Tribunale
di Torre Annunziata, 14 novembre 2001, Pres. F. Paolo Amura,
Rel. Maurizio Atzori, Decreto, Ammissione alla procedura
della amministrazione straordinaria ai sensi dell'art.30
d.lgs. 270 /99 della Ilva Pali Dalmine s.p.a.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
SECONDA SEZIONE CIVILE
riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:
dr. Francesco Paolo Amura Presidente
dr. Maurizio Atzori Giudice rel.
dr. Massimo Palescandolo Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Nel procedimento n.249/2001 Registro Ricorsi, promosso dalla
Ilva Pali Dalmine s.p.a.,in persona del Presidente del Consiglio
di Amministrazione ing. Mario Melchionna.
OGGETTO: Ammissione alla procedura della amministrazione
straordinaria ai sensi dell'art.30 d.lgs. 270 /99.
Con sentenza in data 19 09 2001 veniva dichiarato lo stato
di insolvenza della spa Ilva Pali Dalmine. In data 20 10
2001 il commissario giudiziale, prof.Giovanni Fiori, ha
depositato la relazione ex art.28 d.lgs.270/99.
La relazione conclude nei seguenti termini:
Sulla base delle risultanze dell'analisi svolta, sembrano
sussistere concrete prospettive di recupero dell'equilibrio
economico, anche se l'effettivo raggiungimento dell'equilibrio
sia economico che finanziario è naturalmente subordinato
al verificarsi di alcune condizioni, come meglio illustrato
di seguito.
La IPD appare quindi avere concrete prospettive di recupero
dell'equilibrio economico per le seguenti, principali, motivazioni:
- le cause della crisi non attengono né al mercato,
né ad un irrecuperabile deterioramento della struttura
aziendale;
- l'insolvenza è ad uno stadio non molto avanzato
e non ha quindi irrecuperabilmente compromesso gli equilibri
patrimoniali;
- il mercato di riferimento appare vivace e, limitatamente
ad alcune linee di prodotto, in crescita;
- il deficit di produttività rispetto ai concorrenti
può essere colmato con il combinato operare di misure
quali prepensionamenti e riformulazione delle tariffe orarie
di produttività per i premi di produzione;
- la capacità di penetrazione commerciale dell'azienda
ha ampi spazi di miglioramento, ma è tuttora in grado
di garantire realisticamente fatturati almeno pari al livello
di pareggio;
- il cash flow generabile nel biennio è in grado
di ripristinare l'equilibrio patrimoniale.
Le predette motivazioni sono di seguito illustrate in maniera
particolareggiata.
Cause della crisi non strutturali
Le cause di una crisi aziendale possono essere distinte
in:
- strutturali (calo irreversibile dei volumi di vendite
nel settore, obsolescenza conclamata degli impianti produttivi,
deterioramento irrecuperabile delle condizioni di solvibilità
e di equilibrio patrimoniale, ecc.);
- non strutturali (calo momentaneo dei volumi di vendite,
ritardo nell'entrata a regime degli investimenti, crisi
finanziaria di carattere congiunturale, ecc.)
Il convincimento della sussistenza delle condizioni di cui
all'art 27 del D. Lgs. 270/99 deriva dal fatto che le cause
della crisi della IPD sono riconducibili essenzialmente
a fattori non strutturali.
La seconda parte della presente relazione ha infatti evidenziato
come i principali fattori della crisi siano:
- un calo di vendite e di margini collegato ad alcune linee
di business (es. pali Enel), ma probabilmente non destinato
a perdurare e comunque compensato dalle prospettive di fatturato
esistenti in altre linee di business;
- un grave ritardo nell'entrata a regime di nuove linee
di prodotto (web tower, pali arredo, pali M, barriere 3N)
per le quali l'azienda ha sostenuto ingenti investimenti
tecnologici ed in ricerca e sviluppo;
- un limitato ricorso ai mezzi propri per il finanziamento
degli investimenti;
- un livello di produttività e di efficienza troppo
basso rispetto ai concorrenti, dovuto non soltanto al calo
dei volumi prodotti e venduti, ma anche a costi unitari
per addetto elevati ed a ritmi contrattuali di produzione
più bassi di quelli dei concorrenti.
In effetti, tutte queste cause appaiono transitorie (come
dovrebbe essere la riduzione dei volumi e dei margini sui
pali Enel) o comunque rimuovibili con opportuni interventi
quali:
- il lancio commerciale delle produzioni "innovative";
- un piano di recupero della produttività, tramite
la fissazione di ritmi di produzione più elevati;
- una ricapitalizzazione da parte di nuovi soci.
Stadio
non avanzato dell'insolvenza
La richiesta dell'ammissione alla procedura di amministrazione
straordinaria interviene nel pieno della crisi finanziaria
aziendale, ma prima che questa, perdurando ormai da molto
tempo, compromettesse gravemente gli equilibri patrimoniali
dell'azienda.
Peraltro, una delle cause della crisi finanziaria è
costituita dagli impegni assunti per il finanziamento dello
sviluppo tecnologico che, se da un lato ha sbilanciato finanziariamente
l'azienda, dall'altro l'ha dotata di impiantistica probabilmente
capace di sostenere un consistente recupero di produttività.
Vivacità
del mercato di riferimento e capacità di penetrazione
commerciale
La
terza parte della presente relazione ha ampiamente illustrato
le prospettive di mercato delle linee di business in cui
la IPD può operare.
I mercati appaiono vivaci e la IPD ha alcuni importanti
punti di forza rispetto alla concorrenza, potendo inoltre
recuperare il gap sui suoi punti di debolezza.
Il solo portafoglio ordini, d'altra parte, è pari
a oltre il 40% del fatturato di pareggio previsto per lo
scenario "intermedio".
I fatturati di pareggio, in ogni caso, appaiono alla portata
dell'azienda, tenendo anche conto dei livelli di fatturato
storici e delle trattative in corso al momento della dichiarazione
di insolvenza, che almeno in parte potrebbero essere proficuamente
riprese.
Una delle principali debolezze della IPD è l'assenza
di una rete commerciale strutturata. In caso di avvio di
un piano di risanamento, il miglioramento dell'azione commerciale
potrebbe dare ulteriore impulso allo sviluppo dei fatturati.
Recupero
della produttività
Una delle principali cause del disequilibrio economico,
costituita da una produttività molto più bassa
di quella dei concorrenti, ha buone probabilità di
essere rimossa con un opportuno piano di incremento dei
ritmi di produzione, unito naturalmente, sotto il profilo
commerciale, a livelli di fatturato in grado di garantire
un più elevato grado di utilizzo della capacità
produttiva.
Cash
Flows e riequilibrio patrimoniale
I livelli di cash flow che verosimilmente possono essere
generati dall'azienda durante l'eventuale piano di risanamento
(circa 28 lire/mld) sono sufficienti a garantire un buon
riequilibrio patrimoniale.
Sulla
base delle analisi da noi svolte, le prospettive di recupero
dell'equilibrio economico appaiono perseguibili, potenzialmente,
anche con un "programma di ristrutturazione",
conseguente ad un piano di risanamento di durata non superiore
a due anni, così come previsto dall'art. 27 co. 2
lett. B, del D.Lgs. 270/99.
In subordine, è senz'altro perseguibile, a maggior
ragione, il "programma di cessione dei complessi aziendali",
così come previsto dall'art. 27 co. 2 lett. a del
D.Lgs. 270/99, ossia la alienazione, in blocco o separata,
dei singoli rami produttivi componenti l'azienda, dopo un
programma di prosecuzione dell'attività di durata
non superiore ad un anno
..
Non è tuttavia possibile individuare, allo stato
attuale e data la ristrettezza dei tempi a disposizione,
quale sia la via preferibile
. Un tale giudizio
di merito sarebbe infatti possibile soltanto dopo un'accurata
ricognizione dei potenziali acquirenti del complesso aziendale
o dei suoi rami, nonché dopo una particolareggiata
valutazione economica dei complessi aziendali, comprensiva
del loro valore di avviamento.
Non
si possono tuttavia sottacere le condizioni principali dalle
quali dipende l'effettivo ripristino delle condizioni di
equilibrio economico e finanziario, ed in particolare:
- il raggiungimento di soddisfacenti livelli di fatturato
da parte dei business "innovativi";
- un consistente recupero di produttività del lavoro;
- gli introiti finanziari derivanti dalla dismissione di
assets non strategici;
- l'afflusso di nuove risorse finanziarie.
Fatturato dei prodotti "innovativi"
I business "innovativi" sono caratterizzati da
buone prospettive di mercato, dimostrate anche dalle trattative
in corso al momento della dichiarazione di insolvenza. Essi,
tuttavia, non hanno una "storia" all'interno dell'azienda
che dimostri inequivocabilmente i livelli di fatturato concretamente
raggiungibili. Ciò vale soprattutto per il business
dei pali M, su cui sono stati effettuati elevati investimenti
produttivi che richiedono livelli di fatturato superiori
ai 10 lire/mld per essere remunerati.
Recupero
di produttività del lavoro
Tale recupero, che va ottenuto anche tramite la rinegoziazione
delle tariffe orarie di produttività, si pone come
condizione ineliminabile per ripristinare e consolidare
l'equilibrio economico dell'azienda. Dagli incontri avuti
con i sindacati sono emersi elementi per ritenere che il
processo di rinegoziazione vada a buon fine.
Dismissione
di assets strategici
La dismissione di alcuni assets non strategici, quali i
rami d'azienda commerciali della Sidercomit Centro Meridionale
Srl, si pone come necessaria per accelerare il processo
di riequilibrio finanziario, che altrimenti non potrebbe
beneficiare dei relativi introiti finanziari.
Afflusso
di nuove risorse finanziarie
Poiché dalla simulazione del cash flow contenuta
nel paragrafo 3.5. emerge, al termine del biennio, un fabbisogno
residuo per il soddisfacimento integrale di tutti i creditori
(per circa 17 lire/miliardi nello scenario intermedio),
è necessario che si predispongano le necessarie forme
di copertura di tale fabbisogno, che dovrebbero consistere
in un mix di finanziamenti da parte di banche e di risorse
"pazienti" da parte di uno o più partner,
di cui una buona parte dovrebbe essere a titolo di capitale
di rischio.
Il
venir meno di alcune di tali condizioni, che allo stato
attuale appaiono tutte ragionevolmente realizzabili, potrebbe
naturalmente incidere negativamente sugli equilibri economico-finanziari
fino al punto di rendere inattuabile il piano di risanamento
(nelle sue varie forme) che oggi appare concretamente possibile.
Ai sensi dell' art. 30 d.lgs.270/99, il Tribunale deve valutare,
sulla base della relazione, ma anche sulla base di altri
elementi eventualmente acquisiti agli atti, se sussistano
le condizioni di cui all'art. 27, dichiarando in tal caso
l' apertura della amministrazione straordinaria o, qualora
si addivenga ad un giudizio di segno negativo, pronunciando
il fallimento della società.
In tale prospettiva, prima di passare ad una analisi specifica
delle conclusioni della relazione del prof.Fiori e proprio
ai fini di esprimere compiutamente un giudizio sulla sussistenza
di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico
delle attività imprenditoriali ,si deve osservare
in diritto quanto segue.
Questo Collegio, come già enunciato con la sentenza
19/09/2001, ritiene che nel decreto legislativo n.270/99,
l'insolvenza- così come risulta dall'art 1 che individua
la finalità dell'amministrazione straordinaria nella
conservazione del patrimonio produttivo dell' impresa, mediante
la prosecuzione, la riattivazione o la riconversione delle
attività imprenditoriali-va individuata in uno stato
di crisi anche reversibile e superabile mediante un adeguato
piano di risanamento volto al ripristino dell'equilibrio
economico e finanziario che possa garantire un ritorno dell'impresa
sul mercato in condizioni di recuperata integrità.
Risulta evidente la differenza tra la insolvenza di cui
alla presente procedura rispetto a quella di cui all'art
5 della legge fallimentare.
Nella legge del 1942 il concetto è delineato con
riferimento alla figura dell'imprenditore, risolvendosi
nella incapacità di tale soggetto di fare fronte,
in modo tempestivo e con mezzi normali, alle proprie obbligazioni.
Strumentale a tale impostazione è la funzione meramente
liquidatoria della procedura, nel corso della quale gli
organi devono agire per la realizzazione, quale finalità
ultima , del recupero dell'attivo e della distribuzione
dello stesso al ceto creditorio, con una totale indifferenza
per le sorti della impresa, che, quale mera proiezione dell'imprenditore
incapace di sostenere i propri impegni, viene sostanzialmente
espulsa dal mercato.
Nella nuova amministrazione straordinaria, si abbandona
la prospettiva soggettiva, per porre al centro dell'attenzione
l'impresa e l'azienda, attraverso una cosiderazione degli
aspetti oggettivi della crisi. Parallelamente l'iter si
presenta totalmente diverso , dovendo la procedura rispondere
all'interesse della collettività al mantenimento
sul mercato di unità produttive che rappresentino
un valore economico, così come risulta chiaramente
dalla dichiarazione d'intenti di cui all'art.1 del d.lgs.270/99.
L'art 27 del predetto decreto, coerentemente a tale finalità,
struttura la condizione per l'ammissione alla procedura,
su un parametro meramente economico, richiedendo che sussistano
concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico
delle attività imprenditoriali.
La scelta di campo è dunque precisa e conseguente:
non si mira, quantomeno in via principale e diretta, al
recupero della solvibilità dell'imprenditore, bensì
al riposizionamento, in termini di "normalità",
sul mercato, della attività imprenditoriale, attraverso
il recupero di un rapporto fisiologico tra costi e ricavi
e, per il raggiungimento di tale risultato, coerentemente
alla suddetta impostazione oggettivistica, si può
percorrere la strada del salvataggio della sola azienda
attraverso la cessione delle unità produttive(art.27
comma 1 d. lgs.270/99) o, in alternativa, anche del ripristino,
in termini di funzionalità economica e finanziaria,
dell'impresa, attraverso un piano di risanamento(art 27
comma 2 d. lgs.270/99).
Appare evidente ,dunque ,che al giudice l'art 30 del citato
decreto impone una valutazione del tutto nuova rispetto
al sistema della procedura fallimentare nella quale all'accertamento
dell'insolvenza si accompagna inscindibilmente la scelta
dello strumento liquidatorio.
Secondo il d.lgs. n.270/99 l'opzione tra il tentativo di
risanamento e il fallimento infatti va operata, secondo
la normativa in oggetto, esaminando le cause della crisi
ed analizzando gli eventuali margini di residue potenzialità
economica delle attività produttive.
Nel caso di specie il Commissario giudiziale ha sottolineato,
all'esito di una approfondita analisi di tipo finanziario
ed economico,che le cause della crisi non appaiono strutturali,
trovando linfa piuttosto in fattori a carattere congiunturale
quali il calo di vendite e di margini collegato ad alcune
linee di business, non destinati a perdurare( vedi in particolare
gli effetti disastrosi connessi all'azione di dumping messa
in atto dalla società francese Petit Jean che ha
provocato, nel rapporto tra IPD e il suo unico granda cliente
di riferimento l'ENEL, un abbattimento repentino sia dei
volumi che soprattutto dei margini),o comunque rimuovibili
attraverso opportuni interventi.
Su quest'ultimo fronte vi è certamente il ritardo
nell'entrata a regime di nuove linee di prodotto per le
quali l'azienda ha sostenuto notevoli investimenti tecnologici,
che in prospettiva dovrebbero però essere compensati
dall'indubbio gap venutosi a creare tra l'IPD e la concorrenza.
In particolare " Il punto di forza delle barriere stradali
è senz'altro costituito dalle 14 omologazioni, di
cui alcune in esclusiva, in possesso della IPD. Si tratta
di un valore immateriale che attribuisce un importante vantaggio
competitivo sui concorrenti. L'azienda ha investito molto
nei "crash-test". Il costo di ogni test è
ipotizzabile in circa 200/250 lire/mil. Poiché IPD
ha condotto circa 50 test, l'investimento complessivo, che
comprende anche i test relativi ad omologazioni scadute,
è pari a 12.250 lire/mil. Poiché i test relativi
alle omologazioni "attive" sono 32, l'investimento
complessivo nei test ancora utilizzati ammonta a circa 5,6
lire/mld.
Tale investimento, unito ai tempi prolungati di realizzazione
dei test, costituisce un'indubbia barriera all'entrata per
i concorrenti minori ed un sicuro punto di forza della IPD."
Nello stesso senso valgono le considerazioni in tema dei
livello di produttività e di efficienza, troppo basso
rispetto ai concorrenti , ed ai ritmi contrattuali di produzione
più bassi di quelli dei concorrenti.
- Su questo punto che, nell'analisi del commissario giudiziale,
assume una importanza particolare, nella relazione si legge"
IPD ha un rapporto fatturato/costo del lavoro di 3,3 contro
un 8,1 dei concorrenti (corrispondente ad un'incidenza del
costo del lavoro sul fatturato del 30%, contro il 12% medio
dei concorrenti);
- IPD ha un rapporto produzione fisica/n° addetti pari
a 160 tonn. per addetto, contro 207 tonn. per addetto dei
concorrenti;
- IPD ha un fatturato pro-capite di 288 lire/milioni, contro
452 lire/milioni dei concorrenti."
Allo stesso tempo però " l'azienda ha amplissimi
margini di miglioramento della produttività, che
potrebbero senz'altro contribuire al recupero delle condizioni
di equilibrio economico della gestione di equilibrio economico
della gestione."
Le strategie di recupero poi appaiono concretamente perseguibili
attraverso il prepensionamento di 35 unità in applicazione
della normativa sui lavori in presenza di amianto; la fuoriuscita
di personale per 20 unità attraverso altri accordi
da perfezionare; la ricontrattazione di tariffe orarie di
produzione per il raggiungimento dei premi di produttività,
attualmente reputate troppo basse. Su questo fronte si deve
sottolineare che il commissario giudiziale ha già
sottoscritto con i rappresentanti sindacali un importante
accordo in ordine a determinati target produttivi.
Tali interventi, di palese realizzabilità, porterebbero
ai seguenti risultati: lasciando inalterato il costo unitario
per addetto e i livelli di fatturato previsti nel piano
della precedente amministrazione, i livelli di produttività
si attesterebbero per il 2003, quanto al rapporto fatturato/costo
lavoro, a 8,7 (contro il 3,3 attuale e l'8,1 della concorrenza);
quanto al rapporto tonnellate/addetti, a 298 (contro 160
attuale e 207 medio della concorrenza); quanto al rapporto
fatturato/addetti, a 616 milioni contro 288 attuali e i
451 della concorrenza), tanto da portare l'incidenza del
costo del lavoro dall'attuale 30 % al 12%.
Individuate le cause della crisi e proposte le linee guida
degli interventi correttivi conretamente realizzabili, il
commissario giudiziale, attraverso l'analisi strategica
del portafoglio di business della IPD ( comprendente, per
ogni famiglia di prodotti, le prospettive di mercato, la
competitività sui costi di produzione, gli investimenti
di rinnovo e di sviluppo necessari a breve termine, la Swot
Analysis), ha illustrato la valutazione della probabilità
di realizzazione per ogni famiglia di prodotti, evidenziando,
come "
.il business in grado di generare fin da
subito un fatturato in grado di garantire un buon assorbimento
dei costi fissi sia quello delle barriere stradali (n. 6),
dove la IPD ha una buona competitività commerciale
che le deriva dal possesso di 14 prodotti omologati con
"crash test".
Per il resto, i business che hanno già generato fatturato
(Pali Enel e Pali Illuminazione) non sono tra quelli più
promettenti, mentre i business su cui puntare per il futuro
(Pali M, Web tower, pali arredo), sono sostanzialmente nuovi
per l'azienda.
In conclusione, le prospettive di mercato sembrano essere
complessivamente coerenti con gli obiettivi di recupero
dell'equilibrio economico, nel senso che IPD opera in business
a domanda sostenuta, che non possono ritenersi in crisi
strutturale."
Il prof Fiori, per fornire elementi puntuali , compatibilmente
con i tempi ristrettissimi imposti dalla procedura, ai fini
della individuazione delle "concrete prospettive"
di riequilibrio economico, ha delineato tre scenari economico
finanziari per l'immediato futuro, uno ottimistico ,uno
pessimistico ed uno intermedio, più prudente di quello
corrispondente a quanto ipotizzato nel piano della precedente
amministrazione , rivisto alla luce degli elementi acquisiti
dal commissario nel corso del periodo di osservazione alla
quale, nel caso di specie, si è sovrapposta anche
la concreta amministrazione dell'impresa.
Rispetto a tale scenario-quello intermedio- è opportuno
sottolineare il punto di pareggio che è il livello
di fatturato al quale i margini di contribuzione derivanti
dalle vendite coprono i costi fissi aziendali, fissato a
56 miliardi e cioè ad un livello sensibilmente inferiore
al fatturato previsto per il 2002 (con un margine di sicurezza
del 10%), e per il 2003( con un margine di sicurezza del
25%) di tal che, anche sotto tale profilo, la valutazione
del commissario è nel senso che il riequilibrio economico,
inteso come copertura dei costi attraverso i ricavi ,appare
un obiettivo senz'altro raggiungibile dalla IPD.
Lo stesso scenario quanto alle proiezioni economiche e finanziarie
mostra poi che sussistono adeguate prospettive di risanamento
economico, con utili per 16 miliardi che si ridurrebbero
a 6 miliardi nell'ipotesi pessimistica e flussi di cassa
molto elevati, intorno ai 28 miliardi, se riferiti al biennio
di eventuale amministrazione straordinaria.
Sul punto il commissario osserva che "
Tale
cash flow sarebbe in grado di riequilibrare in maniera decisa
la situazione finanziaria e patrimoniale dell'azienda, anche
se non risulterebbe sufficiente al pagamento di tutti i
creditori esistenti al 29 luglio 2001.
Il fabbisogno residuo per il pagamento integrale dei creditori
sarebbe, nello scenario intermedio, di circa 32 lire/mld.
L'esistenza di un fabbisogno finanziario residuo non deve
necessariamente ritenersi indice di un perdurare della situazione
di insolvenza anche dopo il periodo di ristrutturazione.
La condizione richiesta dall'art. 27 è infatti quella
della capacità di recupero dell'equilibrio economico.
Tale equilibrio, se sufficientemente solido, consente nel
tempo un buon riequilibrio della situazione finanziaria,
ma non deve necessariamente portare all'estinzione di tutti
i debiti esistenti prima della procedura. In caso di buon
esito della ristrutturazione, infatti, i possibili finanziatori
dell'impresa ormai risanata possono essere molteplici (banche,
partners azionari ecc.).
Ciò che è importante verificare è invece
che:
- i cash flow gestionali riescano a ridurre l'indebitamento,
soprattutto finanziario, entro livelli ritenuti accettabili;
- il fabbisogno residuo da finanziare sia inferiore al valore
degli assets non realizzabili.
Quest'ultima verifica, in particolare, garantisce che il
patrimonio netto dell'azienda torni positivo al termine
della eventuale procedura di Amministrazione Straordinaria.
Inoltre, la differenza positiva tra il valore dell'attivo
non realizzabile ed i fabbisogni residui (da coprire per
il pagamento di tutti i creditori) costituisce una garanzia
concreta per eventuali finanziatori a titolo sia di capitale
di rischio che di capitale di credito.
Nel caso della IPD, i cash flow previsti per il biennio
e gli assets realizzabili consentono una forte riduzione
dell'indebitamento, lasciando tuttavia un fabbisogno residuo
di circa 26 lire/mld. (nello scenario intermedio).
Il valore dell'attivo non realizzabile nel corso del biennio,
al netto dei debiti a medio-lungo termine con scadenze successive
al 2003, è pari a 59 lire/miliardi circa. La larga
differenza positiva tra i due valori sembra quindi garantire
buone prospettive di riequilibrio patrimoniale al termine
dell'eventuale biennio di Amministrazione Straordinaria.
Le possibilità di equilibrata continuazione dell'attività
successivamente alla chiusura della procedura dipende tuttavia
dal reperimento di risorse finanziarie per 26 lire/mld.
Tali risorse potrebbero essere acquisite:
- dai creditori esistenti al 29 luglio (es. banche) che
potrebbero decidere di concedere nuovi affidamenti all'azienda
ormai risanata;
- da nuovi finanziatori con capitale di credito;
- da nuovi finanziatori con capitale di rischio, che potrebbero
coprire il fabbisogno aziendale riducendo ulteriormente
il quoziente di indebitamento;
- da altri interventi di sostegno pubblico, nazionale o
comunitario."
Proprio sulla base delle predette considerazioni, solo sinteticamente
qui esposte , il commissario giudiziale, giunge alle conclusioni
di cui in premesssa e cioè che sussistono certamente
concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico
e che tale obiettivo è realizzabile sia attraverso
un programma di ristrutturazione conseguente ad un piano
di risanamento della durata non superiore ai due anni sia
,a maggior ragione, attraverso la alienazione, in blocco
o separata, dei singoli rami d'azienda produttivi componenti
l'azienda, dopo un programma di prosecuzione della durata
non superiore ad un anno.
In ordine a siffatte conclusioni si impongono alcune ulteriori
osservazioni.
In primo luogo di nessun ostacolo alla apertura della amministrazione
straordinaria è la circostanza che il commissario
giudiziale abbia ritenuto la sussistenza delle concrete
prospettive di riequilibrio attraverso entrambi i programmi
di salvataggio e di ristrutturazione.
La peculiare caratteristica della struttura procedimentale
in questione sta nella esistenza di due fasi distinte tra
loro, la prima, necessaria, che realizza gli obiettivi della
diagnosi in ordine alle cause della crisi che hanno portato
alla insolvenza e della prognosi in ordine alle potenzialità
economiche delle attività imprenditoriali in prospettiva
di un utile ricollocazione sul mercato dell'impresa o dell'azienda;
la seconda ,soltanto eventuale, che si distingue dalla prima
per la sua natura sostanzialmente operativa ,con la nomina
del commissario straordinario , la redazione da parte di
quest'ultimo di un articolato e minuzioso programma, secondo
uno degli indirizzi alternativi indicati dall'art. comma
II (così l'art 54 d.lgs 270 /99) e l'attuazione delle
linee strategiche e gestionali di cui al programma.
La totale diversità degli obiettivi si traduce in
una tendenziale autonomia della seconda fase rispetto alla
prima così come dimostrato dall'esame dell'iter procedimentale
nei suoi momenti essenziali.
Innanzitutto il commissario straordinario, secondo il dettato
dell'art.54 I comma, non è in alcun modo vincolato
alla valutazione eventualmente espressa dal commissario
giudiziale nella relazione ex art.28 sull'indirizzo da seguire
per il recupero dell' equilibrio economico. Soltanto, dunque,
al momento della redazione del programma si realizza quella
decisiva opzione di sistema tra lo strumento del salvataggio
e quello, oggettivamente più ambizioso, della ristrutturazione
e la conseguente definizione delle scelte strategiche tra
le quali l'indicazione delle attività imprenditoriali
destinate alla prosecuzione e quelle destinate alla dismissione;
il piano per la eventuale liquidazione dei beni non funzionali
all'esercizio dell'impresa; le previsioni economiche e finanziarie
connesse alla prosecuzione dell'esercizio dell'impresa;
i modi della copertura del fabbisogno finanziario , con
specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazoni
pubbliche di cui è prevista l'utilizzazione ( Così
letteralmente l'art.56 primo comma del decreto che fissa
il contenuto obbligatorio del programma).
Non vi è dubbio allora che la natura esclusivamente
valutativa e prognostica della relazione ex art.28 d.lgs
consenta al commissario giudiziale, di prospettare oltre
che uno, tutti e due gli scenari, del salvataggio e della
ristrutturazione dell'impresa, se riconosca ad entrambi
gli strumenti la capacità di realizzare l'obiettivo
del riequilibrio economico delle attività imprenditoriali,
essendo tale scelta, tendenzialmente definitiva ( tranne
il caso di cui all'art 60 del citato decreto), prerogativa
del commissario straordinario da esercitarsi pertanto soltanto
nella sede propria, prevista e regolamentata dal legislatore,
che è quella , appunto, della redazione del programma,
da operarsi quando il Tribunale si sia già favorevolmente
pronunciato( soprattutto sulla base della relazione ex art.28
d.lgs.) sulla sussistenza delle condizioni di cui all'art
27, dichiarando l'apertura della amministrazione straordinaria.
Le stesse considerazioni in ordine alla diversità
delle finalità delle due diverse fasi, alla specificità
funzionale della relazione ex art.28 redatta dal commissario
giudiziale rispetto al programma definito ad opera del commissario
straordinario , portano a ritenere che il giudizio sulla
concretezza delle prospettive di recupero dell'equilibrio
economico , richiesta dall'art 27 d. lgs., ai fini della
apertura dell amministrazione straordinaria, non è
condizionato dalla necessaria definizione in termini di
assoluta precisione operativa, dei passaggi essenziali del
programma di ristrutturazione o del programma di cessione
dei complessi aziendali, essendo sufficiente che, al momento
della delicata decisione del Tribunale, gli elementi desumibili
dalla analisi economica e finanziaria della attività
imprenditoriale nonché la prospettazione, in termini
di concreta fattibiltà, di una serie di interventi
gestionali, faccia ritenere, con un serio margine di affidabilità,
la realizzabilità dell'obiettivo del recupero attraverso
una od entrambe le soluzioni di cui all'art.27 deldecreto.
Su questo punto soccorre nuovamente il dato normativo.
Ed invero l'art. 56 con un disposizione che non lascia margini
interpretativi, afferma che solo al momento della redazione
del programma da parte del commissario straordinario e quindi
nel corso della fase successiva all'apertura dell'amministrazione
straordinaria "
Se è adottato l'indirizzo
della cessione dei complessi aziendali, il programma deve
altresì indicare le modalità della cessione
, segnalando le offerte pervenute o acquisite, nonché
le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori.
Se è adottato l'indirizzo della ristrutturazione
dell'impresa , il programma deve indicare, in aggiunta a
quanto stabilito nel comma 1, le eventuali previsioni di
ricapitalizzazione dell'impresa e di mutamento degli assetti
imprenditoriali, nonché i tempi e le modalità
di soddisfazione dei creditori ,anche sulla base di piani
di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di
definizione mediante concordato."(art 56 commi due
e tre nella parte in cui indica il contenuto obbligatorio
del programma).
Coerentemente, dunque, all'impostazione del sistema bifasico,
il legislatore non chiede al commissario giudiziale di attivarsi
per la ricerca di eventuali acquirenti o di fissare le concrete
modalità di un eventuale ricapitalizzazione o di
un mutamento di management, essendo suo compito precipuo
quello di raccogliere e fornire al Tribunale nel termine
ridottissimo di trenta giorni gli elementi utili alla prognosi
sulle residue potenzialità economiche dell'impresa,
riservandosi di destinare queste e molte altre concrete
attività gestionali e strategiche al commissario
straordinario ( si osservi sul punto il diverso regime del
contenuto obbligatorio della relazione di cui all'art.28
e del programma di cui all'art.54 e ss del citato decreto).
D'altra parte, la sussistenza di un margine di alea in ordine
al raggiungimento dell' obiettivo del recupero dell'equilibrio
economico dell'impresa, chiaramente rilevabile dal complessivo
sistema normativo, al momento della opzione del Tribunale
ex art.30. d. lgs. tra apertura della procedura e dichiarazione
di fallimento , è bilanciato dalla permanenza in
capo all'organo giudiziario, del potere "
..qualora,
in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione
straordinaria,risulta che la stessa non può essere
utilmente proseguita
.." di disporre, su richiesta
del commissario straordinario ma anche d'ufficio ,la conversione
della amministrazione straordinaria in fallimento.(art.69
d.lgs.).
Trattasi di un potere che evidenzia la sostanziale precarietà
del giudizio ex art.30 d.lgs. nel caso di positiva valutazione
sulle chances di recupero economico dell'impresa e che implica
l'obbligo da parte del Tribunale di sottoporre l'andamento
della procedura e l'attività del commissario straordinario
ad un serrato controllo atto a verificare in tempo reale
se la continuazione dell'impresa trova costantemente giustificazione
nella raggiungibilità dell'obiettivo o se la stessa
si traduca soltanto in un aggravamento della situazione
debitoria e in una immotivato rinvio del soddisfacimento,
attraverso la procedura fallimentare di liquidazione, delle
ragioni dei creditori.
Alla luce di tali considerazioni, per le ragioni di fatto
e di diritto sin qui esposte, il Tribunale, rilevato peraltro
che non sono state depositate osservazioni dai creditori
ai sensi dell'art.29 d.lgs., e visto il parere ampiamente
favorevole del Ministero competente, ritiene di condividere
le motivate conclusioni del commissario sull'esistenza,
nel caso di specie, dei presupposti per l'apertura dell'amministrazione
straordinaria.
Va confermato l'affidamento della gestione dell'impresa
al commissario giudiziale fino alla nomina del commissario
straordinario.
Ai fini di un compiuto ed effettivo esercizio da parte del
Tribunale del potere di eventuale conversione dell'amministrazione
straordinaria in procedura di fallimento, occorre prevedere
uno strumento di aggiornamento ed informazione costante
sull'andamento della gestione e della procedura. In tale
prospettiva, si ritiene necessario che il commissario straordinario
fornisca al Tribunale una relazione mensile ed in qualsiasi
momento notizie sugli atti di gestione più rilevanti
e tutte le informazioni utili all'esercizio del potere di
cui all'art.69.
Il presente decreto va pubblicato e comunicato nei modi
di legge.
P.Q.M.
DICHIARA
LA APERTURA DELLA AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLA ILVA
PALI DALMINE SPA CON SEDE LEGALE IN TORRE ANNUNZIATA VIA
TERRAGNETA 90, ISCRITTA NEL REGISTRO DELLE IMPRESE DI NAPOLI
AL N.487942.
DISPONE LA PROSECUZIONE DELL'ESERCIZIO DELL'IMPRESA SOTTO
LA GESTIONE DEL COMMISSARIO GIUDIZIALE, PROF. GIOVANNI FIORI
NATO A PADOVA IL 15 12 1961, SINO ALLA NOMINA DEL COMMISSARIO
STRAORDINARIO.
DISPONE CHE IL COMMISSARIO STRAORDINARIO PROVVEDA A DEPOSITARE
IN CANCELLERIA CON CADENZA MENSILE UNA RELAZIONE PARTICOLAREGGIATA
SULL'ANDAMENTO DELLA PROCEDURA E SULL ESERCIZIO DELL'IMPRESA
E A FORNIRE CON IMMEDIATEZZA AL TRIBUNALE QUALSIASI NOTIZIA
UTILE AI FINI DELL'ESERCIZIO DEL POTERE DI CUI ALL'ART.69
D.LGS.N. 270/99.
DISPONE CHE, A CURA DELLA CANCELLERIA IL PRESENTE DECRETO
SIA COMUNICATO ED AFFISSO NEI MODI E NEI TERMINI STABILITI
DALLO ART 17 PRIMO E SECONDO COMMA DELLA LEGGE FALLIMENTARE,
SALVO QUANTO PREVISTO DALL'ART.94 DEL D.LGS N.270/99 E CHE
SIA DATA COMUNICAZIONE DELLO STESSO ENTRO TRE GIORNI AL
MINISTRO DELLE ATTIVITA PRODUTTIVE ALLA REGIONE CAMPANIA
E AL COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA.
ORDINA LA PRENOTAZONE A DEBITO.
Così
deciso nella Camera di Consigliodel Tribunale civile di
Torre Annunziata, seconda sezione, il giorno 14.11.2001.
IL GIUDICE ESTENSORE
DOTT.MAURIZIO ATZORI
IL PRESIDENTE
DOTT.FRANCESCO PAOLO AMURA