Corte
Costituzionale, ordinanza, n. 11 del 4 gennaio 2001, Giudizio
di legittimità costituzionale degli articoli 10 e
147 L.F. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
ORDINANZA
N. 11 ANNO 2001
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Fernando
SANTOSUOSSO Presidente - Massimo VARI Giudice - Cesare RUPERTO
" - Riccardo CHIEPPA " - Gustavo ZAGREBELSKY " - Carlo MEZZANOTTE
" - Fernanda CONTRI " - Guido NEPPI MODONA " - Piero Alberto
CAPOTOSTI " - Annibale MARINI " - Franco BILE " - Giovanni
Maria FLICK " ha pronunciato la seguente ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli
10 e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa),
promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 2000 dal Tribunale
di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra la Banca
Popolare di Crotone e Varano Giuseppe & C. s.n.c., iscritta
al numero 650 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale,
dell’anno 2000. Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre
2000 il Giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto che il
Tribunale di Catanzaro, nel corso di un giudizio per la
dichiarazione di fallimento di una società in nome collettivo
e dei suoi soci illimitatamente responsabili, con ordinanza
emessa il 28 giugno 2000, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 10 e 147 del regio decreto 16
marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato
preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione
coatta amministrativa); che il giudice rimettente evidenzia
che la società resistente nel giudizio a quo, pur essendo
stata posta in liquidazione e cancellata da oltre un anno
dal registro delle imprese, dovrebbe considerarsi,secondo
una consolidata giurisprudenza di legittimità, ancora in
vita a causa della mancata estinzione di tutti i debiti
precedenti l’apertura della liquidazione; che, conseguentemente,
mentre resterebbe precluso il decorso del termine annuale
previsto dall’art. 10 della legge fallimentare, dovrebbe
essere dichiarato, ricorrendone nella specie tutti i presupposti,
il fallimento sia della società che del socio unico non
receduto; che, oltre alla menomazione del diritto di difesa,
si verificherebbe, in tal modo, una palese disparità di
trattamento tra l’imprenditore individuale, assoggettato
al fallimento solamente entro il termine di un anno dalla
cessazione dell’attività, e l’impresa sociale, sostanzialmente
esposta al fallimento senza alcun termine, nonché tra il
socio illimitatamente responsabile receduto, cui il predetto
termine si applicherebbe in virtù della pronuncia interpretativa
di questa Corte n. 66 del 1999, ed il socio di società cancellata
da oltre un anno dal registro delle imprese, a sua volta
esposto al fallimento senza limiti temporali. Considerato
che l’art. 10 della legge fallimentare è già stato dichiarato
costituzionalmente illegittimo, con sentenza n. 319 del
2000, «nella parte in cui non prevede che il termine di
un anno dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa collettiva
per la dichiarazione di fallimento della società decorra
dalla cancellazione della società stessa dal registro delle
imprese»; che la questione va pertanto dichiarata manifestamente
inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme
integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
PER
QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
degli artt. 10 e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
della amministrazione controllata e della liquidazione coatta
amministrativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3
e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Catanzaro con
l’ordinanza in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta,il 15 dicembre 2000. Fernando SANTOSUOSSO,
Presidente Annibale MARINI, Redattore
Depositata
in cancelleria il 4 gennaio 2001.