Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 14 maggio 2001, n. 202, Esercizio del diritto di prelazione derivante da c.d. pegno irregolare

La Suprema Corte, pronunciandosi sul contrasto delineatosi tra due decisioni della prima sezione (Cass. 24 gennaio 1997, n. 745 e Cass. 28 agosto 1997, n. 8164), ha statuito che, nell'ambito del fallimento, il creditore pignoratizio, il cui credito sia garantito da una somma di denaro - c.d. pegno irregolare - non necessita della previa ammissione al passivo per realizzare il proprio diritto di prelazione, avendo egli acquistato la proprietà della somma nel momento stesso in cui sia entrata a far parte del suo patrimonio.

Cassazione - Sezioni unite civili - 14 maggio 2001, n. 202 - Pres. Vela - Rel. Morelli - PM Maccarone (conf.) - Globo Compagnia di assicurazione e riassicurazione S.p.a. in Lca c. Uci (Ufficio centrale italiano Scarl) Svolgimento del processo La Globo Compagnia di assicurazione e riassicurazione Spa con atti in data 16 marzo 1976 e 21 luglio 1980 depositava presso il Banco di Roma contanti per 113 milioni di lire e titoli per un valore nominale di 117 milioni di lire sul conto corrente intestato all'Ufficio centrale italiano società consortile a rl (di seguito Uci) a garanzia del rimborso dell'ammontare degli indennizzi che questo avrebbe pagato all'estero per sinistri occorsi ad assicurati della società assicuratrice. Quest'ultima, con Dm 22 giugno 1983, veniva posta in liquidazione coatta amministrativa e il commissario liquidatore richiedeva all'Uci la restituzione delle somme depositate a garanzia oltre gli interessi. L'Uci accreditava alla procedura la somma di 255 milioni 208mila 701 lire per capitale e interessi maturati alla data predetta, trattenendo la differenza di 27 milioni 289mila 114 lire quale complessivo ammontare degli indennizzi pagati ai danneggiati per conto della compagnia di assicurazione dopo l'inizio della procedura concorsuale. Quanto sopra premesso, il Commissario liquidatore della Globo Spa convenne in giudizio davanti al tribunale di Milano l'Uci chiedendone la condanna al pagamento della differenza tra la somma a suo tempo depositata a garanzia, maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi dal 22 giugno 1983 (o in subordine dal 5 ottobre 1983), e l'importo di 227 milioni 910mila 587 lire già versato il 21 ottobre 1987. Costituendosi in giudizio, l'Uci eccepiva che il deposito a suo tempo effettuato dalla Globo a garanzia del rimborso delle spese pagate per conto di essa compagnia, in quanto costituito da denaro contante e titoli non individuati, configurava un pegno irregolare e che il credito di regresso per il pagamento dei sinistri verificatisi all'estero si era pareggiato contabilmente in modo automatico con il debito di restituzione di denaro e titoli, divenuti - l'uno e gli altri - di sua proprietà. O, in subordine, che tra i due crediti si era operata la compensazione in base all'articolo 56 legge fallimentare. Contestava il credito vantato dalla Globo in Lca per rivalutazione e interessi anzitutto perché prescritto e secondariamente perché il ritardo nella restituzione era dipeso dalla necessità di verificare il numero, l'entità economica, la definizione o meno di tutti i sinistri provocati all'estero dagli assicurati della società predetta Globo, venutasi a trovare in stato di disordine contabile, gestionale ed amministrativo. Con sentenza 3 dicembre 1997, il tribunale condannava l'Uci a restituire alla Globo in Lca la somma di 27 milioni 289mila 144 lire oltre interessi e maggior danno, in misura omnicomprensiva del 10 per cento annuo dal 21 ottobre 1987 al 15 dicembre 1990 ed oltre interessi legali al tasso del 10 per cento annuo dal 16 dicembre 1990 al saldo; condannava, inoltre, l'Uci a pagare alla Globo in Lca il maggior danno sulla somma di 210 milioni di lire in misura del 5 per cento annuo dal 5 ottobre 1983 al 21 ottobre 1987. Pur ravvisando nel deposito a garanzia costituito dalla Globo la fattispecie del pegno irregolare, il tribunale riteneva che la convenuta aveva fatto valere un'eccezione di compensazione in senso tecnico come tale infondata ai sensi degli articoli 56 e 201 legge fall. in quanto relativa a un credito (di rivalsa) sorto dopo l'apertura della procedura concorsuale. Affermava, poi, il primo giudice che il ritardo nell'adempimento dell'obbligo di restituzione era imputabile alla convenuta, previamente disattendendo l'eccezione di prescrizione del credito vantato dell'attrice per il maggior danno ex articolo 1224 Cc. Contro tale sentenza proponevano appello in via principale l'Uci, e, in via incidentale, la Globo in Lca. Con sentenza resa il 3 giugno 1997, la Corte d'appello di Milano, in accoglimento dell'appello principale, e disatteso l'appello incidentale, rigettava entrambe le domande proposte dall'attrice. Secondo il giudice d'appello: a) nel pegno irregolare, disciplinato dall'articolo 1851 Cc con una norma applicabile analogicamente anche a rapporti diversi dall'anticipazione bancaria, le somme di denaro o i titoli, considerati quali beni fungibili, diventano di proprietà del creditore cui sono stati consegnati ed il soddisfacimento di quest'ultimo avviene non mediante la vendita o l'assegnazione, che presuppone l'altruità delle cose ricevute in pegno, ma con un pareggio contabile delle contrapposte partite di dare e avere, non precluso dall'articolo 53 l.fall. - che per la realizzabilità del credito pignoratizio, richiede la preventiva ammissione al passivo fallimentare -, in quanto applicabile solo al pegno regolare; b) nel caso in esame, l'Uci non aveva eccepito una compensazione in senso tecnico, ma aveva solo pareggiato contabilmente contrapposte ragioni di dare e avere inerenti a rapporti connessi, essendo l'uno accessorio rispetto all'altro; c) era comunque, infondata anche la pretesa dell'attore di addebitare al convenuto il ritardo nella restituzione della parte residua della somma oggetto di pegno, perché il pegno irregolare conserva la sua funzione di garanzia sino al momento in cui non risultino liquidate tutte le obbligazioni garantite; sicché la liquidazione del rapporto principale è condizione di esigibilità del credito di restituzione delle somme oggetto del pegno, e incombe, quindi, all'attore in restituzione l'onere della prova, mentre nel caso in esame il commissario liquidatore della Globo non aveva provato che all'epoca della richiesta di restituzione fossero già individuati e definiti tutti i sinistri indennizzati dall'Uci per conto della società assicuratrice. Avverso questa decisione la Globo in Lca ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l'Uci. Con ordinanza 1° settembre 1999 della Sezione I civile, la causa è stata rimessa al Primo presidente che ne ha disposto l'assegnazione alle sezioni unite sulla questione, oggetto di opposte soluzioni nelle sentenze 745 e 8164/97 della medesima sezione semplice, "se nel pegno irregolare l'esercizio della prelazione sia, o non, condizionato alla previa ammissione al passivo fallimentare del credito garantito" ai sensi degli articoli 52 e 53 Lf. L'Uci ha anche depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con i due motivi, di cui si compone la impugnazione, la "Globo" ha, rispettivamente, denunciato: a) violazione dell'articolo 53, in relazione agli articoli 52, 56 Lf, sul rilievo che la Corte di merito avrebbe erroneamente escluso la necessità della preventiva ammissione al passivo per la realizzabilità in sede concorsuale anche del credito garantito da pegno irregolare, ai sensi del citato articolo 53 Lf; b) ulteriore violazione degli articoli 1218, 2697 Cc, quanto alla (seconda la ricorrente) a torto esclusa risarcibilità del maggior danno conseguente al ritardo con cui l'Uci aveva estinto il proprio debito di restituzione della "parte residua dei beni ricevuti in pegno". 2. In relazione alla questione sottesa al primo mezzo impugnatorio - se sia, o non, applicabile anche al pegno irregolare, l'articolo 53 Lf nella parte in cui richiede la previa ammissione al passivo del credito pignoratizio per la sua realizzazione anche durante la procedura concorsuale - la causa è stata, come detto, rimessa all'esame di questo Collegio per composizione di contrasto di giurisprudenza. 3. Il denunciato contrasto effettivamente sussiste perché il riferito quesito interpretativo dell'articolo 53 Lf, e disposizioni collegate, in parte qua, ha formato oggetto di contrastanti (anzi radicalmente opposte) soluzioni - in senso, rispettivamente, negativo ed affermativo - da parte di due, quasi, coeve, sentenze, 745 e 8164 del 1997, della medesima sezione I civile. 3.1. La prima di dette sentenze (745/97) - premesso che, contrariamente alla fattispecie del pegno regolare, in cui il creditore di regola non può disporre dei beni senza il consenso del costituente (articolo 2792 Cc), nell'ipotesi, invece, del pegno irregolare le somme di denaro od i titoli depositati presso il creditore, costituendo beni fungibili, diventano di proprietà dello stesso creditore per effetto della confusione nel suo patrimonio delle cose consegnategli - ne ha desunto, appunto, che l'esercizio della prelazione non postuli, in tal caso, la previa ammissione al passivo ai sensi del citato articolo 53 Lf. Ed a conforto di tale soluzione ha argomentato che: "l'equiparazione tra pegno regolare e pegno irregolare, ai fini dell'applicabilità anche al secondo dell'articolo 53 Lf, non può automaticamente discendere dalla funzione di garanzia che entrambe le figure svolgono"; - "se anche in presenza del fallimento del debitore concedente il pegno irregolare deve poter realizzare l'effetto che gli è proprio, permettendo al creditore pignoratizio di soddisfarsi sulla cosa al di fuori del concorso, non si vede la ragione per cui quel creditore avrebbe l'onere di far accertare il proprio credito secondo le regole del capo V Lf, aventi lo scopo di verificare il diritto al concorso"; - il meccanismo di "autorizzazione alla vendita" delle cose pignorate previsto dal menzionato articolo 53, comma 2, Lf per la "realizzazione" dei "crediti garantiti da pegno" non risulta applicabile quando la cosa sia già di proprietà del creditore come nel caso del pegno irregolare; - avvenendo, viceversa, nel pegno irregolare, la realizzazione della prelazione attraverso una "operazione contabile" (più che attraverso una "compensazione anomala") comportante, in ogni caso l'estinzione del credito, per la parte corrispondente al debito di restituzione del tantundem facente carico allo stesso creditore, non è configurabile conseguentemente "l'onere della preventiva ammissione al passivo fallimentare di un credito già estinto". 3.2. La successiva sentenza 8164/97, ha affermato, invece, l'opposto principio della necessaria previa ammissione al passivo ex articolo 53 Lf per la realizzazione del credito garantito da pegno anche irregolare. Ed a tale conclusione è pervenuta sulla base delle seguenti divergenti argomentazioni: - "è ben vero che i commi 2° e 3° di detta norma contengono una disciplina che non può che avere ad oggetto che cosa rimasta in proprietà del debitore (e quindi acquisita al fallimento), ciò che avviene solo nel pegno regolare, ma detti commi disciplinano unicamente le modalità dell'esercizio della prelazione", mentre il precedente comma primo, che disciplina l'ammissibilità di tale esercizio, nel porre la condizione della previa ammissione del credito al passivo, avrebbe "portata generale e indiscriminata come tali applicabili ad ogni tipo di pegno; - .... connotati che differenziano il pegno irregolare da quello regolare sarebbero "non idonei a giustificare la non necessità della applicazione al pegno irregolare della previa ammissione al passivo" del credito così garantito; - "l'articolo 52 Lf, disponendo che ogni credito anche se munito di prelazione deve essere accertato, porrebbe il "canone fondamentale della verifica di tutti i crediti a garanzia della par condicio creditorum". 4. Ritiene il Collegio, valutate tali opposte prospettazioni e le rispettive argomentazioni, che debba condividersi la prima di esse (conducente ad escludere la necessità della previa ammissione al passivo fallimentare). E ciò sia in considerazione della suitas del pegno irregolare, sia sulla base di una corretta interpretazione dell'articolo 53, e disposizioni collegate Lf; avuto, per altro, anche riguardo alla natura processuale della Lf che non può, con tale, sovvertire il contenuto effettuale di istituti sostanziali che nella procedura, così regolata, vengono in rilievo. 4.1. Il "pegno irregolare", disciplinato dall'articolo 1851 Cc, in tema di anticipazione bancaria - ancorché (non ostante tale sua separata e specifica collocazione) rispondente (come pacifico in dottrina) ad uno schema negoziale di portata generale ed accomunabile al pegno (cosiddetto regolare), di cui ai successivi articoli 2784 ss, sia per il profilo (strutturale) della "natura reale" del contratto (quanto all'attrazione della datio rei nel suo momento perfezionativo), sia per il profilo (funzionale) della condivisa "causa di garanzia" - ha, però, una sua innegabile specificità di contenuto effettuale. Poiché l'"effetto reale" che nel pegno regolare si esaurisce nella creazione di uno ius in re aliena opponibile erga omnes, nel pegno irregolare assume, invece, la ben maggior valenza e latitudine di un vero e proprio trasferimento di proprietà delle cose attribuite in garanzia (la cui "causa" inizialmente ricondotta ad una sorta di dazione in pagamento risolutivamente condizionata è ora più coerentemente ricollegata alla stessa funzione di garanzia, una volta riconosciutale dalla dottrina l'idoneità a giustificare una attribuzione in proprietà non meno delle tradizionali causae venditionis e donationis). Mentre l'obbligazione restitutoria, gravante sul creditore, che nel pegno regolare ha ad oggetto la medesima res di cui quegli ha avuto temporaneamente la detenzione, nel pegno irregolare si rivolge viceversa al tantundem di quanto ricevuto in garanzia. Per cui può dirsi acquisita la definizione del pegno irregolare come quel contratto con cui il garante consegna e attribuisce in proprietà al creditore denaro o beni aventi un prezzo corrente di mercato, e per ciò reputati fungibili con il denaro, dei quali l'accipiens deve restituire il tantundem (solo) se e quando interviene l'adempimento della obbligazione garantita; restringendosi altrimenti l'obbligazione restitutoria alla eventuale eccedenza del valore dei beni trasferiti in proprietà, rispetto al valore della prestazione garantita rimasta inadempiuta. Mentre, quanto infine alle modalità operative della garanzia (in caso di inadempimento del debitore), concretantisi in una automatica estinzione (satisfattiva) del credito garantito, con residuo obbligo del creditore di restituire (al debitore garante) l'eventuale eccedenza, le riserve di parte della dottrina in ordine ad una sua configurazione nei termini (quali del resto suggeriti dallo stesso articolo 1851 Cc) di un meccanismo compensativo - riserve formulate sul presupposto che la "compensazione", in senso tecnico, postuli una "autonomia" dei reciproci rapporti, di debito e credito, non ravvisabile, nella specie, e conducenti a spiegare alternativamente l'effetto estintivo in ragione di una sorta di "operazione contabile" tra le rispettive partite di dare e avere - possono considerarsi, in realtà, ora superate. Con la recente sentenza 775/99 di queste sezioni unite, si è infatti chiarito e dimostrato che vi è ostacolo alla compensazione soltanto nel caso in cui le obbligazioni derivanti da un unico negozio siano tra loro legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l'autonomia, perché - in tale ipotesi - se si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni si inciderebbe sulla stessa efficacia del negozio, paralizzandone gli effetti; mentre, quando le obbligazioni, ancorché aventi causa in un unico rapporto negoziale o da rapporti collegati, non siano però in posizione sinallagmatica - come nel caso, appunto, del debito principale e del debito di restituzione del tantundem del creditore assistito da pegno irregolare (che restano autonomi ancorché collegati da un vincolo di accessorietà) - non v'è ragione di escludere l'operatività di un meccanismo propriamente compensativo. Nella compensazione - in una compensazione, cioè, automatica, coessenziale allo schema effettuale stesso del pegno irregolare - può così individuarsi lo strumento tipico di realizzazione di siffatta prelazione, sostitutivo del più complesso congegno satisfattivo previsto per il pegno regolare (espropriazione - vendita - soddisfacimento sul ricavato), che resta, nella specie, scavalcato anche per ragioni di opportunità pratica (evidentemente delibate e sottese alla opzione normativa) confliggenti con una previsione di vendita, a fini satisfattivi del creditore di quanto è, a tali effetti, già in sua proprietà. Cosicché - come è stato sottolineato da attenta dottrina - il contratto di pegno irregolare non tanto elimina il diritto a pretendere l'adempimento, quanto esaurisce in limine l'interesse del creditore a percorrere la via della esecuzione forzata, essendo anticipato con lo strumento negoziale - su accordo, quindi, con il debitore cui può riconoscersi un pari interesse ad evitare gli aggravi di quella procedura - l'effetto finale della tutela processuale (nel che poi risiede la meritevolezza dell'assetto di interessi, basato sull'effetto traslativo della proprietà della cosa data in garanzia, attuato con lo schema negoziale generale del pegno regolare). 4.2. L'automatismo di tutela, così predisposto, scatta, dunque, alla scadenza della obbligazione principale, nel caso di suo inadempimento. Ed ove anticipatamente si acquisisca la certezza della impossibilità giuridica di tale adempimento in conseguenza di sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore (v. articolo 55, comma 2, Lf) e a tal momento appunto che il pegno irregolare produce il suo effetto, legato alla funzione di evitare al creditore l'onere della procedura esecutiva, attraverso il riferito meccanismo endogeno di compensazione, senza neppure bisogno, quindi, di invocare la speciale compensazione ex articolo 56 Lf. In questo contesto, l'ipotesi ermeneutica che il creditore assistito da pegno irregolare, per realizzare la prelazione, abbia l'onere di far accertare il proprio credito con domanda di ammissione al passivo, ai sensi dell'articolo 53 Lf, urta inevitabilmente con lo spirito oltre che con la lettura della norma stessa. Testualmente dispone infatti, nei suoi tre commi, il citato articolo 53 (in parziale deroga al divieto di azioni esecutive individuali, di cui al precedente articolo 51) che: (comma 1°) "I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio" (sulla cosa detenuta dal creditore) "a norma degli articoli 2756 e 2761 Cc possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione". (comma 2°) "Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale ... stabilisce con decreto...". (comma 3°) "Il giudice delegato ... può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o privilegio, pagando il creditore...". Orbene l'identità della "causa di garanzia", che accomuna i due tipi di pegno, non autorizza ad estendere al "pegno irregolare" la "riferita disposizione, che testualmente menziona (solo) il pegno" (espressione usata nel capo III, tit. II, libro VI Cc, articolo 2784 e ss., per individuare il pegno cosiddetto regolare, su cosa che passa nella detenzione del creditore, rimanendo in proprietà del debitore), stante le già rilevate profonde differenze, di struttura, di contenuto effettuale e disciplinatorie del pegno "irregolare" rispetto al pegno "regolare": cui non a caso l'articolo 53 in esame affianca, invece, la figura, ad esso omologa, del privilegio possessuale. È innegabile, del resto, la riferibilità al solo pegno regolare (ed a quel tipo di privilegi mobiliari) dei meccanismi di realizzazione della prelazione descritti nei commi 2° e 3° dell'articolo 53. Posto che - come ben sottolineato nella sentenza 745/97 - "di autorizzazione alla vendita" da parte del Gd si può parlare solo quando la cosa data in pegno appartenga al patrimonio del concedente fallito e non, come accade nell'ipotesi del pegno irregolare, quando essa sia divenuta di proprietà del creditore; ed analoga considerazione va fatta con riferimento all'autorizzazione ... di "riprendere" la cosa data in pegno.... Né a superare tale dato ermeneutico può valere l'argomento, speso dalla successiva sentenza 8164/97, che l'applicabilità del citato articolo 53 anche al pegno irregolare si desuma non dai suoi 2° e 3° comma - descrittivi delle "modalità" di realizzazione della prelazione, effettivamente modulate con riguardo al solo pegno regolare - bensì da precedente comma primo. Nel quale, appunto, si conterrebbe la "regola generale" (valida, quindi, anche per il pegno irregolare) relativa alla "ammissibilità" della prelazione, solo previo accertamento del credito, e della correlativa garanzia nella sede fallimentare: in consonanza - come si assume - con il "canone fondamentale" della verifica di tutti i crediti a garanzia della par condicio creditorum, enunciato nel comma 2° del precedente articolo 52 ("Ogni credito, anche se munito di prelazione deve essere accertato secondo le norme stabilite nel capo V..."). Un tal rilievo si scontra, infatti, con la considerazione - imposta dal chiaro dettato del comma primo dello stesso articolo 52 ("Il fallimento, apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito") e dalla ratio complessiva del sistema - che il richiamato "canone fondamentale" di verifica nella sede fallimentare attiene appunto ai crediti (anche "muniti di prelazione"), la cui realizzazione debba avvenire attraverso il "concorso" sul "patrimonio del debitore". Ma, per quanto sin qui detto, non è questa la situazione del credito assistito da pegno irregolare che - per le descritte sue peculiarità di funzione (evitare l'esecuzione forzata) e di struttura operativa (basata sull'automatismo del risultato compensativo) - si estingue satisfattivamente senza entrare "in concorso" (e quindi senza che possa assimilarsi ai "crediti concorsuali" e soggiacere alla correlativa disciplina); e si realizza, per di più, non "sul patrimonio del fallito", bensì sugli stessi beni già entrati - al momento della consegna e per effetto della garanzia - nel patrimonio del creditore. Per cui ciò che residua in capo al creditore, dopo la costituzione del pegno irregolare in suo favore, in relazione ai beni che ne formano oggetto, è non già un credito - come nel caso, invece, del pegno regolare - da realizzare nelle forme di cui all'articolo 53 Lf, bensì eventualmente un debito de residuo. Dal che anche la non ravvisabilità di un interesse del creditore a domandare l'ammissione al passivo (del suo credito già così soddisfatto) essendo viceversa legittimato il curatore ad agire nei di lui confronti per il recupero di quanto risulti trasferitogli in eccedenza rispetto all'importo del credito garantito. 5. Conclusivamente deve ribadirsi (in tal senso, quindi, risolvendosi la questione di contrasto) che il creditore assistito da pegno irregolare non può - per carenza di interesse - e non è tenuto ad insinuarsi nel passivo fallimentare, ai sensi dell'articolo 53 Lf per il soddisfacimento del proprio credito. 6. Alla luce del principio enunciato, la sentenza della Corte territoriale - che ne ha fatto (sostanzialmente) corretta applicazione - resiste alle censure formulate con il primo mezzo del ricorso, che va pertanto respinto. 7. Lo stesso principio, e le premesse che lo sorreggono (in tema di operatività del pegno irregolare), comportano il rigetto anche del residuo secondo motivo della stessa impugnazione. Non fondata è, infatti, la censura, in esso svolta, contro la affermazione (sulla base della quale la Corte territoriale ha respinto la domanda risarcitoria per asserito ritardo dell'Uci nella estinzione dell'obbligo di restituzione della parte residua dei beni ricevuti in pegno) secondo cui incombesse su essa (odierna) ricorrente fornire la prova della esigibilità del credito alla data della richiesta di restituzione. Esatto è invero, in linea di principio, che l'obbligo della restituzione - delle cose trasferite in detenzione al creditore nel pegno regolare o dell'eccedenza di quanto trasferitogli in proprietà nel pegno irregolare - sorge, per il soggetto ricevente, con l'estinzione dell'obbligazione garantita dal pegno stesso. La quale deve essere, conseguenzialmente, provata, appunto, da chi agisce per la restituzione (cfr. 307/76). 8. Il ricorso va pertanto integralmente respinto. In considerazione della sin qui controversa interpretazione della normativa la cui violazione si è denunciata in ricorso, possono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità. PQM la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.












 

 

 


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