Tribunale
di Torre Annunziata, Sentenza, febbraio 2005, Giudice Dott.
Massimo Palescandolo, Un terzo costituiva
in pegno un certificato di deposito a garanzia di uno scoperto
c/c bancario del fallito, somma poi incamerata dalla Banca
- versamento "a credito" su c/c del fallito - il
pagamento del debito del fallito da parte del terzo è
revocabile solo se fatto con soldi del fallito o se del terzo
è necessaria la rivalsa sul patrimonio del fallito
prima della sentenza di fallimento: in caso contrario, assenza
di danno per creditori del fallito.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORRE A.
II SEZ.CIV.
il dott.Massimo Palescandolo,
in qualità di giudice unico,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n.341 del ruolo generale degli affari
contenziosi civili per l'anno 1999 avente ad
OGGETTO: revocatoria ex art.67, co.2, L.F.
TRA
Curatore del fallimento Nacopel s.r.l., in persona dell'avv.
Biagio Romano, elettivamente domiciliato in Castellammare
di Stabia, Via Tavernola n.41, rappresentato e difeso dall'avv.
Carlo Zullo, giusta procura a margine dell'atto di citazione
ed autorizzazione del G.D. dr.ssa Grassi, del 22-10-1998
Attore
E
Banca di Roma s.p.a., in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta
in Torre A., C.so Umberto I n.233, presso lo studio dell'avv.
Giuseppe Balsamo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario
e Paolo Napoletano, giusta procura generale alle liti pel
notaio Antonio Maria Zappone, del 19-10-1998
Convenuta
CONCLUSIONI all'udienza del 18-11-2004----
l'attore concludeva riportandosi all'atto di citazione e chiedendo
quindi l'accoglimento della domanda, con vittoria di spese,
diritti ed onorari;
la convenuta non le rassegnava e quindi come daa comparsa
di costituzione e risposta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 16-2-1999, il curatore
del fallimento Nacopel s.r.l., dichiarato con sentenza del
14 maggio 1996, chiamava a comparire innanzi a questo tribunale
la Banca di Roma s.p.a., esponendo che:
- in data 5 gennaio 1996 tal Severini Mario versava sul c/c
n.18271/54, intestato alla Nacopel s.r.l. ed acceso presso
l'agenzia di Scafati della Banca di Roma, £.20.000.000#
mediante certificato di deposito al portatore, in citazione
specificato, vincolato a favore di essa Nacopel e a garanzia
del suo scoperto bancario;
- dopo il fallimento essa Banca si era impropriamente impossessata
della somma mediante giroconto, come da contabile del saldo
attivo del libretto sul c/c scoperto oltre il fido, mentre
avrebbe dovuto eseguire la relativa procedura dell'incameramento
del credito assoggettato a pegno;
- detta operazione di giroconto attivo del libretto effettuata
dal Severini costituiva versamento suscettibile di revocatoria
fallimentare, perché compiuto nei limiti temporali
di cui all'art.67 l.f., e realizzante un risultato pratico
a quello del giroconto in senso tecnico, vale a dire la riduzione
della disponibilità dell'ordinante e l'incremento del
conto del beneficiario.
Tanto premesso, chiedeva:
1) ritenere e dichiarare inefficace la suddetta operazione
di giroconto;
2) per l'effetto revocare il versamento medesimo, condannando
la convenuta alla restituzione del corrispondente importo,
a favore della curatela, con il favore delle spese e competenze
di lite, con attribuzione.
L'istituto bancario convenuto si costituiva, chiedendo il
rigetto dell'avversa pretesa, ritenuta infondata ed inammissibile,
per i motivi meglio esposti in comparsa.
L'istruttoria contemplava la sola produzione di documenti,
non formulando le parti alcuna istanza di prova; indi, precisate
le conclusioni così come trascritte in epigrafe, la
causa, previa assegnazione dei termini di cui all'art.190
c.p.c. per il deposito delle conclusionali e delle repliche,
veniva riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda della curatela attrice è infondata e va,
pertanto, respinta.
1. Dalla documentazione allegata in atti, in particolare da
parte dell'istituto convenuto, è dato ricavare che,
in data 11-11-1993, Severini Mario costituiva in pegno un
certificato di deposito (d'ora in poi, cdd) per £.20.000.000#,
a garanzia dello scoperto di conto corrente (e d'ogni altra
esposizione presente o futura) facente capo alla Nacopel s.r.l.,
consentendo esplicitamente alla Banca di estinguere il certificato
di deposito, in caso d'inadempienza del debito garantito,
e quindi d'incamerare il relativo importo a deconto del debito
della correntista.
Concretatasi l'inadempienza, in data 5-1-1996 la Banca di
Roma estingueva il menzionato cdd, computando il relativo
importo in accredito sul c/c della Nacopel (previamente portato
"a debito" sul c/c collegato al Severini).
2. Il pagamento di un debito del fallito da parte di un terzo,
per costante giurisprudenza, è revocabile solo se sia
stato effettuato con denaro del fallito, o se del terzo a
condizione che questi abbia esercitato la rivalsa sul patrimonio
del fallito prima della dichiarazione di fallimento ("In
tema di azione revocatoria fallimentare, il pagamento di un
debito del fallito da parte del terzo è passibile di
revoca ex art. 67 l. fall. solo se compiuto con denaro dell'imprenditore
poi fallito, ossia a seguito di esercizio della rivalsa da
parte del terzo prima della dichiarazione di fallimento"
Cass. civ., sez. I, 23/11/2001, n.14869, in Fallimento, 2002,
849).
Solo ricorrendo tali evenienze è come se avesse pagato
il fallito, verificandosi in tal caso la lesione della par
condicio creditorum, fondamento dell'azione intrapresa: altrimenti,
come nel caso "de quo", difetta il requisito del
danno nei confronti dei creditori del fallito, per l'insussistenza
del depauperamento del patrimonio di questi ("A differenza
di quanto avviene nell'ipotesi di versamento compiuto dal
terzo sul conto corrente dell'imprenditore, ipotesi nella
quale quest'ultimo acquista la titolarità della rimessa,
ove la banca creditrice realizzi il pegno costituito da un
terzo a garanzia dell'apertura di credito in conto corrente,
l'eventuale accreditamento sul conto medesimo della somma
ricavata dal pegno non entra nella disponibilità del
debitore, ma rappresenta soltanto una modalità di registrazione
contabile della partita, effettuata al fine di portarla in
detrazione dal saldo passivo dello stesso conto corrente",
sempre Cass. civ. n.14869/2001).
In sostanza, come ribadito recentemente da Cass. civ., sez.
I, 25/05/2004, n.10012, il pegno costituito dal terzo a favore
di un creditore non può essere fatto valere da quest'ultimo
nel fallimento del debitore come causa di prelazione relativa
al credito verso il debitore stesso; infatti, detta prelazione
pignoratizia non si realizza ex art.2787 c.c. nel fallimento
del debitore, giacché alla massa attiva di tale fallimento
- che è costituita dai beni del debitore - non è
acquisita la cosa oggetto del pegno, della quale il terzo
costituente non ha perduto né la proprietà né
il diritto alla restituzione (conf. Trib. Torino, 12/11/2002
in Giur. It., 2003, 712: "Non è revocabile l'accreditamento
sul conto corrente del debitore poi fallito del ricavato della
vendita dei titoli costituiti in pegno dallo stesso correntista
a garanzia delle obbligazioni derivanti dall'apertura di credito").
3. "Ad abundantiam", non può non rilevarsi
l'assoluta carenza d'allegazione circa la conoscenza dello
stato d'insolvenza in capo alla Banca convenuta, non avendo
la curatela neppure indicato da quale dei cd. elementi sintomatici,
ai quali normalmente ci si rifà (protesti, pendenze
procedure esecutive, etc.), la Banca avrebbe potuto trarre
la suddetta conoscenza; onere che, com'è noto, ricade
sulla curatela quando agisce, come nel caso in questione,
ai sensi del co.2 dell'art.67 l.f. (attesa l'infrannualità
dell'operazione).
Le spese, in definitiva, seguono la soccombenza e si liquidano
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, in persona del suindicato giudice unico, definitivamente
pronunciando sulla domanda proposta dal curatore del fallimento
Nacopel s.r.l. nei confronti della Banca di Roma, ogni ulteriore
istanza disattesa, così provvede:
1. rigetta la domanda perché infondata;
2. condanna la Curatela al pagamento delle spese e competenze
di lite a favore della Banca di Roma s.p.a., che liquida in
euro 1.200,00, di cui euro 75,00 per spese, euro 125,00 per
diritti ed euro 1.000,00 per onorari, oltre Iva e Cpa, se
documentate con fattura, e rimborso ex art.14 D.M. Giustizia
8-4-2004 n.127.
Torre A.,___________________
Il Giudice
dott. Massimo Palescandolo
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