Tribunale
di Torre Annunziata, Sentenza anno 2003, Giuduce Dott. Massimo
Palescandolo, Fallimento in estensione di soggetto citato
come convenuto dal fallimento di società di fatto;
interruzione, riassunzione con nuova citazione: irrilevanza
- conflitto interessi apparente -non necessità del
curatore speciale -posizione del soggetto inglobato nella
sdf; Nel merito: Accolta simulazione di compravendita di beni
mobili; condanna condizionale in caso di omessa restituzione
- rivalutazione e interessi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORRE A.
II SEZ.CIV.
il dott.Massimo Palescandolo,
in qualità di giudice unico,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n.134/1999 del R.G.A.C. avente ad
OGGETTO: azione di simulazione e revocatoria fallimentare
TRA
Fallimento società di fatto Tommaso e Crescenzo Collaro,
in persona del curatore dr. Luigi Carillo, elettivamente domiciliato
in Torre del Greco, Via Sedivola n.85, presso lo studio dell'avv.
Gennaro Torrese, che lo rappresenta e difende giusta procura
a margine del ricorso in riassunzione, nonché autorizzazione
del Giudice Delegato dr. F. Abete del 25/27-6-2002
Attore
E
B.S.C. s.r.l. (già Pro 90 srl), con sede in Roma, Via
Flavia n.72
Convenuta-Contumace
NONCHE'
Squillante Teresa, fallita in estensione alla s.d.f. Tommaso
e Crescenzo Collaro, rappresentata dal curatore dr. Luigi
Carillo Convenuta-Apparente
NONCHE'
Collaro Marianna, elettivamente domiciliata in S. Antonio
Abate, Via Stabia n.27, presso lo studio dell'avv. Francesco
Mandara, dal quale è rappresentata e difesa giusta
procura a margine della comparsa di costituzione in sostituzione
Convenuta
CONCLUSIONI
I procuratori, all'udienza del 5-6-2003, hanno precisato le
conclusioni come segue:
Per l'attore: "
riportandosi a tutte le richieste
rassegnate in atti e verbali di causa
".
Per la Collaro: "dichiarare l'improcedibilità
o l'inammissibilità del procedimento, nonché
in via subordinata nel merito l'inammissibilità o infondatezza
dello stesso in fatto e in diritto", con vittoria di
spese ed attribuzione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con originaria citazione notificata in data 20 gennaio 1999
a Squillante Teresa e Collaro Marianna, il fallimento della
società di fatto (d'ora in poi, s.d.f.) Tommaso e Crescenzo
Collaro, in persona del curatore, le conveniva in giudizio,
unitamente alla B.S.C. s.r.l. (già Pro 90 srl), innanzi
all'epigrafato Tribunale, esponendo quanto segue:
-con sentenza n.29 del 12-5-1998 il Tribunale di Torre Annunziata
dichiarava il fallimento della ditta Tommaso Collaro, esteso
al figlio Crescenzo, col quale ravvisava la società
di fatto, svolgente l'attività di lavorazione e commercio
di corallo e pietre preziose;
-in data 18-5-1998, l'ufficio fallimentare recatosi presso
la sede sociale e l'abitazione dei falliti per la redazione
dell'inventario, trovava un ricco ed elegante mobilio, quadri
di valore, tappeti ed arazzi pregiati, mobili d'antiquariato
e suppellettili lussuose;
-tali beni, però, analiticamente indicati in citazione,
risultavano ceduti, il 10 giugno 1997, alla Pro 90 s.r.l.
(ora B.S.C.), in virtù di transazione per scrittura
privata da parte di Tommaso Collaro e della moglie Squillante
Teresa, con la quale, più precisamente, si cedevano
"tutti i beni mobili costituenti l'arredamento di casa
Collaro", per far fronte -a detta delle parti- ai debiti
dei falliti pari a £.113.050.000#;
-in tale atto, premessa l'assenza di liquidità del
Collaro, si prevedeva che i beni ceduti sarebbero stati asportati
dopo gg.60 o si sarebbe proceduto alla loro vendita, anche
presso l'abitazione del fallito;
-con scrittura privata successiva, del 27 giugno 97, la Pro
90 cedeva tutti i beni acquistati a Collaro Marianna, sorella
di Tommaso, per l'importo di £.60.000.000#, che rimanevano,
in ogni caso, dov'erano.
Il curatore fallimentare, pertanto, ottenuta l'autorizzazione
ex art.25 l.f. dal Giudice Delegato al fallimento, intraprendeva
il presente giudizio affinché fosse dichiarata l'inefficacia
degli atti di vendita rispetto alla massa dei creditori ex
art.67 l.f., o art.2901 c.c, ovvero, in alternativa, previo
accertamento della simulazione, la nullità degli stessi,
con condanna dei convenuti alla restituzione alla curatela
dei mobili compravenduti o, nell'impossibilità, dell'equivalente
pecuniario, con vittoria di spese, diritti ed onorari, con
attribuzione al procuratore antistatario.
Si costituivano Squillante Teresa e Collaro Marianna, eccependo
l'infondatezza della domanda, giacché al momento della
vendita la ditta Collaro non versava affatto in stato di decozione,
ma si trovava in una situazione di illiquidità, dacché
il suo titolare era vittima d'usura.
Alla B.S.C. s.r.l. la procedura della notificazione era completata
nel corso delle prime udienze; tuttavia, sul presupposto dell'intervenuta
dichiarazione di fallimento di Squillante Teresa, lo scrivente
interrompeva il giudizio all'esito dell'udienza del 4 giugno
2002.
Con ricorso per riassunzione depositato in cancelleria il
17 settembre 2002, il fallimento della s.d.f. Tommaso e Crescenzo
Collaro, dato atto che "nelle more del giudizio, con
sentenza dell'8-3-2001, questo Tribunale estendeva gli effetti
del fallimento della s.d.f. Collaro anche alla sig.ra Teresa
Squillante già parte nel giudizio per revocatoria de
quo", chiedeva al g.i. la fissazione dell'udienza di
prosecuzione del giudizio che lo scrivente indicava in quella
del 4-2-2003.
Il fallimento, quindi, oltre a citare la B.S.C. s.r.l. e la
Collaro presso il suo nuovo procuratore (avendo l'avv. Mandara
già precedentemente sostituito quello iniziale), citava
la stessa Squillante Teresa, notificando il ricorso per riassunzione
al curatore dott. Luigi Carillo.
Alla relativa udienza il fallimento non avanzava alcuna richiesta
di prova: similmente Collaro Marianna che, pur richiamandosi
alle note di cui all'art.184 c.p.c., non n'aveva formulata
alcuna in tale produzione.
Sull'allegata documentazione, pertanto, lo scrivente rinviava
per la precisazione delle richieste finali; quindi, sulle
conclusioni di cui in epigrafe, la causa era assegnata a sentenza,
con la concessione dei termini di cui all'art.190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia della B.S.C. s.r.l.,
regolarmente citata con notifica del 9-12-2002.
-Come già riportato in sede di svolgimento, con la
prima domanda il fallimento della s.d.f. Tommaso e Crescenzo
Collaro evocava in giudizio, elevandola, pertanto, a parte
convenuta, (anche) Squillante Teresa, affinché fosse
revocata e, comunque, dichiarata l'inefficacia e/o la simulazione
della "cessione transattiva" stipulata, in data
10-6-97, da lei e dal marito, poi fallito, Collaro Tommaso,
con la Pro 90 s.r.l. con consequenziale condanna (anche della
sub-acquirente Collaro Marianna, per la posteriore compravendita)
a restituire i relativi beni, ovvero il tantundem.
Nelle more del giudizio interveniva la dichiarazione di fallimento
di Squillante Teresa, che era riconosciuta -come attestato
dallo stesso procuratore attore- socia della s.d.f. Collaro,
giacché fallita in estensione (v. altresì estratto
di sentenza dichiarativa di fallimento in produzione di parte
convenuta costituita).
E' noto che alla s.d.f. che esercita attività commerciale
si applicano le norme della "collettiva irregolare",
con la conseguenza che il fallimento della società
determina automaticamente quello dei soci, intesi anche come
quelli che, ignoti al momento della dichiarazione di fallimento,
sono successivamente individuati come tali (come nel caso
de quo).
Interrotto, quindi, il giudizio, il curatore della s.d.f.
Collaro, invece di riassumerlo nei confronti della sola acquirente
(B.S.C. s.r.l.) e della sub-acquirente (Collaro Marianna),
"inglobando" la Squillante nella s.d.f. come imponeva
il pronunciamento in estensione, ha riprodotto la stessa situazione
iniziale, citandola a comparire e notificando il ricorso al
dott. Carillo che riceveva quale curatore del fallimento la
propria citazione (v. relata di notifica del 21-11-02)! D'altronde,
che questa sia stata la scelta è evidente dallo stesso
tenore del ricorso per riassunzione, in cui, dopo aver dato
atto dell'estensione di fallimento alla Squillante, la richiesta
di riassunzione era fatta provenire dal "fallimento della
s.d.f. Tommaso Collaro e Crescenzo Collaro in persona del
curatore dott. Luigi Carillo" (v. periodo dopo il punto
n.6) di pag.2).
In sostanza, il dott. Carillo ha assunto, solo formalmente-
come vedremo-, la duplice veste di parte attrice e parte convenuta:
non avendo, infatti, chi fallisce la capacità processuale,
e, quindi, neppure la legittimazione processuale, la Squillante,
sempre astrattamente discorrendo, avrebbe dovuto rivolgersi
allo stesso per nominare un proprio difensore; in altre parole
a colui che l'aveva evocata in giudizio.
Tale stato dei fatti, a detta del difensore di Collaro Marianna,
avrebbe dovuto imporre al curatore di attivarsi presso il
g.d. affinché alla Squillante fosse nominato un curatore
speciale ex art.78, co.2, c.p.c., atteso l'evidente conflitto
d'interessi tra il Carillo e la Squillante.
-La tesi, pur se suggestiva, è errata in fatto e in
diritto, dacché, per semplificare, il dedotto conflitto
d'interessi è solamente formale, apparente, generato
da un evidente errore di parte attrice, ma sostanzialmente
ininfluente, poiché non è possibile isolare
la posizione di Squillante Teresa, renderla autonoma dalla
pronuncia fallimentare della s.d.f. Tommaso e Crescenzo Collaro
che la vede, al pari degli altri, socia; sicché la
s.d.f., più correttamente, è quella di <<Tommaso
Collaro, Crescenzo Collaro e Squillante Teresa>> (vale
a dire, padre, madre e figlio).
Se si tiene conto di quest'elementare realtà, giurisdizionalizzata
con sentenza del marzo 2001, come già detto, è
ben chiara l'insussistenza della necessità della nomina
di un curatore speciale alla Squillante, il cui interesse
non è quello di resistere alla pretesa attorea, bensì
quello opposto di vedere recuperati i beni alla massa creditoria:
infatti, una volta soddisfatti tutti i creditori, liquidato
il curatore e pagato il campione fallimentare, l'eventuale
residuo è appannaggio del fallito.
Non v'è, pertanto, conflitto d'interessi tra rappresentante
e rappresentato che, ex art.78, co.2, c.p.c., avrebbe richiesto
la nomina di un curatore speciale.
Tale istituto, infatti, nella materia fallimentare può
ricorrere, e ricorre, quando concretamente il curatore si
trova ad essere simultaneamente investito della legittimazione
attiva per proporre l'azione di riconoscimento di un diritto
e di quella passiva a resistervi, come quando, ad es., quale
curatore di un dato fallimento deve insinuare un credito,
rivendicare la proprietà di beni o proporre una revocatoria
nei confronti di altre (si badi, altre!) procedure fallimentari
di cui sia parimenti curatore.
Il curatore speciale, infatti, può essere nominato
(e quindi abilitato ad un'attività processuale), in
luogo del curatore comune, solo ricorrendo interessi del fallimento
del socio in eventuale conflitto con quelli del fallimento
della società e degli altri soci: circostanza a questa
sede estranea.
Ne consegue, per concludere su tal punto, che la citazione
in riassunzione alla Squillante Teresa è ultronea e
giuridicamente irrilevante, giacché il giudizio andava
riassunto solo nei confronti della B.S.C. s.r.l. e di Collaro
Marianna: com'è stato correttamente fatto.
*****
Sono infondate anche le ulteriori eccezioni di parte convenuta.
Pur convenendosi, in conformità a giurisprudenza assolutamente
prevalente, che le ipotesi di revocatoria sono poste alternativamente,
attesa la diversità della causa petendi del primo e
del secondo comma dell'art.67 l.f., va rilevato come dalla
semplice lettura della citazione è dato ricavare che
il fallimento ha agito ai sensi del nr.2) del 1° comma,
sia per averlo testualmente trascritto (pag.9), sia per aver
fatto esplicito riferimento alla datio in solutum, istituto
ritenuto pacificamente come un mezzo anormale di pagamento.
-Ammissibile è la proposizione simultanea delle azioni
revocatoria e di simulazione, così come statuito dalla
giurisprudenza, non sussistendo al riguardo alcuna ragione
di inammissibilità ("Le azioni di revocatoria
e di simulazione, diverse per contenuto e finalità,
concorrono alternativamente tra loro, per cui, come possono
proporsi entrambe nello stesso giudizio, sia pure in via subordinata
l'una all'altra, così possono proporsi in due giudizi
distinti, a scelta del creditore, senza che la possibilità
di esercizio dell'una precluda la proposizione dell'altra":
Cass. civ., Sez.III, 24/03/2000, n.3539).
-Fallace è anche l'eccezione d'improcedibilità
dell'azione di simulazione per carenza del provvedimento del
G.D.: questi, invero, dopo aver autorizzato la revocatoria
in data 24-11-98, successivamente, il 19-1-99, autorizzava
anche quella simulatoria (v. fascicolo di parte, sub nr.2,
prima del verbale d'inventario).
- Nel merito, appare fondata l'azione subordinata emergendo
in maniera macroscopica l'intento fraudolento che, normalmente,
la genera: le circostanze che ora si esporranno, la vicinanza
temporale dei due negozi, l'"incongruenza" del secondo
ed i rapporti di parentela costituiscono un quadro probatorio
di assoluta certezza e che si sostanzia nell'affermazione
che i beni oggetto delle compravendite non sono mai usciti
dalla sfera patrimoniale dei Collaro e che gli stessi, pertanto,
devono essere appresi al fallimento.
-E' dato obiettivo che all'ufficio fallimentare, recatosi
per le operazioni d'inventario presso la sede sociale ed abitazione
dei falliti, veniva mostrato un atto di transazione del 10
giugno 1997, con il quale i coniugi Tommaso Collaro e Squillante
Teresa avevano ceduto alla (allora) Pro 90 s.r.l. molteplici
beni mobili di valore, tra cui nr.82 quadri, nr.19 tappeti
e varie suppellettili (v. elenco allegato all'atto, che qui
s'intende ripetuto): sicché, in sede di prosecuzione,
in data 8 giugno 98, il curatore si limitava ad inventariare
gli oggetti non inclusi nella transazione.
Tale atto, formalmente, trovava la sua causa in una debitoria
per £.113.050.000#, generata dalla fornitura di merce,
come dovrebbe comprovare una fattura, non allegata agli atti
del processo; in esso, nel dare atto della carenza di liquidità
del Collaro, si statuiva che i beni sarebbero rimasti a questi
per sessanta giorni, dopodiché l'acquirente avrebbe
provveduto ad asportarli o a venderli, anche presso la stessa
abitazione del Collaro (che magari, mi si perdoni la battuta,
sarebbe stato nominato "banditore"), previo appuntamento
con gli acquirenti.
Orbene, dopo aver acquistato beni per l'indicato valore, la
Pro 90 s.r.l., ora B.S.C. s.r.l. (il cui oggetto sociale non
prevede attività di beneficenza o similia), nello stesso
mese dello stesso anno, appena diciassette giorni dopo, vendeva
i medesimi beni a sessanta milioni di lire (perdendone, quindi,
settanta!) non a Tizio o a Caio, no, ma a Collaro Marianna,
sorella del fallito: signori, un po' di pudore.
Ci vorrebbe davvero l'"anello al naso" per credere
che realmente i beni siano stati doppiamente trasferiti.
I due atti, invero, fanno parte di un più ampio disegno,
volto ad eludere le aspettative dei creditori, attesa la precaria
situazione finanziaria del Collaro, poi difatti fallito.
Il suddetto disegno, benché evenienza estranea al presente
giudizio, è vieppiù confermato dalla vendita
del proprio appartamento, in data 11 giugno 1997 (il giorno
dopo la prima vendita), da parte dei citati coniugi ad Esposito
Teresa, figlia (che coincidenza) di Collaro Marianna e, quindi,
nipote dei venditori.
Crediamo che basti! I negozi, pertanto, causalmente collegati,
nascondono una simulazione assoluta, non avendo le parti mai
voluto produrre gli effetti dei relativi contratti.
Al riguardo, è noto che il curatore fallimentare che
agisce in giudizio per fare accertare la simulazione non assume
la qualità di sostituto processuale del fallito, ma
esercita, così come quando agisce in revocatoria, un'azione
concessa dall'ordinamento ai terzi, e, in quanto tale, non
incontra i limiti di prova valevoli per le parti ai sensi
dell'art.1417 c.c. (ex multis, Cass. civ., Sez.I, 17/11/2000,
n.14895), potendola provare, cioè, a mezzo presunzioni,
la cui gravità, precisione e concordanza non ammette
dubbio alcuno.
Sia che si voglia dichiarare gli atti in questione nulli,
sia che li si voglia dichiarare, più esattamente, inefficaci,
la conseguenza sarà sempre quella sopra riportata,
ovvero che i beni in essi indicati appartengono al fallimento
e devono pertanto essere restituiti alla curatela.
-Parte attrice ha chiesto, qualora non fosse possibile la
materiale acquisizione all'attivo fallimentare dei beni "de
quibus", condannarsi le convenute al pagamento dell'equivalente
monetario.
In termini giuridici sostanziali, mentre la restituzione dei
beni ha un contenuto specifico, dovendo restituirsi proprio
"quei" beni, la condanna all'equivalente pecuniario
ha contenuto generico, attesa la funzione della moneta, quale
mezzo generale di pagamento.
Il nostro ordinamento ammette, in omaggio al criterio dell'economicità
dei giudizi, le cosiddette sentenze condizionate, nelle quali
-è insegnamento costante- l'efficacia della condanna
è subordinata al sopraggiungere di un determinato evento
futuro ed incerto, (o di un termine prestabilito o di una
controprestazione specifica), sempre che il verificarsi della
circostanza tenuta presente non debba essere controllato da
altri accertamenti di merito in un ulteriore giudizio di cognizione,
ma possa essere semplicemente fatto valere in sede esecutiva
mediante opposizione all'esecuzione (Cass. civ., Sez.III,
13/10/2000, n.13665; Cass. civ., Sez.III, 25/02/1999, n.1642).
Ciò ricordato, indubbiamente la richiesta attorea può
essere accolta, sia pure con il doveroso distinguo: si chiede,
infatti, a pag.13 della comparsa conclusionale, di calcolare
il valore dei beni "al momento della stipula degli atti
in contestazione, da liquidarsi tenendo conto della svalutazione
monetaria sopravvenuta fino alla decisione, oltre interessi
compensativi e moratori", non tenendo conto, però,
che non sarebbe certamente possibile liquidare l'equivalente
pecuniario dei beni al momento della stipula, mancando eventualmente
gli stessi. La richiesta, si badi, ha come requisito ontologico
la scomparsa dei beni (sui quali non è stata richiesta
alcuna misura cautelare): orbene, come sarebbe possibile stimarli?
In tal caso, giocoforza dovrà tenersi conto della cifra
indicata nel primo atto, in altre parole di £.113.050.000#,
pari ad euro 58.385,50: generandosi, comunque, da un'obbligazione
di valore, giacché avente a contenuto cose diverse
dal denaro (quadri, tappeti ed altro), la suddetta cifra dovrà
essere rivalutata e sulla stessa andranno calcolati gli interessi;
al riguardo, infatti, a differenza della rivalutazione monetaria
-la quale partecipa della medesima natura della sorte capitale,
con la conseguenza che il credito rivalutato non rappresenta
altro che l'originario credito nel suo valore reale aggiornato-
gli interessi legali (da qualificarsi come compensativi in
quanto dipendono dal mero ritardo nell'adempimento e prescindono
dalla colpa) costituiscono un diritto autonomo, sebbene accessorio
e necessario rispetto a quello concernente il capitale rivalutato,
di natura risarcitoria.
Gli stessi, pertanto, vanno riconosciuti con decorrenza dal
fatto generatore del danno, 10-6-1997, al soddisfo, corrisposti
nella misura legale e calcolati sull'importo ottenuto tra
la somma dovuta all'attualità e quella dovuta all'epoca
del fatto (calcolata devalutando il primo importo con l'applicazione
dei notori indici ISTAT), e quindi anno per anno ed a partire
dal 10-6-1998 e fino al momento della presente decisione,
sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione:
ciò, in ossequio all'insegnamento delle Sezioni Unite
della Suprema Corte di Cassazione (95/1712).
-Non v'è spazio, invece, per l'ulteriore richiesta
di risarcimento danni, giacché questi non sussisterebbero
né nell'ipotesi restitutoria, né nel(la eventuale
ricorrenza del) capo di "condanna condizionata",
non potendo qualificarsi tali "il ritardo che impedisce
l'integrale soddisfazione dei creditori" (pag.14 della
comparsa conclusionale attorea).
-Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta
dalla Curatela del fallimento Società di Fatto Tommaso
e Crescenzo Collaro, in persona del curatore dr. Luigi Carillo,
nei confronti della B.S.C. s.r.l. (già Pro 90 srl)
e di Marianna Collaro, così provvede:
a) accoglie la domanda subordinata e, per l'effetto, dichiara
l'inefficacia dell'atto di transazione del 10 giugno 1997
e dell'atto di vendita del 27 giugno 1997 (reg. il 3-7-97),
così come da motivazione;
b) dichiara, pertanto, che i beni di cui ai suddetti atti
ed indicati nell'elenco allegato (nr.82 quadri, nr.19 tappeti
ed altro), appartengono al fallimento, con condanna alla loro
restituzione a favore della curatela;
c) nell'impossibilità della materiale consegna o apprensione,
condanna la B.S.C. s.r.l., in persona del l.r.p.t., e Collaro
Marianna, in solido tra loro, al pagamento della somma di
euro 58.385,50 in favore della curatela, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi, come precisati in motivazione;
d) condanna la B.S.C. s.r.l., come sopra rappr.ta, e Collaro
Marianna, in solido tra loro, alle spese del presente giudizio
in favore di controparte, e che liquida in euro 3898,75 (euro
213,17 per spese, euro 619,75 per diritti ed euro 3065,83
per onorari), oltre I.V.A. e C.P.A., se documentate con fattura,
nonché rimborso forfettario di cui all'art.15 del d.m.
5-10-1994 n.585, con attribuzione al procuratore antistatario.
Torre Annunziata,_________________
Il Giudice
dr.Massimo Palescandolo
La dichiarazione di fallimento, quale socio illimitatamente
responsabile di una società in nome collettivo, di
soggetto che, prestata fideiussione per l'adempimento di un
contratto di cessione di quota della detta società,
aveva successivamente chiesto la declaratoria di caducazione
degli effetti di detto negozio per avveramento di una condizione
risolutiva, e in subordine dell'inesistenza dell'intestazione
fittizia delle quote ad acquirenti suoi prestanomi, determina
l'improponibilità sopravvenuta della domanda e rende
quindi improseguibile il giudizio, pendente nei confronti
del curatore del fallimento della società e dei soci
illimitatamente responsabili, in quanto avente ad oggetto
la validità di atti sulla cui base è già
stata apprezzata la qualità di socio e dichiarato il
fallimento (e che pertanto possono essere contestati, dal
fallito personalmente, soltanto in sede di opposizione alla
sentenza dichiarativa); vanno pertanto cassate senza rinvio
sia la sentenza di primo grado pronunciata nei confronti del
socio ancora in bonis sia la sentenza di appello pronunciata
nei confronti di un curatore speciale del fallimento del socio,
nominato dal giudice delegato sull'erroneo assunto della configurabilità
nell'indicato giudizio di un conflitto di interessi fra i
fallimenti connessi della società e di alcuni soci
e quello del detto socio (nella motivazione si precisa ripetutamente
che lo specifico conflitto non può mai dar luogo ad
una controversia fra il fallimento della società e
quello del socio, ma solo alla controversia fra il fallimento
della società e del socio, da un lato, ed il socio
in proprio, dall'altro, che contesti tale sua qualità
nella competente sede di opposizione alla sentenza dichiarativa).
Cass. civ., 15/04/1980, n.2446
è
inammissibile l'appello del curatore speciale di un socio
illimitatamente responsabile già dichiarato fallito
avverso la sentenza resa su domanda (avente ad oggetto la
dichiarazione di invalidità di contratto di cessione
di quote sociali a favore del suddetto socio) proposta da
altro socio ancora in bonis nei confronti del curatore sia
del fallimento della società sia dei soci illimitatamente
responsabili già dichiarati falliti, non potendo il
socio già dichiarato fallito sottrarsi alla rappresentanza
del curatore fallimentare e potendo stare in giudizio personalmente
solo in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di
fallimento ovvero, nei casi previsti dall'art. 43 l. fall.
intervenendo nei giudizi in cui sta il curatore.
Cass. civ., 15/04/1980, n.2446
Cass.
civile, sez. I, 15-04-1980, n. 2446 - Pres. VIGORITA A - Rel.
SGROI R - P.M. LEO A (PARZ DIFF) - FALL SPERA c. FALL GAMBARDELL
Fallimento
ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Società
e consorzi - Società con soci a responsabilità
illimitata - Fallimento della società e dei soci -
Estensione ad un' altra persona, quale socio illimitatamente
responsabile - Giudizio in precedenza da costui promosso contro
il curatore diretto alla contestazione dei presupposti della
estensione o ad accertamenti su rapporti obbligatori coinvolgenti
gli interessi del terzo in proprio - Improseguibilita.
A
seguito dell'estensione del fallimento di una società
e dei soci illimitatamente responsabili nei confronti di un'altra
persona, nella quale si riscontri successivamente la medesima
qualità di socio illimitatamente responsabile, si verifica
l' improseguibilità del giudizio (ancorché pendente
in fase d' appello) che la predetta persona abbia in precedenza
instaurato contro il curatore del fallimento, qualora tale
giudizio sia diretto a porre in contestazione i presupposti
di detta estensione (nella specie, qualità di socio),
e, quindi, ad introdurre questioni riservate all'opposizione
avverso la dichiarazione di fallimento, ovvero a sollevare
indagini ed accertamenti su rapporti obbligatori coinvolgenti
gli interessi non delle rispettive masse fallimentari, ma
di detto attore in proprio. La capacità a proseguire
l'indicato giudizio, infatti, viene meno tanto nei confronti
del socio cui è stato esteso il fallimento, come effetto
de iure dell'estensione medesima, quanto nei confronti del
curatore speciale, che il giudice delegato abbia all'uopo
nominato, tenuto conto che tale nomina può legittimare
il curatore speciale ad un'attività processuale, in
luogo del curatore comune, per gli interessi del fallimento
del socio in eventuale conflitto con quelli del fallimento
della società e degli altri soci, ma non può
abilitarlo a rappresentare e tutelare gli interessi personali
del fallito stesso.
Fallimento
ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Società
e consorzi - Società con soci a responsabilità
illimitata - Fallimento della società e dei soci -
Estensione al socio illimitatamente responsabile - Controversia
sui presupposti di tale estensione - Impugnazione proposta
dall' unico curatore della complessiva procedura concorsuale
nei confronti del curatore del fallimento del socio - Inammissibilità.
In
ipotesi di estensione del fallimento di una società
al socio illimitatamente responsabile, e con riguardo a controversia
che investa i presupposti di tale estensione, deve dichiararsi
che l'unico curatore della complessiva procedura concorsuale
proponga nei confronti del curatore speciale del fallimento
del socio nominato per conflitto di interessi con il fallimento
della società, in quanto detto curatore speciale può
rappresentare il fallimento del socio nel contrasto con gli
interessi del fallimento della società, ma non difendere
gli interessi personali del socio contro il suo fallimento.
Il contratto simulato non costituisce in sé un atto
illecito e pertanto non è fonte di responsabilità
dei contraenti nei confronti dei terzi, i quali, se possono
opporre la simulazione alle parti, ai sensi dell'art. 1415
c. c., quando questa pregiudica i loro diritti, non hanno
titolo al risarcimento dei danni nei confronti delle parti
medesime se non in presenza, e nel concorso, di tutti i relativi
elementi costitutivi, di un atto illecito ex art.2043 c. c.,
qualificato in particolare dal necessario elemento psicologico,
sotto il profilo della intenzionale lesione di un diritto
del terzo ovvero della lesione stessa come effetto di mancanza
di prudenza o di diligenza, elemento che non potendo ritenersi
implicito nel fatto stesso della simulazione, deve formare
oggetto di accertamento da parte del giudice del merito nei
casi concreti.
Cass. civ., Sez.II, 26/02/1991, n.2085
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