Tribunale
di Torre Annunziata, 25 ottobre 2001, Giudice Unico Dott.
Massimo Palescandolo, Revocatoria di pagamenti privilegiati,
essendo retribuzioni a favore di un dipendente della società
fallita, seppur legato da strettissimi vincoli di parentela
con uno dei soci.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
II SEZ.CIV.
il dott.Massimo Palescandolo,
in qualità di giudice unico,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n.819/1996 del R.G.A.C. avente ad
OGGETTO: azione revocatoria fallimentare
TRA
FALLIMENTO FAITO SORGENTI MINERALI S.p.a., in persona del
curatore rag. Francesco Paolo Palumbo, elettivamente domiciliato
in S.Antonio Abate, via Stabia n.27, presso l'avv. Francesco
Mandara, che lo rappresenta e difende, giusta procura a
margine dell'atto di citazione ed autorizzazione del Giudice
Delegato dr.ssa V. Valentini del 22-2-1996
ATTORE
E
Di Martino Beniamino, elettivamente domiciliato in Vico
Equense, via S. Ciro n.30, presso l'avv. Livio Persico,
che lo rappresenta e difende, come da comparsa di costituzione
in sostituzione del precedente difensore, avv. Ciro Cappelli
CONVENUTO
CONCLUSIONI
I procuratori delle parti, all'udienza del 31-5-2001, hanno
precisato le conclusioni come segue:
PER L'ATTORE: presente per delega dell'avv. Mandara, l'avv.
Bonagura il quale conclude riportandosi all'atto di lite,
alla documentazione prodotta e alle risultanze istruttorie
chiedendone l'integrale accoglimento, con consequenziale
dichiarazione d'inefficacia del pagamento effettuato.
PER IL CONVENUTO: presente per delega dell'avv. Persico,
l'avv. Elio Trombetta, il quale conclude riportandosi alle
precedenti deduzioni ed eccezioni, con consequenziale rigetto
della domanda.
Entrambe le parti: con vittoria di spese ed onorari.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto regolarmente notificato, il fallimento Faito Sorgenti
Minerali S.p.a., in persona del curatore, conveniva in giudizio
Di Martino Beniamino, davanti al Tribunale di Torre Annunziata,
esponendo che la società fallita annoverava tra i
suoi soci Di Martino Gennaro, il cui figlio -attuale convenuto-
era stato dipendente della stessa, quale impiegato, dal
17.4.1989 al 19.10.1995, dì in cui era licenziato.
A questi, il successivo 11 dicembre, veniva corrisposta
la somma di £.46.697.226#, comprensiva delle retribuzioni
relative al periodo agosto-novembre 1995, alla tredicesima
mensilità 1994, alla quattordicesima 1995 ed al t.f.r..
Con sentenza in data 28/29.12.1995, il Tribunale di Torre
Annunziata dichiarava il fallimento della Faito Sorgenti
Minerali S.p.a.; il curatore fallimentare, pertanto, ottenuta
l'autorizzazione ex art. 25 l.f. dal Giudice Delegato al
fallimento, intraprendeva il presente giudizio, al fine
di ottenere la declaratoria d'inefficacia dei suddetti pagamenti
ex art.67, co.2°, l.f. e, di conseguenza, la restituzione
della somma corrisposta, oltre interessi e svalutazione
monetaria, con vittoria di spese. Oltre ad evidenziare il
rapporto di parentela, aggiungeva che proprio in considerazione
della disastrosa situazione economico finanziaria della
società si era provveduto al licenziamento in questione,
nonché alla corresponsione della somma di cui sopra,
avvenuta solo due settimane prima della dichiarazione di
fallimento: d'altronde, sulla Faito pendevano già
una pluralità di protesti, la trascrizione di domande
giudiziarie, l'iscrizione di ipoteche giudiziarie, procedure
monitorie, ricorsi di fallimento ed una procedura d'urgenza
attuata dai dipendenti per il pagamento delle retribuzioni
arretrate.
Si costituiva Di Martino Beniamino non discutendo i fatti
storici così com'esposti oggettivamente dall'attore.
Nel merito contestava la revocabilità del suddetto
pagamento, attesa la natura privilegiata attribuita ai crediti
da lavoro dipendente; natura che consentirebbe comunque,
incapiente il fallimento, la richiesta al "Fondo di
garanzia per il trattamento di fine rapporto" istituito
presso l'I.N.P.S..
Prodotta documentazione, ammesso e raccolto l'interrogatorio
formale del curatore, la causa, sulle conclusioni di cui
in epigrafe, veniva assegnata a sentenza all'udienza del
31-5-2001, concedendosi alle parti i termini di cui all'art.
190 c.p.c..
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Nulla è a dirsi in ordine alla legittimazione attiva
e passiva, sulle quali non vi è stata alcuna contestazione.
Come già riportato in sede di "svolgimento del
processo" i fatti non risultano contestati dal Di Martino,
la cui difesa ha sostanzialmente confutato la revocabilità
del pagamento effettuato, la conoscenza dello stato di decozione
della Faito da parte dell'accipiens, nonché la natura
giuridica dell'azione revocatoria, rectius della sentenza
d'accoglimento della stessa, ai fini della decorrenza degli
interessi.
--Ai sensi dell'art.67, co.2°, l.f. "sono
revocati,
se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato
d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi
ed esigibili, gli atti a titolo oneroso
, se compiuti
entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento".
Per tali tipi di atti la legge individua varie presunzioni,
dal cui concorso fa derivare la loro inefficacia, a meno
che le stesse non vengano superate, quando consentito: sono
presunti, infatti, lo stato d'insolvenza del debitore, il
pregiudizio per i creditori e la consapevolezza del pregiudizio
da parte del debitore.
In tale contesto generale assume una particolare peculiarità
la fattispecie relativa alla revocatoria dei pagamenti dei
crediti privilegiati: in giurisprudenza da tempo si è
abbandonata la vecchia tesi dell'irrevocabilità,
come vedremo.
Documentalmente acclarato, e pacifico tra le parti, è
che circa due settimane prima della dichiarazione di fallimento
della Faito Sorgenti Minerali s.p.a. veniva corrisposta
al convenuto, figlio di un socio di quest'ultima, la somma
di £.46.697.226# per le causali in precedenza riportate:
che si tratti di crediti privilegiati è indubitabile,
per i quali -è bene puntualizzarlo- nessuna limitazione
all'esercizio dell'azione revocatoria sussiste, legislativamente
discorrendo. Al riguardo è diffusa la massima, nella
giurisprudenza della Cassazione, che per il buon esito della
stessa necessiti la dimostrazione da parte del curatore-attore
che in sede di riparto quel creditore avrebbe concorso con
privilegi anteriori o di pari grado: sul punto, va evidenziato
come siano state prodotte le domande di ammissione al passivo
di altri dipendenti, con ciò soddisfacendo il suddetto
requisito ai fini della prova inerente il pregiudizio della
massa.
-Riservando al prosieguo un maggiore approfondimento di
tal punto spostiamo l'esame sulla sussistenza del cd. requisito
soggettivo di cui al comma 2 dell'art. 67 L.F.: osserva
questo giudice che più volte la giurisprudenza ha
ribadito come la relativa prova possa essere fornita anche
sulla base di presunzioni, sempreché queste, per
i loro requisiti di gravità, precisione e concordanza,
siano tali da lasciar presumere, usando la comune diligenza,
di rendersi conto dello stato di dissesto economico e di
irreversibile crisi in cui versava il debitore. In proposito,
parte attrice ha documentato, attraverso l'esibizione e
produzione di cambiali protestate, e decreti ingiuntivi
emessi in danno della Faito S.p.a. in bonis, che, già
negli anni precedenti la dichiarazione di fallimento ed
ancor più nell'immediatezza della sua declaratoria,
essa Faito S.p.a. versava in uno stato di crisi finanziaria
oramai irreversibile. Inoltre, la circostanza dello strettissimo
rapporto di parentela è ulteriore elemento che fa
ritenere assolutamente provata, in capo al convenuto, la
conoscenza dello stato d'insolvenza. Ricorre costantemente
in giurisprudenza l'affermazione che la prova della scientia
decotionis sussiste ogni qual volta il terzo convenuto in
revocatoria, sia stato in grado di percepire i segni rivelatori
e sintomatici dell'insolvenza: ipotizzare il contrario per
il figlio di un socio, per quanto argomentato, sarebbe,
anzi è, del tutto inverosimile.
--Parte convenuta -e con ciò affrontiamo più
specificamente il punto di cui sopra, nodo centrale della
causa- ha in sostanza affermato che il pagamento in questione,
proprio per la sua natura privilegiata, non ha arrecato
alcun danno agli altri creditori concorsuali, con ciò
difettando il requisito dell'interesse ad agire in capo
al curatore, non avendo dimostrato l'insoddisfazione del
credito in sede di riparto fallimentare; inoltre, l'obbligatorio
intervento del già richiamato "fondo di garanzia"
renderebbe la revocatoria inutile in quanto il Di Martino,
restituita la somma al fallimento, se la vedrebbe restituita
dall'INPS.
-Con sentenza n.9146 del 15.9.1997 la Suprema Corte ha affermato
che <<la natura privilegiata del credito soddisfatto
con il pagamento oggetto di revocatoria non esclude la possibile
lesione della "par condicio creditorum", giacché
soltanto in seguito alla ripartizione dell'attivo può
constatarsi se sia stata assicurata l'integrale soddisfazione
di tutti i creditori privilegiati di pari grado>>:
questa statuizione, di per sé, già rende ammissibile
la revocatoria espletata. Si potrebbe rispondere che gli
unici crediti poziori a quelli privilegiati sono quelli
di cui al n.1 dell'art.111 l.f., relativi ai debiti di massa,
e per i quali il curatore non ha fornito prova alcuna. Prescindendo
dalla circostanza se ciò sia richiesto effettivamente
al curatore, o se sia sufficiente prendere atto -in ossequio
alla suddetta massima- che ragionare diversamente significherebbe
sconvolgere il sistema, imperniato sulla valutazione dannosa
del pagamento in sé, quanto meno perché un
soggetto riceve prima degli altri, nel caso in questione
ciò che rende ulteriormente accoglibile l'azione
(oltre alla già evidenziata produzione di altre domande
di insinuazione di altri dipendenti) è la circostanza
che al Di Martino sono state elargite somme da un lato non
dovute e dall'altro per le quali non è previsto l'intervento
surrogatorio del fondo di garanzia.
Con la legge 29 maggio 1982 n.297, istitutiva del più
volte citato fondo di garanzia, il legislatore prevedeva
che in caso d'insolvenza del datore di lavoro nel pagamento
del t.f.r., subentrasse l'Inps nell'adempimento dello stesso:
consequenzialmente statuiva la surrogazione legale del fondo
al lavoratore nel privilegio da questi vantato ex artt.2751
bis-2776 c.c. sul patrimonio del datore di lavoro e per
le somme da esso pagate (art.2). L'ambito di applicazione
dell'intervento del fondo di garanzia, con il d.lgs. 27
gennaio 1992 n.80, è stato esteso alle ultime tre
mensilità non pagate e maturate nell'anno precedente
la data di dichiarazione di fallimento: anche in tal caso
è prevista la surroga legale del fondo (art.2 della
legge richiamante l'art.2, comma 7, 2° periodo dell'art.2
della l.297/1982).
L'aver, quindi, il datore di lavoro corrisposto al Di Martino
una quarta "ultima" mensilità, nonché
la tredicesima e la quattordicesima per gli anni, rispettivamente,
94 e 95, per le quali -come testé detto- non è
previsto l'intervento del "fondo", è la
(ulteriore) prova del pregiudizio arrecato agli altri dipendenti,
muniti di privilegio di pari grado, dovendo quelle somme
distribuirsi loro proporzionalmente.
--Tanto argomentato, ne consegue la dichiarazione di inefficacia
del pagamento in questione, con relativo obbligo del soccombente
a restituirlo, ammontante a £.46.697.226, oltre interessi,
nella misura legale, fino all'effettivo soddisfo.
In merito al momento dal quale far decorrere questi ultimi,
esso è condizionato dalla natura della sentenza,
se dichiarativa o costitutiva. Assolutamente prevalente
in giurisprudenza è l'opinione che ritiene la sentenza
di carattere costitutivo, facendo conseguire il "dies
a quo" dalla data della domanda giudiziale. Lo scrivente
ritiene di aderire all'orientamento maggioritario, in quanto
è con tal pronuncia che si elidono gli effetti pregiudizievoli
dell'atto impugnato: tuttavia, in ossequio ad autorevole
dottrina, ritiene non sussistere ostacoli a sostenere che
gli effetti s'incentrino cronologicamente sull'atto e sul
tempo dell'atto, in quanto "il criterio guida deve
ancora una volta essere, con grande pregnanza ed incidenza,
il rispetto della par condicio che verrebbe leso da una
limitazione temporale dell'efficacia della sentenza di revoca".
--Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano
in complessive £.4.045.000, di cui £.2.000.000
per onorario di avvocato, £.1.400.000 per diritti,
£.245.000 per spese e £. 400.000 per spese generali
(10% su diritti ed onorari), oltre i.v.a. e c.p.a..
P.
Q. M.
Il Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico, definitivamente
pronunziando sulla domanda proposta dalla Curatela del fallimento
Faito Sorgenti Minerali S.p.a., in persona del curatore
rag. Francesco Paolo Palumbo, nei confronti di Di Martino
Beniamino, così provvede:
a) accoglie la domanda e, per l'effetto, dichiara la inefficacia
del pagamento effettuato, in data 11.12.1995, dalla Faito
s.p.a. a Di Martino Beniamino ed ammontante a £.46.697.226#
in quanto eseguito nell'anno anteriore alla dichiarazione
di fallimento e conseguito dal secondo benché a conoscenza
dello stato d'insolvenza della prima;
b) pronuncia ex art. 67 co. 2 LF la revocatoria del versamento
anzidetto, condannando Di Martino Beniamino a restituire
alla curatela attrice l'importo di cui sub a), con interessi
legali dalla data della corresponsione al soddisfo;
c) condanna parte convenuta alle spese del presente giudizio,
come liquidate nella parte motiva della presente sentenza.
Torre
Annunziata,_________________
Il
Giudice Unico
dr.Massimo Palescandolo