Corte
Costituzionale, 16 maggio 2002, Ordinanza n. 168, Infondatezza
delle questioni di legittimità costituzionale dell’art.
146 LF e dell’art. 51, primo comma, n. 4, del c.p.c.,
in rif. all’art. 111 Cost., sull'incompatibilità
del giudice delegato, che abbia autorizzato l’azione
di responsabilità ed accolto l’istanza di misure
cautelari, a partecipare al successivo giudizio di merito
su tale azione
ORDINANZA
N. 168
ANNO 2002
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
-
Massimo VARI Presidente
-
Riccardo CHIEPPA Giudice
-
Gustavo ZAGREBELSKY "
-
Valerio ONIDA "
-
Carlo MEZZANOTTE "
-
Fernanda CONTRI "
-
Guido NEPPI MODONA "
-
Piero Alberto CAPOTOSTI "
-
Annibale MARINI "
-
Franco BILE "
-
Giovanni Maria FLICK "
-
Francesco AMIRANTE "
ha
pronunciato la seguente
O
R D I N A N Z A
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli
146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del
fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa) e
51, primo comma, n. 4, del codice di procedura civile, promosso
con ordinanza emessa il 2 aprile 2001 dal Tribunale di Messina
nel procedimento fallimentare promosso da ITALCARNI s.r.l.
contro Domenica Carnabuci ed altri, iscritta al n. 601 del
registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il Giudice
relatore Franco Bile.
Ritenuto
che, con ordinanza in data 2 aprile 2001, il Giudice delegato
del Tribunale di Messina ha sollevato, in riferimento all’art.
111 della Costituzione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 146 del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell’amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa), e dell’art. 51, primo comma,
n. 4, del codice di procedura civile, con riguardo alla garanzia
dell’imparzialità del giudice;
che
l’ordinanza è stata resa nel corso di una procedura
fallimentare a carico di una società a responsabilità
limitata, nella quale il rimettente aveva - ai sensi dell’art.
146 del regio decreto n. 267 del 1942 - autorizzato la proposizione
da parte del curatore dell’azione di responsabilità
ex articoli 2393 e 2394 del codice civile contro amministratori
ed ex amministratori della società fallita, nonché
disposto, inaudita altera parte, un sequestro conservativo
nei riguardi di alcuni di essi;
che
il rimettente richiama il prevalente orientamento dottrinale
e giurisprudenziale, secondo cui la competenza funzionale
del giudice delegato a disporre le misure cautelari ai sensi
del citato art. 146 non è venuta meno a seguito dell’introduzione
della disciplina del procedimento cautelare uniforme (artt.
669-bis e ss. cod. proc. civ.), e – in questo quadro
- il giudice delegato, adottati inaudita altera parte i provvedimenti
cautelari citati, deve, ai sensi dell’art. 669-sexies
del codice di procedura civile, fissare per la loro conferma,
modifica o revoca un’udienza di comparizione avanti a
sé, e in essa provvedere con ordinanza, reclamabile
al collegio ai sensi dell’art. 669-terdecies del codice
di procedura civile;
che
il rimettente si sofferma poi ad illustrare i riflessi del
principio di terzietà, ora espressamente prevista dall’art.
111 della Costituzione, in materia fallimentare, con particolare
riferimento al ruolo del giudice delegato;
che
– per quanto riguarda il potere cautelare – il rimettente
ritiene la disciplina impugnata non conforme a Costituzione,
in quanto il giudice delegato che abbia autorizzato con decreto
il curatore all’azione di responsabilità <<sarebbe
“vincolato” dalla forza della prevenzione di tale
valutazione nel successivo provvedimento cautelare>>;
che,
sulla base di tali rilievi, il rimettente ritiene rilevante
e non manifestamente infondata, in riferimento alla regola
dell’imparzialità di cui all’art. 111 della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 146 della legge fallimentare (nella parte in
cui prevede che, prima dell’inizio della causa di merito,
le misure cautelari contro gli amministratori e i sindaci
della società fallita, nei cui confronti sia stata
autorizzata dal giudice delegato l’azione di responsabilità,
possano essere disposte da questo stesso giudice anziché
secondo le norme ordinarie), e dell’art. 51, primo comma,
n. 4, cod. proc. civ. (nella parte in cui non prevede una
corrispondente fattispecie di incompatibilità fra giudice
delegato e giudice della cautela);
che
è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato,
depositando memoria nella quale ha sostenuto l’infondatezza
della questione.
Considerato
che il rimettente ha prospettato congiuntamente due questioni
di legittimità costituzionale, delle quali l’una
concerne l’articolo 146 del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell’amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa), nella parte in cui prevede la competenza
del giudice delegato (che autorizzi l’azione di responsabilità
a norma degli articoli 2393 e 2394 del codice civile nei confronti
di amministratori ed ex amministratori della società
fallita) ad adottare le opportune misure cautelari, in luogo
della normale competenza ante causam del giudice competente
sul merito dell’azione, e l’altra concerne invece
l’art. 51, numero 4, del codice di procedura civile,
nella parte in cui non prevede l’incompatibilità
del giudice delegato (che abbia dato quella autorizzazione)
ad adottare le misure cautelari;
che
il rimettente ritiene violato l’art. 111 della Costituzione,
con riguardo al principio di imparzialità del giudice,
in quanto le due norme denunciate non assicurerebbero la sua
osservanza e in particolare non garantirebbero l'esclusione
della “forza della prevenzione” a carico del giudice
delegato;
che,
secondo il rimettente, la prevenzione del giudice delegato
in tema di adozione delle ricordate misure cautelari discenderebbe
dall'assunzione del provvedimento di autorizzazione del curatore
all’esercizio dell’azione di responsabilità;
che
la questione è manifestamente infondata;
che
di recente questa Corte (cfr. ordinanza n. 176 del 2001) -
con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, evocati
in quanto, prima della novellazione dell’art. 111 della
Costituzione, assicuravano il giusto processo, particolarmente
sotto il profilo dell’imparzialità del giudice
– ha ritenuto non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 51 del codice di procedura civile,
nella parte in cui non prevede l’incompatibilità
del giudice delegato, che abbia autorizzato l’azione
di responsabilità ed accolto l’istanza di misure
cautelari, a partecipare al successivo giudizio di merito
su tale azione, in particolare sottolineando che l’autorizzazione
all’esercizio dell’azione di responsabilità
non è un provvedimento giurisdizionale di contenuto
decisorio in ordine alla lite da promuoversi dal curatore
e non comporta quindi alcuna valutazione sul suo oggetto,
ma costituisce soltanto esplicazione da parte del giudice
delegato delle sue funzioni di gestione, controllo e direzione
della procedura fallimentare, quale forma di esecuzione concorsuale
(cfr. sentenza n. 351 del 1997);
che
questa Corte ha anche rilevato (cfr. da ultimo l’ordinanza
n. 75 del 2002) che il riconoscimento espresso del principio
di imparzialità nell’art. 111, secondo comma,
della Costituzione nulla aggiunge alla consistenza che il
principio già aveva, né comporta ricadute sul
modo di intendere quel particolare aspetto dell’imparzialità
correlato all’esigenza che il giudice non subisca la
<<forza della prevenzione>> derivante da precedenti
valutazioni relative alla stessa res iudicanda;
che
– nella medesima prospettiva per cui si ritiene che,
autorizzando l’azione di responsabilità, il giudice
delegato non esprime alcuna valutazione sull’oggetto
di essa (cfr. la citata ordinanza n. 176 del 2001) –
ad analoga conclusione deve pervenirsi relativamente all’azione,
strumentalmente collegata a quella di merito, avente ad oggetto
le misure cautelari, con riferimento sia al momento dell’adozione
inaudita altera parte, sia a quello della loro conferma, modifica
o revoca in contraddittorio.
Visti
gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale dell’articolo 146 del regio decreto 16
marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato
preventivo, dell’amministrazione controllata e della
liquidazione coatta amministrativa) e dell’art. 51, primo
comma, n. 4, del codice di procedura civile, sollevate, in
riferimento all’art. 111, secondo comma, della Costituzione,
dal Tribunale di Messina, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.
F.to:
Massimo
VARI, Presidente
Franco
BILE, Redattore
Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 7 maggio 2002.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to:
DI PAOLA
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