T.
A. R. Toscana, sez. II, 1° agosto 2001, n. 1318, sulla
responsabilità del curatore fallimentare per il ripristino
in caso di inquinamento
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.
1318 Reg. Sent.Anno 2001
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA NN.
1616-1618 Reg. Ric.Anno 2000
- Sezione II -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui seguenti ricorsi:
I) n. 1616 del 2000, proposto da Lucchesi Antonio, in qualità
di curatore del fallimento Mon Papier s.r.l., autorizzato
con provvedimento del giudice delegato in data 17 maggio
2000, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco p. Luiso
e Natale Giallongo, presso lo studio di quest'ultimo elettivamente
domiciliato, in Firenze, alla via Alfieri n. 19
II) n. 1618 del 2000, proposto da Torre Paolo, in qualità
di curatore del fallimento ITI s.r.l., autorizzato con provvedimento
del giudice delegato in data 10 maggio 2000, rappresentato
e difeso dagli avv.ti Francesco p. Luiso e Natale Giallongo,
presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato,
in Firenze, alla via Alfieri n. 19
contro
il Comune di Villa Basilica, in persona del Sindaco p.t.,
non costituito in giudizio
per l'annullamento
dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Villa Basilica
n. 418 in data 22 aprile 2000, con la quale si ingiunge
alle parti ricorrenti di rimuovere i rifiuti industriali
giacenti nell'area di proprietà della Società
poi fallita
Visti i ricorsi con la relativa documentazione;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore alla pubblica udienza del 30 maggio 2001 il dr.
Roberto POLITI; udito altresì lavv. M. C. Mannocci,
in sostituzione dellavv. N. Giallongo, per le parti
ricorrenti.
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con l'impugnata determinazione il Sindaco del Comune di
Villa Basilica, con riferimento ad una relazione dell'Ufficio
di Polizia Municipale, ingiungeva:
- alla ITI s.r.l., in qualità di proprietaria dell'area
interessata;
- ed alla Mon Papier s.r.l., in qualità di affittuaria
dell'area stessa;
nella persona dei rispetti curatori fallimentari (trovandosi
entrambe le suddette Società sottoposte a procedura
concorsuale), di rimuovere i rifiuti industriali ivi rinvenuti.
Contestano le parti ricorrenti - i quali agiscono, rispettivamente,
nella qualità di curatori fallimentari delle Società
Mon Papier s.r.l. e ITI s.r.l. - la legittimità del
provvedimento con entrambi i gravami avversato; deducendo
al riguardo, con le epigrafate impugnative, i seguenti -
omogenei - argomenti di censura:
1) Violazione dell'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22
Nel curatore fallimentare non potrebbe essere, in particolare,
individuata la legittimazione passiva dell'ordine di smaltimento
dei rifiuti rinvenuti in area pertinente (a titolo dominicale,
ovvero sulla quale insista un diritto di godimento) a Società
assoggettata a procedura concorsuale, atteso che l'epigrafata
disposizione espressamente contempla, fra i presupposti
dell'ingiunzione di che trattasi, la presenza di una violazione
personalmente commessa dal soggetto, ovvero al medesimo
imputabile a titolo colposo o doloso.
Nessuna delle circostanze indicate ricorrerebbe, quanto
alla fattispecie in esame, relativamente alla posizione
dei curatori fallimentari odierni ricorrenti (avuto anche
riguardo alla cessazione dello svolgimento dell'attività
di impresa da parte delle aziende dichiarate fallite): per
l'effetto sostenendosi l'illegittimità dell'avversata
determinazione sindacale.
2) Violazione dell'art. 18 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471.
La disposizione in epigrafe prevede che, laddove il sito
inquinato sia oggetto di procedura esecutiva immobiliare,
ovvero di procedura concorsuale di cui al R.D. 267 del 1942,
il competente Comune debba domandare l'ammissione al passivo
per la somma corrispondente all'onere di bonifica preventivamente
determinato in via amministrativa.
3) Violazione dell'art. 59 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267.
Né potrebbe sostenersi che il fallimento "succeda"
all'azienda nell'obbligo di smaltimento dei rifiuti, atteso
che la successione del curatore ha luogo soltanto per gli
obblighi di carattere patrimoniale e non già in ragione
di quelli eminentemente personale.
L'unica responsabilità del fallimento individuabile
in relazione all'ineseguito ordine di smaltimento dei rifiuti
verrebbe in considerazione laddove, in presenza del mancato
adempimento, da parte del responsabile, dell'ordine di che
trattasi, l'Amministrazione competente procedesse all'esecuzione
d'ufficio; risultando in tale evenienza consentito, laddove
i relativi oneri non fossero comunque suscettibili di essere
posti a carico del responsabile stesso, l'insinuazione nel
passivo fallimentare per le somme corrispondenti, in concorso
con le altre ragioni creditorie fatte valere nell'ambito
dell'aperta procedura concorsuale.
Concludono entrambi le parti ricorrenti insistendo per l'accoglimento
dei proposti gravami, con conseguente annullamento dell'atto
oggetto di omogenea censura.
L'Amministrazione resistente, ancorché ritualmente
intimata, non si è costituita in giudizio.
Le domande di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato,
da entrambe le parti ricorrenti proposte in via incidentale,
sono state da questo Tribunale accolte con ordinanze nn.
1041 e 1042, pronunziate nella Camera di Consiglio del 27
luglio 2000.
I ricorsi vengono ritenuti per la decisione alla pubblica
udienza del 30 maggio 2001.
DIRITTO
Evidenti ragioni di connessione oggettiva consentono di
procedere alla riunione dei ricorsi nn. 1616 e 1618 del
2000, proposti dalle curatele fallimentari delle s.r.l.
ITI e Mon Papier avverso la medesima determinazione sindacale
avente ad oggetto ordine di smaltimento dei rifiuti.
L'omogeneità delle censure con i suddetti mezzi di
tutela giurisdizionale dedotte consente inoltre al Collegio
di procedere ad un'unitaria trattazione dei gravami.
1. Ciò preliminarmente posto, va precisato come la
determinazione sindacale con entrambi i gravami avversata,
nel dare atto della presenza, "sul piazzale dell'insediamento
produttivo posto in frazione Botticino, via delle Cartiere
153", di "rifiuti industriali di vario genere,
compreso diversi contenitori con liquidi", abbia individuato
in capo alle imprese:
- ITI s.r.l. (in qualità di proprietaria dell'area
interessata dall'abbandono di rifiuti di che trattasi)
- e MON PAPIER s.r.l. (in qualità di gestore del
relativo complesso industriale nel periodo 1997-1999)
la responsabilità, "pur in diversa misura, dell'abbandono
dei rifiuti citati"; per l'effetto adottando l'ordine
di smaltimento oggetto delle presenti controversie, rivolto
- in ragione dello stato di fallimento per entrambi le suddette
aziende precedentemente dichiarato - nei confronti dei rispettivi
curatori fallimentari.
2. Quanto sopra doverosamente puntualizzato ai fini di una
migliore comprensione dei termini essenziali di riferimento
della vicenda contenziosa sottoposta al sindacato di questa
Sezione, va osservato come il potere nella fattispecie esercitato
dall'Autorità comunale trovi fondamento nelle disposizioni
di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22.
In particolare, l'art. 14 del citato D.Lgs. 22/97, nello
stabilire (I e II comma) il divieto di abbandono e deposito
incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo (nonché
dell'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato
solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee,
ha posto a carico di chiunque violi i divieti anzidetti
l'obbligo di "procedere alla rimozione, all'avvio a
recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino
dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con
i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area,
ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo
o colpa"; ulteriormente stabilendo che "il Sindaco
dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie
ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede
all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero
delle somme anticipate".
Siffatta disposizione rivela, invero, elementi di chiara
continuità rispetto alla previgente previsione di
cui all'art. 9 del D.P.R. 915 del 1982, con riferimento
all'applicazione del quale la giurisprudenza aveva maturato
(sia pure in presenza di talune pronunzie dissonanti) un
orientamento in base al quale l'ordine di smaltimento dei
rifiuti non poteva essere volto indiscriminatamente nei
confronti del proprietario o comunque del soggetto che avesse
la disponibilità dell'area interessata: e ciò
in ragione della considerazione che la responsabilità
del proprietario dell'area trova origine esclusivamente
in quanto lo stesso possa dirsi "obbligato" (siffatto
obbligo non potendo essere desunto se non da un comportamento
- eventualmente anche omissivo - di corresponsabilità
con l'autore dell'abbandono illecito dei rifiuti).
Il carattere ripristinatorio, rinvenibile nell'ordine di
smaltimento, presuppone infatti - necessariamente - una
responsabilità da illecito in capo al destinatario;
ex converso dimostrandosi inconfigurabile un obbligo di
smaltimento in capo al proprietario incolpevole (cfr., in
tal senso, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 7 dicembre
1995 n. 1442, T.A.R. Lombardia, Brescia, 17 ottobre 1994
n. 580 e 21 dicembre 1993 n. 1051, T.A.R. Emilia-Romagna,
Bologna, sez. I, 10 luglio 1992 n. 230; T.A.R. Sicilia,
Catania, 15 dicembre 1994 n. 2773, T.A.R. Toscana, sez.
I, 1° luglio 1994 n. 414 e 16 gennaio 1990 n. 13).
Come precedentemente sottolineato, nella vigenza della disciplina
di cui al D.P.R. 915 del 1982, l'orientamento del quale
si è dato conto, ancorché largamente maggioritario,
è stato tuttavia fronteggiato da un diverso convincimento
(evincibile da talune pronunzie), per il quale - valorizzata
in senso meramente oggettivo la natura ripristinatoria dell'ordine
di smaltimento - ne viene individuato come legittimo destinatario
il soggetto che abbia la giuridica disponibilità
del bene, la cui legittimazione passiva trova per l'effetto
fondamento proprio sul rapporto intrattenuto con il bene
stesso (cfr., in termini, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma,
22 maggio 1995 n. 241 e T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 9
giugno 1983 n. 237).
Il maggioritario orientamento del quale si è dato
precedentemente conto ha mutuato le proprie ragioni giuridiche
(ancorché in presenza di un quadro normativo non
puntualmente diffuso in ordine ai profili di responsabilità
connessi alla legittimazione passiva dell'ordine di smaltimento;
e ciò a differenza della successiva disciplina, applicabile
alla vicenda in esame, delineata dall'art. 14 del D.Lgs.
22/97, c.d. "decreto Ronchi"), con riferimento:
- all'art. 130/R del Trattato dell'Unione Europea (introdotto
dall'Atto Unico Europeo del 1986), volto a sancire il noto
principio per cui "chi inquina, paga";
- ed all'art. 18 della l. 349 del 1986 (istitutiva del Ministero
dell'Ambiente), in base al quale già era evincibile
la regola per cui la responsabilità del danno ambientale
consegue al compimento di fatti dolosi o colposi, e non
già alla (individuazione della) mera qualità
di proprietario dell'area (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano,
sez. I, 23 giugno 1997 n. 1026).
3. L'entrata in vigore del citato "decreto Ronchi",
nel disciplinare (con il richiamato art. 14) la fattispecie
relativa al divieto di abbandono di rifiuti già previsto
dall'abrogato art. 9 del D.P.R. 915/82, ha inteso eliminare
i margini di incertezza presenti nella precedente formulazione
normativa (peraltro come sopra evidenziato oggetto di interpretazione
giurisprudenziale sostanzialmente univoca), valorizzando
l'opera ermeneutica che, come si è avuto modo di
constatare, ha individuato, pur nella previgenza della disciplina
precedentemente citata, il divisato nesso fra obbligo di
smaltimento e sussistenza di profili di responsabilità
- a titolo almeno colposo - in capo al soggetto destinatario
dell'ordine.
Ed infatti, il III comma dell'art. 14 di che trattasi, in
luogo della generica locuzione "soggetti obbligati"
contenuta nell'art. 9 del D.P.R. 915/82, reca l'espressa
indicazione degli stessi, individuandoli negli autori della
violazione dei divieti posti dai due precedenti commi.
La disposizione ora in rassegna, ulteriormente, condiziona
espressamente la responsabilità solidale del proprietario
dell'area (ovvero, del soggetto che ne abbia la disponibilità)
all'imputabilità allo stesso della violazione onde
trattasi, a titolo di dolo o di colpa: con ciò escludendosi
in nuce la configurabilità di una responsabilità
(di carattere oggettivo, o, più propriamente) propter
rem e confermandosi, vieppiù, il carattere di illecito
amministrativo della violazione assoggettata all'intervento
ordinatorio dell'Autorità comunale.
L'illecito amministrativo - come ripetutamente sostenuto
dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione -
postula infatti la configurabilità di una condotta
dolosa o colposa; conseguentemente rivelandosi illegittima
l'applicazione di una sanzione amministrativa sul presupposto
di una generica culpa in vigilando, ovvero in eligendo ed
in assenza dello specifico accertamento in ordine all'imputabilità
della contestata infrazione al comportamento posto in essere
dal soggetto.
Se, quindi, anche nel vigore della previgente disciplina
ex D.P.R. 915/82 la giurisprudenza ha avuto modo di dare
atto dell'illegittimità dei provvedimenti ripristinatori
emessi dall'Autorità comunale in difetto del presupposto
accertamento in ordine all'imputabilità della condotta
sostanziatasi nella determinazione di un danno ambientale,
a fortiori siffatta sistematica interpretativa non può
non essere valorizzata in presenza di un dato normativo
- ora rappresentato dall'art. 14 del D.Lgs. 22/97 - che
con ben diversa pregnanza ha espressamente postulato l'obbligo
di verificare, ai fini di che trattasi, la presenza di un
comportamento qualificabile a titolo di dolo, ovvero di
colpa.
Può quindi sinteticamente affermarsi che l'ordine
di smaltimento dei rifiuti non può essere indiscriminatamente
rivolto al proprietario - o, comunque, al soggetto che abbia
la disponibilità dell'area interessata - in ragione
della considerazione che la responsabilità del proprietario
sorge esclusivamente in quanto lo stesso possa ritenersi
obbligato; siffatto obbligo non potendo che essere desunto
da un comportamento (anche omissivo) di corresponsabilità
con l'autore dell'illecito abbandono di rifiuti.
L'ordine onde trattasi, pertanto, presuppone necessariamente
l'accertamento della responsabilità di illecito in
capo al destinatario: dovendosi conseguentemente escludere
la sussistenza dell'obbligo di smaltimento a carico del
proprietario incolpevole (cfr., unitamente alle pronunzie
in argomento precedentemente citate, anche T.A.R. Lombardia,
Milano, sez. I, 26 gennaio 2000 n. 292; T.A.R. Basilicata,
23 settembre 1999 n. 385; T.A.R. Campania, Napoli, sez.
V, 5 febbraio 1999 n. 286 e 3 dicembre 1998 n. 3640).
4. Quanto sopra osservato - ed ancora una volta ribadita
l'illustrata interpretazione della norma alla fattispecie
applicabile (in termini, cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna,
sez. I, 19 febbraio 1998 n. 64 e sez. II, 4 ottobre 1999
n. 490) - non può esimersi il Collegio dal rilevare
l'evidente fondatezza delle censure, sotto il profilo in
esame, dalle parti ricorrenti mosse avverso l'impugnata
ordinanza comunale.
Nel rammentare i presupposti - per come sopra riportati
- nell'ambito del gravato provvedimento considerati al fine
di individuare nei soggetti pure precisati i destinatari
dell'impartito ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati,
va infatti osservato come la determinazione di che trattasi
- sia con riferimento agli accertamenti istruttori condotti
dall'Autorità procedente, che con riguardo all'ostensione
motivazionale recata dal provvedimento gravato - non rechi
alcun elemento indiziante la presenza di concorrenti profili
di responsabilità - sotto il profilo almeno colposo
- in capo ai proprietari e/o ai gestori dell'area industriale
in discorso (e, a fortiori, ai curatori fallimentari delle
ricorrenti imprese) in relazione ai fatti ed alle circostanze
descritte.
Non è chi non veda come nell'individuazione dei soggetti
passivamente legittimati - per come operata nell'ordine
impugnato - si dimostri carente alcuna considerazione circa
la correlata individuazione dei relativi profili di responsabilità
- a titolo doloso o colposo - per comportamenti che abbiano
dato origine all'abusivo abbandono dei rifiuti di che trattasi.
Quanto alla posizione del curatore fallimentare - segnatamente
per quanto concerne la legittimazione passiva di quest'ultimo
rispetto all'impartito ordine di smaltimento - va osservato,
in linea di principio, come i rifiuti prodotti dall'imprenditore
fallito non costituiscano "beni" da acquisire
alla procedura fallimentare (e, quindi non formino oggetto
di apprensione da parte del curatore); comunque dovendosi
rilevare che - esclusa la legittima sussumibilità
dei rifiuti stessi nel compendio fallimentare (rispetto
alla quale potrebbero venire in considerazione eventuali
profili di responsabilità di carattere meramente
gestorio in capo al curatore) - non viene individuato, nell'ordine
di ripristino sottoposto all'esame di questo Collegio, alcun
ambito di univoca, autonoma e chiara responsabilità
dei curatori stessi ai fini dell'abbandono dei rifiuti onde
trattasi (dandosi, al contrario, atto - almeno implicitamente
- della collocazione temporale della derelizione di questi
ultimi ad epoca antecedente l'apertura delle procedure fallimentari).
Non è chi non veda come, alla stregua di quanto sopra
osservato, si dimostri del tutto carente quella "individuazione
di responsabilità" che, alla stregua di quanto
disposto dal III comma dell'art. 14 del D.Lgs. 22/97, costituisce
ora indefettibile coordinata di legittimità del provvedimento
ripristinatorio.
Non può quindi trovare conferma l'orientamento -
da questo Tribunale tratteggiato nella vigenza della precedente
disciplina di legge - per cui, ferma la responsabilità
penale dell'imprenditore fallito, l'obbligo di provvedere
allo smaltimento di rifiuti tossici ed all'allontanamento
di materiali inquinanti graverebbe sul curatore fallimentare,
unico autorizzato a porre in essere atti di disposizione
o comunque iniziative incidenti sulla massa fallimentare
(cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 3 marzo 1993 n. 196); dovendosi
ora dare atto come l'obbligo in questione non possa trovare
soggettiva individuazione se non in ragione del previo accertamento
di responsabilità e, quindi, in conseguenza della
presupposta ricognizione di comportamenti (commissivi, ovvero
meramente omissivi) che abbiano dato luogo al fatto antigiuridico.
Piuttosto, l'Amministrazione competente, in difetto della
ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata
allo scarico abusivo dei rifiuti, ben avrebbe potuto, alla
stregua di quanto stabilito dall'ultima parte del III comma
dell'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, procedere
all'esecuzione d'ufficio "in danno dei soggetti obbligati
ed al recupero delle somme anticipate": nel caso di
specie, mediante insinuazione del relativo credito nel passivo
fallimentare (come del resto previsto dal V comma dell'art.
18 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, in base al quale "nel
caso in cui il sito inquinato sia oggetto
delle procedure
concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, il Comune
domanda l'ammissione al passivo ai sensi degli artt. 93
e 101 del decreto medesimo per una somma corrispondente
all'onere di bonifica preventivamente determinato in via
amministrativa").
5. Le considerazioni precedentemente rassegnate univocamente
inducono a dare atto della fondatezza delle censure con
le presenti impugnative omogeneamente dedotte avverso l'ordinanza
sindacale n. 418 in data 22 aprile 2000, la quale deve pertanto
- in accoglimento dei riuniti ricorsi - essere annullata.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le
spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana - Sezione
II - preliminarmente riuniti i ricorsi nn. 1616 e 1618 del
2000, accoglie entrambe le predette impugnative e, per l'effetto,
annulla l'ordinanza del Sindaco del Comune di Villa Basilica
n. 418 in data 22 aprile 2000, con la quale si ingiunge
alle parti ricorrenti di rimuovere i rifiuti industriali
giacenti nell'area di proprietà della Società
poi fallita
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di Consiglio
del 30 maggio 2001, con lintervento dei signori giudici
Dr. Saverio CORASANITI- Presidente
Dr.ssa Angela RADESI - Consigliere
Dr. Roberto POLITI - Consigliere, estensore
F.to Saverio Corasaniti
F.to Roberto Politi - estensore
F.to Silvana Nannucci - Collaboratore di Cancelleria
Depositata in Segreteria il 1 AGOSTO 2001
Firenze, lì 1 agosto 2001
IL COLLABORATORE DI CANCELLERIA
F.to Silvana Nannucci