Tribunale
di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Fallimentare, ordinanza
del 20 aprile 2001, sulla richiesta di sospensione ex art.
2378, comma quarto, c.c. di delibera assembleare di nomina
di amministratori di società di capitali, adottata
in presenza di sequestro preventivo delle quote sociali
(e con il voto determinante del custode nominato in sede
penale) e sulle modalità attuative e sugli effetti
di tale ultimo provvedimento
La massima
La richiesta di sospensione ex art. 2378 c.c. della delibera
di assemblea di società di capitali ha carattere
non decisorio e natura cautelare inibitoria ed al relativo
procedimento è applicabile la disciplina di cui agli
artt. 669 bis e ss c.p.c.
Anche in caso di sequestro preventivo delle quote societarie
ex art. 321 c.p.p. la legittimazione ad impugnare la delibera
assembleare con lazione di nullità ex art.
2379 c.c. sul presupposto della non spettanza del
diritto di voto al custode nominato in sede penale
è riconosciuta ai soci così come a chiunque
altro vi abbia interesse (ex art. 1421 c.c.) ed anche rispetto
a tale azione è configurabile lesigenza cautelare
di sospensione.
Deve astrattamente ritenersi ammissibile, ai sensi dellart.
2378, 4° comma, c.c., il provvedimento di sospensione
della delibera di nomina degli amministratori di società
di capitali, nonostante si tratti di delibera self-executing,
non necessitando di una particolare attività esecutiva
da parte del consiglio di amministrazione, né implicando
il compimento di alcuna operazione volta ad integrarne lefficacia.
Loggetto di un decreto di sequestro preventivo, il
cui dispositivo faccia riferimento alla denominazione della
società e allintero capitale sociale, è
costituito (anche) dalle quote di partecipazione al capitale
sociale.
Per lattuazione del sequestro preventivo di quote
sociali, finalizzato ad assicurare non tanto lo spossessamento
quanto invece lindisponibilità del bene, esclusi
il pignoramento mobiliare presso il debitore e lesecuzione
per consegna o rilascio, che presuppongono lesistenza
di una cosa materiale da apprendere, ed escluso il pignoramento
immobiliare, tra le modalità esecutive che raggiungono,
comunque, la finalità di rendere indisponibile il
bene sequestrato si inserisce anche lannotazione del
provvedimento di sequestro sul libro dei soci.
In caso di sequestro preventivo delle quote o delle azioni
sociali la partecipazione alle assemblee ed il diritto di
voto (anche in ordine alleventuale nomina e revoca
degli amministratori) spettano al custode designato in sede
penale, la cui designazione, unitamente al decreto di sequestro
preventivo, risultano annotati dallufficiale giudiziario
nel libro soci.
Il giudice civile è libero di interpretare il decreto
con cui il giudice penale sottopone a sequestro le quote
sociali, perché il decreto in parola si pone quale
antecedente logico-giuridico della decisione richiestagli,
ma, una volta ravvisata eventualmente lillegittimità
del provvedimento penale venuto sia pure in via incidentale
al suo esame, non può, salvo il caso dellinesistenza
materiale, "disapplicarlo" (non avendogliene alcuna
norma attribuito il potere), se non nei limiti (e nella
misura) in cui gli stessi interessati abbiano azionato (utilmente)
le procedure previste dalla legge per la rimozione degli
effetti di un illegittimo decreto di sequestro preventivo
(a cura di Luciano Ciafardini).
Lordinanza
TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE
- Sezione fallimentare -
N. 2113/2000/S R.G.
IL GIUDICE DESIGNATO ed ISTRUTTORE
dott. Stanislao De Matteis,
letto il ricorso ex art. 2378, 4° comma, c.c., depositato
in cancelleria il 30/12/2000, con il quale Passarelli Gianluca,
Passarelli Biagio, Passarelli Davide e Passarelli Franco,
nella veste di soci della I.P.A.M. S.r.l. (rapp.ti e difesi
dallavv.to Domenico Stanga), chiedono la sospensione
della delibera assembleare della I.P.A.M. S.r.l. assunta
in data 22/11/2000;
lette le comparse di risposta depositate il 9/2/2000 dalla
I.P.A.M. S.r.l. (rapp.ta e difesa dallavv.to Faustino
Manfredonia), dal custode giudiziario, avv.to Francesco
Russo, (rapp.to e difeso dal prof. avv.to Amedeo Bassi)
e dallamministratore nominato con delibera del 22/11/2000,
dott. Ulderico Catania, (rapp.to e difeso dallavv.to
Faustino Manfredonia), contenenti richieste di rigetto in
rito e in merito dellazionato ricorso cautelare;
esaminati gli atti e lette le memorie autorizzate depositate
in date 20-27/02/2001;
udite le parti costituite e presenti;
letti gli artt. 669 bis e ss. c.p.c. e 2378 c.c.;
sciolta la riserva formulata alludienza del 10/04/2001;
OSSERVA
1. Premesso che, ai sensi dellart. 2378, 4° comma,
c.c., "il presidente del tribunale o il giudice istruttore,
sentiti gli amministratori e i sindaci, può sospendere,
se ricorrono gravi motivi, su richiesta del socio opponente,
lesecuzione della deliberazione impugnata con decreto
motivato da notificarsi agli amministratori", va innanzitutto
chiarito che la richiesta di sospensione della delibera
assembleare ha carattere non decisorio e natura cautelare
(la natura cautelare dellistituto è esplicitamente
affermata nella Relazione Ministeriale al codice civile
[n. 975]; per la giurisprudenza di legittimità, cfr.
Cass. 6571/1986; per la giurisprudenza di merito, vedi,
tra le tante, Tribunale S. Maria C.V. 23/03/1999, in Società,
1999, 1360, Tribunale Ravenna 12/1/1998, ivi, 1998, 468,
Tribunale Milano 26/3/1997, in Giur. it., 1998, I, 2, 299,
Tribunale Verona 30/6/1995, in Giur. mer., 1997, 548, Tribunale
Napoli 23/6/1995, in Dir. giur., 1995, 436, Tribunale Milano
19/5/1993, in Giur. comm., 1993, II, 736, Tribunale Napoli
6/2/1990, in Dir. fall., 1990, 115, Tribunale Napoli 24/1/1989,
in Società, 1989, 586, Tribunale Milano 21/6/1988,
in Giur. comm., 1988, II, 904, Tribunale Genova 19/1/1988,
in Società, 1988, 273).
Precisamente la natura del provvedimento è cautelare
inibitoria, essendo diretto ad impedire che il diritto delle
parti possa essere pregiudicato nelle more del giudizio
ordinario (nello stesso senso, v. Tribunale Napoli 30/7/1994,
in Giust. civ., 1995, I, 1678).
Il provvedimento sulla sospensione di una delibera assembleare
si inserisce, infatti, nel giudizio di impugnazione della
delibera stessa, e, quindi, riveste funzione meramente cautelare,
in quanto esso perderà efficacia con la emissione
della sentenza che deciderà sullimpugnazione,
dal momento che con tale emissione il diritto soggettivo
rimarrà inciso soltanto dalla sentenza (cfr. Cass.
10172/1993, Cass. 12238/1992).
1.1.
Accertata la natura cautelare del provvedimento ex art.
2378, 4° comma, c.c., va osservato che lart. 669
quaterdecies c.p.c., quale norma di chiusura, prevede un
generale ambito applicativo della nuova regolamentazione
dei procedimenti cautelari, salvo il limite delle compatibilità,
ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III, IV del
capo III Titolo I Libro IV del c.p.c. nonché in quanto
compatibili agli altri provvedimenti cautelari previsti
dal c.c. e dalle leggi speciali. Intento del legislatore
si appalesa la semplificazione dei riti, uniformando il
procedimento cautelare mediante la realizzazione di un paradigma
generale di riferimento.
Per quanto riguarda la richiesta di sospensione delle delibere
assembleari, la dottrina, con motivazioni del tutto condivisibili,
ritiene applicabile, fatta eccezione della possibilità
di chiedere la misura ante causam (in giurisprudenza, v.
Tribunale Napoli 4/2/1997, in Società, 1997, 1059;
contra, sullo specifico punto, cfr. Tribunale Bologna 15/9/1992,
in Giur. it., 1994, I, 2, 829; vedi pure Tribunale Salerno
18/1/1995 e 22/12/1994, in Giur. comm., 1995, II, 694, secondo
cui, prima ancora dellinstaurazione del giudizio di
merito, il socio escluso da una società cooperativa
può richiedere un provvedimento cautelare di sospensione
degli effetti della delibera di esclusione), la disciplina
di cui agli artt. 669 bis e ss c.p.c..
Il provvedimento ex art. 2378 c.c., grazie allestrema
concisione del dato normativo, offre, infatti, minori problemi
di compatibilità rispetto ad altre misure extravagantes.
In effetti la novella ha dato una procedura ad un istituto
che ne era sostanzialmente privo. Ed allora va senzaltro
affermata lapplicabilità della nuova disciplina
al provvedimento cautelare di inibitoria in questione ex
art 669 quaterdecies c.p.c. (cfr., nello stesso senso, Tribunale
S. Maria C.V. 5/11/1996, in Società, 1997, 558, Tribunale
Reggio Calabria 9/5/1994, in Foro it., 1994, I, 2524, Tribunale
Lametia 12/6/1993, in Riv. dir. comm., 1994, II, 99, Tribunale
Torino 18/1/1993, in Giur. it., 1993, I, 2, 140).
2.
Passarelli Gianluca, Passarelli Biagio, Passarelli Davide
e Passarelli Franco, con (separato) ricorso ex art. 2378,
4° comma, c.c. depositato in cancelleria il 30/12/2000,
hanno chiesto che il presidente del tribunale o il giudice
istruttore volesse(ro) sospendere il deliberato dellassemblea
dei soci della I.P.A.M. S.r.l. del 22/11/2000, nella parte
in cui è stato nominato amministratore della società
lavv.to Francesco Russo.
Il Presidente con decreto del 10/01/2001, visto lart.
669 ter c.p.c., ha designato per la trattazione il dott.
S. De Matteis. Nello stesso giorno (10/01/2001) il dott.
S. De Matteis è stato designato per la trattazione
ed istruzione del giudizio di merito avente ad oggetto limpugnativa
della delibera assembleare, di cui, ex art. 2378, 4°
comma, c.c., è stata richiesta la sospensione.
Ad avviso del giudicante, la domanda cautelare è
stata ritualmente proposta al Presidente del tribunale,
atteso che la stessa è stata depositata in data 30/12/2000
ovvero in un momento antecedente alla designazione (da parte
del Presidente della 3° sezione civile) del giudice
istruttore della causa di merito (avvenuta in data 10/1/2001)
e della stessa assegnazione della causa alla 3° sezione
civile (avvenuta in data 8/1/2001), designazione ed assegnazione
avvenute, pertanto, entrambe successivamente alla data del
deposito del ricorso cautelare, (data del deposito) coincidente,
però, con quella della iscrizione a ruolo del giudizio
di merito.
Non essendo, quindi, stato ancora nominato listruttore,
la parte ricorrente, correttamente, ha rivolto listanza,
giusto il disposto dellart. 669 quater, 2° comma,
c.p.c. (qui applicabile: vedi, supra, punto 1.1.), al Presidente
del tribunale, il quale nel provvedere (in data 10/01/2001,
senza indicazione di orario) ha designato per la trattazione
del ricorso cautelare proprio il giudice indicato (in data
10/01/2001, senza indicazione di orario) per listruzione
del giudizio di merito, il quale, conseguentemente, risulta
ritualmente investito della domanda cautelare essendosi
verificata la coincidenza tra il giudice designato ex art.
669 ter c.p.c. (richiamato dal 2° comma dellart.
669 quater c.p.c.) ed il giudice istruttore "competente"
ai sensi del 4° comma dellart. 2378 c.c..
3.
La I.P.A.M. S.r.l., nel costituirsi nel giudizio cautelare,
ha eccepito il difetto di legittimazione e di interesse
dei ricorrenti, essendo le quote tutte della I.P.A.M. S.r.l.
sottoposte a sequestro preventivo.
Leccezione, da qualificare più propriamente,
di difetto di legittimazione ad agire (leggi, legitimatio
ad causam) devessere correlata allazione (concretamente)
esercitata in sede di merito dai ricorrenti.
Invero, mentre lazione di annullamento (art. 2377,
2° comma, c.c.) può essere esercitata dagli amministratori,
dai sindaci e dai soci assenti o dissenzienti, e, nel caso
di assemblee ordinarie, dai soci con diritto di voto limitato,
lazione di nullità può essere esercitata,
ai sensi dellart. 2379 c.c. (che richiama espressamente
lart. 1421 c.c.), da chiunque vi abbia interesse.
E bene, ritenuta lesistenza del sequestro preventivo
delle quote (vedi, infra, punto 7.1.3.3.), se i ricorrenti
avessero esercitato lazione di annullamento della
delibera assembleare del 22/11/2000 si sarebbe potuto dubitare
della loro legittimazione ad agire, ritenendo autorevole
dottrina che la legittimazione ad impugnare ex art. 2377
c.c. appartenga al (solo) custode, cui spetti, come nella
specie (vedi, infra, punto 7.1.3.4.), il diritto di voto.
Volendo seguire, per ipotesi, tale opinione, il sequestro
preventivo di tutte le quote avrebbe privato i soci di tutti
i diritti ad esse relativi, sì che dovrebbe conseguentemente
affermarsi il difetto di legittimazione attiva dei soci,
spettante, per converso, al solo custode designato in sede
penale.
La tesi appena indicata, però, non è lunica
sostenuta, ritenendo altra dottrina, altrettanto autorevole,
che al socio possano essere sottratti soltanto i poteri
che espresse norme di legge gli tolgono, fra cui non sarebbe
ricompreso appunto, in caso di sequestro preventivo, il
potere di impugnare le delibere assembleari che loro spetterebbe,
secondo alcuni, esclusivamente, secondo altri, unitamente
a quello del custode giudiziario.
Ciò posto, non può revocarsi in dubbio che
i ricorrenti abbiano esercitato in sede di merito unazione
di nullità/inesistenza (cfr. petitum e causa petendi
dellatto di citazione), sì che la loro legittimazione
attiva devessere vagliata con riferimento non allart.
2377 c.c., bensì allart. 2379 c.c..
Ne consegue che (i ricorrenti) devono ritenersi legittimati
ad impugnare (vedi pure, infra, punto 7.1.1.1., in fine),
come chiunque altro vi abbia interesse (art. 1421 c.c.),
la delibera assembleare del 22/11/2000, avendo prospettato,
non solo la loro qualità di soci, ma anche una precisa
situazione giuridica suscettibile di essere pregiudicata
dalla delibera asserita nulla/inesistente, la cui (eventuale)
insussistenza in fatto dovrebbe impedire (almeno secondo
la maggioranza degli interpreti; in giurisprudenza cfr.
Cass. 1839/1986, Cass. 1699/1985, Tribunale Napoli 13/4/2000,
in Società, 2000, 1114) soltanto laccoglimento
nel merito della domanda (altra parte della dottrina e della
giurisprudenza [cfr. Appello Firenze 14/1/1965, in Foro
it., 1965, I, 317, Tribunale Torino 20/12/1975, in Giur.
comm., 1976, II, 194, nonché, sia pure in termini
non del tutto chiari, Cass. 3881/1988] ritiene che il socio
che agisce ai sensi dellart. 2379 c.c. non sarebbe
tenuto a provare linteresse processuale ex art. 100
c.p.c., avendo un incontestabile interesse "a che le
delibere della società siano conformi a legge e allatto
costitutivo").
4.
Il dott. Ulderico Catania, nominato amministratore della
I.P.A.M. S.r.l. con limpugnata delibera del 22/11/2000
ed al quale è stato notificato sia latto di
citazione per il merito sia il ricorso ex art. 2378 c.c.,
ha eccepito, in limine litis, il proprio difetto di legittimazione
passiva.
E bene, assumendo la questione rilevanza soltanto ai fini
della pronuncia in materia di spese giudiziali (da rimandare
allesito del giudizio di merito: vedi, infra, punto
8), va qui solo ricordato che gli unici precedenti editi
(rinvenuti) negano che difetti lintegrità del
contraddittorio in un procedimento di impugnazione di delibera
assembleare nel quale non siano state citate le persone
elette alle varie cariche sociali dalla delibera impugnata.
La ragione addotta da Tribunale Perugia 28/2/1950 (in Foro
it., 1951, I, 1447) risiede nel fatto che oggetto del giudizio
di impugnazione sarebbe soltanto la delibera di nomina alle
cariche sociali, che è riferibile esclusivamente
alla società e non agli amministratori ed ai sindaci
nominati con la delibera impugnata, i quali - come destinatari
di un semplice "effetto" - sarebbero tuttal
più legittimati a sostenerne la validità in
sede di intervento ad adiuvandum. La ragione addotta da
Tribunale Palermo 6/6/1962 (in Giur. sic., 1962, 504) è
che la delibera assembleare, in quanto atto imputabile unicamente
alla società, è inidonea a costituire fonte
di rapporti intersoggettivi fra questultima ed altri
soggetti, ivi compresi quelli preposti ad altri organi sociali,
i quali, dunque, non essendo parte del rapporto sostanziale
scaturente dalla delibera ma solamente destinatari di effetti
riflessi della medesima, non potrebbero essere considerati
litisconsorti necessari della società nel giudizio
che quella delibera mira a rimuovere.
Secondo autorevole dottrina, invece, i principi vorrebbero
che, nel caso in cui fosse impugnata la delibera di nomina
ad una carica sociale, la domanda fosse proposta nei confronti
non solo della società ma anche dellamministratore
o del sindaco interessato, in quanto il provvedimento che
si invoca, essendo diretto a travolgere gli effetti giuridici
della delibera, dovrebbe essere pronunciato, pena la sua
inutilità, nei confronti di tutti coloro che di tali
effetti sono i destinatari (arg. ex art. 102 c.p.c.).
5.
Il custode giudiziario ha eccepito linammissibilità
del ricorso, non essendo suscettibile di sospensione la
delibera "la cui efficacia non richiede specifici atti
per integrarne loperatività", alluopo
richiamando il noto decreto del tribunale di Monza del 28/09/1981
(in Giur. comm., 1982, II, 333).
Pur non ignorando che il Tribunale di S. Maria C.V. ha in
passato sostenuto che "le delibere
la cui
efficacia non richiede specifici atti per integrarne loperatività,
o perché non eseguibili dal consiglio, o perché
direttamente costitutive di situazioni giuridiche immediatamente
operanti, o perché di fatto già eseguite al
momento della richiesta di sospensione, non sono in quanto
tali possibile oggetto del provvedimento sospensivo richiesto"
(cfr. ordinanza del 5/11/1996, in Società 1997, 558,
con cui, invero, il tribunale, dopo aver sostenuto, in via
di principio, quanto riportato in corsivo, ha esaminato
nel merito limpugnata ordinanza, giungendo a ritenere
inammissibile la richiesta sospensiva delle delibera negativa
per carenza dellinteresse ad agire, non realizzando
la minoranza con essa alcuna cautela), ritiene il giudicante
ammissibile, ai sensi dellart. 2378, 4° comma,
c.c., il provvedimento di sospensione della delibera di
nomina degli amministratori di società di capitali,
benché non si dubiti che la delibera de qua (come
quella di revoca) si collochi nella categoria delle delibere
self-executing, non necessitando di una particolare attività
esecutiva da parte del consiglio di amministrazione, né
implicando il compimento di alcuna operazione volta ad integrarne
lefficacia.
La sospensione può, infatti, essere richiesta anche
quando la deliberazione abbia già avuto parziale
esecuzione, ma sia ancora destinata a produrre effetti sulla
struttura della società e sulla sua organizzazione.
La natura cautelare del rimedio concesso dallart.
2378 c.c. richiede che il provvedimento di sospensione possa
essere pronunciato (anche) quando, pur senza necessità
di ulteriori atti di esecuzione, la deliberazione risulti
suscettibile di continuare a produrre la propria efficacia,
perché, non essendovi distinzione sostanziale fra
efficacia ed esecuzione, il solo limite logico-giuridico
che può precludere la pronuncia della sospensione
può essere costituito dalla circostanza che gli effetti
della deliberazione si siano definitivamente realizzati
ed esauriti.
Nella prospettiva indicata non si ritiene che una simile
eventualità sia configurabile in ordine alla delibera
di nomina degli amministratori di società di capitali;
se è vero, infatti, che tale delibera riceve immediata
esecuzione a seguito della contestuale accettazione della
carica da parte degli interessati, è altrettanto
certo che essa è destinata a produrre i propri effetti
per lintero periodo di durata dellincarico conferito
agli amministratori; ne consegue dunque che, sino a quando
perdura lefficacia della nomina, il provvedimento
cautelare di sospensione previsto dallart. 2378, 4°
comma, c.c. è astrattamente ammissibile (cfr. Tribunale
Bari 18/5/1999, in Giur. comm., 2000, II, 152, Tribunale
Roma 27/01/1995, in Giur. merito, 1995, 691, Tribunale Napoli
13/01/1993, in Dir. fall., 1993, II, 572, Tribunale Piacenza
6/05/1989, in Società, 1989, 1167, Tribunale Napoli
24/01/1989, ivi, 586, Tribunale Milano 21/06/1988, in Giur.
comm., 1988, II, 904, Tribunale Sulmona 17/07/1986, in Dir.
fall., 1986, II, 727, Tribunale Chieti 23/10/1975, in Giur.
comm., 1976, II, 359, Tribunale Avezzano 19/07/1974, ivi,
1976, II, 359, Tribunale Palermo 12/09/1961, in Giust. civ.,
1961, I, 1891), e ciò senza tacere che, essendo le
delibere di nomina quelle foriere di maggiori pericoli,
proprio nei confronti delle stesse si giustificherebbe la
previsione del provvedimento cautelare di sospensione.
6.
Ancora in via preliminare, avendo dedotto la parte ricorrente
la nullità/inesistenza del deliberato assembleare
(cfr. petitum dellatto di citazione) essendo stata
la deliberazione del 22/11/2000 adottata con una maggioranza
alla formazione della quale avrebbero preso parte soggetti
privi del diritto di voto (cfr. pag. 4 dellatto di
citazione), va ribadito che la sospensione dellesecuzione
di una deliberazione assembleare di società di capitali
è ammessa anche con riguardo alle azioni di nullità
e/o inesistenza, non potendosi negare la configurabilità
di siffatta esigenza cautelare anche nei casi, ben più
gravi, nei quali sia dedotta la nullità e/o linesistenza
del deliberato assembleare, anziché invocato il solo
annullamento (cfr. Tribunale S. Maria C.V. 11/11/1999, in
Società, 2001, 226, Tribunale S. Maria C.V. 23/03/1999,
cit., Tribunale Verona 25/9/1995, in Società, 1996,
539, Tribunale Napoli 23/6/1995, in Foro it., 1995, I, 3324,
Tribunale Roma 20/3/1995, in Dir. fall., 1995, II, 910,
Pretura Verona 8/10/1992, in Società, 1993, 373).
Ciò premesso, per quanto qui interessa, sebbene la
questione non abbia, per quanto esposto nei successivi punti,
diretta incidenza nel giudizio ex art. 2378, 4° comma,
c.c., occorre rammentare che:
· secondo alcuni la partecipazione al voto di soggetti
non legittimati dia luogo a semplice annullabilità
(in giurisprudenza, cfr. Cass. 938/1975);
· altri discorrono di nullità (in giurisprudenza,
cfr. Tribunale Roma15/11/1975, in Giur. comm., 1977, II,
405);
· altri ancora discettano di inesistenza (in giurisprudenza,
cfr. Cass. 45/1966).
7.
Con decreto del 28/11/1995, il G.I.P. presso il tribunale
di Napoli (letta la richiesta del p.m. di sequestro preventivo
ai sensi dellart. 321 c.p.p., in relazione allart.
12 sexies d.l. 399/1994, conv. in l. 505/1994, avente ad
oggetto i beni di Passarelli Dante) ha disposto il sequestro
preventivo, tra gli altri beni, della "I.P.A.M. Industria
Prodotti Alimentari ed Affini Merdionali S.r.l.", con
capitale sociale di £. 650.000.000.
A fondamento del citato decreto di sequestro, il G.I.P.,
premesso che Passarelli Dante era indagato (allo stato)
per il delitto di cui allart. 416 bis c.p., ha rilevato
che la P.G., nello svolgimento delle indagini dirette allacquisizione
di elementi di responsabilità per il suddetto reato,
aveva accertato la disponibilità da parte del prevenuto
di beni immobili, di veicoli e di attività produttive
di entità assolutamente incompatibile con la capacità
di produzione di reddito da parte del Passarelli, senza
che, dagli atti processuali, fosse emersa alcuna giustificazione
in ordine alla loro legittima provenienza, ragion per cui
i beni in questione (oltre ad agevolare la commissione di
ulteriori reati e la protrazione delle conseguenze del delitto)
rientravano nella previsione di cui allart. 321, 2°
comma, c.p.p., essendo per gli stessi prevista la confisca
obbligatoria.
La corte di Assise di S. Maria C.V., II sezione, giudice
procedente, in data 15/11/2000, nel disporre che il custode
giudiziario, nel partecipare allassemblea della I.P.A.M.
S.r.l., si attenesse alle direttive esplicitate, ha "
preliminarmente
specificato che, per quanto riguarda le due società
in sequestro
, risulta sottoposto al vincolo
di indisponibilità lintero capitale sociale
(e dunque lo stesso patrimonio sociale, secondo linterpretazione
fornita da questa Corte con provvedimento del 14.2.2000,
già portato a conoscenza dei custodi giudiziari),
essendo stata ritenuta, in sede di emissione del decreto
di sequestro, la riconducibilità allimputato
Passarelli Dante di entrambe le compagini societarie nella
loro interezza. Ciò comporta, in tutta evidenza che:
i
custodi giudiziari sono chiamati
ad esercitare,
in costanza di sequestro, tutti i diritti relativi alle
quote sociali
" (pag. 1).
Con istanza del 24/11/2000, il difensore di Passarelli Dante,
imputato nel processo "Spartacus I", nel chiedere
la revoca delle decisioni adottate nellassemblea dei
soci del 22/11/2000, eccepiva, tra le altre cose, che il
decreto di sequestro del 28/11/1995 "non colpisce le
quote sociali e tanto meno si riferisce a quote intestate
a terzi" (pag. 1).
La corte di Assise di S. Maria C.V., II sezione, con provvedimento
del 5/12/2000, reso in risposta allistanza del 24/11/2000,
scriveva che "
il necessario collegamento tra
la motivazione dellordinanza personale e quella dellordinanza
patrimoniale, conduce in modo del tutto inequivoco a ritenere
che il GIP, nel sottoporre a sequestro i beni dellimputato
Passarelli Dante, ha operato una legittima presunzione di
disponibilità in capo allimputato delle intere
compagini societarie assoggettate al provvedimento di sequestro
Il
dispositivo del provvedimento di sequestro, infatti, fa
riferimento alla denominazione delle compagini societarie
ed allintero capitale sociale delle due società.
Non può pertanto nutrirsi dubbio alcuno circa il
fatto che già della emissione di tale provvedimento
.sono
in sequestro tutte le quote sociali (a chiunque intestate)
che compongono il capitale sociale
.." (pagg.
2 e 3).
Sulla base di queste premesse, il custode giudiziario, con
provvedimento del 15/11/2000, è stato incaricato,
in vista della convocazione dellassemblea della I.P.A.M.
S.r.l. per il giorno 9-16/11/2000 (aggiornata poi, per lora
tarda, al 22/11/2000), di provvedere, quanto al 3° punto
allordine del giorno (nomina del nuovo organo amministrativo),
alla nomina, in sostituzione di Passarelli Gianluca, del
dott. Ulderico Catania. Durante lassemblea del 22/11/2000,
lavv.to Francesco Russo, nella qualità di custode
giudiziario, "delibera e nomina amministratore unico
della società, in sostituzione del sig. Passarelli
Gianluca, il dott. Ulderico Catania".
Con atto di citazione del 21/12/2000, notificato il 22-27/12/2000
ed iscritto a ruolo il 30/12/2000, Passarelli Gianluca,
Biagio, Davide e Franco hanno impugnato, ai sensi dellart.
2378 c.c., la delibera adottata in data 22/11/2000 dallassemblea
dei soci della I.P.A.M. S.r.l.. Con ricorso ex art. 2378,
4° comma, c.c. del 29/12/2000, depositato in cancelleria
il 30/12/2000, hanno chiesto, ricorrendone gravi motivi,
la sospensione del deliberato assembleare (del 22/11/2000).
Gli attori, odierni ricorrenti, a fondamento delle loro
doglianze, premessa lillegittimità, di ordine
penalistico, "di un sequestro che colpisca beni di
soggetti non indagati, estranei al reato, potendo il sequestro
cadere sui soli beni appartenenti agli indagati" (pag.
2 del ricorso ex art. 2378, 4° comma, c.c.), rilevano
che, essendo la società a r.l. (non un bene, ma)
una persona giuridica come tale non soggetta a sequestro,
il sequestro disposto in data 28/11/2000 "si ribadisce
di beni non appartenenti alla persona indagata,
..ha
colpito, tuttal più, i beni della società
ma non le quote sociali", non identificandosi il patrimonio
aziendale con le quote sociali (pag. 2 del ricorso ex art.
2378, 4° comma, c.c.). Ne deriverebbe, a dire dei ricorrenti,
linesistenza, per il custode giudiziario, della titolarità
del diritto di voto in assemblea e, quindi, linesistenza
del deliberato del 22/11/2000, avendovi concorso "persone
prive del diritto di voto" (pag. 4 dellatto di
citazione).
Tra le righe di un decreto di sequestro, estremamente conciso
e laconico, la difesa dei ricorrenti sembra sostenere, quindi,
che, al più, leffetto unico del disposto sequestro
consiste in un vincolo di indisponibilità della cosa,
di carattere materiale e non giuridico, che non pregiudica
lesercizio dei diritti civili in essa eventualmente
incorporati, con lulteriore rilevante conseguenza
che al custode sarebbero riservati poteri di mera custodia
materiale, senza facoltà di amministrazione, conservata
dal proprietario.
7.1.
Ricostruita (brevemente) la vicenda che ha originato la
controversia de qua, ritiene il giudicante che il punto
di partenza (per sbrogliare lintricata matassa) sia
rappresentato dal decreto di sequestro preventivo emesso
dal G.I.P. in data 28/11/1995.
Si tratta, cioè, di chiarire su "cosa"
sia "caduta" (recte, abbia colpito) la misura
cautelare in oggetto, essendo noto che:
· il sequestro preventivo si esegue mediante lapprensione
del bene sequestrato;
· la notifica del provvedimento è destinata
solo a consentirne limpugnazione, con la conseguenza
che il ritardo della notifica ha solo leffetto di
ritardare la decorrenza del termine di impugnazione per
linteressato, senza dare luogo ad alcuna nullità
perché non ne pregiudica lintervento, lassistenza
o la rappresentanza (cfr. Cass. pen. 5002/1997, Cass pen.
1099/1996).
7.1.1.
Preliminare allidentificazione delloggetto del
sequestro è la chiarificazione dei concetti di società
a responsabilità limitata, di quota sociale e di
patrimonio sociale, la cui confusione sembra essere alla
base della (delicata) vertenza in atto.
La società a r.l. (artt. 2472-2497 bis c.c.) è
una società di capitali nella quale:
· per le obbligazioni sociali risponde soltanto la
società con il suo patrimonio (art. 2472, 2°
comma, c.c.);
· le quote di partecipazione dei soci non possono
essere rappresentate da beni (art. 2472, 2° comma, c.c.).
Trattasi, in ogni caso, di un autonomo soggetto di diritto,
distinto dai singoli soci, dotato di personalità
giuridica (fonte di autonomia patrimoniale perfetta), di
capacità giuridica e di capacità di agire
sua propria, del tutto autonoma e distinta rispetto a quella
degli individui che ad essa hanno dato vita. Si è
in presenza, in altri termini, di un centro di imputazione
autonoma di tutta una serie di effetti giuridici, che conseguono,
da un lato, allattribuzione di diritti e di doveri
da parte dellordinamento giuridico e, dallaltro,
allesercizio di tali diritti in funzione strumentale
al perseguimento dello scopo.
Ed allora, la proprietà ed il possesso dei beni costituenti
lazienda sociale fanno capo direttamente alla società,
in quanto autonomo soggetto di diritto; quindi, la proprietà
e la relazione di fatto con i beni aziendali non è
imputabile (direttamente) ai singoli soci, ma alla società
stessa. In altri termini, i beni conferiti in società
non sono beni in comproprietà dei soci, ma costituiscono
il patrimonio sociale, distinto da quello dei singoli soci
conferenti.
Più precisamente, il patrimonio sociale è
il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che
fanno capo al soggetto societario. Esso è inizialmente
costituito dai conferimenti eseguiti (o promessi) dai soci;
successivamente subisce continue variazioni qualitative
e quantitative in relazione alle vicende economiche della
società. La consistenza del patrimonio sociale (attività
e passività) è accertata periodicamente attraverso
la redazione annuale del bilancio di esercizio.
Diversa dalla nozione di patrimonio sociale è la
nozione di capitale sociale (nominale), che altro non è
se non unentità numerica (id est, una cifra
pattuita nellatto costitutivo, che non deve essere
inferiore a un ammontare minimo legale) che esprime il valore
in danaro dei conferimenti quale risulta dalla valutazione
compiuta nellatto costitutivo della società.
Non vè, infatti, alcuna norma del codice civile
che adotti o presupponga la nozione di capitale "reale",
inteso come insieme dei beni conferiti dai soci, idonei
alla garanzia dei creditori.
La quota della società a r.l., per converso, è
stata definita da dottrina e giurisprudenza, di volta in
volta, come un diritto di credito del socio verso la società,
un diritto di partecipazione diverso sia dai diritti reali
che dai diritti di credito, la posizione contrattuale del
socio verso gli altri soci, un complesso di diritti sociali,
un diritto alla qualità di socio, linsieme
di tutti i diversi diritti sociali che compongono la figura
del socio.
Prevale ora la tendenza ad oggettivizzare la quota ed a
ravvisare in essa un bene mobile immateriale equiparato,
ex art. 812 c.c., ad un bene mobile materiale non iscritto
in pubblico registro, perché senzaltro suscettibile
di formare oggetto di diritti, secondo la definizione che
dei beni in generale dà il precedente art. 810 c.c.
(cfr. Cass. 6957/2000, Cass. 697/1997, Cass. 934/1997, Cass.
7409/1986). Non può seriamente dubitarsi, infatti,
che alla quota facciano capo una serie di diritti (oltre
che di obblighi) patrimoniali ed amministrativi, come, ad
esempio, tra i primi, quello agli utili, alla quota di liquidazione,
allopzione, alla quota di rimborso in caso di capitale
esuberante, alla preferenza nellacquisto della quota
del socio moroso, di recesso; tra i secondi, quello ad essere
convocato nellassemblea dei soci, di voto, alla convocazione
dellassemblea nei casi previsti dalla legge, al controllo
dei libri sociali, sempre nei casi previsti dalla legge,
allimpugnativa delle deliberazioni assembleari, di
denunciare fatti censurabili al collegio sindacale, il diritto
di ricorrere al tribunale in caso di gravi irregolarità
nella gestione sociale; tutte cose in cui si compendia lo
status di socio e che impediscono di considerare (riduttivamente)
la quota come un puro e semplice diritto di credito.
Il diritto alla quota, quindi, ha natura obbligatoria, attiene
alla posizione dei singoli soci e non ha ad oggetto una
frazione ideale degli elementi attivi del patrimonio sociale,
che, invece, appartengono soltanto alla società;
per converso, la quota, se non può considerarsi un
bene materiale al pari dellazione, ha un valore patrimoniale
oggettivo, che è dato dalla frazione del patrimonio
che rappresenta (cfr. Cass. 6957/2000).
Ecco che, allora, deve essere recepita la soluzione interpretativa
secondo cui le quote delle società a r.l. non rappresentano
la quota del patrimonio comune conferito in società
dai soci, ma, al contrario, la misura della partecipazione
del socio a tutti i diritti e doveri di natura amministrativa
e corporativa che caratterizzano lo status di soci.
Sulla base degli stessi argomenti, può, inoltre,
dirsi che il trasferimento della partecipazione sociale
ad opera del socio - poiché non implica il trapasso
della proprietà (o di una quota indivisa) dei beni
costituenti il patrimonio sociale, la cui titolarità
permane in capo alla società, ma integra solamente
lattribuzione ad una diversa persona fisica della
qualità di socio (con tutti i diritti e gli obblighi
connessi) - costituisce un negozio a forma libera (cfr.
Tribunale Bologna 30/1/1997, in Società 1997, 932),
non richiedente la forma scritta ad substantiam, neppure
quando il patrimonio sociale comprende beni immobili (nello
stesso senso, anche se in una fattispecie riguardante una
società di persone, v. Tribunale Vercelli, 4/7/1990,
in Foro it., 1990, I, 3264), pienamente efficace inter partes
indipendentemente dalla iscrizione nel libro dei soci (cfr.
Tribunale S. Maria C.V. 1/7/1997, in Le Società,
1998, 313), la cui unica funzione, richiesta ad regularitatem,
è quella di rendere efficace il trasferimento nei
confronti della società (v. Cass. 697/1997, in linea
con limpostazione assunta da Cass. 7409/1986, Cass.
1355/1985, Cass. 3419/1981).
È, quindi, solo con liscrizione del trasferimento
delle quote che il cessionario assume nei confronti della
società tutti i diritti e i doveri inerenti alla
qualità di socio (cfr. Tribunale S. Maria C.V. 1/7/1997,
cit., Tribunale Piacenza 26/4/1994, in Società, 1994,
969, Trib. Torino 8/3/1979, in Giur. comm., 1980, II, 240,
Cass. 328/1974).
7.1.1.1.
Dallapplicazione di tali principi, la dottrina e la
giurisprudenza (cfr. Tribunale Bologna 5/2/1992, in Società,
1992, 967, Tribunale Roma 2/4/1960, in Dir. fall., II, 388)
ritengono che liscrizione di un trasferimento inesistente
o invalido costituisca, a vantaggio del soggetto iscritto,
lapparenza di socio e la legittimazione al voto.
Questa è pure lopinione evidenziata dalla difesa
del custode giudiziario alle pagg. 5 e 6 delle note autorizzate
depositate il 27/2/2001, laddove sostiene che "il libro
soci della Ipam evidenzia un vincolo iscritto a carico di
tutte le quote che compongono il capitale sociale. Tale
titolo, ove fosse fondato su un titolo invalido creerebbe
una "apparenza" vincolante
Tale vincolo
inibisce il voto (e gli altri diritti sociali) ai fratelli
Passarelli, ricorrenti. Tale vincolo iscritto abilita al
voto e a tutti gli altri diritti sociali il Custode dei
beni sequestrati avv. Francesco Russo. La deliberazione
impugnata, di cui si chiede la sospensione, ha rispettato
le risultanze del libro dei soci".
Stando a questo precipitato dottrinale e giurisprudenziale,
quindi, secondo la difesa del custode potrebbe (recte, dovrebbe)
essere inutile indagare loggetto del sequestro disposto
in data 28/11/1995, essendo sufficiente liscrizione
del vincolo dindisponibilità nel libro dei
soci a giustificare, in forza di una presunzione "vincolante"
di titolarità e di legalità, il rigetto, prima
facie, dellinvocata cautela.
Ma così non è. O almeno le cose non stanno
in modo tale da rendere superflua ogni indagine sulloggetto
del decreto di sequestro preventivo del 28/11/1995.
Ed invero, lillegittimità delliscrizione
nel libro dei soci del trasferimento di quote sociali rende
non riferibili alla società le deliberazioni assembleari
adottate - come nella specie - con il voto unico e determinante
di coloro che apparivano soci, con la conseguenza che le
deliberazioni assembleari, in tal caso, dovrebbero qualificarsi
inesistenti, piuttosto che nulle, per difetto di un elemento
costitutivo della fattispecie procedimentale di formazione
della volontà sociale (così, testualmente,
Appello Bari 29/4/1989, in Società, 1165; vedi pure,
supra, punto 6).
Secondo questultimo indirizzo, quindi, non ci si potrebbe
fermare alliscrizione nel libro dei soci, dovendosi
verificare la validità della delibera (contestata
dai ricorrenti proprio sotto il profilo del difetto di legittimazione
del custode al voto per inesistenza del vincolo dindisponibilità
sulle quote, inesistenza che di per sé renderebbe
illegittima pure la successiva e conseguente iscrizione
del vincolo nel libro dei soci) non solo con riguardo alla
provenienza del voto da parte di un soggetto il cui nome
è iscritto nel libro dei soci, ma anche con riferimento
alla legittimità delliscrizione, che, nel nostro
caso, passa attraverso la corretta individuazione delloggetto
del sequestro preventivo del 28/11/1995.
Invero, il nome dei soci, i versamenti fatti sulle quote
e le variazioni delle persone dei titolari del capitale
sociale sono iscritti nel libro dei soci, ai sensi dellart.
2490, 1° comma, n. 1, c.c..
Alle iscrizioni provvede lorgano amministrativo, dato
che alla sua custodia il libro dei soci è affidato
dallart. 2490, 2° comma, c.c.; poiché liscrizione
è un atto dellamministratore nella sua qualità
di organo della società, essa è compiuta sotto
la sua responsabilità e la firma del medesimo è
essenziale per ogni iscrizione. Le iscrizioni effettuate
da altri soggetti (cfr. Appello Milano 29/11/1991, in Società,
1992, 944, secondo cui è inefficace liscrizione
eseguita da un soggetto non incaricato dallamministratore
in carica) sono non tanto invalide, quanto inesistenti,
come avviene per gli atti non negoziali, in cui la non conformità
alla fattispecie ne impedisce lo stesso perfezionamento.
La società, in persona del suo organo amministrativo,
ha lobbligo di provvedere alliscrizione del
trasferimento della quota nel libro dei soci dopo la verifica
formale dellesistenza e della regolarità del
negozio traslativo (sui limiti del sindacato della società
richiesta delliscrizione, ancorato allinteresse
di cui allart. 1421 c.c., cfr. Tribunale Roma 8/7/1997,
in Società, 1998, 77, Tribunale Napoli 4/6/1993,
in Giur. comm., 1994, II, 705), avendo, di contro, lacquirente
un diritto soggettivo perfetto alliscrizione del trasferimento.
Lomissione illegittima delliscrizione è
suscettibile di integrare il diritto del richiedente al
risarcimento del danno patito in conseguenza dellomissione.
Al contrario, il socio non ha lobbligo, né
lonere, né la facoltà di operare le
iscrizioni nel libro dei soci (sullassenza di ogni
onere del socio, tanto che non può farsi valere lomissione,
cfr., in motivazione, Appello Torino 18/8/1993, in Giur.
it., 1994, I, 2, 101).
Le iscrizioni nel libro dei soci hanno la funzione di attestare
lesistenza di un fatto di rilevanza giuridica, a vari
effetti: per opporre lo stesso alla società (art.
2479 c.c.), ma anche per costituire uno strumento costante
di informazione per i soci, di tutela della certezza nei
rapporti giuridici e di prova nei confronti dei terzi.
Comè noto, il diritto di consultare il libro
dei soci appartiene ai soci, ma non ai terzi: peraltro,
dopo la l. n. 310/93, liscrizione può avvenire
solo dopo la conforme iscrizione nel registro delle imprese,
che è pubblico (cfr. Tribunale Bologna 30/1/1997,
in Vita not., 1997, 1514); inoltre, ogni anno gli amministratori
devono depositare lelenco dei soci esistenti al momento
dellapprovazione del bilancio, ai sensi dellart.
2493 c.c.
Le iscrizioni sul libro dei soci forniscono la prova della
successione cronologica della titolarità delle partecipazioni
sociali (cfr. Tribunale Ascoli Piceno 12/4/1994, in Società
1994, 1380, Tribunale Bologna 2/8/1993, in Giur. it., 1994,
I, 2, 1044). La relazione al codice civile (n. 1012) ne
parla come del "documento da cui possono desumersi
con certezza gli attuali partecipanti alla società".
Il libro dei soci non è, però, una scrittura
contabile, agli effetti degli artt. 2709 ss. c.c., perché
non ha la funzione di documentare le risultanze contabili
della società (v. Cass. 1762/1984) e perciò
questa non può opporsi al diritto del socio di ottenerne
copia integrale e non meri estratti, nonostante lespressione
usata dagli artt. 2422 e 2490, u. c., c.c.: non si applica
lart. 2711 c.c., la cui ratio è quella di salvaguardare
la riservatezza dellimpresa, esigenza non tutelata
in tema di composizione soggettiva del capitale sociale
(cfr. Cass. 8332/1994).
Gli effetti delliscrizione sono, dunque, meramente
ricognitivi e di documentazione di un fatto giuridico. Ma,
se si considera la funzione delliscrizione di rendere
opponibili alla società i trasferimenti (art. 2379,
2° comma, c.c.) può parlarsi di valore costitutivo
delliscrizione con riguardo allefficacia della
cessione verso la società (è con tale significato
che la giurisprudenza talvolta afferma il "carattere
costitutivo" dellannotazione nel libro dei soci
del trasferimento: cfr. Tribunale Bologna 30/1/1997, cit.,):
ferma restando lattribuzione della titolarità
della quota sulla base del negozio giuridico che ne ha disposto
(cfr. art. 1376 c.c.).
Lefficacia dichiarativa delliscrizione conduce,
pertanto, da un lato ad escludere ogni effetto costitutivo
di situazioni giuridiche soggettive in capo ai soggetti,
se non sussiste un negozio costitutivo che la preceda (cfr.
Appello Catania 20/6/1990, in Dir. fall., 1990, II, 1113);
dallaltro lato, consente di rettificare le iscrizioni
errate, senza necessità di un atto negoziale (la
rettifica ex art. 1430 c.c.) o di una sentenza (v. Tribunale
Milano 2/10/1989, in Società, 1990, 50).
Tuttavia, liscrizione del nominativo di un soggetto
come socio, sebbene difetti un negozio costitutivo valido,
può creare lapparenza della titolarità
della quota e la legittimazione allesercizio dei diritti
sociali.
Liscrizione integra, perciò, una presunzione
di titolarità della quota, che può essere
vinta con ogni mezzo di prova da parte dei soci, dei terzi
e della stessa società, i quali intendano opporsi
allesercizio dei diritti da parte del titolare apparente:
la realtà prevarrà così sullapparenza,
proprio come nel caso della iscrizione nel libro dei soci
del sequestro delle quote in forza di un titolo, in realtà,
diverso (cfr., pure, Appello Catania 20/6/1990, cit., secondo
cui, nel caso di vendita di azioni, liscrizione nel
libro dei soci non accompagnata dal possesso del titolo
e dalla girata non attribuisce la qualità di socio
verso la società, essendo liscrizione irregolare).
La società, quindi, può (recte, deve) dare
la prevalenza, a tutti i fini, al fatto costitutivo, che
sia accertato, rispetto alla mera apparenza delle iscrizioni
nel libro dei soci: anzi, gli amministratori hanno lobbligo
sia di rettificare le iscrizioni erronee o false, sia di
impedire al "non socio" lesercizio del voto
in assemblea, essendo altrimenti la deliberazione impugnabile,
se presa con quel voto marginale (nel caso, quindi, di voto
espresso dagli eredi veri del socio, non ancora iscritti
nel libro dei soci, la mancanza di legittimazione formale
non può essere addotta come causa di invalidità
[cfr. Tribunale Napoli 3/6/1965, in Foro it., 1966, I, 376];
analogamente nel caso del voto espresso dal vero socio non
ancora iscritto [cfr. Tribunale Milano 10/10/1966, in Mon.
trib., 1966, 1144]).
Daltra parte, il difetto di legittimazione - nella
specie, fatto valere anche in sede assembleare - può
essere invocato anche dai soci in sede di impugnativa della
delibera assembleare (in tal senso, Appello Torino 19/11/1964,
in Dir. fall., 1965, II, 120, Tribunale Napoli 3/6/1965,
in Foro pad., 1966, I, 382).
Occorre, pertanto, procedere oltre nella nostra indagine.
7.1.2.
Dalla rilevata tendenza ad assimilare la quota ad un bene
immateriale, tende a prevalere in giurisprudenza la tesi
che ritiene ammissibile il sequestro giudiziario della quota
di una società a r.l. (cfr. Cass. 6957/2000, Cass.
934/1997, Appello Milano 26/10/1979, in Giur. comm., 1981,
II, 913; Tribunale Biella 6/3/1998, in Giur. mer., 1999,
242, Tribunale Piacenza 16/7/1993, in BBTC, 1994, II, 537,
Tribunale Bologna 27/6/1994, in Dir. fall., 1996, II, 355,
Tribunale Roma 31/1/1992, in Riv. dir. comm., 1992, II,
329).
Per quanto riguarda il sequestro preventivo della quota
di una società a r.l. (art. 321 c.p.p.), la cassazione
penale (sentt. 5115/1997, 5002/1997, 21/2/1993, sez. VI,
Gentilini), ricorrendone i presupposti, lo ritiene senzaltro
ammissibile, con riferimento:
· sia alle "cose pertinenti al reato" (art.
321, 1° comma, c.p.p.), la cui libera disponibilità
possa aggravare e protrarre le conseguenze di esso, ovvero
agevolare la consumazione di ulteriori reati;
· sia alle cose suscettibili di confisca a norma
dellart. 240 c.p. (art. 321, 2° comma, c.p.p.).
E, altresì, ammissibile anche con riferimento
a quelle quote, intestate a terzi (meri prestanomi), di
cui, però, lindagato risulti avere la (concreta
e materiale) disponibilità (vedi, infra, art. 12
sexies d.l. 306/1992), risultando così superata (o
confermata, a seconda dei punti di vista) la precedente
opzione giurisprudenziale (cfr. Cass. pen. 21/2/1993, sez.
VI, Gentilini, in motivazione), secondo cui le quote sociali
sono confiscabili, nel caso di "appartenenza"
a soci non indagati, nellipotesi in cui "lintestazione
delle quote ai medesimi debba ritenersi fittizia".
Daltro verso, i giudici penali ritengono pure ammissibile
la confisca (e, quindi, il sequestro preventivo ex art.
321, 2° comma, c.p.p.) di beni (facenti parte del patrimonio
sociale) appartenenti ad una società a r.l. (sfornita
di capacità penale) ove questa sia stata (ampiamente)
coinvolta dalla attività illecita dellindagato
(Cass. pen. 21/2/1993, sez. VI, Gentilini, Cass. pen., 8/7/1991
n. 3118, Soc. Capital fin. it. S.r.l., in C.E.D.; contra,
Tribunale Napoli 12/10/1990, in Riv. pen. Economia, 1991,
129, secondo cui "nellordinamento giuridico italiano
la società di capitale è soggetto giuridico
autonomo rispetto alle persone fisiche che ne costituiscono
gli organi e pertanto non acquista la qualità di
indagato per reati commessi dalle persone, con la conseguenza
che non può essere disposto il sequestro preventivo
dei beni sociali"), richiedendo lestraneità
al reato che il soggetto, cui le cose appartengono, non
abbia partecipato al reato - con attività di concorso
o altrimenti connesse allattività illecita
- ovvero allutilizzazione dei profitti che ne sono
derivati (in tal senso, specificamente Cass. pen., sez.
II, 18/11/1992, Tappinari).
In altri termini, il concetto di "appartenenza"
di cui allart. 240 c.p. ha una portata più
ampia del diritto di proprietà (comprendendo in esso
la titolarità di qualsiasi posizione giuridica che
investa il contenuto economico del bene sottoposto a confisca:
di recente, cfr. Cass. pen. SU 9/1999), essendo sufficiente
che le cose da confiscare, di cui il reo ha la disponibilità,
non appartengano a terzi estranei al reato, intendendosi
per estraneo soltanto colui che in nessun modo partecipi
alla commissione dello stesso o allutilizzazione dei
profitti che ne sono derivati.
Per tale via (o per altro verso), si ritiene ammissibile
la confisca e, quindi, il sequestro del patrimonio sociale
nellipotesi:
· del cd. socio tiranno (che dispone della società
come cosa propria);
· della società di comodo (dove i sottoscrittori
delle azioni o delle quote sono prestanomi delleffettivo
titolare);
· dellunico quotista (trattasi delle cd. ipotesi
di abuso della personalità giuridica);
· della società non operativa (che non è
tale nemmeno nella sostanza organizzativa, in quanto mancante
dellelemento precipuo dellesercizio in comune
di unattività economica, tanto meno organizzata
in forma dimpresa) costituita al solo fine di creare
un paravento, un intestatario fittizio di beni che vengono
goduti di per sé, direttamente.
Ai sensi dellart. 12 sexies d.l. 306/1992, richiamato
nel decreto di sequestro preventivo del 28/11/1995, infatti,
è sempre disposta la confisca (ed è quindi
ammissibile il sequestro preventivo) del denaro, dei beni
o delle altre utilità di cui il condannato non può
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta
persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere
la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul
reddito, o alla propria attività economica. Per tale
via, quindi, è possibile il sequestro preventivo
del patrimonio "sociale" di cui lindagato,
per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere
titolare o avere la disponibilità.
È proprio lart. 12 sexies, quindi, a consentire
e giustificare (ricorrendo - come nella specie - i reati
ivi indicati), anche mediante il superamento della personalità
giuridica, la confisca (id est, il sequestro) di tutti quei
"beni" dei quali lindagato risulti avere
la disponibilità (anche di fatto), anche se rientranti
nella titolarità formale di altra persona, fisica
o giuridica, senza per questo imporre la dimostrazione dellintestazione
fittizia, allo scopo non (ritenuta dal legislatore) necessaria
(in tal senso sembra muoversi, anche nellipotesi del
2° comma dellart. 321 c.p.p., Cass. pen. 13/5/1996
n. 1632 in C.E.D., secondo cui "il giudice, allorché
un bene deve essere sottoposto a sequestro preventivo ai
sensi del secondo comma dellart. 321 c.p.p. in quanto
confiscabile, non solo ha lobbligo di preventivamente
accertarne linerenza con il reato attribuito allindagato,
ma, nella ipotesi che la titolarità formale del medesimo
non faccia capo al soggetto sottoposto allindagine,
deve accertare con rigoroso metodo probatorio che la titolarità
formale è simulata ovvero che lindagato si
serva con piena disponibilità autonoma del bene oggetto
del sequestro").
Né sembra potersi escludere il sequestro preventivo
dellintero patrimonio sociale (e, quindi, dei singoli
beni che lo compongono), ai sensi dellart. 321, 1°
comma, c.p.p., nel caso in cui sia dimostrata lilliceità
dellattività sociale nel suo complesso, sì
da rendere lazienda ad essa destinata cosa pertinente
al reato, come può accadere quando tutte le quote
fanno capo (sia pure per mezzo di prestanome) allunico
soggetto indagato (v., a contrario, Cass. pen. 5115/1997).
È pacifico, infatti, che il sequestro preventivo
può avere ad oggetto anche beni che siano nella disponibilità
di terzi non indagati, in quanto, in caso contrario, sarebbe
precluso il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione
che impongono ladozione della misura tutte le volte
che un bene, in libera disponibilità di chicchessia
e quindi anche di persona non indagata, sia suscettibile
di costituire lo strumento per aggravare o protrarre le
conseguenze del reato (cfr. Cass. pen. 4496/1999).
Diversamente, non può essere oggetto di sequestro
preventivo il capitale sociale, (come prima) inteso nel
senso di cifra che esprime il valore in danaro dei conferimenti
dei soci. Il capitale sociale nominale, infatti, è
un mero valore storico, che rimane immutato nel corso della
vita della società, finquando, con modifica dellatto
costitutivo, non se ne decida laumento o la riduzione.
Parimenti, essendo il sequestro preventivo disciplinato
tra le "misure cautelari reali" (capo II, del
titolo II, del libro IV) e per quanto si possa estendere
la nozione di "cosa pertinente al reato" e restringere
quella di cosa appartenente "a persona estranea al
reato" (art. 240, 3° comma, c.p.), sembra piuttosto
chiaro (oltre che logico) che la società a r.l.,
autonomo soggetto di diritto rispetto ai soci, non possa
costituire oggetto, in sé e per sé, di sequestro
preventivo, potendosi, al più, configurare il sequestro
del suo patrimonio sociale e/o delle quote (nello stesso
senso, cfr. Tribunale S. Maria C.V. provvedimento del 26-29/5/1995,
inedito, reso nel procedimento di prevenzione n. 39/93).
7.1.3.
Chiariti i concetti e precisato "cosa" può
essere (legittimamente) oggetto di sequestro preventivo,
può essere ora affrontata, con maggiore consapevolezza,
la delicata fattispecie sub iudice.
Si può, cioè, procedere ad accertare "cosa"
abbia colpito (recte, quale sia loggetto del) la misura
cautelare reale.
7.1.3.1.
La tesi dei ricorrenti può essere così riassunta:
· il giudice può accertare, in via incidentale,
le questioni di interpretazione di atti sottoposti al suo
esame che si pongono come presupposto logico-giuridico per
la decisione (pag. 5 delle note autorizzate depositate il
20/2/2001);
· la lettura del decreto di sequestro, offerta in
via di interpretazione dalla Corte dAssise, non è
vincolante per il giudice civile chiamato a decidere della
(in)validità del deliberato assembleare assunto con
il voto determinante del custode giudiziario, (voto) indotto
dalla interpretazione resa dalla Core dAssise (pag.
5 delle note autorizzate depositate il 20/2/2001);
· il decreto del 28/11/1995, per come formulato,
ordina il sequestro della I.P.A.M. S.r.l. (pag. 2 del ricorso
ex art. 2378 c.c.);
· la società a r.l. è un autonomo soggetto
di diritto, come tale non suscettibile di essere sottoposta
(di per sé) a sequestro preventivo (pag. 2 del ricorso
ex art. 2378 c.c.);
· il tenore letterale del decreto esclude che il
sequestro abbia colpito le quote sociali (pag. 2 del ricorso
ex art. 2378 c.c.);
· il decreto di sequestro, a tutto voler concedere,
ha colpito il patrimonio aziendale, che non si identifica
nelle quote sociali (pag. 2 del ricorso ex art. 2378 c.c.);
· il sequestro, ai fini della confisca, può
avere ad oggetto le quote sociali soltanto nel caso in cui
i soci titolari siano indagati (pag. 2 delle note autorizzate
depositate il 20/2/2001);
· il custode giudiziario, non avendo colpito il sequestro
preventivo le quote sociali, non è titolare del diritto
di voto (pag. 1 del ricorso ex art. 2378 c.c.);
· la delibera assembleare del 21/11/2000, assunta
con il voto determinante del custode giudiziario (non legittimato),
è affetta da nullità/inesistenza (v. petitum
dellatto di citazione).
7.1.3.2.
Dalla semplice lettura dei punti appena evidenziati, appare
chiaro che il vero punctum dolens dellintera vicenda
sia costituito dal più volte ricordato decreto del
28/11/1995, con cui il G.I.P. presso il tribunale di Napoli
ha disposto il sequestro preventivo, tra gli altri beni,
della "I.P.A.M. Industria Prodotti Alimentari ed Affini
Merdionali S.r.l.", con capitale sociale di £.
650.000.000.
Ad avviso del decidente le questione può essere posta
nella seguente alternativa: o il G.I.P. ha posto sotto sequestro
preventivo (anche) tutte le quote sociali della I.P.A.M.
o non lo ha fatto.
Nel primo caso, i provvedimenti resi, via via, dalla Corte
dAssise si muoverebbero nellottica di una semplice
e doverosa attuazione di quanto già contenuto nel
decreto impositivo (è
questa la tesi sostenuta dal giudice procedente nei provvedimenti
resi il 5/12/2000, nel quale si legge "non può
pertanto nutrirsi dubbio alcuno circa il fatto che già
dalla emissione di tale provvedimento
.sono
in sequestro tutte le quote le sociali
"
e il 15/11/2000, nel quale si legge "va preliminarmente
specificato che
risulta sottoposto al vincolo
di indisponibilità lintero capitale sociale
.").
Nella seconda ipotesi, i suddetti provvedimenti (emessi
dal giudice procedente, che pur ne avrebbe il potere ai
sensi dellart. 279 c.p.p.) avrebbero, ad integrazione
del decreto del 28/11/1995, "creato" una nuova
misura cautelare (nel senso di sottoporre a sequestro le
quote sociali tutte della I.P.A.M. S.r.l.), senza apposita
istanza del pubblico ministero, cui è riservata liniziativa
(cfr. art. 321, 1° comma, c.p.p.; v. pure Cass. pen.,
S.U., 26/4/1990, Serio, secondo cui "il sequestro preventivo
può essere disposto esclusivamente su richiesta del
p.m."), con conseguente nullità dellatto
(o degli atti) ai sensi degli artt. 178, lett. b, e 180
c.p.p. (cfr. Cass. pen. 5/10/1994, sez. III, Cassigoli;
è questa la tesi sostenuta dal difensore di Passarelli
Dante, anche nellinteresse dei figli Biagio, Franco
Gianluca e Davide, che, nellistanza di revoca del
provvedimento emesso dalla Corte dAssise del 15/11/2000,
ha discorso di "interpretazione sostitutiva" con
cui "si sono date per sequestrate le quote intestate
a terzi"). Volendo dare ulteriore corso allalternativa
in questione, i provvedimenti de quibus, se inquadrati nellottica
del sequestro delle cose di cui devessere ordinata
la confisca, potrebbero ritenersi, tuttavia, legittimi,
nel caso in cui volesse seguirsi quellautorevole dottrina
che ritiene ammissibile il sequestro preventivo dufficio
delle cose sottoposte a confisca, anche facoltativa.
Ciò posto, è evidente che il giudice civile,
adito nella specie ex artt. 2377 e 2378 c.c., non è
assolutamente vincolato dallopzione interpretativa
del giudice procedente (la Corte dAssise), che ha
(ripetutamente) ritenuto che, con il decreto del 28/11/1995,
siano state poste sotto sequestro tutte le quote sociali
della I.P.A.M. S.r.l.. Il giudice civile, cioè, è
libero di interpretare il decreto del 28/11/1995, di valutare,
cioè, se con esso siano state (o meno) sottoposte
a sequestro le quote sociali della I.P.A.M. S.r.l., proprio
perché il decreto in parola si pone quale antecedente
logico-giuridico della decisione richiestagli.
Il giudice civile, per converso, ravvisata (eventualmente)
lillegittimità del provvedimento penale venuto
(sia pure in via incidentale) al suo esame, non può,
salvo il caso dellinesistenza materiale, "disapplicarlo"
(non avendogliene alcuna norma attribuito il potere), se
non nei limiti (e nella misura) in cui gli stessi interessati
abbiano azionato (utilmente) le procedure previste dalla
legge per la rimozione degli effetti di un illegittimo decreto
di sequestro preventivo.
7.1.3.3.
Giunti a questo punto, si può procedere ad esaminare
il decreto di sequestro preventivo del 28/11/1995.
Ad avviso di questo giudice, deve escludersi che la misura
cautelare, per quanto nella parte dispositiva si sia fatto
riferimento proprio (e solo) alla S.r.l. e al capitale sociale,
abbia colpito la I.P.A.M. S.r.l. (sia pure "illegittimamente":
vedi, supra, punto 7.1.2., in fine) e/o il suo capitale
sociale di £. 650.000.000 (sia pure "inutilmente":
vedi, supra, punto 7.1.2.).
A voler ritenere, infatti, che oggetto della misura cautelare
sia proprio (o anche) il capitale sociale, dovrebbe conseguentemente
affermarsi che il decreto di sequestro preventivo, in parte
qua, sia stato inutilmente emesso, proprio perché
il capitale sociale (come già detto: vedi, supra,
punto 7.1.2.) altro non è che una mera entità
numerica (id est, una cifra pattuita nellatto costitutivo,
che non deve essere inferiore a un ammontare minimo legale)
che esprime il valore in danaro dei conferimenti quale risulta
dalla valutazione compiuta nellatto costitutivo della
società.
E bene, poiché i provvedimenti del giudice, come
le norme giuridiche, gli atti amministrativi e gli atti
di autonomia privata, devono essere sempre interpretati
nel senso che attribuisca loro un certo effetto giuridico
(tanto più necessario quando si discorre di sequestro
preventivo, finalizzato ad evitare laggravamento o
la protrazione delle conseguenze del reato ovvero la commissione
di altri reati, come si legge pure nella parte motiva del
sequestro disposto in data 28/11/1995), deve senzaltro
escludersi (anche in forza delle considerazione che subito
seguono nel testo) che il G.I.P. abbia posto sotto sequestro
solo o anche il capitale sociale come prima inteso.
Ancora dal dispositivo del decreto del 28/11/1995 (ordina
il sequestro dei seguenti beni "
.I.P.A.M.
Industria Prodotti Alimentari ed Affini Merdionali S.r.l
.")
potrebbe ritenersi che "oggetto" della misura
cautelare sia stata proprio la società a r.l..
Né ciò può escludersi (come sembra
abbia fatto il tribunale di S. Maria C.V., seconda sezione
penale, coll. E, in funzione di tribunale di riesame, con
lordinanza del 12/1/2001, Eurosegnaletica S.p.A.,
inedita) semplicemente affermando che la società,
"in quanto soggetto di diritto dotato di autonoma personalità
giuridica, non avrebbe mai potuto formare oggetto di un
provvedimento ablativo".
Dalla correttezza del presupposto (vedi, supra, punto 7.1.2.),
invero, non può discendere come logica e necessaria
conseguenza che oggetto del sequestro sia stato qualcosa
di diverso dalla società a r.l.. In altre parole,
non può escludersi che la I.P.A.M. S.r.l. sia stata
oggetto del sequestro soltanto perché un soggetto
di diritto, dotato di autonoma personalità giuridica,
non può mai formare oggetto di un provvedimento ablativo.
È soltanto linterpretazione letterale, sistematica
e funzionale del decreto di sequestro, infatti, che può
condurre alla corretta individuazione delloggetto,
non potendosi aprioristicamente escludere che oggetto della
misura cautelare reale sia stata proprio la società
a r.l., anche se, in questo (eventuale) caso, con un evidente
profilo di illegittimità indotto dal "bene colpito",
che non ne avrebbe potuto formare oggetto.
Se dalloperazione interpretativa, però, dovesse
arguirsi che il G.I.P. abbia voluto assoggettare a sequestro
proprio la I.P.A.M. S.r.l. (per quanto soggetto di diritto,
e come tale non rientrante né tra le cose pertinenti
al reato né tra quelle confiscabili), il giudice
civile, per quanto detto al punto 7.1.3.2., sarebbe, comunque,
vincolato a quel provvedimento, che non risulta essere stato,
sul punto, impugnato e (per quanto detto successivamente)
modificato (essendo previsti dalla legge appositi mezzi
di tutela avverso il decreto di sequestro preventivo, il
giudice civile, cui viene allesame il decreto, non
potrebbe disapplicarlo [in mancanza di una norma attributiva
del relativo potere] in forza di una ravvisata illegittimità).
Ciò posto, ad avviso di chi scrive è proprio
lopzione ermeneutica (e non lastratto, possibile
e legittimo oggetto del sequestro preventivo) a far ritenere,
senza dubbio alcuno, che oggetto della misura cautelare
non sia la società a r.l., ma (anche) le quote tutte
di partecipazione al capitale sociale (discorso diverso,
che qui non interessa, è quello relativo al ritenuto
vincolo di indisponibilità del patrimonio sociale:
cfr. provvedimento della Corte dAssise del 17-18/2/2000).
Premesso che:
· nel dispositivo si realizza latto di volontà,
il comando, che mediante lorgano giurisdizionale si
costituisce nel procedimento di formazione della norma concreta;
· la portata ed il valore della pronuncia giurisdizionale
vanno individuati tenendo conto non soltanto delle statuizioni
finali formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle
enunciazioni contenute nella motivazione, le quali incidono
sul momento precettivo della pronuncia e devono considerarsi
parte integrante del dispositivo, in quanto rivelatrici
delleffettiva volontà del giudice (cfr. Cass.
9157/1997, Cass. 3800/1982);
· quando nellambito del medesimo procedimento
vengono emanati più provvedimenti, è legittima
la motivazione per relationem al provvedimento precedente,
giacché lo scopo della forma prevista è raggiunto
in quanto la motivazione richiamata è conosciuta
o conoscibile dallinteressato, per modo che egli è
in grado di controllarne congruenza, logicità e legittimità
(cfr., specificamente in materia di sequestro preventivo,
Cass. pen. 17/3/1995, sez. VI, Franceschini).
il percorso interpretativo è il seguente:
· sul piano letterale, il dispositivo del decreto
di sequestro del 28/11/1995 va letto nella sua interezza,
avendo il G.I.P. fatto riferimento alla I.P.A.M. S.r.l.,
specificandone, altresì, il capitale sociale (£.
650.000.000);
· sul piano sistematico, il dispositivo del decreto
di sequestro del 28/11/1995 va letto congiuntamente alla
motivazione, che, per quanto laconica e per relationem,
contribuisce a ricercare il significato del provvedimento,
da dedursi, come detto, alla stregua di una lettura ed interpretazione
del dispositivo in relazione con la motivazione, integrandosi
luna allaltra le varie parti del provvedimento
giurisdizionale;
· sempre sul piano sistematico, nel ricercare il
significato del provvedimento, occorre fare riferimento
- pure - alla motivazione del provvedimento applicativo
della misura cautelare personale (o.c.c. n. 371/1995, in
atti a seguito di invito del giudice ai sensi del 1°
comma dellart. 669 sexies c.p.c.) avendovi il G.I.P.
operato espresso rinvio "
si veda sul punto
la scheda personale del prevenuto nella or. di cust. caut.
n. 371/95 di questo Gip relativamente ai collegamenti strettissimi
delle imprese del Passarelli con il clan dei casalesi"
(cfr. ult. cpv. della parte motiva del decreto del 28/11/1995);
· sul piano funzionale, il sequestro è stato
disposto:
- ai sensi dellart. 321, 2° comma, c.p.p., avendo
la P.G. accertato la disponibilità da parte di Passarelli
Dante, indagato del delitto previsto e punito dallart.
416 bis c.p., "di beni immobili, di veicoli e di attività
produttive di entità assolutamente incompatibile
con la capacità di produzione di reddito da parte
del Passarelli";
- ai sensi dellart. 321, 1° comma, c.p.p., essendo
"evidente che la libera disponibilità dei beni
agevola la commissione di ulteriori reati e consente di
protrarre le conseguenze del delitto".
Ciò posto, appare evidente che:
· il disposto sequestro della "I.P.A.M. Industria
Prodotti Alimentari ed Affini Merdionali S.r.l.", con
capitale sociale di £. 650.000.000, vada letto unitamente
a quella parte della motivazione in cui si dice che "la
P.G. accertava la disponibilità da parte del prevenuto
di
attività produttive di entità assolutamente
incompatibile con la capacità di produzione di reddito
da parte del Passarelli";
· che la parte motiva de qua vada letta congiuntamente
al provvedimento applicativo della misura cautelare personale
(o.c.c. n. 371/1995), in cui testualmente è scritto
che "
nel corso degli anni il Passarelli
ha acquistato - personalmente o attraverso propri familiari
- il controllo di un gran numero di società commerciali
"
(pag. 482) tra cui, come successivamente specificato, la
I.P.A.M. S.r.l.; "
il Passarelli era (e
tuttora è) leffettivo gestore di tutto il gruppo
societario, in quanto i figli ed i congiunti intestatari
non avevano esperienza per poter gestire lingente
patrimonio aziendale in un momento dio profonda crisi economica"
(pag. 487);
Il G.I.P., quindi, quando ha posto sotto sequestro la "I.P.A.M.
Industria Prodotti Alimentari ed Affini Merdionali S.r.l.",
con capitale sociale di £. 650.000.000, presupponeva
che Passarelli Dante avesse la disponibilità di attività
produttive di entità assolutamente incompatibile
con la sua capacità di produzione di reddito, nel
senso che aveva assunto, per il tramite dei suoi familiari,
il controllo (per quanto qui interessa) della I.P.A.M. S.r.l.,
delle cui quote sociali sono (id est, erano) "titolari"
i figli, considerati, quindi, quali meri prestanomi e grazie
ai quali il loro padre poteva disporre della società
come cosa propria, proprio perché la controllava.
La disponibilità dellattività produttiva,
quindi, va correttamente intesa nel senso che Passarelli
Dante, tramite le quote sociali di cui erano titolari i
figli, controllava la I.P.A.M. S.r.l..
Conseguentemente:
· il "bene" su cui Passarrelli Dante, indagato
del reato di cui allart. 416 bis c.p., esercitava
il potere di disposizione era costituito dal patrimonio
della società, inteso in senso dinamico e considerato
nel suo complesso, con tutte le sue componenti attive e
passive, la cui proiezione a favore del socio è rappresentata
dalle quote di partecipazione;
· erano le quote di partecipazione al capitale sociale,
nella immediata disponibilità di fatto dellindagato,
che consentivano il controllo della società;
· erano le quote di partecipazione al capitale sociale
(e non certo la I.P.A.M. S.r.l.) delle quali occorreva provare
(ma ciò non è stato fatto, come invece richiesto
dal citato art. 12 sexies) la legittima provenienza;
· ben era possibile il sequestro, mancando la prova
della legittima provenienza, delle quote sociali nella disponibilità
di fatto dellindagato, essendo (pure) irrilevante,
ai sensi dellart. 12 sexies d.l. 399/1994, la formale
intestazione (vedi pure Cass. pen. 13/5/1996 n. 1632 in
C.E.D.);
· occorreva privare Passarelli Dante della disponibilità
delle quote sociali della I.P.A.M. S.r.l., al fine di impedire
una loro utilizzazione a ulteriori scopi illeciti (v. art.
321, 1° comma, c.p.p.): il sequestro preventivo delle
quote o delle azioni sociali è idoneo ad impedire
la commissione di ulteriori reati, pur se in maniera mediata
e indiretta, poiché priva i soci dei diritti relativi
alle quote (cfr. Cass. pen. 5002/1997);
· una volta sottrattagli la disponibilità
delle quote sociali, il Passarelli non avrebbe più
avuto il controllo della I.P.A.M. S.r.l., rendendosi, per
tale via, possibile la prosecuzione dellattività
dimpresa ad oggetto lecito.
Ecco allora svelato leffettivo oggetto del decreto
di sequestro preventivo, il cui dispositivo fa riferimento
alla denominazione della società e allintero
capitale sociale, diviso, nelle società a r.l., in
parti in base al numero dei soci, i quali divengono titolari
di una quota di partecipazione corrispondente alla frazione
di capitale sottoscritta.
Del resto, che siano proprio (e/o anche) le quote di partecipazione
al capitale sociale oggetto del vincolo dindisponibilità
disposto in data 28/11/1995 emerge pure dal libro dei soci
(v. produzione della I.P.A.M. S.r.l.), ove, in data 5/12/1995,
lamministratore unico (Passarelli Gianluca) e il custode
giudiziario davano atto che, in "assonanza" al
decreto di sequestro preventivo, "viene disposto il
sequestro delle quote
".
7.1.3.3.1.
Daltra parte, anche se per ipotesi si volesse ritenere
che le quote sociali siano rimaste fuori dalloggetto
della misura cautelare disposta in data 28/11/1995, dovrebbe,
comunque, convenirsi sul fatto che questi stessi beni siano
rimasti colpiti dal sequestro preventivo per effetto dei
successivi provvedimenti resi dalla Corte dAssise
(in questa ipotesi, creativi e non meramente attuativi),
che ha più volte chiarito che il vincolo dindisponibilità,
comunque, riguardava (anche) le quote sociali tutte della
I.P.A.M. S.r.l., con la conseguenza che, non rimossi quei
provvedimenti con le forme e i mezzi alluopo previsti
dal c.p.p., il giudice civile, in ogni caso, dovrebbe dare
atto dellesistenza di un sequestro preventivo concernente
le quote sociali e non disapplicabile anche se eventualmente
ritenuto illegittimo per mancanza delliniziativa del
pubblico ministero (vedi, supra, punto 7.1.3.2.).
Ed è proprio questa la ragione che rende irrilevante
ogni disquisizione in ordine al sequestro di prevenzione
delle quote sociali della I.P.A.M. intestate ai ricorrenti
(annotato dallufficiale giudiziario sul libro dei
soci in data 3/6/1996), dovendosi ritenere, comunque, prevalente,
ai sensi dellultimo comma dellart. 2 ter l.
575/1965, il sequestro disposto nel procedimento penale,
e ciò a prescindere da ogni considerazione relativamente
al fatto che della misura di prevenzione si sia fatto cenno
da parte della difesa del custode giudiziario, della società
e del dott. Ulderico Catania, per la prima volta, rispettivamente
nelle note depositate il 27/2/2001 e nel verbale dudienza
del 10/4/2001.
7.1.3.3.2.
Altra e diversa questione è quella relativa alla
possibilità che il provvedimento di sequestro abbia
colpito anche il patrimonio sociale. Non rilevando la circostanza
ai fini che qui interessano, non si scenderà nel
dettaglio, anche se va qui ricordato che la giurisprudenza
ne ritiene possibile il sequestro laddove lindagato
(o limputato) ne abbia (sia pure indirettamente) la
disponibilità (nel senso fatto proprio dallart.
12 sexies d.l. 399/1994) grazie alla convergenza in capo
a lui di tutte le quote (o le azioni) sociali, sia pure
ad altri formalmente intestate, sì da potersi dire
che lindagato (o limputato) dispone della società
(e, quindi, anche del patrimonio sociale) come cosa propria.
7.1.3.4.
Riconosciuta lesistenza di un decreto di sequestro
preventivo delle quote sociali della I.P.A.M. S.r.l., deve
conseguentemente ritenersi, a livello di mancanza di fumus
boni iuris, insussistente la denunciata violazione di diritto.
La Cassazione penale, infatti, è ferma nel ritenere
che in caso di sequestro preventivo delle quote o delle
azioni sociali "la partecipazione alle assemblee ed
il diritto di voto (anche in ordine alleventuale nomina
e revoca degli amministratori) spettano al custode designato
in sede penale" (cfr. Cass. pen. 5002/1997, Cass. pen.
7/7/1995 n. 2853, Nocerino, in C.E.D.), la cui designazione,
unitamente al decreto di sequestro preventivo, risultano
(a questo punto si può dire) legittimamente annotata
dallufficiale giudiziario nel libro soci in data 14/4/2000
(cfr. la produzione della I.P.A.M. S.r.l.), e, quindi, in
un momento antecedente a quello di adozione della impugnata
delibera (vedi, supra, 7.1.1.1., ove si è accennato
agli effetti della (il)legittima iscrizione nel libro soci).
7.1.3.4.1.
Che poi il decreto di sequestro preventivo risulti iscritto
dallufficiale giudiziario nel libro dei soci soltanto
in data 14/4/2000 (e non in data 11/3/2000, come ritenuto
dal custode giudiziario: cfr. pag. 3 delle note depositate
il 27/2/2001), e cioè dopo oltre quattro anni dalla
sua emissione (della quale pur si diede atto nella immediatezza
dei fatti: vedi, supra, punto 7.1.3.3.1., in fine), nulla
toglie alla perdurante efficacia della misura cautelare
reale.
Sul punto è appena il caso di ricordare, infatti,
che la legge non prevede alcuna forma o termine per lesecuzione
del sequestro preventivo penale in generale e di quello
di quote in particolare.
Per questultimo caso, se si considera che lart.
2 quater l. 575/1965 (secondo cui "il sequestro, disposto
ai sensi dellart. 2 ter, è eseguito sui mobili
e sui crediti secondo le forme prescritte dal codice di
procedura civile per il pignoramento presso il debitore
o presso il terzo e sugli immobili o mobili registrati con
la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici",
il cui richiamo ora è ancora più "giustificabile"
per effetto dellart. 24 l. 13/2/2001 n. 45 [in G.U.
n. 58 del 10/3/2001, Supplemento ordinario n. 50], la cui
lett. b) - tra laltro - dispone che, dopo il comma
4 dellart. 12-sexies è aggiunto il comma 4
bis "Si applicano anche ai casi di confisca previsti
dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni
in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati
o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575,
e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti
della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento
del danno") è chiaramente riferito ai beni mobili
materiali e ai crediti, sembrano in qualche modo utilizzabili
soltanto lart. 669 duodecies c.p.c., nella parte in
cui dispone che "lattuazione
avviene
sotto il controllo del giudice
..il quale ne determina
anche le modalità di attuazione
."
e lart 5, 1° comma, r.d. 239/1942, secondo cui,
qualora non si distribuiscano i titoli delle azioni, "
.
i
vincoli reali
si costituiscono (leggi si eseguono)
mediante annotazione nel libro stesso".
Per quanto riguarda il sequestro preventivo di quote sociali,
esclusi, invero, il pignoramento mobiliare presso il debitore
e lesecuzione per consegna o rilascio (richiamata
dallart. 677 c.p.c., che, a sua volta, è richiamato
ad excludendum dallart. 669 duodecies c.p.c., che
riprende, però, valore quando la forma esecutiva
specificamente prevista dallart. 677 c.p.c. non è
applicabile), che presuppongono lesistenza di una
cosa materiale da apprendere (per tale impostazione, v.
Tribunale Chiavari 6/6/1990, in Foro it., 1991, I, 621,
Appello Palermo 28/11/1958, ivi, 1959, I, 1988) ed escluso
evidentemente il pignoramento immobiliare, occorre osservare
che lessenza della misura cautelare de qua non è
tanto lo spossessamento (che può anche materialmente
non verificarsi, come avviene tutte le volte che venga nominato
custode lo stesso sequestrato: in materia di sequestro preventivo
non esiste norma analoga a quella del comma 4° dellart.
2 sexies l. 575/1965), quanto invece lindisponibilità
del bene, finalizzata ad evitare effetti negativi ulteriori
della condotta antigiuridica o la commissione di nuovi reati.
In assenza di una precisa disposizione normativa, a parere
di questo giudice, appaiono meritevoli di favorevole valutazione
tutte quelle modalità esecutive che raggiungono,
comunque, la finalità di rendere indisponibile il
bene sequestrato, come appunto lannotazione sul libro
dei soci (la cui importanza ed i cui effetti si sono ampiamente
esaminati, supra, al punto 7.1.1.1.), similmente a quanto
ritiene la giurisprudenza prevalente per lesecuzione
del sequestro giudiziario di quote di una società
a r.l. (cfr. Tribunale Ferrara, in Giur. mer., 1992, 1135,
Tribunale Napoli 18/5/1981, in Giur. comm., 1982, II, 364,
Tribunale Torino 29/4/1978, ivi, 1978, II, 880, Tribunale
Roma 23/2/1974, in Foro it., 1974, I, 2503), annotazione
specificamente prevista dallart. 5, 1° comma,
r.d. 239/1942 per lesecuzione dei vincoli reali (da
autorevole dottrina intesi in senso lato, come ogni vincolo
avente ad oggetto lazione) nelle s.p.a. in caso di
mancata emissione dei titoli (Tribunale Roma 26/10/1967,
in Foro it., 1967, I, 2624, ha esteso lart. 5, 1°
comma, cit., al sequestro giudiziario in caso di mancata
emissione dei titoli azionari) e, comunque, utilizzabile
per la presenza nel sistema di una norma residuale di carattere
generalissimo (lart. 669 duodecies c.p.c.), per quanto
non sia - come nella specie - diversamente disposto (su
questultimo punto, è appena il caso di aggiungere
che è proprio il legislatore a rinviare, per lesecuzione
del sequestro di prevenzione, alle forme prescritte dal
c.p.c.: cfr. art. 2 quater l. 575/1965).
Né può ritenersi essenziale, argomentando
dagli artt. 2193, 1° comma, e 2479, 3° e 4°
comma, c.c., la previa (o successiva) iscrizione del vincolo
nel registro delle imprese.
Lart. 2696 c.c. sancisce, infatti, che per i beni
mobili diversi da aerei, natanti e autoveicoli, rispetto
a quali è disposta la trascrizione di determinati
atti, "si osservano le disposizioni delle legge che
li riguardano". E poiché nulla è disposto
con specifico riferimento al sequestro delle quote (e, più
in generale, alle domande giudiziali o agli atti esecutivi
che le colpiscono), sembra preferibile continuare a ritenere
che esso si realizzi mediante la semplice annotazione nel
libro dei soci.
Tale ricostruzione non può essere fondatamente contrastata
mediante il richiamo alle forme del pignoramento presso
terzi per le seguenti ragioni:
· la quota di partecipazione al capitale sociale
di una s.r.l. non può essere assimilata o ridotta
ad un diritto di credito (vedi, supra, punto 7.1.1. e, da
ultima, Cass. 6957/2000);
· la quota sociale nelle s.r.l. costituirebbe, secondo
Cass. 7409/1986, un bene immateriale suscettibile di possesso
mediante iscrizione della sua titolarità nel libro
dei soci;
· in sede di espropriazione, le forme del pignoramento
presso terzi vengono utilizzate in mancanza di meglio (cfr.
Cass. 7409/1986), tantè vero che una recente
pronuncia di merito (Tribunale Milano 28/3/2000, in Società,
2000, 1460) si è discostata dal tradizionale orientamento
della Suprema corte;
· le forme de quibus collidono con lesigenza
di celerità che deve caratterizzare il sequestro
preventivo, considerato che esse non possono ritenersi perfezionate
che nel momento della dichiarazione positiva da parte degli
organi della società: risultato che talvolta può
richiedere lo svolgimento di un intero ordinario giudizio
di cognizione, ex art. 548 c.p.c.;
· è discussa lopponibilità al
terzo di buona fede del pignoramento eseguito in tali forme,
quando non sia stato trascritto sul libro soci (cfr. Cass.
7409/1986);
· la Cassazione, con la recente sentenza n. 6957/2000,
di fronte allasserzione della necessità del
ricorso alle forme del pignoramento presso terzi, ha specificato
che il pignoramento presso terzi non costituisce la forma
tipica dellesecuzione di un sequestro giudiziario;
Ciò posto, risulta dal libro dei soci della I.P.A.M.
S.r.l.:
· che lamministratore unico (Passarelli Gianluca)
e il custode giudiziario, in data 5/12/1995, hanno dato
atto che con decreto del 28/11/1995 è stato disposto
il sequestro delle quote sociali. Tale annotazione, proprio
perché compiuta alla presenza e con la partecipazione
dellorgano esecutivo della persona giuridica, già
risulta astrattamente e concretamente idonea al raggiungimento
dello scopo e, quindi, ad attuare la misura cautelare disposta
il 28/11/1995;
· che lufficiale giudiziario, in data 14/4/2000,
ha annotato sia il decreto di sequestro preventivo del 28/11/1995,
sia il decreto di sostituzione del custode. Questa formale
annotazione risulta senzaltro idonea ad eseguire,
perché consente di raggiungerne lo scopo, il sequestro
preventivo, sia esso quello del 28/11/1995 (non essendo
previsto alcun termine; in tal caso si tratterebbe di una
formalità aggiuntiva di quella adottata in data 5/12/1995),
sia esso, a tutto voler concedere per decorso di un termine
(inesistente) o per restrizione delloggetto, quello
disposto dalla Corte dAssise.
7.1.3.4.2.
Se, quindi, nella ritenuta esistenza del vincolo dindisponibilità
delle quote sociali, il diritto di voto spetta al custode
nominato in sede penale (il quale beninteso si è
mosso seguendo le direttive del giudice procedente), anche
in ordine alleventuale nomina e revoca degli amministratori
(cfr. Cass. pen. 5002/1997), non risulta fondata lunica
censura (vedi, supra, punto 7.1.3.1.) sollevata dai ricorrenti
alla deliberazione del 22/11/2000, e della quale, in via
cautelare, si chiede la sospensione (né alcuna rilevanza
- nemmeno invocata - potrebbe avere, ai fini che ne occupano,
la decisione del Tribunale di S. Maria C.V., in funzione
di giudice dappello ex art. 322 bis c.p.p., investito
per la revoca del provvedimento del Presidente della Corte
dAssise - con il quale è stato ordinato al
custode di convocare lassemblea per la revoca dellamministratore
unico - sul presupposto dellinopportunità,
ai fini dellandamento della società, della
sostituzione dellamministratore unico).
Né il giudice investito della domanda di merito (e/o
dellazione cautelare) può indagare altri eventuali
(non denunciati) profili di illegittimità della delibera
impugnata, essendo vincolato, per i principi fatti propri
dagli artt. 99 e 112 c.p.c., ai fatti costitutivi del diritto
fatto valere in giudizio, sì come prospettati ed
allegati dallattore. Né il giudice, in presenza
di una domanda di nullità fondata su di un determinato
vizio, potrebbe, invocando lart. 1421 c.c. (richiamato
dallart. 2379 c.c.), dichiarare la nullità
per un (non riscontrato nella specie) vizio diverso, perché
si tratterebbe di causa petendi estranea a quella invocata
dalle parti che porterebbe ad una pronuncia ultra petita
(in tal senso, specificamente, in materia contrattuale,
v. Cass. 2398/1988; in materia di impugnativa di delibera
assembleare, v. Appello Milano 31/5/1991, in Società,
1991, 1654).
Invero, nel sistema delle impugnazioni disciplinato dagli
artt. 2377 e 2388 c.c., mentre il petitum si concreta nella
richiesta di annullamento della deliberazione, la causa
petendi è costituita dal motivo di annullamento,
sì che la richiesta, nel giudizio di appello, di
declaratoria di invalidità della delibera impugnata
per un motivo diverso da quello dedotto nel giudizio di
primo grado costituisce, per la novità della causa
petendi, domanda nuova, vietata ai sensi dellart.
345 c.p.c. (cfr. Cass. 11600/1990).
8.
Lesame della sussistenza dei gravi motivi di cui al
4° comma dellart. 2378 c.c. rimane assorbito dalla
mancanza del fumus boni iuris.
9.
Lavvenuta proposizione della domanda cautelare nellalveo
del giudizio di merito rende opportuna la regolamentazione
delle spese in sede di pronuncia definitiva.
P.Q.M.
· respinge listanza proposta da Passarelli
Gianluca, Passarelli Biagio, Passarelli Davide e Passarelli
Franco con ricorso ex art. 2378, 4° comma, c.c. depositato
il 30/12/2000;
· rimette alla sentenza di merito la regolamentazione
delle spese di procedura;
· rimette le parti alla già fissata udienza
ex art. 180 c.p.c..
Manda la cancelleria per gli adempimenti di rito.
S. Maria C.V., 20 aprile 2001.
Il giudice designato ed istruttore
(dott. Stanislao De Matteis)