Corte
di cassazione (sez. I civ.), sentenza 11 maggio 2001, n.
6543
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - Ammissione al
passivo - Dichiarazioni tardive - Credito rappresentato
sin dall'origine da una pluralità di cambiali di
identico importo, ma con diverse scadenze mensili - Parziale
insinuazione ordinaria del credito - Insinuazione tardiva
del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali
non azionate in sede di ammissione ordinaria - Ammissibilità
- Esclusione - Carattere ipotecario del credito cartolare
- Irrilevanza - Riserva di azione per il credito residuo
- Irrilevanza - Temporanea indisponibilità delle
cambiali, azionate successivamente, al momento della insinuazione
ordinaria - Irrilevanza
R.d. 16.03.1942, n. 267
L'ammissione
al passivo fallimentare di una parte del credito, rappresentato
sin dall'origine da una pluralità di cambiali di
identico importo, ma con diverse scadenze mensili, preclude
l'ammissibilità dell'insinuazione tardiva del restante
credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate
in sede di insinuazione ordinaria.
Ciò
ancorchè le cambiali rappresentative del credito
siano delle cambiali ipotecarie, sia assistito da ipoteca
soltanto il credito cartolare e il creditore (primo prenditore
dei titoli) abbia fatto espressa riserva di azione per il
residuo, senza che la temporanea indisponibilità
dei titoli possa ritenersi impedimento giuridico o di fatto
all'esercizio dell'azione causale nel procedimento fallimentare
(da ritenersi virtualmente dedotta in giudizio fra soggetti
che cumulano la veste di parti del rapporto cartolare e
di quello sottostante).
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Pellegrino
SENOFONTE, Presidente Dott. Francesco Maria FIORETTI, Rel.
Consigliere Dott. Fabrizio FORTE, Consigliere Dott. Sergio
DI AMATO, Consigliere Dott. Paolo GIULIANI, Consigliere
ha pronunciato la seguente SENTENZA N. 6543 DEP. IL 11.05.2001
sul ricorso proposto da: FALLIMENTO VALFINA FINANZIAMENTI
SpA, in persona del Curatore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE MAZZINI 88, presso l'avvocato GIORGIO BARBERIS,
che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CARLO
TABELLINI, giusta delega in calce al ricorso; ricorrente
contro FALLIMENTO SOTECO NETWORK di D.R., FALLIMENTO D.R.;
intimati avverso la sentenza n. 274/99 della Corte d'Appello
di BRESCIA, depositata il 06.05.99; udita la relazione della
causa svolta nella pubblica udienza dell'01.03.2001 dal
Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI; udito per il
ricorrente, l'Avvocato Tabellini, che ha chiesto l'accoglimento
del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con
ricorso, depositato l'11 settembre 1991, la società Valfina
Finanziamenti s.p.a. chiedeva l'ammissione al passivo del
fallimento personale di Rosella D. - socia accomandataria
della società Soteco Network di D.R. & C. s.a.s., dichiarata
fallita con sentenza del tribunale di Cremona del 29 aprile
1991 - per la somma di £. 2.890.595, in via privilegiata
ex art. 2770 cod. civ. per spese sostenute nell'ambito della
procedura esecutiva individuale, e per la somma di £. 48.572.914,
in via privilegiata ipotecaria sulla base di cambiali ipotecarie
dell'importo di £. 2.030.000 ciascuna scadenti il 15 giugno
1989, il 15 luglio 1989 e dal 15 settembre 1989 al 15 novembre
1990, oltre ai conti di ritorno e agli interessi convenzionali
di mora dalla scadenza dei singoli titoli alla data del
fallimento, credito garantito da ipoteca iscritta sui beni
della debitrice il 17 aprile 1989. Il credito per complessive
£. 51.463.509 veniva ammesso al passivo secondo il privilegio
richiesto e lo stato passivo era dichiarato esecutivo con
decreto del giudice delegato del 13 novembre 1991. Con successivo
ricorso depositato il 10 giugno 1993, il fallimento della
Valfina Finanziamenti s.p.a., in persona del curatore, chiedeva
l'ammissione al passivo del fallimento personale della D.,
sempre in via privilegiata ipotecaria, per l'ulteriore somma
di £. 60.544.770, ancora richiamando l'ipoteca iscritta
il 7 aprile 1989, ma facendo riferimento ad altre cambiali
emesse dalla debitrice per l'importo di £. 2.030.000 ciascuna
e scadenti, mensilmente, dal 15 dicembre 1990 al 15 aprile
1993, oltre ai relativi conti di ritorno e agli interessi.
Alla udienza di comparizione, il curatore del fallimento
della D. eccepiva l'inammissibilità della tardiva dichiarazione
del credito, perché fondata sulla medesima causa petendi
della precedente domanda proposta tempestivamente e accolta
con l'ammissione allo stato passivo. Il Tribunale di Cremona,
con sentenza 12 maggio-30 giugno 1994 dichiarava inammissibile
la domanda di insinuazione tardiva sul rilievo che la declaratoria
di esecutività dello stato passivo precludeva l'ammissibilità
di successive domande tendenti a modificare anche il quantum
dei crediti ammessi. Osservava, in particolare, detto giudice
che il credito della Valfina Finanziamenti traeva origine
da un finanziamento concesso alla D., a garanzia della cui
restituzione era stata iscritta ipoteca ed erano state rilasciate
48 cambiali di £. 2.030.000 ciascuna con scadenza mensile;
che le due dichiarazioni di credito - quella tempestiva
e quella tardiva - si fondavano sulla medesima causa petendi,
con la conseguenza che la positiva decisione sulla prima
domanda di insinuazione precludeva la ammissibilità della
seconda volta a modificare il quantum del credito ammesso;
che era irrilevante che il credito dichiarato fosse rappresentato
da cambiali, atteso che nel rapporto tra traente e prenditore
la causa petendi, costituita dal possesso del titolo, veniva
ad identificarsi con quella del rapporto sottostante, per
cui, dedotta in giudizio la prima, doveva ritenersi virtualmente
dedotta anche la seconda e che, quindi, la Valfina Finanziamenti
s.p.a. prima e il Fallimento della stessa, poi, avevano
implicitamente, ma inequivocabilmente, azionato, nella sede
ordinaria e in quella tardiva, la medesima causa obligandi
sottostante alle cambiali e precisamente il contratto di
finanziamento ipotecariamente garantito, col risultato;
inammissibile, di chiedere l'ammissione al passivo di un
unico credito in forma frazionata; che, all'epoca della
dichiarazione tempestiva, la Valfina Finanziamenti ben avrebbe
potuto chiedere l'ammissione anche per le rate di mutuo
non ancora scadute, posto che nel contratto le parti avevano
previsto la decadenza dal beneficio del termine. Detta sentenza
era appellata dal Fallimento Valfina Finanziamenti s.p.a.
davanti alla Corte d'appello di Brescia, con atto notificato
il 20 settembre 1994. L'appellante contestava la correttezza
della sovrapposizione, operata dal tribunale, tra azione
cambiaria ed azione causale, insistendo sul fatto che il
Fallimento aveva azionato solo le cambiali, facendo, quindi,
leva sul loro carattere astratto. Comunque nel richiamarsi
al rapporto sottostante, il tribunale non. avrebbe dovuto
trascurare il fatto che l'obbligazione di restituzione della
somma data a mutuo ben avrebbe potuto essere adempiuta in
modo frazionato e che, in ogni caso, il giudicato formatosi
sulla decisione relativa alla prima domanda di insinuazione
avrebbe potuto riferirsi solo alla parte di quel complessivo
credito esattamente rappresentato dalle cambiali colà azionate.
Con sentenza 17 marzo 1999, depositata il 6 maggio 1999,
la corte adita rigettava l'appello, sul rilievo che la pregressa
decisione sulla domanda di ammissione ordinaria aveva valore
di giudicato interno e, quindi, precludeva l'ammissibilità
della domanda tardiva, trovando questa, come la precedente,
causa e fondamento nel medesimo contratto di finanziamento.
Avverso tale sentenza il Fallimento della s.p.a. Valfina
Finanziamenti ha proposto ricorso per cassazione sulla base
di quattro motivi, illustrati con memoria. L'intimato Fallimento
della s.a.s. Soteco Network di D.R. & C. e di D.R. in proprio
non ha spiegato, in questa fase del giudizio, difese. MOTIVI
DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione degli artt. 65 e 66 del R.D. 14/12/33 n. 1669
sulla cambiale e dell'art. 2831 cod. civ.; violazione dell'art.
101 del R.D. 16/3/42 n. 267 sul fallimento, e dell'art.
112 cod. proc. civ.; omesso esame di un punto decisivo,
il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc.
civ.. Deduce il ricorrente che dalla nota di iscrizione
ipotecaria, prodotta in atti sub 2, risulta che l'ipoteca
era stata concessa dalla D. esclusivamente a garanzia delle
astratte obbligazioni cartolari incorporate nelle cambiali.
In contrasto con tali risultanze processuali la Corte di
appello avrebbe erroneamente ritenuto, senza darne alcuna
motivazione, che l'ipoteca, concessa esclusivamente a garanzia
delle obbligazioni cartolari, garantisse automaticamente
anche le obbligazioni nascenti dal negozio sottostante,
ignorando cosí il principio, più volte affermato dalla suprema
corte, secondo il quale la prelazione ipotecaria, concessa
a garanzia dell'obbligazione cartolare (in specie cambiaria)
e non dell'obbligazione causale, non si estende a quest'ultima.
Conseguentemente a quest'errore la corte bresciana avrebbe
erroneamente ritenuto proposta con l'azione cambiaria promossa
dal prenditore anche l'azione causale sul presupposto della
assoluta identità del loro oggetto. Tale presupposto, però,
sarebbe errato, atteso che il credito cartolare ed il credito
causale, pur essendo identici quanto al loro ammontare,
differivano quanto alla possibilità della loro esazione.
Infatti la Valfina ed il suo Fallimento potevano chiedere
di partecipare con prelazione alla distribuzione dell'attivo
del fallimento D. esclusivamente in forza delle cambiali
ipotecarie, non anche in virtù del rapporto causale, il
che porterebbe ad escludere che la domanda fondata su tale
rapporto potesse essere contenuta "virtualmente" o "implicitamente"
in quella fondata sul rapporto cambiario. Prendere in esame,
come fatto dalla corte d'appello, "virtuali" domande ed
altro titolo (contratto di mutuo assistito da garanzia ipotecaria,
quando tale garanzia assisteva soltanto le cambiali), avrebbe
comportato la violazione del principio della corrispondenza
tra il chiesto ed il pronunziato. Stando cosí le cose, ogni
singola cambiale, portando in sé, in modo autonomo, il credito
in essa incorporato, poteva essere autonomamente insinuata
(dalla Valfina, dal suo Fallimento o da terzi) senza che
si formassero preclusioni di sorta. Con il secondo motivo
il ricorrente denuncia violazione dell'art. 101 del R.D.
16/3/42 n. 267 sul fallimento e dell'art. 2909 cod. civ.;
violazione dell'art. 66 del R.D. 14/12/33 n. 1669 sulla
cambiale, il tutto in relazionee all'art. 360 n. 3 cod.
proc. civ.. Ammesso che l'ipoteca garantisse anche il rapporto
causale, la corte d'appello avrebbe comunque errato nell'attribuire
a quel rapporto causale un'infrazionabilità tale, che il
giudicato (inclusione nello stato passivo), formatosi su
alcune rate, fosse preclusivo di successive pronunzie giudiziali
su altre rate. Ciò perché le rate in cui era frazionato
il debito della D., al di là del connotato della loro specifica
scadenza, formavano oggetto ognuna di un rapporto (di debito-credito)
ben individuato rispetto agli altri, e ognuno idoneo ad
essere oggetto di vicende (estinzione, cessione, proroga,
postergazione, eccezioni) ad esso solo relative, per cui
non poteva ritenersi precluso al creditore di farne oggetto
di specifiche domande. Inoltre, dovevasi considerare che
sin dall'origine il credito, nascente da un unico negozio
sottostante, era stato frazionato in tanti distinti rapporti
cambiari per volontà dei contraenti, per cui avrebbe errato
la corte bresciana nel non tenere conto di tale vicenda,
dando esclusiva rilevanza al primigenio rapporto di debito-credito
anziché ai rapporti incorporati nei vari titoli cambiari.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art.
66 del R.D. 14/12/33 n. 1669 sulla cambiale; omessa motivazione
su un punto decisivo. La corte d'appello avrebbe errato
nel ritenere che la Valfina avesse il diritto di chiedere
il pagamento di tutte le rate in un'unica soluzione in forza
del rapporto causale, senza. nessun .impedimento, essendo
la D. - insolvente e fallita -decaduta dal beneficio del
termine.. La corte di merito, cosí decidendo, avrebbe dimenticato,
infatti, che il creditore munito di titolo cambiario non
può esercitare l'azione causale, se non mettendo la cambiale
a disposizione del debitore, e che, quindi, la Valfina non
avrebbe potuto insinuarsi per l'intero credito indipendentemente
dal possesso di tutte le cambiali. Con il quarto motivo
il ricorrente denuncia violazione degli arrt. 99 e 112 cod.
proc. civ.; omesso esame di un punto decisivo, il tutto
in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.: La
corte d'appello non avrebbe tenuto conto del fatto che la
Valfina aveva chiesto l'ammissione al passivo del Fallimento
D. del proprio credito portato da alcune cambiali, riservandosi
di chiedere successivamente l'ammissione al passivo, in
forza di altre cambiali, del residuo credito ipotecario,
riserva che rendeva possibile Vesazione fiazionata di un
unico credito pecuniario in diverse domande. I quattro motivi
di ricorso sono infondati. Secondo il disposto dell'art.
93, primo comma, della legge fallimentare la domanda di
ammissione al passivo deve contenere il cognome e nome del
creditore, l'indicazione della somma, del titolo da citi
il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti
giustificativi. Da tale disposizione si evince che l'accertamento
del giudice delegato, nel procedimento di verificazione
del passivo fallimentare, ha ad oggetto: l'entità del credito,
il titolo da cui lo stesso deriva ed eventuali ragioni di
prelazione che lo assistono. Conseguentemente il decreto
di approvazione dello stato passivo di cui all'art. 96 della
legge fallimentare - cui, se non impugnato; questa corte
ha costantemente riconosciuto efficacia di giudicato interno
(cfr. cass. n. 2164/79; cass. n. 225/81; cass. n. 751/97)
- preclude, nell'ambito del procedimento fallimentare, in
virtù di tale efficacia - essendo la sua estensione determinata
dall'oggetto del giudizio, come individuato dal citato primo
comma dell'art. 93 legge fall. - ogni questione relativa
all'esistenza del credito, alla sua entità, all'efficacia
del titolo da cui deriva ed alle cause di prelazione (cfr.
in tal senso: cass. n. 952/87; cass. n. 404/93; cass. n.
9220/95). Dal valore di giudicato interno - endofallimentare
- delle pregresse decisioni riguardanti l'insinuazione ordinaria
discende - costituendo ammissione tardiva ed ordinaria fasi
di uno stesso accertamento giurisdizionale, come costantemente
affermato da questa corte (cfr. tra le molte: cass. n. 2164/79;
cass. n. 225/81; cass. n. 751/97 - che la ammissibilità
della insinuazione tardiva di cui all'art. 101 della legge
fallimentare è condizionata dalla assoluta novità della
domanda rispetto a qualunque domanda che sia stata proposta
tempestivamente, cioè nel termine della adunanza dei creditori.
Qualunque soluzione contraria contrasterebbe sia con il
divieto ne bis in idem, sia - come osserva autorevole dottrina
- con il divieto di impugnare una decisione negativa contenuta
nel decreto ex art. 97 legge fall. se non attraverso l'opposizione
allo stato passivo di cui all'art. 98 legge fall., sia con
la dizione letterale dell'art. 101, là dove fa espresso
riferimento alla novità del credito con l'espressione "ammissione
del nuovo credito". Pertanto, un credito, per potere essere
insinuato tardivamente, deve essere diverso (in base ai
criteri del "petitum" e della "causa petendi") da quello
fatto valere nell'insinuazione ordinaria, fermo restando
che ad integrare la diversità della domanda non è sufficiente
il mero dato quantitativo e neanche una diversa connotazione
del medesimo credito (cfr. in tal senso la già citata cass.
n. 751 del 1997; cfr. anche cass. n. 3535 del 1988, secondo
cui la definitività dello stato passivo del fallimento spiega
effetti vincolanti anche con riguardo al "quantum" dei crediti
ammessi e, pertanto, non consente la successiva proposizione
di istanze di insinuazione tardiva, per pretendere maggiori
importi che si assumano discendenti dallo stesso titolo
già fatto valere con la domanda di ammissione al passivo).
Alla luce di questi principi al problema, che questo collegio
è chiamato a risolvere, e cioè se l'ammissione al passivo
fallimentare, sulla base di cambiali, di una parte del credito,
rappresentato sin dall'origine da un certo numero di cambiali
di identico importo, ma con diverse scadenze mensili, precluda
o meno l'ammissibilità della insinuazione tardiva del restante
credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate,
deve essere data risposta positiva. Ancorché il diritto
cartolare o letterale correlativo all'obbligazione nascente
dalla creazione e dalla messa in circolazione della cambiale
sia un diritto a sé stante, l'emissione del titolo si collega
pur sempre ad un rapporto giuridico causale (rapporto fondamentale)
e se è pur vero che il diritto incorporato nel titolo trae
la sua misura esclusivamente dalla lettera del titolo e
resta del tutto autonomo rispetto ad ogni precedente rapporto
relativo all'emissione o alla trasmissione del titolo, è
pur vero che i principi della letteralità ed autonomia non
operano più quando rapporto cartolare e rapporto fondamentale
riguardano aree coincidenti, interessando i medesimi soggetti.
Come posto in evidenza da autorevole dottrina, il principio
della letteralità e dell'autonomia del diritto cartolare
operano solo nei rapporti tra il debitore ed il terzo possessore
del titolo, perché nei rapporti tra contraenti diretti (ed
è il caso di specie, riguardando la presente controversia
l'emittente ed il prenditore del titolo cambiario) il rapporto
cartolare viene riassorbito dal rapporto fondamentale, come
si evince dall'art. 1993 cod. civ., che ammette l'opponibilità
al possessore del titolo delle eccezioni a questo personali,
derivanti cioè da rapporti extracartolari. Questa corte
ha costantemente affermato, poi, che l'emissione del vaglia
cambiario fa presumere, nei rapporti diretti tra emittente
e prenditore, l'esistenza di un negozio sottostante, giustificativo
dell'obbligazione cartolare (cfr. cass. n. 1126/93; cass.
n. 4041/82; cass. n. 3878/77; cass n. 4094/75). Pertanto,
fra i soggetti che cumulano la veste di parti del rapporto
cartolare e di parti del rapporto sottostante ed, in particolare,
ancor più tra emittente e primo prenditore del vaglia cambiario,
stante la presunzione (iuris tantum) di esistenza di un
negozio sottostante, con l'esercizio dell'azione cambiaria
deve ritenersi dedotta "virtualmente" in giudizio - come
rettamente osservato dalla corte d'appello - la causa del
credito e, quindi l'azione causale, atteso che le due azioni
presentano sia identità di "petitum" che di "causa petendi"
ricollegandosi entrambe ad una vicenda giuridica sostanzialmente
unitaria (cfr. in tal senso cass. n. 2872/63; cass. n.21/67;
cass. n. 186/1969; cass. n. 285/72; cass. n. 4654/86; cass.
n. 1705/95; cass. n. 8990/97). Pertanto la s.p.a. Valfina
con la domanda ordinaria avrebbe dovuto chiedere il pagamento
dell'intero credito, atteso che l'art. 93 della legge fallimentare
le imponeva di indicare l'entità del credito ed il titolo
a suo fondamento e, proponendo l'azione cambiaria, anche
se limitata ad alcuni titoli, faceva implicitamente valere,
trattandosi di contraenti diretti, anche il rapporto sottostante.
Su tale domanda, con il decreto di ammissione allo stato
passivo si è formato il giudicato anche in relazione al
quantum, sicché non le era più consentito e, non era neppure
più consentito all'intervenuto Fallimento, di chiedere l'ammissione
al passivo fallimentare di un maggiore importo, ancorché
rappresentato da differenti cambiali, basato sullo stesso
rapporto fondamentale. Né è di ostacolo a tale soluzione
- come invece sostenuto con il primo motivo di ricorso -
il fatto che le cambiali azionate siano delle cambiali ipotecarie
e che sia assistito da ipoteca - secondo il ricorrente -
soltanto il credito cartolare. Infatti il diritto alla prelazione
in base alle sole cambiali non esclude il collegamento del
diritto di credito, portato dalle cambiali azionate dal
primo prenditore nei confronti dell'emittente, con il rapporto
fondamentale o sottostante, essendo l'ipoteca soltanto un
accessorio del credito cartolare. Neppure - con riferimento
al secondo motivo - rappresenta un ostacolo alla soluzione
summenzionata la facoltà del creditore di una determinata
somma, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio,
di chiedere giudizialmente un adempimento parziale con riserva
di azione per il residuo, atteso che questa corte con la
sentenza n. 108 del 10 aprile 2000, resa a sezioni unite,
ha riconosciuto al creditore detta facoltà a condizione
che, nel chiedere giudizialmente l'adempimento parziale,
abbia fatto espressa riserva di azione per il residuo, cosa
che non risulta aver fatto la s.p.a. Valfina Finanziamenti
nel proporre la domanda ordinaria di ammissione al passivo.
Comunque il principio affermato dalle sezioni unite con
la sentenza su indicata non sembra applicabile nel fallimento,
contrastando tale principio con il contenuto necessario
della domanda di ammissione al passivo, come prescritto
dal primo comma dell'art. 93 della legge fallimentare, nonché
con le esigenze di speditezza della procedura fallimentare.
Neppure è di ostacolo alla soluzione adottata - come sostenuto
invece con il terzo motivo - il fatto chele cambiali avessero
scadenze differenti ed alcune successive alla dichiarazione
di fallimento della D., atteso che, in virtù dell'art. 55
della legge fallimentare, i debiti pecuniari del fallito
si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla
data di dichiarazione del fallimento; vale a dire, i crediti
non scaduti si considerano immediatamente esigibili. Infine
la prospettata soluzione non trova un insuperabile ostacolo
nemmeno nel fatto che la Valfina Finanziamento s.p.a. non
era in possesso di tutte le cambiali rappresentanti l'intero
credito e, quindi, non era in condizione di offrire al debitore
la restituzione delle cambiali e di depositarle in cancelleria,
come prescritto dall'art. 66, ultimo comma, della legge
cambiaria per l'esercizio dell'azione causale. Vale osservare
in proposito che l'inosservanza dell'onere di deposito delle
cambiali in cancelleria di cui all'ultimo comma dell'art.
66 anzicitato non è riconducibile alla categoria dei presupposti
processuali o delle condizioni dell'azione, ma attiene esclusivamente
ai requisiti per l'esame del merito della domanda, in relazione
ad esigenze, di natura disponibile, del debitore, per cui
detta inosservanza non è rilevabile d'ufficio, ma solo su
eccezione del debitore, sollevata tempestivamente di fronte
al giudice del merito (cfr. in tal senso cass. n. 3221/84,
resa a sezioni unite; cass. n. 12130/91; cass. n. 2084/98);
inoltre l'art. 95 della legge fall. prevede la possibilità
dell'ammissione con riserva della produzione dei documenti
giustificativi, disposizione che sicuramente si riferisce
a documenti come le cambiali, che in ragione del loro regime
di circolazione, possono non essere, sia pure provvisoriamente,
nella materiale disponibilità del creditore. La summenzionata
conseguenza della inosservanza dell'onere di. deposito delle
cambiali e la suindicata possibilità di chiedere l'ammissione
al passivo con riserva del deposito dei documenti giustificativi
costituiscono valide ragioni per concludere che la temporanea
mancanza del possesso dei titoli cambiari non costituisce
un impedimento giuridico o di fatto all'esercizio dell'azione
causale nel procedimento fallimentare. Per quanto precede
il ricorso deve essere rigettato. Non deve essere emesso
nessun provvedimento sulle spese, non essendosi l'intimato
fallimento costituito in giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta
il ricorso. Cosí deciso in Roma il primo marzo 2001.