Corte
costituzionale, sentenza 04 luglio 2001, n. 211
Illegittimità
costituzionale dell'art. 195, quarto comma, del regio decreto
16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il
termine per proporre opposizione contro la sentenza che
dichiara lo stato di insolvenza di impresa soggetta a liquidazione
coatta amministrativa decorre, anche per l'impresa, dall'affissione
invece che dalla notificazione della sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
Cesare
RUPERTO, Presidente - Massimo VARI - Riccardo CHIEPPA -
Gustavo ZAGREBELSKY - Valerio ONIDA - Carlo MEZZANOTTE -
Fernanda CONTRI - Piero Alberto CAPOTOSTI - Annibale MARINI
- Franco BILE - Giovanni Maria FLICK, Giudici
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
N. 211 DEP. IL 04.07.2001
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'art.
195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa),
promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999 dal Tribunale
di Udine nel procedimento civile proposto dal Centro regionale
servizi (CRS) contro l'Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS) ed altri, iscritta al n. 162 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visto
l'atto di costituzione dell'INPS;
udito
nell'udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore
Annibale Marini.
Ritenuto
in fatto
1.-
Nel corso di un giudizio di opposizione contro una sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza, il Tribunale di
Udine, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale dell'art. 195, quarto
comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa),
nella parte in cui dispone che il termine per fare opposizione
contro la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di
un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa
decorre, anche per l'impresa, dalla data di affissione invece
che da quella di notificazione della sentenza.
Premessa
la rilevanza della questione - in quanto il giudizio a quo
ha ad oggetto una opposizione proposta dall'impresa della
quale è stato dichiarato lo stato di insolvenza entro
i trenta giorni dalla notificazione della sentenza ma oltre
il trentesimo giorno dalla sua affissione - il rimettente
osserva come l'affissione della sentenza è un mezzo
di pubblicità che crea una mera presunzione legale
di conoscenza dell'atto. La previsione di notificazione
della sentenza, pur contenuta nel terzo comma dello stesso
art. 195 della legge fallimentare, non offrirebbe, d'altro
canto, certezza che il debitore sia posto in condizione
di conoscere tempestivamente l'avvenuta dichiarazione dello
stato di insolvenza, in quanto nel sistema della legge non
è prescritta l'anteriorità o simultaneità
di detta notificazione rispetto all'affissione.
Il
ricorso all'affissione, quale mezzo di comunicazione dell'atto,
troverebbe, dunque, giustificazione - ad avviso del rimettente
- nei soli casi in cui, per il rilevante numero dei destinatari
o per la difficoltà di individuarli tutti, si riveli
concretamente impossibile il ricorso a forme di comunicazione
diretta, ma non certo quando il destinatario sia, come nella
specie, sicuramente ed agevolmente identificabile.
La
norma impugnata risulterebbe, pertanto, in contrasto sia
con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,
per l'ingiustificata equiparazione, ai fini della decorrenza
del termine per l'opposizione, tra l'impresa di cui viene
dichiarato lo stato di insolvenza e qualsiasi altro interessato,
genericamente indicato, sia con il diritto di difesa tutelato
dall'art. 24 Cost., per il pregiudizio che ne deriva all'effettività
del diritto di difesa dell'impresa medesima.
Ricorda,
da ultimo, il rimettente come la Corte abbia già
dichiarato l'illegittimità costituzionale di numerose
altre norme della legge fallimentare, proprio nella parte
in cui prevedevano, anche per il debitore, il decorso di
termini decadenziali dalla data di affissione del provvedimento
oggetto di impugnazione.
2.-
Si è costituito in giudizio l'Istituto nazionale
della previdenza sociale (INPS), creditore istante convenuto
nel giudizio di opposizione, concludendo per la declaratoria
di inammissibilità o di infondatezza della questione.
Ad
avviso della parte, la questione sarebbe irrilevante nel
giudizio a quo in quanto, essendo stata la sentenza notificata
il giorno successivo a quello di affissione, l'impresa avrebbe
potuto, con l'ordinaria diligenza, accertare tempestivamente
la data di affissione ai fini della proposizione dell'opposizione.
La
questione sarebbe, comunque, infondata nel merito essendo
il termine, di trenta giorni, fissato per l'opposizione
dalla norma impugnata, talmente ampio da evitare qualsiasi
compromissione del diritto di difesa, considerato anche
che il terzo comma dello stesso art. 195 della legge fallimentare
comunque prevede - a differenza dell'art. 18 della medesima
legge, dichiarato illegittimo in parte qua con sentenza
n. 151 del 1980 - unitamente all'affissione la notificazione
della sentenza.
Considerato
in diritto
1.-
Il Tribunale di Udine dubita, in riferimento agli artt.
3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale
dell'art. 195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa), nella parte in cui dispone che il
termine per proporre opposizione contro la sentenza che
dichiara lo stato di insolvenza di un'impresa soggetta a
liquidazione coatta amministrativa decorre, anche per l'impresa,
dalla data di affissione della sentenza invece che da quella
di notificazione.
2.-
L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) eccepisce
preliminarmente l'inammissibilità della questione,
per difetto di rilevanza, in quanto - nel caso di specie
- la notificazione all'impresa della sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza sarebbe avvenuta il giorno successivo
a quello di affissione, cosicché l'impresa stessa
avrebbe potuto, usando la normale diligenza, accertare tempestivamente
la data di affissione, dies a quo per la proposizione dell'opposizione.
L'eccezione
è priva di fondamento, in quanto la natura decadenziale
del termine per proporre opposizione priva all'evidenza
di qualsiasi rilievo lo stato soggettivo dell'opponente
e, conseguentemente, la sua eventuale negligenza nell'accertamento
della (data di) affissione della sentenza.
3.-
Nel merito, la questione è fondata.
3.1.-
L'art. 195 della legge fallimentare, pur prevedendo, al
terzo comma, che la sentenza dichiarativa dello stato di
insolvenza di un'impresa soggetta a liquidazione coatta
amministrativa venga non solo affissa ma anche notificata,
al successivo comma dispone che il termine di trenta giorni
per la proposizione dell'opposizione decorre per ogni interessato,
compresa quindi l'impresa della quale è stato dichiarato
lo stato di insolvenza, dalla data di affissione.
Al
riguardo questa Corte, scrutinando altre norme della legge
fallimentare contenenti analoga previsione di decorrenza
di termini decadenziali dalla data di affissione di provvedimenti
giurisdizionali, ha già avuto modo di affermare che
la scelta dell'affissione, quale atto idoneo a far decorrere
il termine per l'impugnazione di un atto, può essere
giustificata solo dalla difficoltà di individuare
coloro che possono avere interesse a proporre l'impugnazione
stessa (sentenze n. 273 del 1987 e n. 153 del 1980), risultando
priva di razionale giustificazione quando si tratti, invece,
di soggetti già individuati (sentenze n. 152 e n.
151 del 1980, n. 255 del 1974).
Si
è, infatti, osservato che l'affissione non può
considerarsi un equipollente della notificazione in quanto
essa determina una mera presunzione di conoscibilità
dell'atto, peraltro insuperabile (sentenza n. 255 del 1974),
compatibile con il diritto di difesa del destinatario nei
soli casi in cui l'individuazione di questi, ed il conseguente
ricorso a mezzi di comunicazione diretta dell'atto stesso,
risultino impossibili o estremamente difficoltosi.
La
norma denunciata, disponendo che il termine per la proposizione
dell'opposizione decorra, anche per l'impresa della quale
è stato dichiarato lo stato di insolvenza, cosí
come per ogni altro interessato, dalla data di affissione
della sentenza (la cui conoscenza richiede una specifica
attività di accertamento) invece che da quella della
pur prevista notificazione, si pone pertanto in contrasto
sia con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,
in quanto assoggetta ad identica disciplina situazioni significativamente
diverse, sia con il diritto di difesa dell'impresa, tutelato
dall'art. 24 Cost., in quanto rende maggiormente difficoltosa,
senza alcuna ragionevole giustificazione, la proposizione
dell'opposizione. E va, per tale aspetto, dichiarata costituzionalmente
illegittima.
PER
QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 195, quarto
comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa),
nella parte in cui prevede che il termine per proporre opposizione
contro la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di
impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa decorre,
anche per l'impresa, dall'affissione invece che dalla notificazione
della sentenza.
Cosí
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 2 luglio 2001.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 4 luglio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to:
DI PAOLA