Tribunale
di Lanusei, Ordinanza, 30 luglio 2003, G.D. Dr. Giorgio Altieri,
Sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.
2751-bis n. 1) c.c., nella parte in cui non riconosce il privilegio
generale sui mobili al credito risarcitorio del lavoratore
receduto per giusta causa.
N.
195/03 R.G.A.C.
TRIBUNALE DI LANUSEI
FALLIMENTO
COOPERATIVA ARBATEX A R.L.
Il giudice delegato, dott. Giorgio Altieri, ha pronunciato
la seguente
ORDINANZA
nel procedimento per insinuazione tardiva di credito iscritto
al numero 195 del ruolo generale degli affari contenziosi
civili dell'anno 2003, promosso da:
DEPAU MARIA, rappresentata dall'avv. Giomaria Demuro ed elettivamente
domiciliata presso lo studio di questi, a Lanusei, via Zanardelli
n. 52,
contro
FALLIMENTO COOPERATIVA ARBATEX A R.L., in persona del curatore
dott.ssa Gisella Deiana.
***
Con ricorso depositato in data 4.6.2003 Depau Maria ha chiesto
di essere ammessa tardivamente al passivo del fallimento Arbatex,
in privilegio ex art. 2751-bis, n. 1), c.c., per l'importo
di € 18.496, oltre agli interessi e rivalutazione monetaria
dalle singole scadenze fino alla data del fallimento, somma
dovuta quale risarcimento dei danni in relazione al recesso
per giusta causa della stessa Depau dal contratto di formazione
e lavoro finalizzato all'attribuzione della qualifica di addetta
al finissaggio stipulato in data 26.7.1989 con la cooperativa
Arbatex a r.l.
All'udienza del 2.7.2003 è comparsa la curatrice, la
quale non si è opposta all'ammissione del credito così
come richiesto; sollevata la questione dell'applicabilità
al rapporto de quo del privilegio ex art. 2751-bis, n. 1),
c.c., all'odierna udienza la ricorrente ha insistito per il
riconoscimento del privilegio.
Dalla documentazione allegata al ricorso, ed in particolare
dalle comunicazioni dell'Ispettorato del lavoro di Nuoro del
29.7.1991 e del 22.11.1991, risultano gravi inadempimenti
della società Arbatex nei confronti dei dipendenti
assunti con contratto di formazione e lavoro, ed in particolare
dell'odierna ricorrente, la quale non percepì la retribuzione
relativa ai mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre
e dicembre del 1989 e non ricevette la dovuta formazione professionale,
venendo impiegata come lavoratrice subordinata tout court.
Si deve pertanto ritenere che il recesso della lavoratrice,
formalizzato in data 18.1.1991, sia avvenuto per giusta causa,
essendo applicabile anche al contratto di formazione e lavoro
il disposto dell'art. 2119 c.c. (v. al riguardo Cass., sez.
lav., 9 giugno 1995, n. 6530).
La legittimità del recesso della lavoratrice comporta
che debba essere riconosciuto alla medesima un risarcimento
del danno per inadempimento del datore di lavoro, da liquidare
secondo le regole comuni; può in particolare farsi
riferimento, trattandosi di un danno futuro, alle retribuzioni
che la stessa avrebbe percepito se il contratto avesse avuto
la durata prevista (così Cass., sez. lav., 3 febbraio
1996, n. 924; Cass., sez. lav., 15 novembre 1996, n. 10043),
salva riduzione ex art. 1227 c.c. in relazione ai danni che
avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, cercando
una nuova occupazione ed usando altrimenti le proprie energie
lavorative.
Nel caso di specie, poiché la curatela non ha provato
il difetto di diligenza della lavoratrice nella ricerca di
un'altra occupazione lavorativa o la percezione di proventi
da lavoro da parte di quest'ultima, la domanda dev'essere
pertanto accolta.
Si rileva tuttavia che, sulla base della legislazione vigente,
non competerebbe alla Depau il privilegio ex art. 2751-bis,
n. 1), c.c.
La norma in questione, infatti, accorda un privilegio generale
sui mobili ai crediti del lavoratore subordinato per la retribuzione,
per le indennità dovute per la cessazione del rapporto
di lavoro, per i danni conseguenti dalla mancata corresponsione
dei contributi e per "il risarcimento del danno subìto
per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile".
Il privilegio non è dunque riconosciuto per tutte le
ipotesi di cessazione patologica del rapporto di lavoro per
causa imputabile al datore di lavoro, ma solamente per quelle
dipendenti da un "licenziamento" - ossia un atto
del datore di lavoro - inefficace, nullo o annullabile.
Né può ipotizzarsi una applicazione analogica
della norma al caso di specie, in quanto tutte le norme sui
privilegi sono eccezionali e, pertanto, di stretta interpretazione
ai sensi dell'art. 14 preleggi (v. al riguardo Cass., sez.
III, 10 febbraio 2003, n. 1946).
Si deve ritenere però che si ponga una questione non
manifestamente infondata di illegittimità costituzionale
del citato art. 2751-bis, n. 1), c.c., in relazione al principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e a quello di tutela
del lavoro di cui all'art. 35 Cost., nella parte in cui non
accorda il privilegio al credito del lavoratore dipendente
per risarcimento del danno subito per effetto di qualsiasi
cessazione patologica del rapporto di lavoro per causa imputabile
al datore di lavoro, ed in particolare al danno subìto
per recesso del lavoratore per giusta causa.
Infatti, sebbene la specifica individuazione dei crediti risarcitori
del lavoratore assistiti dal privilegio ai sensi dell'art.
2751-bis, n. 1), c.c. corrisponda a scelte discrezionali del
legislatore (v. Cass. 1946/2003, cit.), è pur vero
che tale discrezionalità dev'essere utilizzata secondo
criteri di ragionevolezza, e che quindi non è consentito
al legislatore discriminare tra situazioni accomunate dall'identità
di ratio.
Già con la sentenza n. 326 del 17 novembre 1983 la
Corte Costituzionale pervenne alla declaratoria di illegittimità
costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 1), c.c., per contrasto
con il principio di eguaglianza, sul rilievo che la norma
- ispirata ad una finalità di ampliamento,, a favore
del lavoratore dipendente, della disciplina positiva del privilegio
generale sui mobili - muniva del suddetto privilegio il credito
per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento
inefficace, nullo o annullabile ed il credito del lavoratore
per i danni conseguenti alla mancata corresponsione da parte
del datore di lavoro dei contributi previdenziali ed assistenziali,
ma non anche il credito per risarcimento del danno spettante
al lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro cagionato
dal datore di lavoro.
Analogamente, la pronuncia n. 220 del 29 maggio 2002, in relazione
alla medesima esigenza di attribuire trattamenti equipollenti
a situazioni omogenee, ha ritenuto sussistente un'ulteriore,
palese violazione dell'art. 3 della Costituzione nella mancata
attribuzione del privilegio generale sui mobili al credito
risarcitorio per danni patiti dal lavoratore a causa di una
malattia professionale contratta nello svolgimento dell'attività
lavorativa e rispetto alla quale sia stata accertata la responsabilità
del datore di lavoro.
Il caso di specie - credito risarcitorio del lavoratore in
dipendenza del recesso per un grave inadempimento del datore
di lavoro - appare, in particolare, del tutto omogeneo rispetto
al credito per il risarcimento del danno dipendente da licenziamento
illegittimo.
L'elemento distintivo tra le due fattispecie, infatti, è
dato dal fatto che nel caso in esame lo scioglimento del rapporto
dipende da un atto di volontà del lavoratore, mentre
nell'ipotesi del licenziamento ne è indipendente; ma
ciò non appare giustificare una diversa considerazione
del rango del credito.
Si deve infatti sottolineare, da un lato, che la volontà
del lavoratore receduto per un grave inadempimento del datore
di lavoro è coartata e non libera (così Cass.
1021/1998, cit.): il dipendente è costretto a presentare
le proprie dimissioni dalla giusta causa che le rende legittime,
cosicché l'aspetto volitivo non appare assumere una
rilevanza tale da distinguere in modo significativo le due
fattispecie.
Ma soprattutto, si deve osservare che l'incidenza della volontà
del lavoratore sull'effetto risolutivo del rapporto non presenta
alcuna attinenza alla ratio della norma, che è quella
di accordare un'amplissima tutela del lavoro subordinato attraverso
il riconoscimento della particolare meritevolezza dei crediti
retributivi o di quelli risarcitori legati allo svolgimento
del rapporto di lavoro, in attuazione del principio stabilito
dall'art. 35 Cost.; tant'è vero che viene ad essi attribuito
un privilegio collocato immediatamente dopo quello per le
spese di giustizia (art. 2777 c.c.).
In altri termini, se la ratio legis dev'essere rinvenuta nella
primaria rilevanza costituzionale del diritto al lavoro e,
pertanto, nel particolare favore con cui vengono considerati
i crediti retributivi ed i crediti risarcitori del dipendente
- ed in particolare, tra questi ultimi, i crediti derivanti
da un'illegittima cessazione del rapporto per effetto del
licenziamento inefficace, nullo o annullabile -, non appare
che sia consentito al legislatore ordinario considerare di
rango deteriore un credito dipendente dalla stessa causa solo
perché l'effetto risolutivo del rapporto dipende dalla
volontà (peraltro coartata) del lavoratore, pretermettendo
al tempo stesso il principio costituzionale della tutela del
lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35).
La questione è rilevante nel giudizio a quo, in quanto,
come si è detto, non potendosi applicare analogicamente
l'art. 2751-bis n. 1) c.c., il credito della Depau dovrebbe
essere ammesso al passivo in chirografo.
P.Q.M.
IL GIUDICE DELEGATO
1) dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale
per la valutazione della legittimità costituzionale
dell' art. 2751-bis, n. 1), codice civile, in relazione agli
artt. 3 e 35 della Costituzione, nella parte in cui non accorda
il privilegio generale sui mobili al credito del lavoratore
dipendente per risarcimento del danno subito per effetto di
qualsiasi cessazione patologica del rapporto di lavoro per
causa imputabile al datore di lavoro, ed in particolare al
danno subìto per recesso del lavoratore ex art. 2119
codice civile per inadempimento del datore di lavoro;
2) dispone la sospensione del procedimento.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art.
23, ultimo comma,legge 11 marzo 1953, n. 57.
Lanusei, 30 luglio 2003.
IL GIUDICE DELEGATO
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