Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, Sentenza del 26 febbraio 2001 n. 27/2001 in tema di procedure concorsuali e responsabilità di concessionaria per la riscossione di entrate con l'obbligo del non riscosso per riscosso

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE MOLISE

Presidente : C. Geraci - Relatore : D. Zuppa

FATTO

Con l’atto di citazione in epigrafe il Comune di XX ha convenuto innanzi a questa Sezione giurisdizionale la HJ S.p.A. –Servizio Riscossione Tributi, chiedendo che sia condannata a pagare ad esso comune la somma di lire 217.845.219, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giustizia.

Risulta in fatto che con convenzione del 26 novembre 1993 il comune di XX affidò in concessione alla HJ S.p.A. la riscossione delle entrate patrimoniali e delle altre entrate assimilate, con l’obbligo del non riscosso per riscosso.

Successivamente –in date 15.09.1994, 15.07.1995 e 15.07.1996 lo stesso comune emise e consegnò alla società anzidetta i ruoli per la riscossione dei canoni relativi alle utenze idriche, ruoli nei quali era compresa la "Industria C. M. di Aldo T.". Quest’ultima, peraltro, già ammessa alla procedura di amministrazione controllata in data 2 dicembre 1993 e poi alla procedura di concordato preventivo in data 8 febbraio 1996, venne dichiarata fallita con sentenza del 6 marzo 1996. Ricevuta la comunicazione di fallimento, la società concessionaria ebbe cura di insinuare al passivo fallimentare i crediti del comune relativi alla utenza idrica, crediti che ammontavano a lire 197.507.132 con riferimento alle annualità ‘92/’94 e ’95 ed a lire 48.526.482 per le annualità ’93, ’94 e ’95. Nel dare comunicazione di ciò al comune di XX, la concessionaria avvertì che gli importi anzidetti –per la parte che da essa erano stati già versati in virtù dell’obbligo del non riscosso per riscosso- sarebbero stati trattenuti sui prossimi versamenti da effettuare a favore dell’ente locale.

L’ente locale peraltro, nel convincimento che la concessionaria non avesse la facoltà di trattenere le somme precedentemente versate –ancorché non avesse potute riscuoterle a causa delle procedure concorsuali attivate nei confronti del debitore moroso- chiese ed ottenne l’emissione di un decreto ingiuntivo al fine di ottenere il pagamento delle somme di cui sopra. La concessionaria, a sua volta, fece opposizione al decreto ingiuntivo ed il Tribunale di Campobasso, con sentenza 23 febbraio 2000, n. 83, in accoglimento delle eccezioni della concessionaria, declinò la propria giurisdizione in favore della Corte dei conti, revocando contestualmente il decreto opposto.

Il comune di XX, conseguentemente, con la citazione in epigrafe, si è rivolto a questo Giudice, riproponendo la domanda intesa ad ottenere che la HJ sia condannata a pagare la somma di cui sopra.

Con detta citazione l’ente locale, dopo aver rimarcato che la fondatezza delle sue tesi ha già ottenuto, in sede giudiziaria, un primo riscontro positivo con il decreto ingiuntivo di cui si è detto, riafferma che la concessionaria ha l’obbligo di versare le somme di cui trattasi in forza del principio del non riscosso per riscosso, fatta salva la sua facoltà di attivare le procedure per ottenere opportune dilazioni ovvero il rimborso di quanto pagato. Sottolinea che la norma di cui all’art. 65 del d.P.R. n. 43/1988 (ai cui sensi "i ruoli, di qualsiasi specie, a carico di soggetti sottoposti ad una delle procedure concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, alla procedura di cui al D.L. 30 gennaio 1979, n. 26 convertito, con modificazioni, dalla L. 3 aprile 1979, n. 95, ovvero ad una delle procedure ad essa assimilate, sono affidate in riscossione al concessionario senza l’obbligo del non riscosso per riscosso") non è applicabile alla fattispecie in esame, atteso che essa "rimane applicabile solo ed esclusivamente ai casi in cui il ruolo è affidato in riscossione al concessionario successivamente alla dichiarazione di fallimento e non nel caso in cui l’affidamento è avvenuto, ed è il caso di specie, in data anteriore alla procedura concorsuale". Conclude, quindi, che la concessionaria non è legittimata a trattenere, in sede di versamento, le somme iscritte a ruolo e, conseguentemente, ne chiede la condanna nei sensi di cui sopra, previo, ove occorra, espletamento di attività istruttoria.

Resiste alla domanda la convenuta che propone una diversa lettura della normativa di riferimento.

Precisa, innanzitutto, che nessun argomento è dato trarre a favore della tesi attorea dal precedente decreto ingiuntivo, atteso che esso è stato travolto dalla successiva pronuncia di difetto di giurisdizione. Ricorda, quindi, che "nei confronti della Ditta Industria C. M. non era … possibile procedere esecutivamente, per il recupero delle entrate patrimoniali de quibus, sin dalla ammissione della Ditta stessa alla procedura di amministrazione controllata (2 dicembre 1993) ed alla consecutiva procedura di concordato preventivo (8 febbraio 1996) in forza dell’art. 188, II co. e dell’art. 168 I co. L.F.". L’accennata situazione impediva, dunque, alla concessionaria di attivare procedure esecutive nei confronti della ditta morosa e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 65 citato e dell’art. 72, comma 5°, la esonerava dall’obbligo di anticipazione e la legittimava alla ritenzione delle somme già anticipate. Chiede conclusivamente il rigetto della domanda attorea e la condanna del comune alle spese di giudizio.

Con atto conclusionale depositato il 4 gennaio 2001 il Procuratore Regionale, dopo aver espresso il parere "che la fattispecie in esame sia sussumibile nel II comma (e non nel I comma) dell'art. 65 del D.P.R. n. 43", afferma che "il concessionario avrebbe dovuto formulare domanda di rimborso per inesigibilità delle somme; solo dopo il provvedimento dell’Intendenza di Finanza il concessionario avrebbe avuto il diritto ad una dilazione, da effettuare al primo versamento utile". Conclude, pertanto, con la richiesta di accoglimento della domanda attorea.

Alla pubblica udienza il difensore del comune di XX, avv. Renato P., si è riportato all’atto introduttivo del giudizio, insistendo nelle richieste in esso contenute.

L’avv. Augusto E., difensore della convenuta, dopo un’ampia ed articolata esposizione della normativa di riferimento, ha affermato che la HJ S.p.A. ha adempiuto a tutti gli obblighi ad essa imposti dalla legge e dalla convenzione ed ha insistito per il rigetto della domanda attorea.

Il Pubblico Ministero dott.ssa Annunziata Francioso ha ulteriormente illustrato le argomentazioni di cui all’atto scritto, sottolineando in special modo che la convenuta, ancorché avesse titolo ad essere sollevata dall’obbligo del non riscosso per riscosso, non aveva alcuna possibilità giuridica di agire unilateralmente al fine di trattenere quanto precedentemente versato, occorrendo, a tal fine, un provvedimento del Comune ovvero dell’Intendente di Finanza.

L’avvocato E. ha replicato che l’intendente di finanza non ha alcuna competenza in materia di entrate patrimoniali ed assimilate.

E’ seguita una breve replica del Pubblico Ministero, cui ha fatto seguito un’ulteriore puntualizzazione dell’avvocato E..

DIRITTO

La questione posta al vaglio di questo Giudice è volta a stabilire se il concessionario del servizio di riscossione dei canoni per utenze idriche del comune di XX (HJ S.p.A- Servizio Riscossione Tributi), che, in adempimento dell’obbligo convenzionale del non riscosso per riscosso, abbia versato all’ente locale i canoni dovuti da un’impresa la quale, già all’atto della consegna dei ruoli, era sottoposta ad amministrazione controllata e che successivamente -previa ammissione alla procedura di concordato preventivo- sia stata dichiarata fallita, abbia la facoltà di recuperare, mediante trattenuta sui successivi versamenti, i canoni anticipati ma non riscossi e non suscettibili di riscossione coattiva a causa del divieto di azioni esecutive nei confronti del debitore (artt. 188, c. 2 e 168, c. 1 legge fallimentare).

Al quesito va data risposta positiva.

L’art. 65 del d.P.R. n. 43/1988 (cui la convenzione –art. 12- fa rinvio per quanto da essa non previsto), dispone che "i ruoli, di qualsiasi specie, a carico di soggetti sottoposti ad una delle procedure concorsuali di cui al r.d. 16 marzo 1942, n. 267 … sono affidati al concessionario senza l’obbligo del non riscosso come riscosso".

L’ente locale, pur riconoscendo che la citata norma esonera il concessionario dall’obbligo del non riscosso per riscosso nel caso di contribuente sottoposto a procedure concorsuali, ritiene tuttavia che essa sia applicabile "solo ed esclusivamente ai casi in cui il ruolo (sia) stato affidato in riscossione al concessionario successivamente alla –dichiarazione di fallimento, e non nel caso in cui l’affidamento (sia) avvenuto in data anteriore alla procedura concorsuale, come nella specie".

Le conclusioni cui perviene l’ente locale muovono peraltro dall’erroneo convincimento che la norma di cui trattasi colleghi il venir meno dell’obbligo del non riscosso per riscosso soltanto alla intervenuta dichiarazione di fallimento. La norma citata, invece, collega l’esonero anzidetto all’attivazione di una qualsiasi delle procedure di cui alla legge fallimentare (ovvero ad una delle procedure ad esse assimilate), ivi compresa, quindi, l’amministrazione controllata. E la ragione di tale esonero va rinvenuta nel collaterale divieto che, al momento dell’attivazione di una di tali procedure, scatta per il creditore, di promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore inadempiente (art. 168, comma 1 legge fallimentare, richiamato, per l’amministrazione controllata, dal successivo art. 188, comma 2). Sarebbe infatti in palese contraddizione con la clausola generale di razionalità porre nei confronti del concessionario l’assoluto divieto di agire esecutivamente nei confronti del debitore sottoposto ad amministrazione controllata e, nello stesso tempo, imporre al medesimo di versare all’ente i canoni dovuti dal debitore inadempiente, canoni di cui, si ripete, è impedito il recupero coattivo.

Orbene, tenuto conto che, in fattispecie, i ruoli di cui si discute sono stati emessi in data successiva al 2 dicembre 1993 (in citazione si afferma che il primo ruolo è stato emesso in fata 15 settembre 1994), data da cui la ditta Industria C. M. era stata ammessa ad una delle procedure concorsuali di cui al citato r.d. n. 267/1942 (amministrazione controllata: v. decreto del Tribunale di Campobasso in data 2 dicembre 1993, pubblicato sul Foglio degli annunzi legali della provincia di Campobasso n. 58 del 10 dicembre 1993), deve concludersi che, per i canoni a carico di tale ditta, il concessionario non aveva l’obbligo del non riscosso per riscosso. E deve altresì concludersi che i canoni anticipati –e dei quali non era possibile la riscossione coattiva a carico del debitore moroso, a causa della preclusione di azioni esecutive di cui si è detto, erano certamente recuperabili dal concessionario.

Resta tuttavia da vedere se detto recupero potesse essere effettuato direttamente dal concessionario, mediante ritenute sui successivi versamenti, ovvero se occorresse il previo accordo con l’ente locale o, in alternativa, la intermediazione di un organo terzo che verificasse la sussistenza dei presupposti per il recupero.

Che questo sia essenzialmente il punto di contrasto tra le due parti, lo ha efficacemente sottolineato il Pubblico Ministero all’odierno dibattimento: pur ammettendo, infatti, che la convenuta avesse titolo ad ottenere il rimborso delle quote di cui trattasi, ha tuttavia negato che avesse facoltà di soddisfare da sé le proprie ragioni, trattenendo sui futuri versamenti i canoni del debitore fallito. In sintesi, mentre l’ente locale ed il Pubblico Ministero rimarcano prevalentemente i profili formali della vicenda, che avrebbero imposto l’attivazione di procedure garantistiche intese al previo accertamento delle ragioni vantate dalla concessionaria ed alla successiva soddisfazione di esse mediante provvedimenti dell’ente locale, la Concessionaria privilegia i profili sostanziali della vicenda, rimarcando che la accertata insussistenza, in fattispecie, dell’obbligo del non riscosso per riscosso, le dava facoltà di recuperare immediatamente quanto indebitamente versato.

La descritta situazione, in verità, non sembra trovare puntuale previsione né nella convenzione, né nella legislazione in materia.

L’interpretazione della normativa legislativa e convenzionale di riferimento, ove sia condotta secondo il criterio fondamentale della buona fede, ed in coerenza con quanto prescritto dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dagli artt. 1362 e sgg. c.c., consente tuttavia di individuare la disciplina appropriata al caso in esame.

Soccorre, in particolare, in proposito l’art. 5 della convenzione che, nelle ipotesi in cui al concessionario sia stato inibito di procedere alla riscossione coattiva dei canoni per effetto di un provvedimento di sospensione adottato dall’Ente locale, consente al medesimo di detrarre dai successivi versamenti gli importi anticipati, ai sensi dell’art. 72 del d.P.R. n. 43/1988.

La ratio di tale disposizione è palesemente quella di far sì che il concessionario, ove incontri un oggettivo ed ineludibile impedimento alla esazione dei canoni a lui affidati in riscossione, abbia immediata facoltà di ripetere dal Comune quanto indebitamente versato per effetto dell’obbligo del non riscosso per riscosso. Orbene, se tale è la ratio della norma pattizia, appare evidente che essa debba trovare applicazione non soltanto quanto l’impedimento alla riscossione derivi da provvedimento dell’ente locale, ma anche quando, come in fattispecie, esso trovi la sua fonte direttamente nella legge.

Deve perciò riconoscersi che, in fattispecie, la società convenuta aveva facoltà di trattenere sui primi versamenti utili i canoni da essa indebitamente anticipati, canoni dei quali, per disposizione di legge, era inibita la riscossione coattiva nei confronti del debitore moroso.

Alla stregua di tali considerazioni la domanda attorea non merita accoglimento.

La novità della controversia consente di compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, respinge la domanda attorea e compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Campobasso, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2001.












 

 

 


2000 (c) ilFallimento.it - Ideato e diretto dal Dott. Raimondo Olmo
Torre Annunziata (Napoli) - Corso Umberto I, n.242