RUOLI
della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Udienza
del 21 febbraio 2002
Fallimento - Società con soci a responsabilità
illimitata -
Fallimento della società e dei soci - Decorrenza
degli effetti ai fini della revocatoria - Dalla prima dichiarazione
o dalla successiva .
Sussiste
un contrasto nella giurisprudenza della S.C. in ordine alla
decorrenza degli effetti della dichiarazione in estensione
del fallimento del socio di società di persone già
dichiarata fallita.
A
fronte di un trentennale consolidato indirizzo giurisprudenziale
che attribuisce piena autonomia alla dichiarazione del fallimento
in estensione, dichiarato ai sensi dell'art. 147 l.f., tanto
della società successivamente accertata rispetto
a quello iniziale dell'imprenditore individuale, quanto
del socio occulto illimitatamente responsabile di società
di persone già fallita, con conseguente decorrenza
ex nunc degli effetti in ordine all'esercizio dell'azione
revocatoria, si pone altra tesi, secondo la quale suddetti
effetti si producono a far tempo dalla prima procedura nel
cui ambito si inserisce quella in estensione.
Con
fermo ed antico orientamento, la giurisprudenza di legittimità
ha ritenuto che il termine annuale o biennale che delimita
l'azione revocatoria decorre, nel caso in cui venga esteso
il fallimento al socio, illimitatamente responsabile, sia
esso occulto o palese, ovvero venga esteso il fallimento
individuale ad una società di fatto ed ai suoi soci,
dalla data del secondo fallimento.
Secondo
tale indirizzo, che ha visto il suo esordio con la sentenza
15.3.61 n. 583 rv. 881642, ed è stato ribadito costantemente
(v. sentenze Cass. 23.5.61 n. 1216 (in Dir. Fall. 1962,
II, 352 con nota contraria di Jaus (sempre in tema di fallimento
del socio occulto), del 7.10.61 n. 2048 (ivi 1961, II, 742),
dell'11.11.77 n. 4883 rv. 388485 (ivi 1978, II, 171), del
6.10.72 n. 2860 (ivi 1972, II, 752), del 12.5.80 n. 3121,
del 6.11.85 n. 5394, del 10.8.91 n. 8757 rv. 473485 (ivi,
1992, II, 373) poiché alle distinte dichiarazioni
di fallimento va attribuito carattere autonomo, gli effetti,
anche ai fini della revocatoria, devono computarsi da ciascuna
pronunzia. Tale interpretazione "trova fondamento sia
nel testo della disposizione dell'art. 147 cpv l.f. (secondo
cui il tribunale dichiara il fallimento dei soci), sia nel
sistema della legge fallimentare, quale risulta, in particolare,
dagli artt. 42, 44, 64 e 67 che regolano la decorrenza degli
effetti del fallimento, e risponde anche ad esigenze di
certezza delle situazioni giuridiche e di tutela dei terzi,
in relazione alla funzione svolta dalla successiva dichiarazione
di fallimento, che tende ad individuare un nuovo soggetto
responsabile da assoggettare alla procedura". Da tale
premessa discende, secondo tale orientamento, che il rilievo
che assume la conoscenza dello stato d'insolvenza della
società, anche ai fini della revocatoria dell'atto
compiuto dal socio, è limitato al solo caso in cui
i due fallimenti vengano dichiarati coevamente.
In
questo panorama si inserisce in funzione di rottura la sentenza
della Cassazione n. 6971 dell'1.8.96 rv. 498930 (sul medesimo
solco v. sentenza n. 1122 del 6.2.97 rv. 502244) con cui
la Corte rimedita sulla questione e perviene a conclusioni
in tutto contrarie a quelle ormai consolidatesi (v. nota
di Ruggiero Vigo in Giur. Comm. 1998, II, 499). Afferma,
infatti, la S.C. che il termine per la revoca degli atti
compiuti dal socio decorre, quando il suo fallimento non
sia coevo a quello sociale ma intervenga in estensione,
dal primo fallimento, dimodochè l'azione revocatoria
può colpire gli atti da lui posti in essere, successivamente
scoperti, nello stesso ambito cronologico in cui colpisce
gli atti dell'ente sociale, che ridetermina a ritroso, facendolo
decorrere dal primo fallimento. (Estratto della relazione
dell'Ufficio del Massimario n. 86/01, R.G. 18163+19538/99).