Tribunale di Catanzaro, 22 gennaio 2001, ordinanza, Sequestro preventivo di immobili, attuazione, termine per la trascrizione del decreto, decorrenza.

Tribunale di Catanzaro
Prima Sezione Civile


Il Giudice delegato al fallimento Soc. omissis in liquidazione, dichiarato con sentenza n.
15/2000 (n. 1080 reg. falli.), dott. Carlo Fontanazza, ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


nel procedimento cautelare ex art. 146 ultimo comma l. fall. recante il n. 96/2001 R.G., e pendente
tra
Curatela fallimento Soc. omissis in liquidazione
Ricorrente
E
omissis

A scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza del 18.1.2001:

Sulle richieste delle parti;

Osserva:
Con nota del 16.10.2000, il Curatore del fallimento sopraindicato chiedeva al Giudice delegato l'autorizzazione ad esperire azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore della società fallita, omissis .
Su tale richiesta veniva acquisito il parere del Comitato dei Creditori espresso in data 2023.11.2000.
Quindi, con decreto depositato in data 7.12.2000, il Giudice delegato, ritenuta la sussistenza dei presupposti, autorizzava il Curatore ad esperire l'azione di responsabilità, di cui all'art. 2393 c.c., nei confronti di omissis , amministratore della omissis e nominava legale della Curatela l'avv. Michele Pietragalla. Inoltre, ritenendo sussistenti i presupposti per la pronuncia di provvedimento cautelari, ai sensi dell'art. 146 ultimo comma l. fall., disponeva, inaudita altera parte, il sequestro dei beni di omissis, fissando l'udienza del 18.1.2001 per la modifica, conferma o riforma del provvedimento, ex art. 669 sexies c.p.c.
A tale udienza si costituiva in giudizio omissis , deducendo l'insussistenza dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.
In particolare, sotto il primo aspetto, la convenuta eccepiva:
- che sebbene le risultanze contabili della società, acquisite al fallimento, evidenziassero l'esistenza di rilevano crediti non riscossi della omissis nei confronti di terzi, non poteva ritenersi provato che la mancata riscossione di tali crediti fosse stata preordinata da parte della omissis , né che tale mancata riscossione avesse causato un danno ai creditori della società.
- che, infatti, a riprova di ciò, sia omissis che il marito di lei, omissis , avevano prestato varie fideiussioni in favore della società poi dichiarata fallita, e che, pertanto, l'intero patrimonio della omissis era stato aggredito dai creditori sociali.
Deduceva, inoltre, la convenuta, l'inesistenza di un pericolo di pregiudizio, atteso che: -come detto, l'intero patrimonio della omissis era stato sottoposto ad esecuzione;
- l'entità di tale patrimonio era comunque sufficiente a soddisfare eventuali pretese risarcitorie della Curatela del fallimento omissis
Deduceva, ancora, omissis , l'illegittimità del provvedimento emesso dal Giudice delegato, perché l'entrata in vigore delle norme in materia di procedimento cautelare (artt. 669 bis e sì. c.p.c.) avevano comportato l'abrogazione implicita del potere del Giudice delegato, previsto dall'art. 1461. fall., di pronunciare provvedimento cautelari.
La stessa, inoltre, eccepiva l'illegittimità costituzionale di tale norma, e delle disposizioni degli artt. 23, 25 e 261. fall., per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 101 Cost., nella parte in cui non fosse previsto l'obbligo di astensione del Giudice delegato chiamato a comporre il collegio in sede di reclamo avverso i provvedimento decisori da lui emessi, nonché dell'art. 26 l. fall. nella parte in cui tale norma prevede un termine per proporre reclamo minore rispetto a quello indicato dall'art. 669 terdea" c.p.c.
Deduceva, ancora, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1461. fall. nella parte in cui prevede la competenza del Giudice delegato alla pronuncia di provvedimento cautelari per contrasto con il principio di terzietà del Giudice e del divieto di istituire Giudici speciali.
Infine, omissis deduceva l'inefficacia del sequestro non essendo stato lo stesso eseguito nel termine di legge (cfr. verable d'udienza del 18.1.2001).
Chiedeva, pertanto, la dichiarazione di incompetenza o carenza assoluta di potere del Giudice delegato alla pronuncia dei provvedimento di cui all'art. 146 I. fall. o, in subordine, la revoca
del decreto, al sua dichiarazione di inefficacia o, comunque, la sospensione del procedimento attesa la fondatezza e rilevanza delle dedotte eccezioni di incostituzionalità.
Comparso alla medesima udienza del 18.1.2001 il Curatore concludeva per la conferma del decreto.
Ciò posto, ritiene questo Giudice, che debba concludersi per la pronuncia di parziale inefficacia del sequestro disposto in data 7.12.2000.

E', infatti, parzialmente condivisibile il rilievo formulato dalla convenuta in ordine alla sopravvenuta inefficacia del sequestro per mancata attuazione.
L'art. 675 c.p.c., infatti, dispone che il sequestro perde emcacia se non è eseguito nel termine di trenta giorni dalla sua pronuncia.
Ciò posto, atteso che il sequestro conservativo di immobili si esegue mediante la trascrizione del provvedimento (art. 679 c.p.c.), e ritenuto che tale termine non decorra dalla comunicazione del provvedimento al creditore, ma dal suo deposito (cfr. Cass. 16.10.1992, n. 11345), deve ritenersi che la trascrizione del provvedimento doveva essere eseguita dal Curatore entro trenta giorni dalla data del 7.12.2000 (data del deposito del provvedimento).
Tale termine, atteso che i giorni 6 e 7 gennaio 2001 erano festivi (rispettivamente Epifania e Domenica), è scaduto il giorno 8.1.2001.
Ebbene, emerge dagli atti come il provvedimento sia stato eseguito in parte in data 8.1.2001 e, pertanto, tempestivamente e, in parte, in data 9.1.2001, tardivamente. Pertanto, deve pronunciarsi la parziale inefficacia del provvedimento del 7.12.2000 nella parte in cui è stato eseguito dal Curatore in data 9.1.2001 e, precisamente, con riferimento alla trascrizione presso la Conservatoria di Catanzaro n. presentazione 53, n. rep. 2837/2000.
Devono invece ritenersi infondate le ulteriori questioni prospettate dalla convenuta.
Con riferimento alla dedotta abrogazione dell'art. 146 ultimo comma 1. fall.,è noto come, in dottrina ed in giurisprudenza, sebbene si ritrovi anche la tesi dell'abrogazione implicita (Trib. Napoli, 7.4.1994, vedi però ora Trib. Napoli 11.7.1995 e 10.ó.1997, il quale si è adeguato all'orientamento opposto) sia nettamente prevalente la tesi secondo cui la nuova disciplina del procedimento cautelare, introdotta con la legge 26 novembre 1990, n. 353, non avrebbe comportato l'abrogazione della norma, la quale, per il principio di specialità, prevarrebbe sulla disciplina generale contenuta nel codice di rito (cfr. Trib. Roma, 11.1.1997; Trib. Ravenna, 28.9.1996, Trib. Firenze, 13.ó.1995).
Ciò premesso, degna di nota e condivisibile è quella opinione che, sempre nell'ambito dell'orientamento maggioritario della persistente vigenza dell'art. 146 ultimo comma cit., ritiene come l'art. 669 quaterdecies c.p.c., nel prevedere l'applicabilità, in quanto compatibili, delle norme generali sui procedimenti cautelari ai provvedimento cautelari previsti da leggi speciali, imponga di valutare in concreto quali norme del processo cautelare siano comunque applicabili alle ipotesi cosiddette speciali, perché non in contrasto con la loro disciplina specifica, rifuggendo Cosi dalla scelta tra persistente vigenza di tutta la disciplina speciale ed abrogazione tacita e totale della stessa.
Di conseguenza, nel caso concreto, potrà ritenersi applicabile l'art. 669 sexies nella parte in cui prevede la necessità, nel caso di provvedimento inaudita altera parte, di convocazione successiva per la conferma, modifica o revoca del medesimo, nonché l'art. 669 terdecies in materia di reclamo ed ancora gli artt. 669 octies e 669 novies.
Non Cosi, invece, per ciò che attiene alla disciplina dell'art. 669 ter sulla competenza ante causam, ostandovi l'attribuzione speciale di competenza al Giudice delegato, né l'art. 669 bis che, richiedendo la necessità di un ricorso, si scontra con la previsione speciale del potere cencioso del Giudice.
Con riferimento, poi, alle questioni di costituzionalità formulate dalla convenuta, le stesse, a prescindere dalla loro astratta ammissibilità in sede cautelare, appaiono manifestamente inammissibili o infondate.
Manifestamente inammissibili devono ritenersi quelle relative alle censure rivolte con riferimento alla struttura del procedimento di reclamo avverso il provvedimento cautelare del Giudice delegato (illegittimità costituzionale dell'art. 146 u.c. l. fall., e delle disposizioni degli artt. 23, 25 e 26 l. fall., per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 101 Cost., nella parte in cui non fosse previsto l'obbligo di astensione del Giudice delegato chiamato a comporre il collegio in sede di reclamo avverso i provvedimento decisori da lui emessi, nonché dell'art. 26 l. fall. nella parte in cui tale norma prevede un termine per proporre reclamo minore rispetto a quello indicato dall'art. 669 terdecies c.p.c.), atteso che il presente giudizio è giudizio diverso.
Manifestamente infondata si presenta, inoltre, la censura relativa alla violazione del principio di divieto di istituzione di Giudici speciali ed alla violazione del principio di terzietà del Giudice.
In primo luogo, infatti, non deve confondersi con l'istituzione di un Giudice speciale la previsione legislativa di una particolare competenza di un Giudice ordinario (com'è quella del Giudice delegato ex art. 146 u.c.).
Inoltre, non appare violato il principio di terzietà del Giudice in quanto, il provvedimento di autorizzazione del Curatore all'esercizio dell'azione di responsabilità non ha, per pacifica giurisprudenza, contenuto decisorio (Cass. 1978/899) e, pertanto, non preclude al Giudice l'emanazione di provvedimento cautelari.
Né, infine, appare contrario al principio di ragionevolezza l'attribuzione al Giudice delegato di una competenza specifica all'emanazione di provvedimento cautelari ante causam nel caso che ci occupa, atteso che il Giudice investito del procedimento fallimentare ha un patrimonio di conoscenze specifiche (sulla singola procedura concorsuale) estraneo a qualunque altro Giudice, e può, quindi, autorizzando l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, percepire meglio l'esistenza di esigenze cautelari (C. Cost. 8.5.1996, n. 148 cit.).
Sussistono, inoltre, i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Sotto il primo profilo, appare provato, né è oggetto di specifica contestazione, l'esistenza, in capo alla società fallita, amministrata dalla omissis , di rilevanti crediti (indicati nel decreto depositato in data 7.12.2000) sia nei confronti della Soc. omissis , sia nei confronti di omissis .
Allo stesso modo non risulta contestato che tali crediti non furono riscossi dall'amministratore e che l'amministratore (omissis ), sia socia della Soc. omissis e moglie di omissis .
Deve, quindi, ritenersi, allo stato, fornita di sufficiente fumus la contestazione secondo cui la omissis , non riscuotendo tali crediti, sia venuta meno ai suoi doveri di amministratore.
Allo stesso modo, devono ritenersi, allo stato, fondate, le deduzioni del Curatore secondo cui la mancata riscossione di tali crediti, provocando una crisi di liquidità e la necessità di ricorrere al credito bancario, abbia causato un danno al patrimonio sociale.
Né vale, in contrario, la difesa della convenuta, secondo cui l'inesistenza di un danno per i creditori sociali deve evincersi dal fatto che la stessa abbia prestato fideiussione in favore della società.
Ciò per una duplice ragione.
In primo luogo, deve rilevarsi come l'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore, autorizzata dal Giudice delegato nel presente giudizio, prescinde da un possibile pregiudizio dei creditori sociali, bastando, per l'ipotesi ex art. 2393 c.c., un mero danno al patrimonio della società (incontestabile nel caso concreto).
Inoltre, non può escludersi, nel caso di specie, un pregiudizio anche per i creditori sociali, atteso che sussistono creditori della omissis diversi da quelli beneficiari della fideiussione personale di omissis .
Infine, sotto il profilo dell'esistenza del periculum in mora, non vale rilevare come l'intero patrimonio della omissis sia già stato sottoposto ad esecuzione dai suoi creditori, né come l'entità dello stesso sia tale da poter comunque soddisfare l'eventuale credito della Curatela.
Ed infatti, l'esistenza di azioni esecutive di terzi sul patrimonio, del debitore, sebbene, in ipotesi, capiente, convince proprio della sussistenza del requisito del pericolo nel ritardo. Ciò posto, non osta alla sussistenza del periculum, la sottoposizione ad esecuzione, peraltro non provata, anche dell'intero patrimonio del debitore, atteso che il provvedimento di sequestro mira, in primo luogo, ad evitare che una liquidazione di detto patrimonio, ancorché giudiziale, renda impossibile il soddisfacimento della massa fallimentare, e mira inoltre a mantenere un vincolo di
indisponibilità dei beni, a favore della Curatela, indipendente dalle possibili vicende delle procedure esecutive.
Deve, quindi, concludersi, per la conferma del provvedimento di sequestro depositato in data 7.12.2000 e per la sua dichiarazione parziale di inefficacia nei termini sopra indicati.
Vertendosi in materia di provvedimento cautelare di accoglimento pronunciato ante causam,
non deve provvedersi sulle spese del presente procedimento.


P.Q.M.


1) Conferma il decreto di sequestro depositato in data 7.12.2000;
2) Dichiara inefficace l'esecuzione del detto provvedimento con riferimento alla trascrizione dello stesso presso la Conservatoria di Catanzaro in data 9.1.2001, n. pres. 53, num. rep. 2837/2000;
3) Nulla per le spese;
4)Manda alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza.
Catanzaro, 22.1.2001

Il Giudice delegato (dott. Carlo Fontanazza)












 

 

 


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