Corte
di Cassazione, 4 aprile 2001 n. 4919, Richiesta di svolgimento
in contraddittorio con un consulente di parte dell'attivitą
dell'esperto nominato dal giudice delegato
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
In
data 22 maggio 1999 Garbuglia Nazzareno, quale creditore,
proponeva reclamo al Tribunale di Ancona ex art. 26 della
legge fallimentare, avverso il provvedimento, con il quale
il giudice delegato per il Fallimento Cemim aveva respinto
la richiesta che la stima dei beni immobili, acquisiti al
fallimento, fosse effettuata dal C.T.U. ing. Sisa in contraddittorio
con un consulente di fiducia del reclamante.
Con decreto in data 18 giugno 1999 il tribunale summenzionato
respingeva il reclamo, osservando che la normativa di cui
agli artt. 191 e segg. c.p.c. non era applicabile all'esperto,
nominato dal giudice delegato ai sensi dell'art. 568 c.p.c.,
per la determinazione del valore dell'immobile al fine di
stabilire il prezzo base per l'incanto.
Avverso tale provvedimento Nazzareno Garbuglia ha proposto
ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. sulla
base di due motivi. Il Fallimento Cemin ha resistito con
controricorso, depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con
il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa
applicazione delle norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.).
Deduce il ricorrente che nel caso di specie avrebbero dovuto
trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 191
ss. c.p.c., atteso che, essendo stato nominato dal tribunale
quale C.T.U. ed avendo prestato giuramento secondo le disposizioni
relative al conferimento dell'incarico ad un consulente
d'ufficio, l'ing. Sisa rivestiva a tutti gli effetti la
carica di consulente così come disciplinato dalle
norme del codice di procedura civile con tutte le giuridiche
conseguenze.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione,
illogicità e contraddittorietà della motivazione,
essendo le motivazioni addotte dal tribunale per la reiezione
del reclamo palesemente illogiche e contrastanti con la
realtà dei fatti.
Il controricorrente, a sua volta, eccepisce nel controricorso
l'inammissibilità del ricorso, essendo stato impugnato
un provvedimento inidoneo ad incidere su diritti soggettivi
ed avente natura ordinatoria.
Eccepisce, altresì, l'improcedibilità del
ricorso per il mancato deposito dell'istanza ex art. 369,
u.c., c.p.c.
La eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata
dal controricorrente è fondata.
L'art. 105 della legge fall. stabilisce che alle vendite
di beni mobili ed immobili del fallimento si applicano le
disposizioni del codice di procedura civile relative al
processo di esecuzione, purché queste norme siano
compatibili con le caratteristiche ed esigenze tipiche della
procedura fallimentare.
Tra le disposizioni del codice di procedura civile compatibili
rientra sicuramente l'art. 568 c.p.c., laddove concede al
giudice la facoltà di nominare un esperto per la
determinazione del valore dell'immobile.
Tale disposizione, infatti, prevedendo uno strumento di
carattere generale per la determinazione del prezzo base
per l'espropriazione immobiliare, può senz'altro
essere utilizzata anche per la vendita degli immobili del
fallimento, dovendo il giudice delegato procedervi ai sensi
dell'art. 108 della legge fallimentare con la modalità
dell'incanto o senza incanto (se quest'ultimo si presenti
più vantaggioso), vale a dire con modalità
che richiedono la previa individuazione del valore del bene.
L'esperto, nominato dal giudice a norma dell'art. 568 c.p.c.,
deve, ai sensi dell'art. 161 delle disposizioni di attuazione
del c.p.c., prestare giuramento di bene e fedelmente procedere
alle operazioni affidategli.
Dalla funzione di ausilio del giudice delegato, che l'esperto
è chiamato ad assolvere nel procedimento previsto
per la vendita fallimentare immobiliare, si evince che la
nomina di detto esperto è un atto meramente preparatorio
della vendita fallimentare (cfr. in tal senso per quanto
riguarda il procedimento di espropriazione immobiliare Cass.
n. 1161/62; Cass. n. 1691/75); tale nomina non è
obbligatoria, ma meramente facoltativa (cfr. in tal senso
per il procedimento di espropriazione immobiliare Cass.
n. 1098/63), essendo rimessa alla valutazione discrezionale
del giudice, e la stima effettuata dall'esperto costituisce
un dato indicativo che non può in alcun modo pregiudicare
l'esito della vendita, poiché la gara fra gli offerenti
rappresenta la migliore garanzia che i beni siano venduti
al giusto prezzo (cfr. in tal senso per quanto riguarda
il procedimento di espropriazione immobiliare regolato dal
c.p.c.: Cass. n. 1092/74; Cass. n. 1766/81; Cass. n. 9908/98).
Né l'attività dell'esperto per la valutazione
del bene deve svolgersi in contraddittorio con un qualche
consulente di parte, sia perché, come già
detto, la sua nomina costituisce un mero atto preparatorio
della vendita fallimentare e la valutazione da lui fornita
costituisce un dato meramente indicativo che non pregiudica
l'esito della vendita, sia perché il suo ausilio
non viene richiesto dal giudice al fine di risolvere una
controversia, ma soltanto per la liquidazione dell'attivo
fallimentare, cioè per lo svolgimento di un'attività
di carattere esecutivo e tipicamente unilaterale.
Pertanto, il mancato svolgimento in contraddittorio con
un consulente di parte dell'attività dell'esperto
nominato dal giudice delegato non può in alcun caso
incidere sulla legittimità degli ulteriori atti del
procedimento di vendita di cespiti del fallimento.
Ne deriva che il decreto del tribunale fallimentare, confermativo
del decreto del giudice delegato, con il quale questo abbia
respinto la richiesta di un creditore del fallito, intesa
ad ottenere che l'esperto nominato per la stima degli immobili
da porre in vendita proceda all'espletamento dell'incarico
in contraddittorio con un consulente di parte nominato dall'istante,
non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione,
atteso che non ha carattere decisorio, non implicando il
coinvolgimento di posizioni di diritto soggettivo, ma soltanto
carattere ordinatorio, essendo volto ad escludere una non
prevista e non necessaria partecipazione del creditore (attraverso
un consulente di parte) al procedimento per la liquidazione
dei beni acquisiti al fallimento.
Per quanto precede il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di
cassazione, che, tenuto conto del valore indeterminato della
causa, appare giusto liquidare in complessive lire 2.656.000,
di cui lire 2.500.000 per onorario.
P.Q.M.
La
Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando il
ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano in complessive lire 2.656.000, di cui lire 2.500.000
per onorario.