Cass.
civ. sez. I, - 21 settembre 2000, n. 12489
Pres. Senofonte Rel. Losavio - Pm Ucella, (conf.)
Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto c.
Fallimento
Ristorante Rododendro
di Franceschi Giuseppe & C.
Svolgimento
del processo
Accogliendo
la domanda proposta dal curatore del fallimento della società
in n.c. Ristorante Rododendro di Franceschi Giuseppe e C.
nei confronti della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
sul fondamento dellarticolo 67, comma 2, legge
fallimentare , il tribunale di Rimini, con sentenza
29 settembre 1994, revocava il pagamento di 128 milioni
99mila 972 lire attuato il 14 maggio 1987 attraverso laccreditamento
di quellimporto sul conto corrente di corrispondenza
n. 869/8 acceso dalla società (poi fallita) presso
la Cassa, su ordine del Credito Fondiario della Regione
Trentino Alto Adige (che aveva concesso alla società
Rododendro il mutuo di 350 milioni di lire, il cui netto
ricavo era stato per la maggior parte impiegato per estinguere
altre passività).
La Corte dappello di Bologna con la sentenza pubblicata
il 30 aprile 1997 rigettava lappello proposto dalla
Fondiaria Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e dalla
Spa Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Negava innanzitutto
la Corte di merito che dallordine di accreditamento
impartito dallIstituto di credito fondiario alla Cassa
fosse "derivata una obbligazione della banca verso
la società correntista estinguibile per compensazione
col debito, per saldo passivo, della società medesima
verso la banca" e ciò per la ragione che laccredito
di somme rimesse da terzi costituisce una operazione che,
salvo patto contrario, si inserisce nellambito dellunitario
complesso rapporto di conto corrente e non realizza una
obbligazione autonoma della banca di rimettere al cliente
le somme riscosse, suscettibile di compensazione legale
con il saldo passivo, determinando invece
una semplice variazione quantitativa del debito del correntista.
Allaccredito nella specie doveva perciò riconoscersi
il carattere di rimessa solutoria nellimporto di 126
milioni 279mila 332 lire fatto riferimento allo scoperto
oltre il limite di affidamento pari a 40 milioni di lire:
in applicazione del criterio del saldo disponibile, alla
data della rimessa di 135 milioni 124mila 195 lire (il 14
maggio 1987) si doveva tener conto non solo dellimporto
di 54 milioni 980mila 457 lire figurante quale saldo passivo
del conto n. 869/8 il saldo contabile al momento
della annotazione del bonifico ma anche degli altri
crediti già maturati a favore della Cassa (961mila
751 lire, 58 milioni 264mila 614 lire, 52 milioni 72mila
500 lire) e annotati sul conto successivamente, ma quello
stesso giorno 14 maggio, sicché allo scoperto di
14 milioni 980mila 457 lire doveva aggiungersi la somma
di 111 milioni 298mila 865 lire, per un totale di 126 milioni
279mila 362 lire.
Disattendendo anche le conclusioni subordinate delle appellanti,
la Corte di merito considerava inammissibile leccezione
di compensazione fondata sul disposto dellarticolo
1853 Cc avanzata per la prima volta in comparsa conclusionale
(latto di appello aveva invece prospettato la compensabilità
delle varie partite annotate sullo stesso conto) e sul presupposto
in fatto (diverso da quello accertato nei due gradi del
giudizio) che limporto di 111 milioni 298mila 865
lire costituisse il saldo passivo di due diversi conti correnti
(la cui esistenza non era stata in precedenza neppure accennata).
Rigettando infine il primo motivo dellappello, la
stessa Corte confermava la valutazione del tribunale in
ordine alla sussistenza pure del requisito soggettivo dellazione
revocatoria esercitata dal curatore.
Contro questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione
la Spa Cassa di Risparmio e la Fondazione Cassa di Risparmio
di Trento e Rovereto, prospettando due motivi di impugnazione,
illustrati con memoria.
Ha contraddetto con controricorso il curatore del fallimento.
Motivi
della decisione
1.
Con il primo motivo del ricorso le ricorrenti denunciano
violazione degli articoli 1268 e ss., 1852 e ss. Cc, e falsa
applicazione dellarticolo 67 L.F. e indicano lerrore
della decisione impugnata nellavere la Corte di merito
assoggettato a revoca laccreditamento in conto corrente
attuato dalla banca su ordine dellIstituto regionale
di Credito Fondiario, quando invece il credito della società
delegataria beneficiaria del bonifico si era
estinto per compensazione con il debito risultante dal saldo
debitore. Sicché il credito corrispondente
della banca al momento della esecuzione del bonifico
si era estinto non attraverso un pagamento (astrattamente
revocabile) proveniente dalla beneficiaria, ma per effetto
della compensazione, sottratta alla revocatoria ex articolo
56 L.F., come già aveva giudicato Cassazione n. 38
del 1971. Criticano le ricorrenti il successivo sviluppo
della giurisprudenza di legittimità (che esclude
leffetto proprio della compensazione tra i risultati
di segno opposto di operazioni bancarie regolate in conto
corrente) che sarebbe espressione del pregiudizio secondo
cui può darsi compensazione tra crediti contrapposti
che abbiano causa in distinti e non collegati rapporti mentre
il fenomeno della determinazione della residuale ragione
di credito tra opposte ragioni fondate sullo stesso rapporto
si risolverebbe in una mera variazione quantitativa.
Una tale discriminazione non troverebbe fondamento nel dettato
testuale dellarticolo 1246 Cc secondo cui si verifica
la compensazione "qualunque sia il titolo delluno
o dellaltro debito" e che dunque implicitamente
ammette la compensazione tra crediti aventi una eadem causa
(da considerarsi anzi come lipotesi tipica). La questione
affermano le ricorrenti (come questione di
massima di particolare importanza) era stata rimessa alle
Sezioni unite di questa Corte con ordinanza della
prima sezione che tuttavia con la sentenza 10097/96
non poté pronunciarsi sul principio avendo constatato
che la specifica controversia in decisione registrava la
diversità di causa dei due crediti contrapposti.
La presente controversia concludono le ricorrenti
offrirebbe alle Sezioni unite di questa Corte lopportunità
di pronunciarsi sulla questione che la dottrina specialistica
risolve nel senso che il principio della compensazione tra
i saldi di più conti (articolo 1853 Cc) trova applicazione
pure nellambito di uno stesso conto corrente nel quale
siano regolate le molteplici operazioni bancarie.
Con il secondo motivo di censura le ricorrenti denunciano
violazione degli articoli 67 L.F., 1842 e ss. Cc, 1853 Cc,
falsa applicazione dellarticolo 345 Cpc, nonché
difetto di motivazione e criticano la decisione per avere
la Corte di merito male inteso la prospettazione difensiva
delle stesse appellanti che nellatto di appello avevano
in subordine concluso per la revoca della minore somma di
14 milioni 980mila 457 lire pari allo scoperto di conto
corrente affidato per 40 milioni di lire e avevano perciò
posto la questione risolvibile in linea generale
di diritto se il saldo disponibile dovesse essere
calcolato sulla base delle annotazioni già eseguite
sul conto corrente al momento della registrazione dellaccredito
qui in contestazione o se invece (come ha ritenuto la Corte
di appello) dovessero conteggiarsi anche altri crediti della
banca non iscritti nel conto ordinario.
La Corte bolognese avrebbe dunque violato il criterio del
"saldo disponibile" (cui aveva in premessa affermato
di volersi attenere), calcolando nello scoperto tre successivi
addebiti dello stesso 14 maggio, di cui due eseguiti con
valuta del precedente 27 aprile. La decisione impugnata
avrebbe violato altresì la regola secondo cui "lapertura
di credito in conto corrente non può considerarsi
utilizzata in ragione di autonomi crediti non iscritti nel
conto che la banca vanti contro laccreditato";
avrebbe falsamente applicato la regola dellarticolo
2697 Cc prospettando a carico della banca lonere di
provare che le tre somme addebitate nel conto ordinario
il 14 maggio risultassero in precedenza iscritte in separati
conti (mentre sarebbe stato sufficiente rilevare che laddebito
delle tre somme non precedette, ma seguì, lesecuzione
del bonifico dellistituto di credito fondiario); sarebbe
incorsa in una palese contraddizione circa lentità
dello scoperto di conto corrente, dapprima registrato
in conformità allaccertamento dei giudici di
primo grado, integrante per altro giudicato interno
in 14 milioni 980mila 457 lire e infine elevato a 126 milioni
279mila 362 lire; avrebbe fatto infine incongruo
ricorso al principio dellarticolo 345 Cpc, nella specie
sicuramente non violato dalle appellanti, la cui tesi difensiva
non implicava lo svolgimento di una (nuova) eccezione di
compensazione (tra i saldi di distinti conti) ma indicava
quale dovesse considerarsi il saldo disponibile del conto
ordinario nel giorno della esecuzione del bonifico.
2. Il primo motivo del ricorso non può essere condiviso.
Giudica il collegio che le ragioni con esso argomentate
non valgano a infirmare lorientamento della giurisprudenza
di legittimità uniforme negli ultimi decenni e ormai
consolidato nel senso della revocabilità di tutte
le rimesse siano dirette del correntista o operate
da un terzo con denaro a lui dovuto affluite sullunitario
conto corrente bancario recante saldo debitore, dovendo
ad esse riconoscersi natura solutoria. Il meccanismo di
funzionamento del conto corrente bancario induce infatti
ad escludere che possa darsi compensazione in senso proprio
tra i risultati di operazioni di segno opposto registrate
nello sviluppo attuativo del rapporto, rimanendo leffetto
di compensazione, secondo il disposto dellarticolo
1853 Cc, limitato alla diversa fattispecie dei saldi attivi
e passivi di più rapporti o più conti esistenti
tra la banca e lo stesso cliente.
2.1. La diversa ricostruzione della fattispecie del "bonifico"
di un terzo, affluito su conto corrente con saldo debitore
"scoperto", in termini di compensazione legale
a norma degli articoli 1241 e ss Cc e 1853 Cc muove dallasserito
presupposto che lordine del terzo (di accreditare
sul conto corrente del cliente la somma di denaro dal terzo
stesso posta a tal fine a disposizione della banca) integri
il negozio di delegazione promissoria, con assunzione della
obbligazione da parte della delegata verso il cliente delegatario
(identificandosi laccettazione delegatoria con latto
medesimo di accreditamento a favore del beneficiario), sicché,
conclusivamente si afferma, quella obbligazione necessariamente
si estingue per compensazione con il credito esigibile
corrispondente allo scoperto di conto corrente.
Laccreditamento su bonifico del terzo non potrebbe
perciò considerarsi come pagamento del cliente debitore
o per conto di lui, mentre leffetto legale di compensazione
connesso alla inclusione nel conto del bonifico rimane opponibile
al fallimento ex articolo 56 L.F. (la dottrina qui non condivisa
riconosce per altro la revocabilità dellatto
cui è riconducibile leffetto della compensazione
e cioè laccettazione delegatoria della banca
pur se intesa come negozio unilaterale cui sia perciò
rimasto estraneo il cliente e ipotizza che il curatore,
ottenuta la revoca dellaccreditamento, se non può
pretendere restituzione alcuna dalla banca che nulla
ha ricevuto dal cliente debitore , possa far valere
il rapporto di valuta verso il terzo ordinante supposto
debitore del cliente , chiamato nel giudizio perché
abbia effetto anche nei suoi confronti la pronuncia di revoca).
2.2. Condivide il collegio quella dottrina che considera
il "bonifico" (lincarico del terzo dato
alla banca di accreditare al cliente correntista la somma
oggetto della provvista) come ordine delegazione
di pagamento che la banca delegata, se accetta, si
impegna (verso il delegante) ad eseguire: sicché
da tale accettazione non discende una autonoma obbligazione
della banca verso il correntista delegatario, trovando lo
sviluppo ulteriore delloperazione la sua causa nel
contratto di conto corrente di corrispondenza che implica
un mandato generale conferito alla banca dal correntista
a (eseguire e) ricevere pagamenti per conto del cliente,
con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così
acquisite in esecuzione del mandato. E appunto nellautorizzazione
conferita in via preventiva alla banca dal cliente beneficiario
del bonifico deve ravvisarsi la ragione che converte il
pagamento del terzo, destinato al correntista, nella rimessa
dello stesso cliente sul conto, con leffetto proprio,
appunto, della rimessa diretta, idonea a costituire un deposito
a suo favore, ovvero, se il conto abbia affidamento della
banca e presenti un saldo passivo, a ricostituire la provvista
o ad estinguere il debito immediatamente esigibile
dello sconfinamento dal fido, con effetto propriamente
solutorio. Sicché, secondo il meccanismo di funzionamento
proprio del conto corrente, la banca, facendo affluire nel
conto passivo il pagamento ricevuto dallordinante,
non esaurisce il proprio ruolo in quello di mero strumento
del pagamento del terzo, ma diventa leffettiva beneficiaria
della rimessa con leffetto ad essa imputabile
se laccredito intervenga nellanno precedente
la dichiarazione di fallimento, ricorrendo il requisito
soggettivo della revocatoria di aver alterato la
condicio creditorum.
Se dunque deve escludersi che laccreditamento del
pagamento del terzo trovi la sua causa nellipotizzata
accettazione delegatoria della banca e che dalla stessa
esecuzione dellordine (come invece prospettano le
ricorrenti) risulti una promessa di futuro pagamento formulata
dalla banca sulla base di una presunta delegazione promittendi
dellordinante (e da tale esclusione consegue che laccredito
derivante dal pagamento del terzo è assoggettato
al regime normativo coincidente con quello proprio degli
accreditamenti rappresentativi dei versamenti per cassa
eseguiti dal correntista), neppure trova spazio nella specie
la questione posta in linea generale circa loperatività
della compensazione come modo di estinzione di obbligazioni
coesistenti riferibili a cause autonome e distinte, e in
ipotesi non estensibile ai debiti reciproci scaturenti dallesecuzione
di un unitario rapporto, giacché la esclusione delleffetto
di compensazione che si vuole riconducibile allaccreditamento
del pagamento del terzo trova la sua giustificazione non
già nellastratta configurazione dellistituto
della compensazione in senso proprio, ma nella considerazione
in concreto della funzione propria di tale accreditamento
nel regolamento del rapporto di conto corrente bancario
di corrispondenza.
2.3. La difesa delle ricorrenti nella memoria presentata
ex articolo 378 Cpc richiama talune pronunce di questa stessa
Corte che, riconoscendo leffetto di compensazione
allinterno di un unitario rapporto di credito bancario
tra le reciproche obbligazioni delle parti, segnerebbe un
indirizzo innovativo (rispetto a quello consolidato nella
giurisprudenza di legittimità) aperto ad ammettere
loperatività della compensazione come vicenda
estintiva delle coesistenti obbligazioni reciproche nascenti
dal medesimo rapporto. Basti al riguardo rilevare che le
fattispecie considerate nelle pronunce richiamate consistono
in particolari operazioni di credito bancario (anticipazioni
su "ricevute bancarie") assistite da un espresso
"patto di compensazione", perciò volontaria
in deroga esplicita al funzionamento tipico del compresente
rapporto di conto corrente bancario.
3. Infondato è pure il secondo motivo del ricorso.
La Corte di merito ha infatti determinato lo scoperto del
conto corrente (affidato per 40 milioni di lire) nellimporto
di 126 milioni 279mila 332 lire, sul ritenuto presupposto
che al saldo debitore di 54 milioni 980mila 457 lire dovevano
essere aggiunti gli ulteriori importi di 961mila 751 lire,
58 milioni 264mila 614 lire, 5 milioni 72mila 500 lire che
corrispondevano a crediti della banca precedentemente maturati
pur se confluiti nel conto corrente lo stesso 14 maggio
(ma con valuta, due di essi, 27 aprile), giorno in cui era
stata registrata la rimessa di 135 milioni 124mila 195 lire
(con valuta del giorno successivo).
Avuto riguardo alla difesa prospettata nellatto di
appello, fondata sulleffetto (irretrattabile ex articolo
56 L.F.) di compensazione connesso allaccreditamento
della rimessa del terzo, la Corte di merito ha giudicato
inammissibile come eccezione nuova (non proposta nellatto
di appello e neppure in sede di precisazione delle conclusioni),
e implicante una immutazione della stessa prospettazione
in fatto, quella formulata nella comparsa conclusionale
dove per la prima volta si presentavano come saldi debitori
di operazioni autonome e figuranti su distinti conti gli
importi di 961mila 751 lire, 58 milioni 264mila 616 lire
e 52 milioni 72mila 500 lire, sicché laddebito
di tali somme sul conto corrente ordinario lo stesso 14
maggio 1987, subito dopo lesecuzione del bonifico,
costituiva il modo attraverso cui la banca si era avvalsa
della facoltà di opporre la compensazione tra i saldi
di più conti distinti, a norma dellarticolo
1853 Cc.
Ebbene, la lettura dellatto di appello, cui il collegio
è tenuto essendo dedotto un errore in procedendo
(per falsa applicazione dellarticolo 345 Cpc,per avere
cioè i giudici di appello fatto operare una inesistente
preclusione), dà conferma che anche il subordinato
motivo (diretto alla determinazione dellimporto revocando
in 14 milioni 980mila lire) era genericamente argomentato
nel senso che la sentenza del tribunale si era erroneamente
attenuta "al fine di valutare il carattere solutorio
della rimessa" al "saldo per valuta", mentre
il corretto riferimento al saldo disponibile avrebbe condotto
ad accogliere la domanda nel minore importo indicato. E
a tale rilievo la Corte di merito ha dato adeguata risposta,
riformando nel punto la sentenza impugnata che aveva calcolato
il "saldo per valuta" e ha conseguentemente determinato
nel minore importo di 126 milioni 279mila 332 lire leffetto
solutorio della "rimessa". Non aveva infatti la
banca contestato che gli addebiti annotati sul conto lo
stesso 14 maggio, ma in successione rispetto allaccredito
di 135 milioni 124mila 195 lire, corrispondessero a crediti
della banca precedentemente maturati e a ragione dunque
la sentenza impugnata ha determinato il saldo disponibile
anche con riguardo a quegli addebiti confluiti nellunico
conto corrente, implicando il criterio del saldo disponibile
il riferimento al momento effettivo delle singole erogazioni
di credito e delle conseguite rimesse. Sicché il
richiamo a quel criterio contenuto nel subordinato
motivo dellappello non poteva certo dirsi idoneo
ad escludere dal conto gli addebiti soltanto perché
successivi, nellordine di annotazione, alla rimessa
del terzo, e rispetto a una tale deduzione difensiva correttamente
è stata considerata eccezione nuova, implicante anche
una diversa prospettazione in fatto non confortata da alcun
riscontro probatorio, quella sviluppata nella comparsa conclusionale,
secondo cui gli addebiti annotati successivamente costituivano
ragioni di credito della banca figuranti in autonomi conti
correnti, fatti valere con quella annotazione
in via di compensazione ex articolo 1853 Cc.
4. Infondati essendo entrambi i motivi dellimpugnazione,
il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna
delle ricorrenti al rimborso delle spese di questa fase
del giudizio a favore del fallimento resistente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al
rimborso delle spese di questa fase del giudizio a favore
del fallimento resistente, liquidate in complessivi 5 milioni
507mila lire, delle quali 5 milioni di lire per onorari
di avvocato.