Corte
Suprema di Cassazione Sezione Prima Civile, Sentenza del
21 febbraio 2001 n. 2477 sulla esperibilità dell'azione
di nullità, nell'ambito della procedura fallimentare,
avverso i provvedimenti emessi dal Giudice Delegato
La
massima
In materia fallimentare, l'azione di nullità esperibile
in ogni tempo avverso i provvedimenti del Giudice Delegato
presuppone un atto giuridicamente inesistente, per assoluta
carenza di potere del giudice medesimo ad emetterlo e, come
tale, non suscettibile, conseguentemente, di passare in
giudicato e non può essere, invece, esercitata avverso
quei provvedimenti, in ordine ai quali, detto Giudice aveva
il potere di pronunciarsi, in quanto rientranti tra i suoi
precipui compiti istituzionali, ma rispetto ai quali si
sia determinata qualsivoglia deviazione dal loro corretto
esercizio, operata nell'ambito dei poteri attribuiti dalla
legge.
Siffatta circostanza, infatti, non determina l'inesistenza
del provvedimento, ma consente solo un riesame in ordine
alla legittimità del suo contenuto che può
essere ottenuta non attraverso l'azione di nullità,
bensì attraverso le previste forme di impugnazione
per rimuoverne gli effetti, ed in particolare attraverso
lo speciale procedimento di opposizione allo stato passivo,
previsto dagli articoli 98 e 99 della Legge Fallimentare.
Ne consegue che non è proponibile l'azione di nullità
contro il provvedimento del Giudice Delegato che, facendo
erroneamente applicazione dell'articolo 80 secondo comma
della richiamata Legge, che gli attribuisce il potere di
determinare il "giusto compenso" da corrispondersi
al locatore nell'ipotesi di recesso del curatore dal contratto
di locazione, a seguito di fallimento del conduttore, abbia
così esercitato il previsto potere di determinazione
del compenso medesimo, in una diversa fattispecie di mora
del conduttore a restituire il bene oggetto della locazione,
in relazione alla quale risulta, invece, applicabile il
disposto dell'articolo 1591 del codice civile, che prevede
il diritto del locatore ad esigere il corrispettivo della
locazione fino all'effettiva riconsegna del bene locato
ed il risarcimento del maggior danno, sul presupposto che
per detto provvedimento non sussiste, in astratto, un'assoluta
carenza di potere da parte del Giudice Delegato e che il
suo eventuale correttivo può essere fatto valere
unicamente con l'azione specifica dell'opposizione allo
stato passivo, da esercitarsi nell'ambito della procedura
(a cura di Francesco Balletta).
La
sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Corrado CARNEVALE -Presidente-
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO -Rel. Consigliere-
Dott. Giovanni VERUCCI -Consigliere-
Dott. Sergio DI AMATO -Consigliere-
Dott. Paolo GIULIANI -Consigliere-
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Luca srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma Via G.G. Belli 27, presso
l'avvocato Gentile Gian Michele, che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato Samorì Gianpiero, giusta
delega in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
Fallimento Conman srl in liquidazione;
-intimato-
avverso la sentenza n. 99/99 della Corte d'Appello di Brescia,
depositata il 06/02/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 06/11/2000 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo Panebianco;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Mereu, con delega, che
si è riportato agli scritti difensivi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Maurizio Velardi che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 6.9.1995 la società
Luca s.r.l. conveniva avanti al Tribunale di Brescia il
Fallimento Conman s.r.l. in liquidazione e premesso che:
- nel Febbraio del 1992 aveva concesso in affitto alla Conman
s.r.l., all'epoca "in bonis", un immobile commerciale
sito in Modena e costituito da capannoni per un canone mensile
di £. 13.333.333 oltre IVA, per il cui mancato pagamento
aveva intimato sfratto per morosità all'affittuaria
avanti al Pretore di Modena, il quale all'udienza del 22.12.1993,
essendosi l'intimata costituita ed avendo proposto opposizione,
aveva disposto con ordinanza il rilascio degli immobili
con riserva delle eccezioni e fissato un termine per la
riassunzione avanti al competente Tribunale, senza che la
causa venisse poi riassunta;
- con sentenza del 30-31.8.1994 il Tribunale di Bergamo
aveva dichiarato il fallimento della Conman s.r.l.;
- essa attrice aveva presentato istanza di ammissione al
passivo per i crediti maturati nei confronti della società
fallita, ma il giudice delegato non aveva ammesso per intero
il credito esposto a titolo di indennità per l'occupazione
senza titolo degli immobili, riconoscendolo nella minore
misura di £. 6.000.000 mensili per il periodo intercorrente
dalla dichiarazione di fallimento al dicembre del 1994 e
nella misura di £. 4.000.000 mensili per il periodo
successivo;
- premesso ciò e ritenuto che il provvedimento del
giudice delegato dovesse considerarsi abnorme ed in piena
violazione dell'art. 1591 c.c., chiedeva che il Tribunale
condannasse il Fallimento, detratto quanto già ricevuto,
al pagamento dell'indennità in misura corrispondente
ai canoni mensili, oltre al maggior danno consistente nella
differenza fra l'indennità suddetta e quanto avrebbe
potuto ottenere ponendo tempestivamente gli immobili sul
mercato degli affitti.
Si costituiva il Fallimento che eccepiva in via preliminare
l'inammissibilità e la improponibilità della
domanda, deducendo che le pretese dell'attrice avrebbero
dovuto trovare ingresso in sede di opposizione allo stato
passivo.
Il Tribunale con sentenza del 3.10.1997 accoglieva l'eccezione,
condannando l'attrice al pagamento delle spese processuali.
Proponeva impugnazione la società Luca s.r.l., la
quale, deducendo che il provvedimento del giudice delegato
doveva ritenersi abnorme in quanto aveva fatto riferimento
all'art. 80 L.F. per la ben diversa ipotesi di liquidazione
dell'indennità per l'abusiva occupazione, sosteneva
l'esperibilità dell'azione di nullità avanti
al Tribunale ordinario.
Si costituiva il Fallimento che eccepiva l'inammissibilità
dell'appello per la novità delle domande proposte
e, nel merito, la sua infondatezza.
All'esito del giudizio la Corte d'Appello di Brescia con
sentenza del 23.12.1998-6.2.1999 rigettava il gravame.
Relativamente alla questione che sarebbe stata oggetto poi
di ricorso per cassazione, rilevava la Corte d'Appello che
erano da escludere l'asserita natura abnorme del decreto
di ammissione della società allo stato passivo -con
cui il giudice delegato aveva determinato in misura forfettaria
l'indennità di occupazione degli immobili - e la
sua conseguente giuridica inesistenza, potendosi tutt'al
più ravvisare un errore del giudice nella determinazione
del credito insinuato, errore contestabile solo attraverso
l'apposita procedura dell'opposizione allo stato passivo
e non già con l'azione di nullità esercitatile
unicamente allorché il giudice agisca in assoluta
carenza di potere, vale a dire in una fattispecie non riscontrabile
nel caso in esame.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la
Luca s.r.l, deducendo un unico articolato motivo di censura.
La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di ricorso la Luca s.r.l. denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt. 52, 92 e segg. L.F. in
relazione agli artt. 1591 c.c. e 80 L.F. nonché omessa
pronuncia ed insufficiente e contraddittoria motivazione.
Premesso che alla data della dichiarazione di fallimento
della Conman s.r.l. il contratto si era risolto per morosità,
accertata con l'ordinanza di rilascio del Pretore di Modena
non seguita dal successivo giudizio a cognizione piena,
lamenta la ricorrente che, dovendosi escludere in tale situazione
la configurabilità dell'art. 80 L.F. e dovendo invece
trovare applicazione l'art. 1591 c.c. ai fini della determinazione
dell'indennità di occupazione senza titolo, la Corte
d'Appello non abbia considerato che il giudice delegato,
nel valutare discrezionalmente tale indennità sulla
base dell'art. 80 L.F., abbia agito al di fuori dei poteri
concessigli ed emesso così un provvedimento abnorme,
affetto quindi da giuridica inesistenza, con la conseguenza
che deve ritenersi pienamente legittima l'azionabilità
della querela nullitatis esercitata.
La censura è infondata.
La cosiddetta "actio nullitatis" esperibile in
ogni tempo avverso i provvedimenti del giudice delegato
presuppone un atto giuridicamente inesistente, per assoluta
carenza di potere del giudice medesimo ad emetterlo, e non
suscettibile, conseguentemente, di passare in giudicato.
Nell'ipotesi in esame, caratterizzata da una precedente
ordinanza di rilascio degli immobili per morosità
pronunciata nei confronti della Conman s.r.l., all'epoca
ancora "in bonis", ed evolutasi, a seguito del
fallimento di quest'ultima, con l'insinuazione al passivo,
da parte della società locatrice, dei crediti per
i canoni mensili maturati e non riscossi, il giudice delegato
aveva certamente il potere di pronunciarsi in ordine a tali
crediti, rientrando nei suoi precipui compiti istituzionali
la formazione dello stato passivo ai sensi dell'art. 95
L. F.
Ora, in presenza di un tale potere, il suo concreto esercizio,
vale a dire il contenuto del provvedimento adottato, non
poteva che trovare il suo eventuale correttivo unicamente
nell'ambito dello speciale procedimento di opposizione previsto
dagli artt. 98 e 99 L. F.
In altri termini, riguardando le ipotesi di abnormità
e di inesistenza dell'atto situazioni di carenza assoluta
di potere, ogni deviazione dal suo corretto esercizio operata
nell'ambito del potere attribuito dalla legge non determina
l'inesistenza del provvedimento, ma consente solo un riesame
in ordine alla legittimità del suo contenuto attraverso
le previste forme di impugnazione per rimuoverne gli effetti.
Correttamente pertanto la Corte d'Appello ha ritenuto che
il giudice delegato, nel determinare i crediti da ammettere,
abbia fatto uso del suo potere e che il riferimento operato
dallo stesso per i canoni arretrati all'art. 80 L. F. -
riguardante il "giusto compenso" nell'ipotesi
di recesso del curatore a seguito di fallimento del conduttore
- anziché, come richiesto, all'art. 1591 c.c., costituisse
tutt'al più un errore del giudice.
Un tale errore infatti avrebbe potuto essere fatto valere
non già, come è stato fatto, con l'azione
di nullità, ma con le modalità procedurali
sopra precisate, nell'ambito delle quali avrebbero potuto
trovare ingresso le stesse considerazioni espresse nel presente
giudizio dalla ricorrente, secondo cui, essendosi il contratto
già risolto a seguito dell'ordinanza di rilascio
che aveva conservato la sua natura di titolo esecutivo in
mancanza di riassunzione del giudizio di cognizione (su
tale ultimo punto v. Cass. 4319/91), avrebbe dovuto trovare
applicazione per la determinazione dei canoni arretrati
l'art. 1591 c.c.
La tesi della ricorrente del resto, ponendo sullo stesso
piano l'ipotesi di carenza di potere e quella di un suo
uso illegittimo, finisce sostanzialmente per svuotare di
significato la proponibilità dell'opposizione allo
stato passivo, riducendola ai casi di contestazione in punto
di fatto e convogliando ogni vizio di legittimità
nell'ambito, invero eccezionale, dell'inesistenza giuridica.
Il ricorso deve essere pertanto respinto.
Nulla deve essere disposto in ordine alle spese, non essendosi
la controparte costituita.
P.Q.M.
La Corte suprema di cassazione rigetta il ricorso.
Roma, 6.11.2000
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
IL 21 FEBBRAIO 2001