FALLIMENTO – LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE SI PRONUNCIANO SUL CREDITO PRIVILEGIATO.

La natura del credito privilegiato, secondo le sezioni unite della Corte, non richiede per il riconoscimento della prelazione l’avvenuta acquisizione del bene al momento della verifica dello stato passivo, essendo l’accertamento della sussistenza rinviabile all’atto del riparto.
Ciò renderebbe illegittimo negare in sede di verifica il privilegio speciale in quanto non rinvenuti i beni oggetto del titolo, essendo necessario solo, in quella sede, verificare la possibilità astratta di esercitare il privilegio medesimo.

Corte di cassazione - Sezioni unite civili - Sentenza 12 ottobre-20 dicembre 2001 n. 16060 (Presidente: Marvulli; Relatore: Morelli; Pm - conforme - Lo Cascio; Ricorrente: Assitalia Spa; Controricorrente: Fallimento Distillerie Fustella)

Svolgimento del processo
Nel gennaio 1990, l'Assitalia-Le Assicurazioni d'Italia s.p.a., con ricorso ai sensi dell'art. 101 L. fall., chiedeva al Giudice Delegato al Fallimento della Distillerie Fustella di Brivio (…) & C. s.a.s. e dei soci in proprio di essere ammessa nello stato passivo sociale per un credito privilegiato di lire 1.486.248.234, con gli interessi dal 19 maggio 1989, ai sensi degli artt. 54 e 55 della legge fallimentare. A sostegno della domanda deduceva che: con tre distinte polizze aveva prestato fideiussione a favore della Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo (AIMA) in ordine alle eventuali restituzioni dovute dalla società Distillerie Fustella per le somme anticipatamente percepite a titolo di aiuto alla distillazione di vino da magazzinaggio a lungo termine; in data 19 maggio 1989, in esecuzione di tali polizze, aveva corrisposto all'AIMA la somma complessiva di lire 1.486.248.234; avendo provveduto al pagamento delle somme dovute dalla società Distillerie Fustella, si era surrogata nei diritti spettanti all'AIMA verso detta società sia sensi degli artt. 1203 n. 3, 1949 e 1950 c.c., sia in base all'art. 5 delle polizze; il credito era privilegiato a' termini dell'art. 6 della legge 4 luglio 1973, n. 132, il quale stabilisce che "i crediti dell'AIMA verso i percipienti, per pagamenti indebiti di integrazione di prezzo, sovvenzioni, aiuti, indennità compensative e premi, previsti dai regolamenti della Comunità europea, sono assistiti da privilegio speciale mobiliare ed immobiliare, di grado uguale a quelli enunciati dagli artt. 2755 e 2770 del codice civile in relazione alle spese di giustizia".
Il curatore contestava la natura privilegiata del credito e il procedimento, sfociato nella fase contenziosa, veniva definito con sentenza 26 settembre - 15 dicembre 1995 dal Tribunale fallimentare di Lecco che, in accoglimento della domanda, ammetteva al rango privilegiato il credito della Assitalia per lire 1.486.248.234, oltre agli interessi legali dal 19 maggio 1989 alla dichiarazione del fallimento, e, in via chirografaria, da quest'ultima data a quella della liquidazione dell'attivo. Premesso che il credito dell'AIMA, nel quale la Assitalia si era surrogata ai sensi dell'art. 1949 c.c. e dall'art. 5 delle polizze fideiussorie, era privilegiato in forza dell'art. 6 del D.P.R. 4 luglio 1973, n. 532, osservava il tribunale che l'ammissione al passivo fallimentare in via privilegiata non presuppone, ove si tratti di privilegio speciale su determinati beni, che detti beni siano già acquisiti alla massa, potendo la prelazione positivamente esercitarsi solo nel caso di loro esistenza nell'attivo al momento del riparto.
Contro questa sentenza il curatore del Fallimento della Distilleria Fustella, debitamente autorizzato dal Giudice delegato, proponeva appello.
La Assitalia, costituendosi, chiedeva il rigetto del gravame. Interveniva in giudizio, il Mediocredito Toscano s.p.a., instando per l'accoglimento della proposta impugnazione.
La Corte d'appello di Milano dichiarava inammissibile l'intervento adesivo spiegato dal Mediocredito e, in accoglimento del gravame, ammetteva al passivo il credito dell'Assitalia in via chirografaria con gli interessi dal pagamento delle polizze alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Nel merito, rileva la Corte territoriale che il privilegio previsto dall'art. 6 del D.P.R. n. 532 del 1973 ha natura di privilegio speciale, poiché secondo la espressa previsione della norma, esso grava sui beni cui si riferiscono gli aiuti comunitari. Nella specie, è pacifico che le sovvenzioni comunitarie erano destinate all'acquisto di vini da distillare; ma è altrettanto certo che questi vini non si trovano nell'attivo del fallimento e che, anzi, come sostenuto dal curatore senza riceverne smentita, essi non sono stati mai acquistati dalla società fallita. Ne deriva che mancano i beni su cui la prelazione potrebbe essere esercitata.
Avverso questa decisione l'Assitalia ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria.
Resistono, con controricorsi, il Fallimento della Distilleria Fustella e dei soci illimitatamente responsabili, e il Mediocredito Toscano s.p.a., che proponeva anche ricorso incidentale, pure esso integrato con memoria, per contestare, con unico motivo, la dichiarata inammissibilità del proprio intervento in appello.
A seguito di ordinanza n. 455/2000 della I Sezione civile, gli atti sono stati rimessi al Primo Presidente; che ha quindi assegnato la causa alle Sezioni Unite, per la composizione del contrasto di giurisprudenza sussistente in merito alla questione sollevata con il motivo principale del ricorso, e cioè se, ai fini dell'ammissione al passivo di un credito sorto con privilegio speciale, sia o non necessaria la contestuale esistenza, nell'attivo fallimentare, del bene su cui si deve esercitare la prelazione.

Motivi della decisione

1. Vanno previamente riunite, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., le due impugnazioni proposte, avverso la medesima sentenza d'appello, in via principale, dall'Assitalia ed, in via incidentale, dal Mediocredito Toscano.
2. Il contrasto che queste Sezioni Unite sono chiamate a risolvere riguarda l'ammissione al passivo fallimentare dei crediti assistiti da privilegio speciale ed, in particolare, se sia necessaria l'effettiva ed attuale esistenza del bene ai fini dell'ammissione al passivo, ovvero se sia possibile ammettere al rango privilegiato il credito, postergando il controllo sulla sussistenza o meno del bene su quale cade il privilegio alla fase della graduazione dei crediti finalizzata al riparto (come sostenuto nei primi tre connessi motivi del ricorso Assitalia).
3. Sia l'una che l'altra prospettata soluzione del riferito quesito interpretativo, degli artt. 93 ss. e disposizioni collegate, della L.F. si trova allo stato condivisa all'interno della giurisprudenza di legittimità, che effettivamente perciò manifesta, sul punto, un orientamento non univoco.
3.1 Così, nel senso che l'ammissione al passivo di un credito con privilegio speciale presupponga la già avvenuta acquisizione alla massa attiva del bene su cui si deve esercitare la prelazione, si sono espressamente pronunziate le sentenze 15 novembre 1976 n. 4218, 2 febbraio 1995 n. 1227 e, implicitamente (con il richiedere che la domanda di insinuazione debba anche "individuare" i beni cui si riferisce il privilegio all'interno della massa attiva), 20 marzo 1972 n. 843 e 25 luglio 1975 n. 2901. E ciò sulla base prevalentemente della duplice argomentazione della esclusiva inerenza dell'accertamento sulla sussistenza del privilegio alla fase cognitoria demandata al giudice dell'accertamento del passivo, e della non ammissibilità, in quella sede, di un privilegio speciale in carenza di un rapporto attuale con i beni che dovrebbero formarne oggetto.
3.2 Mentre, all'opposta soluzione - di rinviabilità della questione della concreta esercibilità del privilegio alla fase di riparto - sono pervenute Cass. 18 giugno 1982 n. 3728, 1984 n. 2255, 1985 n. 391, 1991 n. 8685; 1992 n. 12207; 1996 n. 10786, nonché Cass. 1 giugno 1995 n. 6149 e 12 gennaio 1999 n. 244 (sia pure con la riserva di denegabilità del privilegio speciale quando, già in fase di ammissione, risulti "con certezza" che il bene, non acquisito alla massa, non potrà esserlo neppure in futuro).
Venendo, soprattutto, in rilievo, nel quadro di tale secondo indirizzo, la considerazione dei pregiudizi che, all'adozione della tesi contraria, potrebbero derivare al creditore, il cui credito, pur assistito da privilegio speciale, venisse ammesso come chirografario, per mancanza, allo stato, del requisito dell'esistenza del bene nell'attivo, e tale requisito, invece sussistesse nel momento successivo del riparto.
Dal che, appunto, la conclusione, in linea di principio, che, agli effetti di una utile richiesta del riconoscimento di un privilegio speciale in sede di verifica dello stato passivo, è sufficiente l'accertamento dell'esistenza del credito e della correlativa causa di prelazione, riservandosi alla successiva fase del riparto le indagini circa la sua concreta esperibilità.
4. Ritiene questo Collegio che debba condividersi il secondo dei due riassunti indirizzi. E ciò sia in considerazione della struttura propria del privilegio speciale (da cui occorre muovere per la ragione che la natura processuale della L.F. non può sovvertire il contenuto effettuale degli istituti sostanziali coinvolti nella procedura: cfr Sez. Un. N. 203/2001), sia comunque in applicazione della normativa speciale di riferimento correttamente interpretata.
4.1 Sotto la rubrica -
E' proprio e soltanto la "causa del credito", quindi, l'elemento essenziale che caratterizza il privilegio, differenziandolo dalle altre figure di prelazione, come il pegno e l'ipoteca volontaria, che possono essere invece, costituite, per qualsiasi credito e trovano il loro diverso fondamento nella volontà delle parti.
Il credito privilegiato nasce, in altre parole, tale per la sua natura allorché il legislatore ritiene di "accordarvi", per la causa che vi inerisce, una tutela rafforzata.
E, ove trattisi, in particolare, di un privilegio speciale su dati beni, l'eventuale mancanza, allo stato, di questi beni non incide evidentemente né sulla causa del credito né sulla qualificazione della prelazione, ma unicamente rileva nella fase dell'esecuzione, come impedimento di fatto all'esercizio del privilegio.
Movendo dalla constatazione che, in talune ipotesi di privilegio speciale, la legge ne prevede l'operatività (solo) se il bene gravato si trova "in particolari situazioni" fattuali, è stato pur sostenuto, in contrario, anche in dottrina, che, se il bene non è più presente nel patrimonio del debitore, il privilegio è estinto.
Ma, a parte che, in tali ipotesi, si fa riferimento ad un'allocazione della cosa presso il creditore (cd. privilegi possessuali: artt. 2756, 2760 c.c.) o in altri luoghi (cd. privilegi quasi possessuali: art. 2764) e non presso il debitore, è assorbente, comunque, la considerazione che il carattere particolare ed eccezionale di siffatte ipotesi, nel sistema di disciplina dei privilegi, esclude che se ne possa trarre il preteso "principio" di necessarietà di un rapporto attuale tra privilegio speciale e bene gravato.
Per cui l'ipotizzata equazione, tra mancanza del bene nel patrimonio del debitore ed estinzione del privilegio speciale, si dimostra frutto di un falso sillogismo che oblitera la differenza tra esistenza del privilegio ed esercibilità dello stesso.
4.2 Premessa l'inerenza del problema, di concreta rinvenibilità del bene gravato, nel patrimonio del debitore alla fase attuativa, e non ricognitiva, del privilegio speciale, ne deriva, per logica conseguenza, la limitazione dell'accertamento, demandato al giudice della verifica del passivo, alla mera sussistenza delle "ragioni della prelazione" (alla esistenza, cioè, della peculiare causa, del credito, che ne comporta l'assistenza del privilegio), quale appunto il creditore, nella domanda di ammissione al passivo, è tenuto ad indicare, ex art. 93 L.F., in relazione agli elementi di fatto e di diritto da cui essa dipende; con l'impossibilità anche di anticipare, in quella sede, qualsiasi valutazione, che sarebbe arbitraria, di inesistenza pro futuro del bene gravato. Mentre l'accertamento di eventuali impedimenti di fatto all'operatività del privilegio va necessariamente rinviato alla fase del riparto, in analogia con quanto avviene nell'esecuzione ordinaria ex art. 510, 542, 596 c.p.c.
Non ostano a tale soluzione né la pretesa necessità di ancorare la valutazione di avvenuta apprensione del bene alla massa alla situazione esistente alla data del fallimento (quale momento in cui si verifica lo spossessamento del patrimonio e la sua sottoposizione alle esigenze del fallimento); né l'asserita assenza di poteri cognitori del giudice del riparto, cui non potrebbe per tale ragione rinviarsi l'indagine sulla operatività del privilegio.
Quanto alla prima obiezione è agevole, infatti, replicare che il patrimonio fallimentare è, in realtà, entità non statica, ma dinamica, non coincidente con i beni del debitore che, fisicamente presenti presso di lui alla data del fallimento, vengono inventariati dal curatore; postoché di detto patrimonio innegabilmente possono in prosieguo entrare a far parte anche beni per qualsiasi ragione non ancora inventariati o che solo successivamente siano recuperati in esito al vittorioso esercizio di azioni revocatorie o di rivendica esercitate dal curatore.
Né è esatto poi che la verifica della operatività del privilegio comporti l'esame di questioni che sarebbero precluse nella fase di riparto, destinata alla mera definizione materiale e satisfattoria dei crediti, implicandone una componente cognitiva che non le sarebbe propria. Si tratta, al contrario, di questioni che, attenendo al ristretto ambito dell'accertamento dei limiti di esercibilità della prelazione, hanno come sede naturale di cognizione e risoluzione propria quella della liquidazione del riparto. Ciò è confermato dal fatto che i creditori ben possono far valere ogni loro ragione e difesa al riguardo attraverso lo strumento dell'opposizione avverso i progetti di riparto a' sensi dell'art. 26 L. fall.
L'esistenza del bene oggetto del privilegio non è questione da risolvere necessariamente in fase di accertamento del passivo, riguardando non l'esistenza stessa della prelazione ma semplicemente la possibilità di esercizio del privilegio: tale conclusione trova, inoltre, sul piano sistematico, ulteriore elemento di riscontro nell'art. 111, comma 1, nn. 1 e 2, della legge fallimentare, il quale dispone, per quanto riguarda l'ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, che, dopo i debiti della massa, debbono essere pagati i creditori ammessi con prelazione sulle cose vendute e, subito dopo questi ultimi, i creditori chirografari in proporzione, compresi i creditori privilegiati, "qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia"; con ciò, appunto, presupponendo una possibile scissione, temporale e procedimentale, tra ammissione del privilegio e verifica della sua concreta realizzabilità.
4.3 Sul piano della coerenza del sistema e della intrinseca ragionevolezza, la soluzione prescelta risponde anche all'esigenza di evitare gli inconvenienti (paventati dalle citate sentenze 3728/82, 2255/82, 2255/84 e successive conformi) che, altrimenti si verificherebbero qualora una volta ammesso il credito al passivo con collocazione chirografaria, per l'inesistenza o il mancato reperimento (a quel momento) del bene oggetto del privilegio, quest'ultimo venisse successivamente rinvenuto o altrimenti recuperato alla massa, "senza che il creditore, ormai chirografario nel concorso, abbia specifici rimedi a sua disposizione per soddisfare, le proprie ragioni sul bene stesso".
5. La questione di contrasto va conclusivamente, quindi, risolta con l'affermazione del principio per cui l'ammissione al passivo fallimentare di un credito in via privilegiata non presuppone, ove si tratti di privilegio speciale su determinati beni, che questi siano già presenti nella massa, non potendosi escludere la loro acquisizione successiva all'attivo fallimentare; per cui deve demandarsi alla fase del riparto la verifica della sussistenza o non dei beni stessi, da cui dipende l'effettiva realizzazione del privilegio speciale.
6. Ne consegue la fondatezza dei primi tre motivi, con assorbimento del quarto, del ricorso principale, e la cassazione della sentenza impugnata in parte qua; mentre l'esame dell'unico mezzo del ricorso incidentale (che rileva ai fini dell'ammissibilità o meno dell'intervento in appello del Medio Credito Toscano) va rimesso, ai sensi dell'art. 141 disp. att. c.p.c., alla Sezione semplice. La quale adotterà anche i provvedimenti conseguenziali all'esito finale di questo giudizio.


P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, riuniti i ricorsi, accoglie i primi tre motivi, con assorbimento del quarto motivo, del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, e rimette la causa alla Sezione I civile, per l'esame del ricorso incidentale, nonché per l'adozione dei provvedimenti conseguenziali all'esito complessivo del giudizio di legittimità.

 












 

 

 


2000 (c) ilFallimento.it - Ideato e diretto dal Dott. Raimondo Olmo
Torre Annunziata (Napoli) - Corso Umberto I, n.242