo la ricostruzione del Tribunale - l'ipotesi prospettata
dalla difesa non ha radici fattuali.
La
censura perciò si risolve in un inammissibile sindacato
(in questa sede) a valutazioni di merito.
e)
La censura attinente alla bancarotta documentale (che sarebbe
non configurabile perché il curatore ha ricostruito
i movimenti finanziari delle società sulla base della
documentazione richiesta e ottenuta dagli istituti bancari)
non tiene conto della costante giurisprudenza di questa
Corte per la quale la ricostruzione aliunde della documentazione
non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità
di acquisire presso terzi la documentazione, costituisce
la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture
contabili era tale da non rendere possibile le ricostruzione
di patrimonio o del movimento di affari della società.
f)
La motivazione relativa alle esigenze cautelari e al criterio
di adeguatezza e proporzionalità della misura applicata
(censurata col terzo o quarto motivo di ricorso) non può
certo definirsi apodittica, né comunque affetta da
vizi logici. Ciascuna delle tre ipotesi previste dagli artt.
274 e 275 c.p.p. sono state esaminate dal Tribunale che
ha argomentatamente ritenuto sussistenti sia il pericolo
di inquinamento della prova (con riferimento all'attività
svolta dall'indagato per ostacolare la ricostruzione delle
operazioni economiche e l'individuazione dei responsabili)
sia il periodo di fuga (essendosi l'indagato reso più
volte irreperibile nel corso delle procedure fallimentari)
sia il pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose
(data la pericolosità sociale del prevenuto e la
sua propensione a gestire società con modalità
illecite "a soli fini personali propri e dei suoi collaboratori"),
sia l'adeguatezza della misura applicata (in quanto proporzionata
alla entità dei fatti e alla sanzione che potrà
essere irrogata).
Pertanto
il ricorso va rigettato
PER
QUESTI MOTIVI
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.