Corte
di cassazione (sez. I civ.), sentenza 15 maggio 2001, n.
6659
FALLIMENTO E ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - Liquidazione
coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi - Formazione dello stato passivo
- Pretesa creditoria nei confronti dell'amministrazione
straordinaria - Accertamento nell'apposito procedimento
di formazione dello stato passivo - Necessità - Conseguenze
- Credito fatto valere in sede di cognizione ordinaria prima
dell'inizio della procedura concorsuale - Improcedibilità
della domanda - Rilevabilità d'ufficio - Sussistenza
D.l. 30.01.1979, n. 26, art. 1
Tutti
i crediti verso l'imprenditore insolvente vanno fatti valere
e devono essere accertati secondo le norme che ne disciplinano
il concorso, sicchè il creditore non può agire
giudizialmente prima della definizione della fase amministrativa
di formazione e verifica del passivo davanti agli organi
della procedura, ma deve azionare in quella sede il suo
credito, poi tutelabile davanti al giudice in via di opposizione
avverso lo stato passivo.
Ne
consegue che la domanda formulata in sede di cognizione
ordinaria, se proposta prima dell'inizio della procedura
concorsuale, diventa improcedibile. Tale improcedibilità
è peraltro rilevabile d'ufficio, anche nel giudizio
di cassazione, poiché discende da norme inderogabilmente
dettate a tutela del principio della "stessa condizione
per i creditori".
Tale
principio opera anche nell'amministrazione straordinaria
poiché sono applicabili, per effetto del rinvio disposto
dall'articolo 1 del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26
(conv. in legge 3 aprile 1979, n. 95) - le norme concernenti
la formazione dello stato passivo contenuta nella legge
fallimentare per la liquidazione coatta amministrativa.
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOMEDEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati: Dott. Corrado CARNEVALE, Presidente
Dott. Alessandro CRISCUOLO, Rel. Consiqliere Dott. Ugo VITRONE,
Consigliere Dott. Giovanni VERUCCI, Consigliere Dott. Giuseppe
SALMÈ, Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA N.
6659 DEP. IL 15.05.2001 sul ricorso proposto da: F.LLI COSTANZO
SpA in amministrazione straordinaria, quale società capogruppo
mandataria dell'Associazione temporanea di Imprese di "Raggruppamento
COSTANZO", in persona del Commissario Straordinario pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE G. MAZZINI
140, presso l'avvocato VITALE F., rappresentata e difesa
dall'avvocato NICOLOSI PIETRO, giusta procura speciale per
Notaio Cordasco Pasquale di Roma rep. n. 77700 del 24.3.1999;
ricorrente contro R.F., domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA
CIVILE della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall'avvocato CUCINOTTA FRANCESCO, giusta procura
a margine del controricorso; controricorrente contro FERROVIE
DELLO STATO - SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI p.A., MINISTERO
DEI TRASPORTI; intimati avverso la sentenza. n. 36/98 della
Corte d'Appello di MESSINA, depositata il 09.02.98; udita
la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15.01.2001 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO; udito
per il resistente, l'Avvocato Cucinotta, che ha chiesto
il rigetto del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE che ha concluso
per l'improcedibilità del ricorso. Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 6 aprile 1988 l'avv. F.R. convenne
in giudizio davanti al Tribunale di Messina il Raggruppamento
Costanzo - Associazione temporanea d'imprese - il Ministero
dei Trasporti e l'Ente Ferrovie dello Stato, esponendo:
che era proprietario di un suolo in territorio di Barcellona
P.G. sottoposto a procedura espropriativa; che aveva accettato
(salvo conguaglio), ai sensi dell'art. 12 della legge n.
865 del 1971, l'indennità provvisoria di espropriazione
determinata dal Raggruppamento Costanzo, concessionario
dei lavori per la costruzione di una linea ferrata a doppio
binario ed abilitato all'esercizio dei poteri espropriativi;
che l'indennità era stata determinata in complessive lire
758.475.000, in ragione di lire 32.500 al m.q., relativamente
a m.q. 23.030; che egli aveva comunicato al Raggruppamento
Costanzo, al Ministero competente e al presidente della
Giunta regionale l'intenzione di cedere volontariamente
i terreni in esproprio, con la maggiorazione di cui al citato
art. 12; che però alla sua disponibilità non era stato dato
seguito. Su tali premesse l'attore chiese che il Tribunale
trasferisse con sentenza i beni agli enti convenuti o, in
subordine, dichiarasse che essi erano obbligati ad acquisirne
la proprietà; condannasse i convenuti a pagare la somma
di lire 187.207.500, quale differenza tra il prezzo di lire
814.987.500 (determinato nello schema di convenzione) e
l'importo di lire 627.780.000 pagato in acconto (80%), la
somma di lire 403.043.750 per maggiorazione del 50%, la
somma di lire 18.600.000 quale differenza tra il prezzo
di lire 32.500 al m.q. e quello erroneamente determinato
in lire 25.000 al m.q. su m.q. 2.480 della particella 252,
oltre agli interessi e alla differenza sull'indennità di
occupazione; condannasse ancora i convenuti al risarcimento
del danno per la divisione materiale dell'immobile e per
la demolizione del muro di cinta, oltre svalutazione monetaria
ed interessi, anche ai sensi dell'art. 1283 cod. civ., il
tutto con sentenza provvisoriamente esecutiva. Il Raggruppamento
Costanzo, costituitosi, sostenne di essere l'unico legittimato
passivo, ai sensi della convenzione stipulata con le Ferrovie
dello Stato, contestò sotto vari profili le domande dell'attore,
chiedendone il rigetto. L'Avvocatura dello Stato, costituitasi
per il Ministero dei Trasporti e per l'Ente Ferrovie dello
Stato, dedusse a sua volta il difetto di legittimazione
passiva di tali soggetti, contestò il fondamento delle domande
e, in subordine, propose domanda di rivalsa nei confronti
del Raggruppamento Costanzo. Il 14 luglio 1989 fu emesso
decreto di espropriazione per l'immobile de quo. Il R.,
con citazione notificata il 5 ottobre 1989, propose opposizione
davanti al Tribunale di Messina nei confronti dell'Ente
Ferrovie dello Stato e del Raggruppamento Costanzo, deducendo
che l'indennità determinata in sede amministrativa era incongrua
e chiedendo che essa fosse calcolata sulla base del valore
venale del bene, anche in ordine all'indennità di occupazione
con la rivalutazione monetaria gli interessi. Il Raggruppamento
Costanzo, costituitosi anche in tale giudizio, rinnovò l'eccezione
relativa al difetto di legittimazione dell'ente Ferrovie
dello Stato, contestando per il resto il fondamento della
domanda. Con separato atto di citazione notificato il 5
ottobre 1989 il R. propose opposizione alla stima anche
davanti alla Corte d'appello di Messina, reiterando le domande
già formulate davanti al tribunale. Con sentenza depositata
il 7 novembre 1992 il Tribunale di Messina, riuniti i processi
promossi davanti a quell'ufficio, rigettò la domanda diretta
ad ottenere il trasferimento dell'immobile, rigettò la pretesa
risarcitoria per l'irreversibile trasformazione di esso,
dichiarò la propria incompetenza per materia in ordine alla
domanda volta ad ottenere la determinazione delle giuste
indennità di esproprio e di occupazione e rimise le parti
davanti alla Corte di appello di Messina. il R. fece luogo
alla riassunzione del giudizio davanti a detta Corte, contestualmente
proponendo anche appello avverso la menzionata sentenza
del tribunale. Il Raggruppamento Costanzo e il Ministero
dei Trasporti si costituirono per resistere alle domande
formulate dall'attore-appellante. Il primo propose altresí
un appello incidentale in ordine al regolamento delle spese
giudiziali. Fu poi chiamata in giudizio anche la s.p.a.
Ferrovie dello Stato (subentrata per trasformazione all'ente
Ferrovie dello Stato), che però rimase contumace. Riunite
le cause, all'udienza del 2 luglio 1996 il processo fu interrotto
perché il procuratore del Raggruppamento Costanzo dichiarò
che la s.p.a. F.lli Costanzo era stata posta in amministrazione
straordinaria, ai sensi della legge n. 95 del 1979. Il R.
provvide a riassumere il giudizio. Si costituirono la F.lli
Costanzo s.p.a., in amministrazione straordinaria ai sensi
della legge n. 95 del 1979, quale società capogruppo mandataria
del Raggruppamento Costanzo - Associazione temporanea d'imprese,
in persona dei commissari straordinari, nonché la s.p.a.
Ferrovie dello Stato, insistendo nelle difese già formulate.
La Corte di appello di Messina, con sentenza n. 36 depositata
il 9 febbraio 1998, decise come segue: 1. - rigettò l'appello
principale e l'appello incidentale proposti rispettivamente
dal R. e dal Raggruppamento Costanzo contro la sentenza
del Tribunale di Messina, depositata il 7 novembre 1992,
che confermò in toto; 2. - determinò in complessive lire
2.210.278.618 ed in lire 366.911.609, rispettivamente, le
indennità di espropriazione e di occupazione legittima spettanti
al R. in conseguenza dell'esproprio del terreno, di cui
lo stesso era proprietario, in territorio del Comune di
Barcellona P.G., esteso mq. 24.495 (meglio individuato in
sentenza). 3. - ordinò alla s.p.a. Ferrovie dello Stato
(subentrata all'Ente Ferrovie dello Stato) ed alla s.p.a.
F.lli Costanzo in amministrazione straordinaria ai sensi
della legge n. 95 del 1979, di depositare presso la Cassa
DD.PP. della provincia di Messina, in favore del R., le
somme predette ovvero la differenza tra le stesse e quelle
eventualmente già versate per gli indicati titoli in via
amministrativa, oltre agli interessi legali (come in sentenza);
4. - condannò in solido le due indicate società al pagamento
delle spese del giudizio. Per quanto qui rileva la Corte
territoriale, superate alcune questioni di rito, affermò:
a) che il decreto di espropriazione era stato pronunciato
il 14 luglio 1989, in pendenza del termine di occupazione
legittima, onde doveva ritenersi utiliter datura; b) che
legittimali passivi in ordine alla domanda volta ad ottenere
la determinazione delle indennità erano sia il Raggruppamento
Costanzo, il quale ne aveva assunto contrattualmente l'obbligo
(art. 28 della convenzione n. 90/84, stipulata tra il Raggruppamento
e l'Ente ferrovie dello Stato), sia l'ente ferroviario,
in quanto soggetto espropriante e beneficiario dell'espropriazione;
c) che, accertata la natura edificatoria del terreno ed
adottando i criteri di calcolo introdotti con l'art. 5 bis
della legge n. 359 del 1992, le indennità di espropriazione
e di occupazione andranno determinate come in sentenza:
Contro tale pronunzia (che non risulta notificata) la F.lli.
Costanzo s.p.a. in amministrazione straordinaria, quale
società capogruppo mandataria dell'associazione temporanea
d'imprese "Raggruppamento Costanzo", in persona del commissario
straordinario dott. Raffaele Santoro, ha proposto ricorso
per cassazione, affidato a due motivi. L'avv. F.R. ha resistito
con controricorso. Gli altri intimati (Ferrovie dello Stato
s.p.a. e Ministero dei Trasporti) non hanno svolto attività
difensiva. Motivi della decisione 1. - Il ricorso per cassazione
è stato notificato (separatamente) alla s.p.a. Ferrovie
dello Stato e al Ministero dei trasporti presso l'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Messina. Tale notifica è nulla
perché essa, riguardando una causa portata all'esame della
Corte di cassazione, andava eseguita presso l'Avvocatura
generale dello Stato, ai sensi dell'art. 1 R.D. 30 ottobre
1933, n. 1612, in relazione all'art. 11 R.D. 30 ottobre
193 3. n. 1611, come modificato dall'art. 1 della legge
25 marzo 1958, n. 260. Tuttavia non occorre disporre una
nuova notifica ai fini dell'integrazione del contraddittorio,
perché si verte in tema di cause scindibili tra loro indipendenti,
dal momento che in base alla sentenza impugnata, le obbligazioni
a contenuto patrimoniale poste a carico della s.p.a. Ferrovie
dello Stato è della s.p.a. F.lli Costanzo in amministrazione
straordinaria devono considerarsi solidali (in assenza di
diversa disposizione). Esse sono dunque azionabili nei confronti
di ogni singolo obbligato, sicché l'applicabilità dell'art.
331 cod. proc. civ. deve essere esclusa, essendo invece
applicabile il successivo art. 332. E poiché i termini contemplati
dal secondo comma di tale norma sono ormai decorsi (la sentenza
della Corte d'appello fu depositata in cancelleria il 9
febbraio 1998), il contraddittorio deve considerarsi ritualmente
instaurato tra la ricorrente e il resistente avv. R. e può
procedersi all'esame del ricorso. 2. - Con il primo mezzo
di cassazione la ricorrente denunzia violazione o falsa
applicazione dell'art. 1, comma sei, del D.L. n. 26 del
30 gennaio 1979, convertito in legge n. 95 del 1979, nonché
degli artt. 52, 195, 201, 207, 208, 209 R.D. 16 marzo 1942,
n. 267, in relazione all'aut. 360. n. 3, cod. proc. civile.
Deduce che, essendo intervenuta - nelle more del giudizio
di secondo grado - la soggezione della F.lli Costanzo s.p.a.
(capogruppo mandataria dell'associazione temporanea d'imprese
"Raggruppamento Costanzo") alla procedura di amministrazione
straordinaria ex art. 1 della legge n. 95 del 1979, in forza
di D.M. in data 26 marzo 1996, le domande di accertamento
e di condanna proposte dall'attore erano divenute temporaneamente
improcedibili. Tale questione, pur non avendo formato oggetto
di specifica eccezione da parte dell'attuale ricorrente,
sarebbe stata rilevabile di ufficio dalla Corte messinese,
in coerenza con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Pertanto la sentenza impugnata non avrebbe potuto accertare
il presunto credito dell'attore nei confronti della società
sottoposta ad amministrazione straordinaria né avrebbe potuto
pronunciare condanna al pagamento delle spese giudiziali.
La censura è fondata. Fermo il punto che la questione proposta
riguarda unicamente la posizione dell'attuale ricorrente
(e non certo quella, separata, della s.p.a. Ferrovie dello
Stato), deve osservarsi che, ai sensi dell'art. 52 comma
secondo del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare),
ogni credito verso soggetto sottoposto a procedura concorsuale
deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo
V (art. 92 e ss. L.F.). salvo diverse disposizioni della
legge. L'art. 201, primo comma, della legge fallimentare
(in tema di liquidazione coatta amministrativa), dispone
che dalla data del provvedimento che dispone la liquidazione
si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sez.
II e sezione IV, nonché le disposizioni dell'art. 66, mentre
il secondo comma aggiunge che si intendono sostituiti nei
poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa
preposta a vigilare sulla liquidazione, nei poteri del curatore
il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei
creditori il comitato di sorveglianza. Restano quindi richiamati
gli artt. 51 e seguenti della legge fallimentare. L'art.
1, sesto comma, del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito
con legge 3 aprile 1979, n. 95, relativo all'amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi, stabilisce
che questa procedura si attua secondo il disposto degli
artt. 195 e seguenti della legge fallimentare (è cosí richiamato
anche il citato art. 201). La ratio di tale normativa è
quella di concentrare davanti all'organo identificato attraverso
il procedimento (il giudice delegato ai fallimenti o il
commissario governativo nelle altre procedure concorsuali)
tutte le azioni dirette a far valere diritti di credito
sul patrimonio del fallito e di assicurare, imponendo un
rito implicante la necessaria partecipazione e il contraddittorio
di tutti i creditori, il rispetto della concorsualità anche
nella fase di cognizione. Nel quadro di questo principio
l'orientamento prevalente affermato da questa Corte estensibile
alla procedura di amministrazione straordinaria e concernente
anche i crediti prededucibili - è che per regola fondamentale
dell'istituto fallimentare tutti i crediti che devono essere
soddisfatti sul patrimonio dell'imprenditore insolvente
vanno fatti valere e vanno accertati - secondo le norme
che_ ne disciplinano il -concorso (cfr. Cass., 6 agosto
1998, n. 7704; 29 marzo 1996, n. 2912; 9 marzo 1906, n.
1893; 24 gennaio 1996, n. 532; 23 novembre 1994, n. 9888;
16 dicembre 1993, n. 12431; 16 febbraio 1993, n. 1923; 18
aprile 1988, n. 3034). Ne deriva ché il creditore dell'impresa
in liquidazione coatta amministrativa (o in amministrazione
straordinaria) non può agire giudizialmente prima della
definizione della fase amministrativa di formazione e verifica
del passivo davanti agli organi della procedura, ma deve
azionare in quella sede il suo credito, che resta poi tutelabile
davanti al giudice in via di opposizione avverso lo stato
passivo. Pertanto la domanda formulata in sede di cognizione
ordinaria è (temporaneamente) improponibile e, se proposta
prima dell'inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile.
L'improcedibilità deve essere rilevata di ufficio, anche
nel giudizio di cassazione (quando, come nella specie, non
si siano create preclusioni), in quanto discende da norme
inderogabilmente dettate a tutela del principio della par
condicio creditorum. Il collegio condivide tale orientamento,
al quale intende dare continuità, perché esso sul piano
testuale è ancorato al tenore dell'art. 52 della legge fallimentare
(il cui ampio dettato comprende ogni credito, salve le eccezioni
disposte dalla legge) e, sul piano sistematico, trova saldo
sostegno nella ratio della citata normativa, sopra posta
in evidenza. Si tratta ora di verificare se anche il credito
per le indennità di espropriazione é di occupazione legittima
sia soggetto alla normativa de qua. Ed a tale quesito si
deve dare risposta affermativa. Va premesso che la questione
si pone unicamente con riguardo alla pronunzia, contenuta
nella sentenza impugnata, concernente la determinazione
delle indennità di esproprio e di occupazione legittima,
il relativo ordine di deposito e l'accessoria statuizione
sulle spese (punti 2, 3 e 4 del dispositivo di detta sentenza),
nei rapporti tra l'attuale ricorrente e il R.. Essa attiene,
cioè, alla causa (scindibile dalle altre) di opposizione
alla stima, demandata in unico grado di merito alla cognizione
della Corte di appello (arti. 19 e 20 della legge 22 ottobre
1971, n. 865, e successive modificazioni), mentre sulla
decisione con la quale sono stati respinti l'appello principale
e quello incidentale proposti contro la sentenza del Tribunale
di Messina si è formato il giudicato, in difetto d'impugnazione
sul punto. Ciò posto, va rilevato che il giudizio di opposizione
alla stima è un giudizio di cognizione nel quale si fa valere
un credito indennitario nei confronti dell'obbligato (di
regola, il soggetto beneficiario dell'espropriazione). Esso
si conclude non soltanto con la determinazione delle indennità
spettanti all'espropriato ma anche, se la determinazione
conduce a risultati favorevoli a quest'ultimo, con l'ordine
di deposito delle somme dovute presso la Cassa depositi
e prestiti a garanzia di eventuali diritti di terzi. Pertanto
la sentenza che definisce il giudizio non è di mero accertamento
ma comporta anche l'imposizione all'espropriante di un facere
che, integrando una speciale forma di esecuzione dell'obbligazione
(v. Cass., 15 febbraio 1992, n. 1893, in motivazione), produce
effetti analoghi ad una pronuncia di condanna (tant'è che
il deposito ha effetto liberatorio per il debitore), e quindi
viene ad incidere sulla procedura concorsuale portando alla
formazione di un titolo senza l'osservanza delle regole
proprie di detta procedura. Se cosí è, anche i crediti per
le indennità di esproprio e di occupazione legittima devono
essere sottoposti a tali regole, con le conseguenze sopra
indicate. Gli argomenti in contrario, addotti dal resistente
nel controricorso, non sono persuasivi. La circostanza che
l'amministrazione straordinaria della s.p.a. F.lli Costanzo,
costituendosi dopo l'interruzione del processo davanti alla
Corte di appello, nulla abbia eccepito in ordine all'improcedibilità
è priva di rilievo, trattandosi di profilo che (come si
è detto) è rilevabile anche di ufficio. Neppure rileva che
la determinazione dell'indennità sia demandata alla competenza
per materia della Corte di appello, perché tale attribuzione
di competenza è superata dallo specifico principio posto
dall'art. 52 della legge fallimentare, che resta escluso
soltanto da una diversa disposizione della legge, nella
specie non prevista. Infine la tesi secondo cui, per effetto
della declaratoria d'improcedibilità, verrebbe meno l'efficacia
interruttiva dell'opposizione a suo tempo proposta e quindi
si verificherebbe la decadenza con la conseguente impossibilità
di esercitare il diritto soggettivo diretto ad ottenere
la giusta indennità per il trasferimento coattivo del bene,
non può essere condivisa. È vero, infatti, che l'opposizione
alla stima va proposta nel termine di cui agli artt. 19
e 20 della legge n. 865 del 1971 e successive modificazioni.
Ma il termine ivi contemplato è un termine di decadenza,
al quale non si applicano le norme relative all'interruzione
della prescrizione (art. 2964 cod. civ.). Si applicano,
invece, gli articoli 2966 e 2967 di detto codice. In forza
della prima norma la decadenza è impedita dal compimento
dell'atto previsto dalla legge (o dal contratto). In base
alla seconda norma, nei casi in cui la decadenza è impedita
il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolino
la prescrizione. Nel caso in esame il R. propose l'opposizione
tempestivamente (nessuna questione risulta sollevata al
riguardo e, comunque, il punto è ormai accertato a seguito
della sentenza della Corte territoriale). Pertanto la decadenza
fu impedita dal compimento dell'atto previsto dalla legge,
ossia dall'esercizio dell'azione conseguente alla proposizione
della domanda giudiziale. Né deriva che la declaratoria
d'improcedibilità, che non rende invalidi gli atti in precedenza
compiuti, non può incidere sull'effetto impeditivo della
decadenza, ormai realizzatosi. Alla stregua delle considerazioni
svolte il primo motivo del ricorso deve essere accolto,
restando assorbito il secondo subordinato motivo, col quale
si denunziano violazioni di legge circa l'accettazione dell'indennità
provvisoria, la conclusione del contratto e la sua interpretazione,
nonché vizi di motivazione. Pertanto, rilevata la (temporanea)
improcedibilità della domanda, la sentenza impugnata deve
essere cassata senza rinvio (art. 382, terzo comma, c.p.c.)
in relazione al motivo accolto, nei rapporti tra l'attuale
ricorrente e il resistente. Si ravvisano giusti motivi per
dichiarare compensate tra le parti le spese dell'intero
giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso,
dichiara assorbite le restanti censire, cassa senza rinvio
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, compensa
tra le parti le spese dell'intero giudizio. Cosí deciso
in Roma, il 15 gennaio 2001, nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazione.