Corte di cassazione (sez. I civ.), sentenza 11 maggio 2001, n. 6543

FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - Ammissione al passivo - Dichiarazioni tardive - Credito rappresentato sin dall'origine da una pluralità di cambiali di identico importo, ma con diverse scadenze mensili - Parziale insinuazione ordinaria del credito - Insinuazione tardiva del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate in sede di ammissione ordinaria - Ammissibilità - Esclusione - Carattere ipotecario del credito cartolare - Irrilevanza - Riserva di azione per il credito residuo - Irrilevanza - Temporanea indisponibilità delle cambiali, azionate successivamente, al momento della insinuazione ordinaria - Irrilevanza
R.d. 16.03.1942, n. 267

L'ammissione al passivo fallimentare di una parte del credito, rappresentato sin dall'origine da una pluralità di cambiali di identico importo, ma con diverse scadenze mensili, preclude l'ammissibilità dell'insinuazione tardiva del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate in sede di insinuazione ordinaria.

Ciò ancorchè le cambiali rappresentative del credito siano delle cambiali ipotecarie, sia assistito da ipoteca soltanto il credito cartolare e il creditore (primo prenditore dei titoli) abbia fatto espressa riserva di azione per il residuo, senza che la temporanea indisponibilità dei titoli possa ritenersi impedimento giuridico o di fatto all'esercizio dell'azione causale nel procedimento fallimentare (da ritenersi virtualmente dedotta in giudizio fra soggetti che cumulano la veste di parti del rapporto cartolare e di quello sottostante).

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Pellegrino SENOFONTE, Presidente Dott. Francesco Maria FIORETTI, Rel. Consigliere Dott. Fabrizio FORTE, Consigliere Dott. Sergio DI AMATO, Consigliere Dott. Paolo GIULIANI, Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA N. 6543 DEP. IL 11.05.2001 sul ricorso proposto da: FALLIMENTO VALFINA FINANZIAMENTI SpA, in persona del Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 88, presso l'avvocato GIORGIO BARBERIS, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CARLO TABELLINI, giusta delega in calce al ricorso; ricorrente contro FALLIMENTO SOTECO NETWORK di D.R., FALLIMENTO D.R.; intimati avverso la sentenza n. 274/99 della Corte d'Appello di BRESCIA, depositata il 06.05.99; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'01.03.2001 dal Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI; udito per il ricorrente, l'Avvocato Tabellini, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso, depositato l'11 settembre 1991, la società Valfina Finanziamenti s.p.a. chiedeva l'ammissione al passivo del fallimento personale di Rosella D. - socia accomandataria della società Soteco Network di D.R. & C. s.a.s., dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Cremona del 29 aprile 1991 - per la somma di £. 2.890.595, in via privilegiata ex art. 2770 cod. civ. per spese sostenute nell'ambito della procedura esecutiva individuale, e per la somma di £. 48.572.914, in via privilegiata ipotecaria sulla base di cambiali ipotecarie dell'importo di £. 2.030.000 ciascuna scadenti il 15 giugno 1989, il 15 luglio 1989 e dal 15 settembre 1989 al 15 novembre 1990, oltre ai conti di ritorno e agli interessi convenzionali di mora dalla scadenza dei singoli titoli alla data del fallimento, credito garantito da ipoteca iscritta sui beni della debitrice il 17 aprile 1989. Il credito per complessive £. 51.463.509 veniva ammesso al passivo secondo il privilegio richiesto e lo stato passivo era dichiarato esecutivo con decreto del giudice delegato del 13 novembre 1991. Con successivo ricorso depositato il 10 giugno 1993, il fallimento della Valfina Finanziamenti s.p.a., in persona del curatore, chiedeva l'ammissione al passivo del fallimento personale della D., sempre in via privilegiata ipotecaria, per l'ulteriore somma di £. 60.544.770, ancora richiamando l'ipoteca iscritta il 7 aprile 1989, ma facendo riferimento ad altre cambiali emesse dalla debitrice per l'importo di £. 2.030.000 ciascuna e scadenti, mensilmente, dal 15 dicembre 1990 al 15 aprile 1993, oltre ai relativi conti di ritorno e agli interessi. Alla udienza di comparizione, il curatore del fallimento della D. eccepiva l'inammissibilità della tardiva dichiarazione del credito, perché fondata sulla medesima causa petendi della precedente domanda proposta tempestivamente e accolta con l'ammissione allo stato passivo. Il Tribunale di Cremona, con sentenza 12 maggio-30 giugno 1994 dichiarava inammissibile la domanda di insinuazione tardiva sul rilievo che la declaratoria di esecutività dello stato passivo precludeva l'ammissibilità di successive domande tendenti a modificare anche il quantum dei crediti ammessi. Osservava, in particolare, detto giudice che il credito della Valfina Finanziamenti traeva origine da un finanziamento concesso alla D., a garanzia della cui restituzione era stata iscritta ipoteca ed erano state rilasciate 48 cambiali di £. 2.030.000 ciascuna con scadenza mensile; che le due dichiarazioni di credito - quella tempestiva e quella tardiva - si fondavano sulla medesima causa petendi, con la conseguenza che la positiva decisione sulla prima domanda di insinuazione precludeva la ammissibilità della seconda volta a modificare il quantum del credito ammesso; che era irrilevante che il credito dichiarato fosse rappresentato da cambiali, atteso che nel rapporto tra traente e prenditore la causa petendi, costituita dal possesso del titolo, veniva ad identificarsi con quella del rapporto sottostante, per cui, dedotta in giudizio la prima, doveva ritenersi virtualmente dedotta anche la seconda e che, quindi, la Valfina Finanziamenti s.p.a. prima e il Fallimento della stessa, poi, avevano implicitamente, ma inequivocabilmente, azionato, nella sede ordinaria e in quella tardiva, la medesima causa obligandi sottostante alle cambiali e precisamente il contratto di finanziamento ipotecariamente garantito, col risultato; inammissibile, di chiedere l'ammissione al passivo di un unico credito in forma frazionata; che, all'epoca della dichiarazione tempestiva, la Valfina Finanziamenti ben avrebbe potuto chiedere l'ammissione anche per le rate di mutuo non ancora scadute, posto che nel contratto le parti avevano previsto la decadenza dal beneficio del termine. Detta sentenza era appellata dal Fallimento Valfina Finanziamenti s.p.a. davanti alla Corte d'appello di Brescia, con atto notificato il 20 settembre 1994. L'appellante contestava la correttezza della sovrapposizione, operata dal tribunale, tra azione cambiaria ed azione causale, insistendo sul fatto che il Fallimento aveva azionato solo le cambiali, facendo, quindi, leva sul loro carattere astratto. Comunque nel richiamarsi al rapporto sottostante, il tribunale non. avrebbe dovuto trascurare il fatto che l'obbligazione di restituzione della somma data a mutuo ben avrebbe potuto essere adempiuta in modo frazionato e che, in ogni caso, il giudicato formatosi sulla decisione relativa alla prima domanda di insinuazione avrebbe potuto riferirsi solo alla parte di quel complessivo credito esattamente rappresentato dalle cambiali colà azionate. Con sentenza 17 marzo 1999, depositata il 6 maggio 1999, la corte adita rigettava l'appello, sul rilievo che la pregressa decisione sulla domanda di ammissione ordinaria aveva valore di giudicato interno e, quindi, precludeva l'ammissibilità della domanda tardiva, trovando questa, come la precedente, causa e fondamento nel medesimo contratto di finanziamento. Avverso tale sentenza il Fallimento della s.p.a. Valfina Finanziamenti ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria. L'intimato Fallimento della s.a.s. Soteco Network di D.R. & C. e di D.R. in proprio non ha spiegato, in questa fase del giudizio, difese. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 65 e 66 del R.D. 14/12/33 n. 1669 sulla cambiale e dell'art. 2831 cod. civ.; violazione dell'art. 101 del R.D. 16/3/42 n. 267 sul fallimento, e dell'art. 112 cod. proc. civ.; omesso esame di un punto decisivo, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.. Deduce il ricorrente che dalla nota di iscrizione ipotecaria, prodotta in atti sub 2, risulta che l'ipoteca era stata concessa dalla D. esclusivamente a garanzia delle astratte obbligazioni cartolari incorporate nelle cambiali. In contrasto con tali risultanze processuali la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto, senza darne alcuna motivazione, che l'ipoteca, concessa esclusivamente a garanzia delle obbligazioni cartolari, garantisse automaticamente anche le obbligazioni nascenti dal negozio sottostante, ignorando cosí il principio, più volte affermato dalla suprema corte, secondo il quale la prelazione ipotecaria, concessa a garanzia dell'obbligazione cartolare (in specie cambiaria) e non dell'obbligazione causale, non si estende a quest'ultima. Conseguentemente a quest'errore la corte bresciana avrebbe erroneamente ritenuto proposta con l'azione cambiaria promossa dal prenditore anche l'azione causale sul presupposto della assoluta identità del loro oggetto. Tale presupposto, però, sarebbe errato, atteso che il credito cartolare ed il credito causale, pur essendo identici quanto al loro ammontare, differivano quanto alla possibilità della loro esazione. Infatti la Valfina ed il suo Fallimento potevano chiedere di partecipare con prelazione alla distribuzione dell'attivo del fallimento D. esclusivamente in forza delle cambiali ipotecarie, non anche in virtù del rapporto causale, il che porterebbe ad escludere che la domanda fondata su tale rapporto potesse essere contenuta "virtualmente" o "implicitamente" in quella fondata sul rapporto cambiario. Prendere in esame, come fatto dalla corte d'appello, "virtuali" domande ed altro titolo (contratto di mutuo assistito da garanzia ipotecaria, quando tale garanzia assisteva soltanto le cambiali), avrebbe comportato la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato. Stando cosí le cose, ogni singola cambiale, portando in sé, in modo autonomo, il credito in essa incorporato, poteva essere autonomamente insinuata (dalla Valfina, dal suo Fallimento o da terzi) senza che si formassero preclusioni di sorta. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 101 del R.D. 16/3/42 n. 267 sul fallimento e dell'art. 2909 cod. civ.; violazione dell'art. 66 del R.D. 14/12/33 n. 1669 sulla cambiale, il tutto in relazionee all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.. Ammesso che l'ipoteca garantisse anche il rapporto causale, la corte d'appello avrebbe comunque errato nell'attribuire a quel rapporto causale un'infrazionabilità tale, che il giudicato (inclusione nello stato passivo), formatosi su alcune rate, fosse preclusivo di successive pronunzie giudiziali su altre rate. Ciò perché le rate in cui era frazionato il debito della D., al di là del connotato della loro specifica scadenza, formavano oggetto ognuna di un rapporto (di debito-credito) ben individuato rispetto agli altri, e ognuno idoneo ad essere oggetto di vicende (estinzione, cessione, proroga, postergazione, eccezioni) ad esso solo relative, per cui non poteva ritenersi precluso al creditore di farne oggetto di specifiche domande. Inoltre, dovevasi considerare che sin dall'origine il credito, nascente da un unico negozio sottostante, era stato frazionato in tanti distinti rapporti cambiari per volontà dei contraenti, per cui avrebbe errato la corte bresciana nel non tenere conto di tale vicenda, dando esclusiva rilevanza al primigenio rapporto di debito-credito anziché ai rapporti incorporati nei vari titoli cambiari. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 66 del R.D. 14/12/33 n. 1669 sulla cambiale; omessa motivazione su un punto decisivo. La corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che la Valfina avesse il diritto di chiedere il pagamento di tutte le rate in un'unica soluzione in forza del rapporto causale, senza. nessun .impedimento, essendo la D. - insolvente e fallita -decaduta dal beneficio del termine.. La corte di merito, cosí decidendo, avrebbe dimenticato, infatti, che il creditore munito di titolo cambiario non può esercitare l'azione causale, se non mettendo la cambiale a disposizione del debitore, e che, quindi, la Valfina non avrebbe potuto insinuarsi per l'intero credito indipendentemente dal possesso di tutte le cambiali. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli arrt. 99 e 112 cod. proc. civ.; omesso esame di un punto decisivo, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.: La corte d'appello non avrebbe tenuto conto del fatto che la Valfina aveva chiesto l'ammissione al passivo del Fallimento D. del proprio credito portato da alcune cambiali, riservandosi di chiedere successivamente l'ammissione al passivo, in forza di altre cambiali, del residuo credito ipotecario, riserva che rendeva possibile Vesazione fiazionata di un unico credito pecuniario in diverse domande. I quattro motivi di ricorso sono infondati. Secondo il disposto dell'art. 93, primo comma, della legge fallimentare la domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e nome del creditore, l'indicazione della somma, del titolo da citi il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi. Da tale disposizione si evince che l'accertamento del giudice delegato, nel procedimento di verificazione del passivo fallimentare, ha ad oggetto: l'entità del credito, il titolo da cui lo stesso deriva ed eventuali ragioni di prelazione che lo assistono. Conseguentemente il decreto di approvazione dello stato passivo di cui all'art. 96 della legge fallimentare - cui, se non impugnato; questa corte ha costantemente riconosciuto efficacia di giudicato interno (cfr. cass. n. 2164/79; cass. n. 225/81; cass. n. 751/97) - preclude, nell'ambito del procedimento fallimentare, in virtù di tale efficacia - essendo la sua estensione determinata dall'oggetto del giudizio, come individuato dal citato primo comma dell'art. 93 legge fall. - ogni questione relativa all'esistenza del credito, alla sua entità, all'efficacia del titolo da cui deriva ed alle cause di prelazione (cfr. in tal senso: cass. n. 952/87; cass. n. 404/93; cass. n. 9220/95). Dal valore di giudicato interno - endofallimentare - delle pregresse decisioni riguardanti l'insinuazione ordinaria discende - costituendo ammissione tardiva ed ordinaria fasi di uno stesso accertamento giurisdizionale, come costantemente affermato da questa corte (cfr. tra le molte: cass. n. 2164/79; cass. n. 225/81; cass. n. 751/97 - che la ammissibilità della insinuazione tardiva di cui all'art. 101 della legge fallimentare è condizionata dalla assoluta novità della domanda rispetto a qualunque domanda che sia stata proposta tempestivamente, cioè nel termine della adunanza dei creditori. Qualunque soluzione contraria contrasterebbe sia con il divieto ne bis in idem, sia - come osserva autorevole dottrina - con il divieto di impugnare una decisione negativa contenuta nel decreto ex art. 97 legge fall. se non attraverso l'opposizione allo stato passivo di cui all'art. 98 legge fall., sia con la dizione letterale dell'art. 101, là dove fa espresso riferimento alla novità del credito con l'espressione "ammissione del nuovo credito". Pertanto, un credito, per potere essere insinuato tardivamente, deve essere diverso (in base ai criteri del "petitum" e della "causa petendi") da quello fatto valere nell'insinuazione ordinaria, fermo restando che ad integrare la diversità della domanda non è sufficiente il mero dato quantitativo e neanche una diversa connotazione del medesimo credito (cfr. in tal senso la già citata cass. n. 751 del 1997; cfr. anche cass. n. 3535 del 1988, secondo cui la definitività dello stato passivo del fallimento spiega effetti vincolanti anche con riguardo al "quantum" dei crediti ammessi e, pertanto, non consente la successiva proposizione di istanze di insinuazione tardiva, per pretendere maggiori importi che si assumano discendenti dallo stesso titolo già fatto valere con la domanda di ammissione al passivo). Alla luce di questi principi al problema, che questo collegio è chiamato a risolvere, e cioè se l'ammissione al passivo fallimentare, sulla base di cambiali, di una parte del credito, rappresentato sin dall'origine da un certo numero di cambiali di identico importo, ma con diverse scadenze mensili, precluda o meno l'ammissibilità della insinuazione tardiva del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate, deve essere data risposta positiva. Ancorché il diritto cartolare o letterale correlativo all'obbligazione nascente dalla creazione e dalla messa in circolazione della cambiale sia un diritto a sé stante, l'emissione del titolo si collega pur sempre ad un rapporto giuridico causale (rapporto fondamentale) e se è pur vero che il diritto incorporato nel titolo trae la sua misura esclusivamente dalla lettera del titolo e resta del tutto autonomo rispetto ad ogni precedente rapporto relativo all'emissione o alla trasmissione del titolo, è pur vero che i principi della letteralità ed autonomia non operano più quando rapporto cartolare e rapporto fondamentale riguardano aree coincidenti, interessando i medesimi soggetti. Come posto in evidenza da autorevole dottrina, il principio della letteralità e dell'autonomia del diritto cartolare operano solo nei rapporti tra il debitore ed il terzo possessore del titolo, perché nei rapporti tra contraenti diretti (ed è il caso di specie, riguardando la presente controversia l'emittente ed il prenditore del titolo cambiario) il rapporto cartolare viene riassorbito dal rapporto fondamentale, come si evince dall'art. 1993 cod. civ., che ammette l'opponibilità al possessore del titolo delle eccezioni a questo personali, derivanti cioè da rapporti extracartolari. Questa corte ha costantemente affermato, poi, che l'emissione del vaglia cambiario fa presumere, nei rapporti diretti tra emittente e prenditore, l'esistenza di un negozio sottostante, giustificativo dell'obbligazione cartolare (cfr. cass. n. 1126/93; cass. n. 4041/82; cass. n. 3878/77; cass n. 4094/75). Pertanto, fra i soggetti che cumulano la veste di parti del rapporto cartolare e di parti del rapporto sottostante ed, in particolare, ancor più tra emittente e primo prenditore del vaglia cambiario, stante la presunzione (iuris tantum) di esistenza di un negozio sottostante, con l'esercizio dell'azione cambiaria deve ritenersi dedotta "virtualmente" in giudizio - come rettamente osservato dalla corte d'appello - la causa del credito e, quindi l'azione causale, atteso che le due azioni presentano sia identità di "petitum" che di "causa petendi" ricollegandosi entrambe ad una vicenda giuridica sostanzialmente unitaria (cfr. in tal senso cass. n. 2872/63; cass. n.21/67; cass. n. 186/1969; cass. n. 285/72; cass. n. 4654/86; cass. n. 1705/95; cass. n. 8990/97). Pertanto la s.p.a. Valfina con la domanda ordinaria avrebbe dovuto chiedere il pagamento dell'intero credito, atteso che l'art. 93 della legge fallimentare le imponeva di indicare l'entità del credito ed il titolo a suo fondamento e, proponendo l'azione cambiaria, anche se limitata ad alcuni titoli, faceva implicitamente valere, trattandosi di contraenti diretti, anche il rapporto sottostante. Su tale domanda, con il decreto di ammissione allo stato passivo si è formato il giudicato anche in relazione al quantum, sicché non le era più consentito e, non era neppure più consentito all'intervenuto Fallimento, di chiedere l'ammissione al passivo fallimentare di un maggiore importo, ancorché rappresentato da differenti cambiali, basato sullo stesso rapporto fondamentale. Né è di ostacolo a tale soluzione - come invece sostenuto con il primo motivo di ricorso - il fatto che le cambiali azionate siano delle cambiali ipotecarie e che sia assistito da ipoteca - secondo il ricorrente - soltanto il credito cartolare. Infatti il diritto alla prelazione in base alle sole cambiali non esclude il collegamento del diritto di credito, portato dalle cambiali azionate dal primo prenditore nei confronti dell'emittente, con il rapporto fondamentale o sottostante, essendo l'ipoteca soltanto un accessorio del credito cartolare. Neppure - con riferimento al secondo motivo - rappresenta un ostacolo alla soluzione summenzionata la facoltà del creditore di una determinata somma, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di chiedere giudizialmente un adempimento parziale con riserva di azione per il residuo, atteso che questa corte con la sentenza n. 108 del 10 aprile 2000, resa a sezioni unite, ha riconosciuto al creditore detta facoltà a condizione che, nel chiedere giudizialmente l'adempimento parziale, abbia fatto espressa riserva di azione per il residuo, cosa che non risulta aver fatto la s.p.a. Valfina Finanziamenti nel proporre la domanda ordinaria di ammissione al passivo. Comunque il principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza su indicata non sembra applicabile nel fallimento, contrastando tale principio con il contenuto necessario della domanda di ammissione al passivo, come prescritto dal primo comma dell'art. 93 della legge fallimentare, nonché con le esigenze di speditezza della procedura fallimentare. Neppure è di ostacolo alla soluzione adottata - come sostenuto invece con il terzo motivo - il fatto chele cambiali avessero scadenze differenti ed alcune successive alla dichiarazione di fallimento della D., atteso che, in virtù dell'art. 55 della legge fallimentare, i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento; vale a dire, i crediti non scaduti si considerano immediatamente esigibili. Infine la prospettata soluzione non trova un insuperabile ostacolo nemmeno nel fatto che la Valfina Finanziamento s.p.a. non era in possesso di tutte le cambiali rappresentanti l'intero credito e, quindi, non era in condizione di offrire al debitore la restituzione delle cambiali e di depositarle in cancelleria, come prescritto dall'art. 66, ultimo comma, della legge cambiaria per l'esercizio dell'azione causale. Vale osservare in proposito che l'inosservanza dell'onere di deposito delle cambiali in cancelleria di cui all'ultimo comma dell'art. 66 anzicitato non è riconducibile alla categoria dei presupposti processuali o delle condizioni dell'azione, ma attiene esclusivamente ai requisiti per l'esame del merito della domanda, in relazione ad esigenze, di natura disponibile, del debitore, per cui detta inosservanza non è rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione del debitore, sollevata tempestivamente di fronte al giudice del merito (cfr. in tal senso cass. n. 3221/84, resa a sezioni unite; cass. n. 12130/91; cass. n. 2084/98); inoltre l'art. 95 della legge fall. prevede la possibilità dell'ammissione con riserva della produzione dei documenti giustificativi, disposizione che sicuramente si riferisce a documenti come le cambiali, che in ragione del loro regime di circolazione, possono non essere, sia pure provvisoriamente, nella materiale disponibilità del creditore. La summenzionata conseguenza della inosservanza dell'onere di. deposito delle cambiali e la suindicata possibilità di chiedere l'ammissione al passivo con riserva del deposito dei documenti giustificativi costituiscono valide ragioni per concludere che la temporanea mancanza del possesso dei titoli cambiari non costituisce un impedimento giuridico o di fatto all'esercizio dell'azione causale nel procedimento fallimentare. Per quanto precede il ricorso deve essere rigettato. Non deve essere emesso nessun provvedimento sulle spese, non essendosi l'intimato fallimento costituito in giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Cosí deciso in Roma il primo marzo 2001.












 

 

 


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