Tribunale
di Torre Annunziata 27 giugno 2001, Pres. Rel. Maurizio
Atzori, Sentenza, Azione
di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci
- prescrizione - identificazione del danno - prescrizione
- decorrenza - regolare tenuta delle scritture contabili
- solidarietà
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORRE
ANNUNZIATA SECONDA SEZIONE CIVILE riunito in camera di consiglio
nelle persone dei magistrati:
dr.
Maurizio Atzori Presidente rel
dr. Marco Catalano Giudice
dr. Ida Raiola Giudice
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2159/1998del R.G.A.C., vertente
TRA Fallimento Manna Costruzioni s.r.l. in persona del curatore
pro-tempore, elettivamente domiciliata presso lo studio
dell'avv.to Gennaro Torrese dal quale è rapp.to e difeso
in virtù di mandato a margine dell''tto di citazione.
ATTORE
E Manna Luigi elettivamente domiciliato presso lo studio
dell'avv.to Salvatore Prisco rappresentato e difeso dall'avv.to
Fabrizio De Vita, in virtù di mandato in calce alla copia
notificata dell'atto di citazione.
CONVENUTO E MANNA CIRO elettivamente domiciliato presso
lo studio ell'avv.to Salvatore Prisco, rapp.to e difeso
dall'avv.toFilippo Testa, in virtù di mandato a margine
della copia notificata dell'atto di citazione.
OGGETTO: azione di responsabilità.
CONCLUSIONI
All'udienza del 23.3.2000 i procuratori delle parti hanno
precisato le conclusioni come segue:
PER L'ATTORE: COME IN ATTI PER MANNA LUIGI:COME IN COMPARSA
DI RISPOSTA
PER MANNA CIRO :COME IN COMPARSA DI RISPOSTA..
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
atto di citazione ritualmente notificato la curatela attrice
premetteva: di aver riscontrato nel periodo antecedente
la dichiarazione di fallimento della Manna costruzioni Srl,
gravi irregolarità contabili amministrative e violazioni
di legge da parte degli amministratori societari; che tale
atteggiamento oltre a determinare il fallimento della società,
aveva altresì prodotto ingenti pregiudizi verso l'attivo
fallimentare; che , infatti, pur risultando dal registro
degli inventari alla data del 31 dicembre 1993 beni patrimoniali
per un complessivo valore di 414016110, tali beni non erano
stati rinvenuti dalla curatela al momento della redazione
dell'inventario fallimentare; che, inoltre , le ripetute
violazioni contabili e fiscali degli amministratori avevano
comportato forti decurtazioni del credito di lire 359124022
vantato dalla società nei confronti del secondo ufficio
IVA di Napoli, tanto che con una serie di rettifiche l'ufficio
IVA giungeva a decurtare il predetto credito di ben 210887000.
Tanto premesso la curatela conveniva dinanzi al tribunale
gli amministratori della Manna costruzioni e cioè Manna
Luigi manna Ciro, per sentirli condannare, previo accertamento
delle responsabilità di cui agli articoli 2392,2393 e 2394
cc, anche in solido al risarcimento dei danni cagionati
al fallimento e alla massa dei creditori per la complessiva
somma di lire 624903110 oltre interessi e rivalutazione
monetaria nonché al pagamento integrale delle spese e degli
onorari di giudizio. L'attrice inoltre spiegava domanda
di sequestro conservativo sui beni dei convenuti fino a
concorrenza dell'importo di 650 milioni istanza che veniva
integralmente accolta dal giudice nella fase dell'istruttoria
con provvedimento del 2 Febbraio 1999. All'udienza dell'8
febbraio 1998 si costituiva il convenuto Manna Ciro il quale
eccepiva preliminarmente la nullità dell'atto di citazione
per difetto di sottoscrizione nonché l'avvenuta prescrizione
dell'azione spiegata dalla curatela e l'assoluta infondatezza
in fatto della stessa. Successivamente con comparsa di costituzione
si costituiva anche Manna Luigi che riproponeva l'eccezione
di prescrizione sollevata dall'altro convenuto, deduceva
la nullità della citazione per violazione dell'articolo
163 comma 3 numero 3 cpc e affermava anche l'infondatezza
nel merito dell'avversa domanda risarcitoria. La causa istruita
mediante interrogatorio formale dei convenuti ed ampia produzione
documentale veniva riservata per la decisione all'udienza
del 2 7 marzo 2001 con concessione dei termini di cui all'art.
190 c.p.c.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Preliminarmente
va disattesa l'eccezione di nullità dell'atto introduttivo
per carenza disottoscrizione da parte del difensore. Dalla
documentazione agli atti infatti risulta che l'atto di citazione
in originale e la copia notificata a Manna Luigi contenevano
la sottoscrizione , invece mancante nella copia dell'atto
di citazione notificato a Manna Ciro. Secondo il costante
orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimità,
la mancanza di sottoscrizione del difensore abilitato a
rappresentare la parte in giudizio nella copia notificata
della citazione, non incide sulla validità di questa se
è sottoscritto l'originale come nel caso di specie e la
copia notificata fornisca alla controparte sufficienti elementi
per acquisire la certezza della sua rituale provenienza
da quel difensore(.Vedi Cass.13 04 1999 n.3620; Cass 22
09 2000 n.12573). Nella fattispecie in esame non vi è dubbio
che nella copia notificata dell'atto di citazione vi fossero
elementi sufficienti a far acquisire la certezza della rituale
provenienza dell'atto dal difensore avvocato Gennaro Torrese.
Ed invero nella stessa relata di notifica l'ufficiale giudiziario
certificava che la richiesta proveniva dall'avvocato Gennaro
Torrese nella spiegata qualità e cio era certamente sufficiente
a dimostrare il collegamento tra quell'atto e il difensore.
Nella stessa prospettiva va evidenziato che l'atto notificato
a Manna Ciro evidenziava la procura rilasciata dal curatore
del fallimento con la relativa autentica dello stesso difensore.
Tale evenienza, e cioè la riproduzione della procura e l'indicazione
della sottoscrizione dell'originale, così come più volte
affermato dalla giurisprudenza, rendono pienamente valido
l'atto notificato anche quando la copia non fosse stata
sottoscritta.(Tra le altre Cass.n.802/87). Inoltre si deve
osservare che secondo il costante orientamento della giurisprudenza
la mancanza della sottoscrizione del procuratore nella copia
notificata dell'atto di citazione non è causa di nullità
ma integra una fattispecie di mera irregolarità sanabile
ex tunc dalla costituzione del convenuto nell'ipotesi in
cui l'originale, come nel caso di specie, sia regolarmente
sottoscritto (Tra le tante vedi cass.sez.lav.19.12.1998,
n.12727). Del tutto infondata è poi l'eccezione di nullità
sollevata dal convenuto Manna Luigi difettando, a suo dire,
la citazione, del requisito di cui all'articolo 163 terzo
comma numero 3 c.p.c. e cioè la determinazione della cosa
oggetto della domanda. La difesa in particolare ha rilevato
che pure essendo i comportamenti in ipotesi di mala gestio
degli amministratori riferibili a diverse epoche, la curatela
non aveva precisato la domanda e in particolare la richiesta
di risarcimento in relazione alle singole posizioni di Manna
Ciro e di esso Mamma Luigi, succedutisi nell'amministrazione
della società. La richiesta di una condanna solidale non
consentiva ai convenuti di articolare in maniera completa
le proprie difese. La questione in ordine alla possibilità
di richiedere, nella fattispecie in esame, una condanna
solidale degli amministratori succedutisi nel tempo alla
guida della società fallita, non incide sulla determinazione
o la determinabilità dell'oggetto della domanda che anzi
nel caso di specie è agganciata, quanto all'individuazione
della responsabilità degli amministratori stessi, a fatti
ben precisi quali il mancato recupero dei crediti IVA e
la perdita di beni che rientravano nel patrimonio della
società, di talché, è proprio attraverso quei fatti che
i convenuti avrebbero potuto articolare le proprie difese
ben conoscendo i periodi in cui ciascuno di loro era stato
amministratore. D'altra parte secondo il costante ed univoco
orientamento della giurisprudenza la nullità della citazione
per totale omissione o assoluta incertezza dell'oggetto
della domanda non ricorre quando il petitum, inteso sotto
il profilo formale come provvedimento giurisdizionale richiesto
e sotto l'aspetto sostanziale come bene della vita di cui
si chiede il riconoscimento, sia comunque individuabile,
avuto riguardo al contenuto sostanziale delle domande e
delle conclusioni delle parti-desumibile dalla situazione
dedotta in causa nonché dalle precisazioni formulate nel
corso del giudizio-in una valutazione complessiva anche
del loro effettivo interesse, la quale costituendo apprezzamento
di fatto è censurabile in cassazione solo se non congruamente
e correttamente motivata.(Tra le tante Cass.n.188 del 12.01
1996). Del tutto infondata è anche la eccezione di prescrizione
sollevata da entrambi i convenuti. In diritto va osservato
che l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori
o dei sindaci di una società, esperibile, ex articolo 2394
cc dai creditori sociali ovvero dal curatore fallimentare
della società poi fallita ex articolo 146 legge fallimentare,
è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso non già
dalla commissione dei fatti integrativi di tale responsabilità,
bensì dal successivo momento dell'insufficienza del patrimonio
sociale al soddisfacimento dei crediti(articolo 2394 comma
secondo cc che subordina la proponibilità dell'azione al
manifestarsi dell'evento dannoso) momento che, non coincidendo
con il determinarsi dello stato di insolvenza, ben può risultare
anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento.
L'onere della prova della preesistenza al fallimento dello
stato di insufficienza patrimoniale della società spetta,
poi, al soggetto, amministratore o sindaco, che, convenuto
in giudizio a seguito dell'esperimento della detta azione
di responsabilità, ne eccepisce l'avvenuta prescrizione
(vedi Cass.28.05.1998 n.5287). Orbene, nella fattispecie
in esame, i convenuti non hanno assolto minimamente all'onere
probatorio su di loro incombente ed anzi dagli atti risulta
ben chiaro che gli eventi dannosi ascrivibili in ipotesi
alla responsabilità degli amministratori si sono manifestati
nel senso che sono divenuti conoscibili ai terzi soltanto
dopo la dichiarazione di fallimento è ciò sia per quanto
riguarda le decurtazioni del credito IVA che sono il frutto
di sanzioni irrogate a partire dal 1997, sia per quanto
riguarda la mancanza di beni riportati nell inventario del
1993 divenuta conoscibile soltanto a seguito dell'attività
del curatore di confronto tra il le risultanze dei libri
contabili e della situazione reale. L'azione, dunque, è
tempestiva posto che è stata esercitata nel novembre del
'98 e ,quindi , certamente nel rispetto del termine quinquennale
di prescrizione decorrente, nell'ipotesi più favorevole
ai convenuti, dal momento della dichiarazione di fallimento.
Nel merito la domanda proposta dalla curatela appare pienamente
fondata con riferimento ai comportamenti omissivi degli
amministratori in ipotesi produttivi di danno per i creditori
sociali e per la società. La documentazione prodotta agli
atti, con particolare riferimento alle risultanze contabili
degli accertamenti dell'ufficio IVA nei confronti della
predetta società, dimostra l'effettiva consistenza degli
addebiti mossi dalla curatela agli amministratori, Manna
Luigi fino al 7.11.93 e Manna Ciro dal giorno 8.11.93 fino
alla dichiarazione di fallimento. Innanzitutto la contabilità
tenuta dalla società appare palesemente irregolare: le fatture
venivano registrate in ritardo e i conti dei crediti e dei
debiti non sono integrati dalle scritture ausiliari; in
particolare per uno dei creditori la EDMER Spa non vi è
corrispondenza tra le risultanze contabili e il credito
vantato dal predetto soggetto in sede di insinuazione al
passivo.Inoltre appare riportato un debito per trattamento
di fine rapporto nei confronti di dipendenti ma nessun registro
obbligatorio, relativo al personale dipendente, è stato
consegnato o rinvenuto, né alcun dipendente ha presentato
domanda di insinuazione al passivo fallimentare. Il registro
degli inventari al 31.12.93 riportava, tra le altre voci,
attrezzature per lire 43934088 , beni materiali per 8566000,
rimanenze finali per 361516022. Tali attrezzature e i beni
materiali non sono mai stati rinvenuti. I beni non rinvenuti
all'atto dell'inventario ammontano quindi a un valore complessivo
di lire 414016110. Il capitale sociale pari a 20 milioni
nel '92, a seguito della perdita di esercizio, pari a lire
22142135, era stato ridotto al di sotto del minimo legale.
Gli amministratori hanno omesso di azionare il proprio credito
risultante dalle dichiarazioni fiscali pari a lire 359124022.
Tale credito, promossa la pratica di rimborso da parte della
curatela è stato poi decurtato di lire 28194000 per irregolarità
relative agli anni di imposta 1990,1991, e 1992 ed ulteriormente
di lire 182693000 per ulteriori irregolarità quali sanzioni
pecuniarie sul debito di imposta non pagato, mancata presentazione
delle dichiarazioni IVA dal '94 in poi, interessi e spese
per gli avvisi di rettifica che hanno ridotto ulteriormente
l'attivo fallimentare della somma di lire 210887000. Tali
circostanze già oggettivamente riscontrate attraverso le
produzioni documentali, hanno trovato conforto probatorio
nelle dichiarazioni rese dagli stessi convenuti in sede
di interrogatorio formale. Manna Luigi amministratore fino
al 7.11.1993, si è limitato a dire, in ordine alla irregolare
tenuta dei libri contabili, che l'incombente era affidato
ad un libero professionista, e, quanto ai beni mancanti,
ha dichiarato trattarsi di fatti non a lui addebitabili
essendosi verificati ner periodo di amministrazione del
Manna Ciro, mentre in ordine agli altri addebiti, lungi
dal difendersi dalle accuse si è trincerato dietro un generico
:"nulla so dire.". Ciro Manna ha fatto dichiarazioni di
valenza confessoria ancora più significative affermando,
quanto ai beni non rinvenuti dalla curatela , che gli stessi
erano stati lasciati in un cantiere e mai più recuperati
e , quanto al mancato recupero dei crediti IVA , che tale
omissione andava addebitata al consulente della società
"……in quanto ignorante della materia fiscale e tributaria".
Orbene, concentrando l'attenzione sugli addebiti per i quali
la curatela ha specificamente avanzato domanda risarcitoria
e cioè il mancato recupero dei crediti IVA o per meglio
dire la decurtazione , a seguito di riscontrate irregolarità
fiscali, nonché la perdita dei beni sociali , pure risultanti
dall'inventario al 31 .12.1993, non vi è dubbio che gli
stessi possano fondare le richieste risarcitorie della curatela
. Quanto alla distrazione oggettiva dei beni, se anche fosse
vero che gli stessi furono lasciati in un cantiere della
società Manna, tale circostanza non esimerebbe entrambi
gli amministratori da responsabilità, posto che , prima
Luigi , poi Ciro Manna, tenuti all'obbligo della conservazione
del patrimonio sociale , avrebbero dovuto attivarsi per
recuperare,anche giudizialmente, le attrezzature e le merce
di valore superiore ai 400 milioni. Non solo gli amministratori
non hanno fatto nulla in tal senso ma essi hanno omesso
di fornire documentazione alla curatela utile al fine di
recuperare tali beni. Risulta peraltro di tutta evidenza
in relazione a tale addebito il nesso causale fra la condotta
omissiva di entrambi gli amministratori e l'evento dannoso,
posto che la loro condotta clamorosamente passiva ha determinato
la lesione dell'integrità del patrimonio solciale depauperato
del valore dei predetti beni. In merito alle gravi irregolarità
fiscali che hanno determinato la riduzione del credito Iva
, oggetto di confessione da parte dei convenuti, la circostanza
che tali attività erano state delegate ad un professionista
esterno, oltre che indimostrata è del tutto insufficiente
ad esentare gli amministratori da responsabilità posto che,
poichè l' illecito viene sanzionato sotto il profilo civilistico
anche per la condotta meramente colposa ,l'aver interpretato
il ruolo di amministratore in modo passivo e negligente
, scegliendo collaboratori "ignoranti della materia fiscale
e tributaria" e omettendo di vigilare sul comportasmento
degli stessi, costituisce palese e grave violazione in proprio
degli obblighi specifici del mandato qualificato di cui
al rapporto tra società e amministratore. Quanto al nesso
eziologico, basti ricordare che tale grave comportamento
omissivo ha determinato una perdita per il patrimonio sociale
di circa 210 milioni, il cui recupero, tra l'altro, visto
l'ammontare dei debiti risultante dallo stato passivo, avrebbe
consentito di evitare il fallimento. Sul punto è appena
il caso di rilevare che nessun addebito può essere mosso
al curatore, posto che la riduzione dei credito IVA,era
conseguente a irregolarità effettivamente esistenti e riscontrate
dagli stessi organi della procedura. D'altra parte al curatore
fallimentare non può essere addebitata la responsabilità
solidale con il fallito per il pagamento di soprattasse
e pene pecuniarie irrogate al fallito stesso per infedele
dichiarazione e mancata tenuta della contabilità e, in connessione
con l'accertamento dei redditi prodotti anteriormente all'apertura
del fallimento, poiché il curatore non è identificabile
nella figura di rappresentante espressa dall'articolo 98
DPR 28 settembre 73602. D'altro canto, al curatore medesimo,
quale amministratore del patrimonio fallimentare non sono
imputabili le infedele dichiarazioni e la mancata tenuta
della contabilità allorché l'infedeltà della dichiarazione
ai sensi del comma quarto dell'articolo 10 DPR numero 600/73
emerge non da una alterazione della contabilità-della cui
mancata tenuta anteriormente alla sentenza dichiarativa
di fallimento e quindi alla nomina del curatore, questi
non può assolutamente rispondere- bensì da altri elementi
tratti dal bilancio depositato dagli amministratori della
società fallita(così Comm.imp. distr.le sez.IV 2.07.1984
ilLecce n.185, Trullo) . Quanto alle altre circostanze dedotte
dalla curatela, pure essendo state positivamente accertate
in fatto e pur costituendo certamente violazione degli obblighi
dell'amministratore di società , le stesse non vengono,
in questa situazione, in rilievo, in quanto, contrariamente
a quanto più volte richiesto dalla giurisprudenza, rispetto
ad esse non appare approfondito il tema del nesso di causalità
con il pregiudizio patrimoniale lamentato l'dalla società
( vedi in particolare Trib.Catania 18 02.1998). Certo è
che ,soprattutto per quanto attiene alla tenuta non regolare
della contabilità che non ha consentito la ricostruzione
della gestione sociale, oltre ai riflessi sulla decurtazione
dei crediti IVA, tale accertata circostanza concorre a rendere
verosimile la volontà dell'organo sociale di non fare emergere
all'esterno l'asportazione oggettiva dei beni sociali e
più in generale la situazione patrimoniale dissestata della
società. Per quanto attiene al quantum debeatur, va disattesa
l'affermazione della difesa dei convenuti secondo la quale
il danno effettivo causato alla società dall'inosservanza
dei doveri dell'amministratore andrebbe commisurato eventualmente
soltanto alla differenza tra attivo e passivo della massa.
Secondo l'orientamento della Suprema Corte per effetto del
fallimento di una società di capitali le diverse fattispecie
di responsabilità degli amministratori di cui agli articoli
2392 e 2394 cc confluiscono in un'unica azione, in considerazione
del carattere unitario ed inscindibile, all'esercizio della
quale è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento,
che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie
verso gli amministratori tanto con riferimento ai presupposti
della responsabilità contrattuale di questi verso la società
quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale verso
i creditori sociali. Tale facoltà, che si risolve in un
risultato pratico di evidente vantaggio per il fallimento,(
potendo la domanda giudiziale strutturarsi secondo profili
di opportunità onde avvalersi,a seconda dei casi , della
disciplina applicabile alla responsabilità contrattuale
ovvero extracontrattuale), non può pertanto risolversi in
un pregiudizio per la curatela- nel senso che questa debba
soggiacere a quanto di meno favorevole possa astrattamente
comportare il ricorso all'azione ex 2394 cc in tema di delimitazione
del danno risarcibile e dell'interesse ad agire-,così che
del tutto ingiustificata risulterà l'eventuale limitazione
dell'obbligazione risarcitoria alla differenza fra il passivo
e l'attivo fallimentare dovendo per converso accollarsi
tout court agli amministratori il danno che risulti conseguenza
immediata e diretta delle commesse violazioni nella misura
equivalente al detrimento patrimoniale effetto della loro
condotta illecita e a prescindere dalle conseguenze concrete,
più o meno favorevoli, che, caso per caso , tale criterio
di valutazione comporti per ciascuno di essi (di recente
Cass. sez.prima 22.10 1998. N. 10488; Trib. Torino 12. 01.1999,
; Trib.Milano 18 05 1995 Fall Chemital). Risulta dunque
evidente che l'amministratore convenuto con l'azione di
responsabilità non possa vedere limitata la propria obbligazione
risarcitoria alla differenza tra il passivo all'attivo fallimentare
proprio perché l'azione del curatore è indirizzata anche
alla reintegrazione del depauperamento subito dalla società
fallita a causa delle irregolarità commesse dai gestori.
Tale affermazione , all'evidenza ,on comporta che i criteri
presuntivi abbiamo completamente perso cittadinanza; gli
stessi trovano spazio in alcune situazioni come quella della
illecita prosecuzione dell'attività sociale pur in presenza
di una causa di scioglimento della società, ove una volta
stabilita la violazione dell'obbligo di non procedere a
operazioni, viene addossato agli amministratori la conseguenza
negativa dell'ulteriore prosecuzione dell'attività sociale,
facendosi dunque riferimento per l'obbligazione risarcitoria
alla differenza tra passivo fallimentare al netto dell'attivo
e quello verificatosi alla data di scioglimento della società(vedi
tra le tante Cass. n.1281 /1977) e quella in cui, pur essendo
state accertate gravi irregolarità nella tenuta della contabilità
, tali da rendere non ricostruibile la situazione patrimoniale,
ed essendo stato dimostrato che il comportamento dell'amministratore
ha causato il dissesto, sia impossibile altrimenti determinare
il danno , dovendosi fare riferimento ,dunque, al criterio
della differenza tra attivo e passivo(Vedi in maniera esaustiva
App.Bologna 5.02 1997 Fall.bmc). Alla luce di tali considerazioni
il danno risarcibile va detrminato nella complessiva somma
di lire 624903110, di cui lire 414016110 quale valore dei
beni inventariati ma definitivamente usciti dal patrimonio
sociale e lire 210887000 quali decurtazioni del credito
Iva. Tale somma, trattandosi di debito di valore va rivalutata
secondo gli indici ISTAT su base nazionale dalla dichiarazione
di fallimento, che rappresenta il momento in cui il danno
si è cristallizzato e fino alla data della presente pronuncia
e sulla somma così rivalutata vanno computati gli interessi
legali. La condanna alla obbligazione risarcitoria va emessa
nei confronti di entrambi gli amministratori in solido.
Ed invero essendosi accertato in fatto che entrambi i convenuti
nei rispettivi periodi di amministrazione contribuirono
con il loro comportamento gravemente omissivo alla realizzazione
dei già descritti eventi dannosi, del tutto legittima è
la richiesta di condanna solidale avanzata dalla curatela
attrice. In diritto infatti va rilevato che"quando un medesimo
danno è provocato da più soggetti , per inadempimenti di
contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno
di essi e il danneggiato,tali soggetti debbono essere considerati
corresponsabili in solido, non tanto sulla base dell'estensione
alla responsabilità contrattuale della norma dell'articolo
2055 cc dettata per la responsabilità extracontrattuale,
quanto perché sia in tema di responsabilità contrattuale
che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento
dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere
la responsabilità di tutti dell'obbligo risarcitorio, è
sufficiente, in base ai principi stessi che regolano il
nesso di causalità,e del concorso di più cause efficienti
nella produzione dell'evento (dei quali, del resto, l'articolo
2055 costituisce un'esplicitazione), che le azioni o ommissioni
di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo,
dovendosi, inoltre, escludere che una delle persone responsabili
possa rispondere in via soltanto sussidiaria rispetto alle
altre, in difetto in tale senso di una norma di legge o
di una volontà convenzionale,(Così Cass.15 06 1999 n.5946),
essendo peraltro irrilevante nel rapporto tra danneggiato
e danneggiante la diseguale efficienza causale delle singole
condotto o la diversa gravità delle colpe dei corresponsabili
, rilevanti invece nei rapporti interni per la ripartizione
dell'onere risarcitorio tra loro.(Cass 10.12.1996 n.10987
e, per l'affermazione di tale principio nella materia specifica
dell'azione di responsabilità, vedi App.Bologna 5.02.1997
cit; Cass. n. 5287 cit). Non vi è bisogno di provvedere
alla convalida del sequestro conservativo concesso in corso
di causa fino sui beni dei convenuti, in quanto la legge
353/90 ha abrogato gli articoli che regolavano sotto il
precedente regime le fasi di autorizzazione e di convalida
del sequestro, che secondo l'art 686 c.p.c. si trasforma
in pignoramento con la sentenza esecutiva. Le spese di lite
seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.q.m.
Il
Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda proposta
dalla curatela del fallimento Manna Costruzioni S.R.L.,ogni
contraria istanza disattesa, così provvede: Dichiara Manna
Ciro e Manna Luigi responsabili in solido ex art.2392, 2393,
2394 cc e conseguentemente li condanna in solido al pagamento
in favore della curatela del fallimento Manna Costruzioni
s.r.l. in persona del curatore pro-tempore, a titolo di
risarcimento danni , della somma di lire 624903110 da rivalutarsi
secondo gli indici ISTAT con decorrenza dal 27.05 1997 e
fino al momento della presente pronuncia ,con gli interessi
in misura legale sulla somma così rivalutata con decorrenza
dal 14 11 1998 al saldo. Condanna Luigi Manna e Ciro Manna
in solido al pagamento in favore della curatela attrice
delle spese di lite che si liquidano in complessive lire
12000000, di cui lire 450000 per spese, lire 3550000 per
diritti e lire 8000000, oltre al rimborso forfettario in
misura del 10% su diritti e onorari , oltre IVA e CP come
pr legge.
Così
deciso in Torre Annunziata il 27.06.2001
IL
PRESIDENTE EST. DR MAURIZIO ATZORI