Corte costituzionale, sentenza 28 maggio 2001, n. 162

FALLIMENTO ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - Estensione del diritto di prelazione agli interessi - Limitata a quella degli interessi per pegno e ipoteca - Assenza di analoga estensione al privilegio - Lesione del principio di uguaglianza - Incostituzionalità
R.d.16.03.1942, n. 267, art. 54, comma 3

È parzialmente incostituzionale l'articolo 54, comma 3, della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267) poiché, ai fini dell'estensione del diritto di prelazione agli interessi, non richiamando l'art. 2749 del codice civile, esclude che nelle procedure concorsuali, possa estendersi agli interessi maturati sui crediti privilegiati la disciplina dettata dal medesimo articolo
A queste conclusioni la Corte è pervenuta osservando anzitutto che disciplina sostanziale delle cause legittime di prelazione nel fallimento è modellata su quella dettata in materia dal codice civile, la quale è dunque unitariamente riferibile ai diritti dei creditori indipendentemente dalla concorsualità o meno dell'esecuzione in cui tali diritti si realizzano.La norma colpita dalla sentenza di illegittimità, invece, nel regolare l'estensione del diritto di prelazione agli interessi, mentre richiamava gli articoli 2788 e 2855 del codice civile, dettati per il pegno e l'ipoteca, ometteva qualsiasi menzione dell'art. 2749 concernente l'estensione del privilegio agli stessi interessi. Ne conseguiva la collocazione semplicemente chirografaria degli interessi sui crediti privilegiati. Orbene - hanno affermato i giudici di Palazzo della Consulta - non esiste una qualsivoglia ragione giustificativa della deroga in tal modo apportata alla disciplina civilistica e della consequenziale disparità di trattamento in danno dei creditori privilegiati.Una disparità, questa, che la dottrina aveva finora considerato inspiegabile, imputandola a una mera svista del legislatore.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Cesare RUPERTO, Presidente - Fernando SANTOSUOSSO - Massimo VARI - Gustavo ZAGREBELSKY - Valerio ONIDA - Carlo MEZZANOTTE - Guido NEPPI MODONA - Piero Alberto CAPOTOSTI - Annibale MARINI - Franco BILE - Giovanni Maria FLICK, Giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
N. 162 DEP. IL 28.05.2001
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 5 gennaio 2000 dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra il Ministero delle finanze, in persona del Ministro, e il fallimento della Fin.Im s.r.l., iscritta al numero 697 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di una procedura fallimentare, l'Amministrazione finanziaria dello Stato proponeva domanda tardiva di ammissione al passivo in via privilegiata per imposta ipotecaria e relativi interessi, soprattasse ed imposte di bollo.
All'udienza di cui all'art. 101 della legge fallimentare, il giudice delegato riteneva di non poter riconoscere rango privilegiato alle soprattasse ed agli interessi e, conseguentemente, disponeva il passaggio della causa alla fase contenziosa.
Rimessa la causa alla decisione del Collegio, il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 5 gennaio 2000, sollevava, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), "nella parte in cui, non richiamando l'art. 2749 cod. civ., esclude che, nelle procedure concorsuali, possa estendersi agli interessi maturati sui crediti privilegiati la medesima disciplina dettata da quest'ultimo articolo".
2.- Afferma il rimettente che, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità - dal quale ritiene di non doversi discostare - il mancato richiamo dell'art. 2749 cod. civ. da parte della norma impugnata, non essendo imputabile ad una mera svista del legislatore, preclude l'estensione agli interessi della causa di prelazione che assiste i crediti privilegiati di natura tributaria.
Conseguentemente, ad avviso del rimettente, mentre gli interessi sui crediti privilegiati non godono mai, salve le eccezioni introdotte dalla Corte costituzionale a proposito dei crediti di lavoro, della ragione di prelazione che assiste il capitale, gli interessi sui crediti pignoratizi ed ipotecari godono della medesima ragione di prelazione che assiste il capitale, sia pur nei limiti quantitativi e temporali segnati dagli articoli 2788 e 2855, secondo e terzo comma, del codice civile, richiamati invece dall'art. 54, ultimo comma, della legge fallimentare.
Il giudice a quo si dice consapevole del fatto che la conseguente disparità di trattamento tra crediti pignoratizi ed ipotecari da un lato e crediti privilegiati dall'altro che in tal modo si viene a determinare è stata già vagliata dalla Corte costituzionale e ritenuta non contrastante con l'art. 3 Cost., in quanto effetto della "non irragionevole valutazione discrezionale del legislatore circa la ontologica diversità intercorrente tra le varie cause di prelazione considerate".
Ritiene, tuttavia, lo stesso giudice che la norma di cui all'art. 54, ultimo comma, della legge fallimentare, come interpretata dal giudice di legittimità, sia in contrasto con il principio di eguaglianza sotto un diverso profilo, in quanto cioè introduce una irragionevole disparità di trattamento "tra i limiti entro i quali gli interessi sui crediti privilegiati possono essere soddisfatti nell'ambito della liquidazione concorsuale ed i limiti entro i quali i medesimi interessi possono essere soddisfatti nell'ambito dell'esecuzione individuale".
Considerato in diritto
1.- È sollevata questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - dell'art. 54, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), "nella parte in cui, non richiamando l'art. 2749 cod. civ., esclude che, nelle procedure concorsuali, possa estendersi agli interessi maturati sui crediti privilegiati la medesima disciplina dettata da quest'ultimo articolo".
Ritiene, in particolare, il rimettente che la norma impugnata sia lesiva del principio di eguaglianza per l'irragionevole disparità di trattamento che comporta tra i limiti entro i quali gli interessi sui crediti privilegiati possono essere soddisfatti nell'ambito della liquidazione concorsuale ed i limiti entro i quali i medesimi interessi possono essere soddisfatti nell'ambito della esecuzione individuale.
2.- La questione è fondata.
2.1.- La disciplina sostanziale delle cause legittime di prelazione nel fallimento è modellata su quella dettata in materia dal codice civile, la quale è dunque unitariamente riferibile ai diritti dei creditori indipendentemente dalla concorsualità o meno della esecuzione in cui tali diritti si realizzano.
La norma denunciata, invece, nel regolare l'estensione del diritto di prelazione agli interessi, mentre richiama gli articoli 2788 e 2855 cod. civ., dettati per il pegno e l'ipoteca, omette qualsiasi menzione dell'art. 2749 cod. civ. relativo all'estensione del privilegio. Con la conseguenza che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale al quale il rimettente dichiara di aderire, nell'esecuzione concorsuale, l'inapplicabilità dell'art. 2749 cod. civ. comporta la collocazione semplicemente chirografaria degli interessi sui crediti privilegiati. Orbene, non esiste una qualsivoglia ragione giustificativa della deroga in tal modo apportata alla disciplina civilistica e della disparità di trattamento che si viene a determinare a danno dei creditori privilegiati in sede di esecuzione concorsuale rispetto ai creditori privilegiati ai quali, agendo in sede di esecuzione individuale, l'art. 2749 cod. civ. si applica. Ed in proposito, non è privo di significato che in dottrina, prima del consolidarsi dell'orientamento giurisprudenziale di cui si è detto, il mancato richiamo dell'art. 2749 cod. civ. fosse a tal punto ritenuto inspiegabile da essere imputato ad una mera svista del legislatore.
La norma denunciata risulta, dunque, nella parte relativa al mancato richiamo dell'art. 2749 cod. civ. lesiva dell'art. 3 della Costituzione, ed entro tali limiti va dichiarata costituzionalmente illegittima.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui non richiama, ai fini dell'estensione del diritto di prelazione agli interessi, l'art. 2749 del codice civile.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA

 












 

 

 


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