Corte d'Appello di Cagliari, 9 giugno 2000, n.249, Effetti sui rapporti pendenti, conto corrente bancario, pagamento del terzo datore di ipoteca, inefficacia.

A differenza del fideiussore, che risponde personalmente dell’obbligazione assunta a garanzia dell’obbligazione del debitore principale, il terzo datore di ipoteca non è a sua volta debitore, essendo stata costituita una garanzia reale e potendo il creditore, nella ipotesi di inadempimento della obbligazione, unicamente rivalersi sul bene ipotecato. E pertanto, mentre si sostiene che nella ipotesi che il fideiussore di uno scoperto di conto corrente che non adempia direttamente mediante versamento alla banca personalmente, ma indirettamente versando l’importo dovuto sul conto del fallito, adempie un debito proprio e in quanto tale, se non risulti che sia a sua volta debitore nei confronti del fallito, il suo pagamento è pienamente efficace, dovendosi ritenere che abbia adempiuto il proprio debito fideiussorio, e non soggiace all’art.44 della legge fall., non altrettanto può ritenersi per il terzo. datore di ipoteca che con il versamento sul conto del fallito adempie non un suo debito, bensì un debito del fallito, il quale quindi riceve il pagamento ed utilizza quanto ricevuto per eseguire il pagamento a discapito della massa dei creditori.

 

Corte d'Appello di Cagliari, 9 giugno 2000, n.249.

Poichè ai sensi dell’art.78 L.F. il contratto di conto corrente bancario si scioglie automaticamente per effetto de1la dichiarazione di fallimento del correntista, tutti gli accreditamenti successivi al fallimento sono acquisiti dalla massa e la banca non può trattenerli in compensazione del saldo passivo del conto e deve restituirli al curatore.

Omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.

Con atto di citazione notificato il 28 settembre 1996 il Fallimento di .... convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari il Banco di ....., esponendo che in data 29.3.1991, dopo la dichiarazione di fallimento del ..... pronunciata dal Tribunale con sentenza del 18.2.1991, era stata accreditata sul conto corrente n.2713231, già acceso dal fallito presso la filiale di Carbonia del Banco di ......, la somma di lire 124.782.095, somma che l’istituto di credito aveva rifiutato di consegnare alla massa. Il Fallimento, pertanto, chiese la condanna del convenuto Banco al pagamento dell’importo di £.124.782.095, oltre interessi legali e maggior danno ai sensi dell’art.1224 c.c..Si costituì il Banco di ....., eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva del Fallimento; contestando nel merito l’avversa pretesa, in quanto infondata, e chiedendone il rigetto.La causa, istruita con produzioni documentali, fu decisa con sentenza in data 16 dicembre 1998 con la quale fu rigettata 1’ eccezione pregiudiziale sollevata dal convenuto e condannato quest’ultimo al pagamento della somma di lire 124.782.095, oltre interessi di mora dal 26.1.1996 al saldo, nonchè alla rifusione delle spese processuali. Contro la indicata decisione ha proposto appello il Banco di ....., chiedendone la riforma sulla base di motivi specifici formulati in conformità a quanto esposto dinanzi al tribunale, sostenendo che il pagamento in questione era stato eseguito da un terzo, ......, padre del fallito, con denaro proprio al fine di evitare l'escussione della garanzia da lui concessa per il debito del figlio e pertanto destinatario del pagamento doveva ritenersi non il fallito, bensì la banca che aveva eseguito una mera annotazione contabile interna dell’operazione di pagamento, non operando alcuna compensazione di un credito della banca con un controcredito del correntista; pertanto non sussistevano i presupposti per l’applicazione degli artt.42 e 44 L. Fall.. Si è costituito il Fallimento, contestando l’avverso appello e chiedendone il rigetto, in particolare ribadendo quanto sostenuto in primo grado. La causa è stata tenuta a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE.

L’appello è infondato e deve essere rigettato. Il Banco di ..... ha innanzi tutto ribadito l’eccezione, già formulata nel primo grado del giudizio, di difetto di legittimazione attiva del Fallimento, per la insussistenza di un interesse ad agire in capo allo stesso, non avendo il pagamento per il quale è causa inciso in alcun modo sul patrimonio del fallito e non essendo state violate le regole della par condicio creditorum.L’operazione non avrebbe comportato alcun pregiudizio, peraltro nemmeno allegato dal Fallimento, per la massa dei creditori ed anzi risulterebbe un indubbio vantaggio al fallimento, laddove sarebbe priva di ogni ragione l’acquisizione della somma in questione all’attivo fallimentare.Come giustamente osservato dal Giudice del Tribunale, l’interesse ad agire del Fallimento deriva dalla prospettazione dell’inefficacia del pagamento ricevuto dal fallito dopo la sentenza dichiarativa del fallimento con riferimento alle disposizioni di cui agli artt.42 e 44 L.F.; tale prospettazione implica l’interesse del fallimento ad ottenere all’attivo le somme che sarebbero state sottratte allo stesso con pagamenti inefficaci e il pregiudizio, con la conseguente violazione della par condicio creditorum, è implicito nel ricevimento da parte di un unico creditore delle somme da destinare invece alla massa.

Ciò posto, esattamente il Tribunale ha ritenuto inefficace il pagamento eseguito da ..... il 29.3.1991, in data successiva alla sentenza dichiarativa del fallimento di suo figlio .... del 18.2.1991, dell’importo di lire 124.782.095, accreditato sul conto corrente di. quest’ultimo, ai sensi dell’art.44 della legge fallimentare.Appare evidente, infatti, che il pagamento sia stato ricevuto dal fallito e contestualmente eseguito dal fallito per estinguere il proprio debito nei confronti del Banco Di ......, ciò dopo la sentenza dichiarativa del fallimento. Il fatto che il fallito abbia utilizzato il denaro ricevuto dal padre, che vantava anche un proprio interesse all’estinzione dell’obbligazione, a garanzia della quale aveva concesso ipoteca su un immobile di sua proprietà, non comporta alcuna diversa soluzione, dal momento che ...... non aveva un debito proprio in favore della banca e stava quindi estinguendo un debito del figlio nei confronti dell’istituto di credito che, in caso di mancato adempimento, avrebbe potuto rivalersi con l’espropriazione dell’immobile di proprietà del terzo, utilizzando la garanzia reale concessa. A differenza del fideiussore, che risponde personalmente dell’obbligazione assunta a garanzia dell’obbligazione del debitore principale, il terzo datore di ipoteca non è a sua volta debitore, essendo stata costituita una garanzia reale e potendo il creditore, nella ipotesi di inadempimento della obbligazione, unicamente rivalersi sul bene ipotecato. E pertanto, mentre si sostiene (Cass. 6.8.1998 n.7695) che nella ipotesi che il fideiussore di uno scoperto di conto corrente che non adempia direttamente mediante versamento alla banca personalmente, ma indirettamente versando l’importo dovuto sul conto del fallito, adempie un debito proprio e in quanto tale, se non risulti che sia a sua volta debitore nei confronti del fallito, il suo pagamento è pienamente efficace, dovendosi ritenere che abbia adempiuto il proprio debito fideiussorio, e non soggiace all’art.44 della legge fall., non altrettanto può ritenersi per il terzo. datore di ipoteca che con il versamento sul conto del fallito adempie non un suo debito, bensì un debito del fallito, il quale quindi riceve il pagamento ed utilizza quanto ricevuto per eseguire il pagamento a discapito della massa dei creditori. Giustamente quindi il pagamento per cui è causa è stato ritenuto inefficace, in quanto eseguito dal fallito sia pure anche nell’interesse del terzo, essendo inefficace qualunque disposizione patrimoniale in favore e da parte del fallito, tra cui le operazioni effettuate sul conto corrente bancario, così che la banca è tenuta a riversare al Fallimento quanto in ogni modo ricevuto dal fallito. Poichè ai sensi dell’art.78 L.F. il contratto di conto corrente bancario si scioglie automaticamente per effetto de1la dichiarazione di fallimento del correntista, tutti gli accreditamenti successivi al fallimento sono acquisiti dalla massa e la banca non può trattenerli in compensazione del saldo passivo del conto e deve restituirli al curatore.Il fatto poi che il Banco non abbia insinuato al passivo il proprio credito ormai estinto e che il ...... non si sia rivalso nei confronti del fallimento non significa in alcun modo che l’operazione non solo non abbia creato danni alla massa, ma che anzi si sia rivelata di indubbio vantaggio, perchè, al contrario, è stata sottratta una ingente somma alla distribuzione in favore dei creditori nel rispetto della par condicio, essendosene avvantaggiato esclusivamente il Banco di Napoli che avrebbe dovuto invece insinuarsi nel passivo del fallimento.

Omissis













 

 

 


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