Tribunale di Torre Annunziata 27 giugno 2001, Pres. Rel. Maurizio Atzori, Sentenza, Azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci - prescrizione - identificazione del danno - prescrizione - decorrenza - regolare tenuta delle scritture contabili - solidarietà

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA SECONDA SEZIONE CIVILE riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

dr. Maurizio Atzori Presidente rel
dr. Marco Catalano Giudice
dr. Ida Raiola Giudice

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa iscritta al n. 2159/1998del R.G.A.C., vertente TRA Fallimento Manna Costruzioni s.r.l. in persona del curatore pro-tempore, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv.to Gennaro Torrese dal quale è rapp.to e difeso in virtù di mandato a margine dell''tto di citazione.

ATTORE E Manna Luigi elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.to Salvatore Prisco rappresentato e difeso dall'avv.to Fabrizio De Vita, in virtù di mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione.
CONVENUTO E MANNA CIRO elettivamente domiciliato presso lo studio ell'avv.to Salvatore Prisco, rapp.to e difeso dall'avv.toFilippo Testa, in virtù di mandato a margine della copia notificata dell'atto di citazione.
OGGETTO: azione di responsabilità.

CONCLUSIONI All'udienza del 23.3.2000 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come segue:
PER L'ATTORE: COME IN ATTI PER MANNA LUIGI:COME IN COMPARSA DI RISPOSTA
PER MANNA CIRO :COME IN COMPARSA DI RISPOSTA..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato la curatela attrice premetteva: di aver riscontrato nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento della Manna costruzioni Srl, gravi irregolarità contabili amministrative e violazioni di legge da parte degli amministratori societari; che tale atteggiamento oltre a determinare il fallimento della società, aveva altresì prodotto ingenti pregiudizi verso l'attivo fallimentare; che , infatti, pur risultando dal registro degli inventari alla data del 31 dicembre 1993 beni patrimoniali per un complessivo valore di 414016110, tali beni non erano stati rinvenuti dalla curatela al momento della redazione dell'inventario fallimentare; che, inoltre , le ripetute violazioni contabili e fiscali degli amministratori avevano comportato forti decurtazioni del credito di lire 359124022 vantato dalla società nei confronti del secondo ufficio IVA di Napoli, tanto che con una serie di rettifiche l'ufficio IVA giungeva a decurtare il predetto credito di ben 210887000. Tanto premesso la curatela conveniva dinanzi al tribunale gli amministratori della Manna costruzioni e cioè Manna Luigi manna Ciro, per sentirli condannare, previo accertamento delle responsabilità di cui agli articoli 2392,2393 e 2394 cc, anche in solido al risarcimento dei danni cagionati al fallimento e alla massa dei creditori per la complessiva somma di lire 624903110 oltre interessi e rivalutazione monetaria nonché al pagamento integrale delle spese e degli onorari di giudizio. L'attrice inoltre spiegava domanda di sequestro conservativo sui beni dei convenuti fino a concorrenza dell'importo di 650 milioni istanza che veniva integralmente accolta dal giudice nella fase dell'istruttoria con provvedimento del 2 Febbraio 1999. All'udienza dell'8 febbraio 1998 si costituiva il convenuto Manna Ciro il quale eccepiva preliminarmente la nullità dell'atto di citazione per difetto di sottoscrizione nonché l'avvenuta prescrizione dell'azione spiegata dalla curatela e l'assoluta infondatezza in fatto della stessa. Successivamente con comparsa di costituzione si costituiva anche Manna Luigi che riproponeva l'eccezione di prescrizione sollevata dall'altro convenuto, deduceva la nullità della citazione per violazione dell'articolo 163 comma 3 numero 3 cpc e affermava anche l'infondatezza nel merito dell'avversa domanda risarcitoria. La causa istruita mediante interrogatorio formale dei convenuti ed ampia produzione documentale veniva riservata per la decisione all'udienza del 2 7 marzo 2001 con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l'eccezione di nullità dell'atto introduttivo per carenza disottoscrizione da parte del difensore. Dalla documentazione agli atti infatti risulta che l'atto di citazione in originale e la copia notificata a Manna Luigi contenevano la sottoscrizione , invece mancante nella copia dell'atto di citazione notificato a Manna Ciro. Secondo il costante orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimità, la mancanza di sottoscrizione del difensore abilitato a rappresentare la parte in giudizio nella copia notificata della citazione, non incide sulla validità di questa se è sottoscritto l'originale come nel caso di specie e la copia notificata fornisca alla controparte sufficienti elementi per acquisire la certezza della sua rituale provenienza da quel difensore(.Vedi Cass.13 04 1999 n.3620; Cass 22 09 2000 n.12573). Nella fattispecie in esame non vi è dubbio che nella copia notificata dell'atto di citazione vi fossero elementi sufficienti a far acquisire la certezza della rituale provenienza dell'atto dal difensore avvocato Gennaro Torrese. Ed invero nella stessa relata di notifica l'ufficiale giudiziario certificava che la richiesta proveniva dall'avvocato Gennaro Torrese nella spiegata qualità e cio era certamente sufficiente a dimostrare il collegamento tra quell'atto e il difensore. Nella stessa prospettiva va evidenziato che l'atto notificato a Manna Ciro evidenziava la procura rilasciata dal curatore del fallimento con la relativa autentica dello stesso difensore. Tale evenienza, e cioè la riproduzione della procura e l'indicazione della sottoscrizione dell'originale, così come più volte affermato dalla giurisprudenza, rendono pienamente valido l'atto notificato anche quando la copia non fosse stata sottoscritta.(Tra le altre Cass.n.802/87). Inoltre si deve osservare che secondo il costante orientamento della giurisprudenza la mancanza della sottoscrizione del procuratore nella copia notificata dell'atto di citazione non è causa di nullità ma integra una fattispecie di mera irregolarità sanabile ex tunc dalla costituzione del convenuto nell'ipotesi in cui l'originale, come nel caso di specie, sia regolarmente sottoscritto (Tra le tante vedi cass.sez.lav.19.12.1998, n.12727). Del tutto infondata è poi l'eccezione di nullità sollevata dal convenuto Manna Luigi difettando, a suo dire, la citazione, del requisito di cui all'articolo 163 terzo comma numero 3 c.p.c. e cioè la determinazione della cosa oggetto della domanda. La difesa in particolare ha rilevato che pure essendo i comportamenti in ipotesi di mala gestio degli amministratori riferibili a diverse epoche, la curatela non aveva precisato la domanda e in particolare la richiesta di risarcimento in relazione alle singole posizioni di Manna Ciro e di esso Mamma Luigi, succedutisi nell'amministrazione della società. La richiesta di una condanna solidale non consentiva ai convenuti di articolare in maniera completa le proprie difese. La questione in ordine alla possibilità di richiedere, nella fattispecie in esame, una condanna solidale degli amministratori succedutisi nel tempo alla guida della società fallita, non incide sulla determinazione o la determinabilità dell'oggetto della domanda che anzi nel caso di specie è agganciata, quanto all'individuazione della responsabilità degli amministratori stessi, a fatti ben precisi quali il mancato recupero dei crediti IVA e la perdita di beni che rientravano nel patrimonio della società, di talché, è proprio attraverso quei fatti che i convenuti avrebbero potuto articolare le proprie difese ben conoscendo i periodi in cui ciascuno di loro era stato amministratore. D'altra parte secondo il costante ed univoco orientamento della giurisprudenza la nullità della citazione per totale omissione o assoluta incertezza dell'oggetto della domanda non ricorre quando il petitum, inteso sotto il profilo formale come provvedimento giurisdizionale richiesto e sotto l'aspetto sostanziale come bene della vita di cui si chiede il riconoscimento, sia comunque individuabile, avuto riguardo al contenuto sostanziale delle domande e delle conclusioni delle parti-desumibile dalla situazione dedotta in causa nonché dalle precisazioni formulate nel corso del giudizio-in una valutazione complessiva anche del loro effettivo interesse, la quale costituendo apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo se non congruamente e correttamente motivata.(Tra le tante Cass.n.188 del 12.01 1996). Del tutto infondata è anche la eccezione di prescrizione sollevata da entrambi i convenuti. In diritto va osservato che l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o dei sindaci di una società, esperibile, ex articolo 2394 cc dai creditori sociali ovvero dal curatore fallimentare della società poi fallita ex articolo 146 legge fallimentare, è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso non già dalla commissione dei fatti integrativi di tale responsabilità, bensì dal successivo momento dell'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti(articolo 2394 comma secondo cc che subordina la proponibilità dell'azione al manifestarsi dell'evento dannoso) momento che, non coincidendo con il determinarsi dello stato di insolvenza, ben può risultare anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento. L'onere della prova della preesistenza al fallimento dello stato di insufficienza patrimoniale della società spetta, poi, al soggetto, amministratore o sindaco, che, convenuto in giudizio a seguito dell'esperimento della detta azione di responsabilità, ne eccepisce l'avvenuta prescrizione (vedi Cass.28.05.1998 n.5287). Orbene, nella fattispecie in esame, i convenuti non hanno assolto minimamente all'onere probatorio su di loro incombente ed anzi dagli atti risulta ben chiaro che gli eventi dannosi ascrivibili in ipotesi alla responsabilità degli amministratori si sono manifestati nel senso che sono divenuti conoscibili ai terzi soltanto dopo la dichiarazione di fallimento è ciò sia per quanto riguarda le decurtazioni del credito IVA che sono il frutto di sanzioni irrogate a partire dal 1997, sia per quanto riguarda la mancanza di beni riportati nell inventario del 1993 divenuta conoscibile soltanto a seguito dell'attività del curatore di confronto tra il le risultanze dei libri contabili e della situazione reale. L'azione, dunque, è tempestiva posto che è stata esercitata nel novembre del '98 e ,quindi , certamente nel rispetto del termine quinquennale di prescrizione decorrente, nell'ipotesi più favorevole ai convenuti, dal momento della dichiarazione di fallimento. Nel merito la domanda proposta dalla curatela appare pienamente fondata con riferimento ai comportamenti omissivi degli amministratori in ipotesi produttivi di danno per i creditori sociali e per la società. La documentazione prodotta agli atti, con particolare riferimento alle risultanze contabili degli accertamenti dell'ufficio IVA nei confronti della predetta società, dimostra l'effettiva consistenza degli addebiti mossi dalla curatela agli amministratori, Manna Luigi fino al 7.11.93 e Manna Ciro dal giorno 8.11.93 fino alla dichiarazione di fallimento. Innanzitutto la contabilità tenuta dalla società appare palesemente irregolare: le fatture venivano registrate in ritardo e i conti dei crediti e dei debiti non sono integrati dalle scritture ausiliari; in particolare per uno dei creditori la EDMER Spa non vi è corrispondenza tra le risultanze contabili e il credito vantato dal predetto soggetto in sede di insinuazione al passivo.Inoltre appare riportato un debito per trattamento di fine rapporto nei confronti di dipendenti ma nessun registro obbligatorio, relativo al personale dipendente, è stato consegnato o rinvenuto, né alcun dipendente ha presentato domanda di insinuazione al passivo fallimentare. Il registro degli inventari al 31.12.93 riportava, tra le altre voci, attrezzature per lire 43934088 , beni materiali per 8566000, rimanenze finali per 361516022. Tali attrezzature e i beni materiali non sono mai stati rinvenuti. I beni non rinvenuti all'atto dell'inventario ammontano quindi a un valore complessivo di lire 414016110. Il capitale sociale pari a 20 milioni nel '92, a seguito della perdita di esercizio, pari a lire 22142135, era stato ridotto al di sotto del minimo legale. Gli amministratori hanno omesso di azionare il proprio credito risultante dalle dichiarazioni fiscali pari a lire 359124022. Tale credito, promossa la pratica di rimborso da parte della curatela è stato poi decurtato di lire 28194000 per irregolarità relative agli anni di imposta 1990,1991, e 1992 ed ulteriormente di lire 182693000 per ulteriori irregolarità quali sanzioni pecuniarie sul debito di imposta non pagato, mancata presentazione delle dichiarazioni IVA dal '94 in poi, interessi e spese per gli avvisi di rettifica che hanno ridotto ulteriormente l'attivo fallimentare della somma di lire 210887000. Tali circostanze già oggettivamente riscontrate attraverso le produzioni documentali, hanno trovato conforto probatorio nelle dichiarazioni rese dagli stessi convenuti in sede di interrogatorio formale. Manna Luigi amministratore fino al 7.11.1993, si è limitato a dire, in ordine alla irregolare tenuta dei libri contabili, che l'incombente era affidato ad un libero professionista, e, quanto ai beni mancanti, ha dichiarato trattarsi di fatti non a lui addebitabili essendosi verificati ner periodo di amministrazione del Manna Ciro, mentre in ordine agli altri addebiti, lungi dal difendersi dalle accuse si è trincerato dietro un generico :"nulla so dire.". Ciro Manna ha fatto dichiarazioni di valenza confessoria ancora più significative affermando, quanto ai beni non rinvenuti dalla curatela , che gli stessi erano stati lasciati in un cantiere e mai più recuperati e , quanto al mancato recupero dei crediti IVA , che tale omissione andava addebitata al consulente della società "……in quanto ignorante della materia fiscale e tributaria". Orbene, concentrando l'attenzione sugli addebiti per i quali la curatela ha specificamente avanzato domanda risarcitoria e cioè il mancato recupero dei crediti IVA o per meglio dire la decurtazione , a seguito di riscontrate irregolarità fiscali, nonché la perdita dei beni sociali , pure risultanti dall'inventario al 31 .12.1993, non vi è dubbio che gli stessi possano fondare le richieste risarcitorie della curatela . Quanto alla distrazione oggettiva dei beni, se anche fosse vero che gli stessi furono lasciati in un cantiere della società Manna, tale circostanza non esimerebbe entrambi gli amministratori da responsabilità, posto che , prima Luigi , poi Ciro Manna, tenuti all'obbligo della conservazione del patrimonio sociale , avrebbero dovuto attivarsi per recuperare,anche giudizialmente, le attrezzature e le merce di valore superiore ai 400 milioni. Non solo gli amministratori non hanno fatto nulla in tal senso ma essi hanno omesso di fornire documentazione alla curatela utile al fine di recuperare tali beni. Risulta peraltro di tutta evidenza in relazione a tale addebito il nesso causale fra la condotta omissiva di entrambi gli amministratori e l'evento dannoso, posto che la loro condotta clamorosamente passiva ha determinato la lesione dell'integrità del patrimonio solciale depauperato del valore dei predetti beni. In merito alle gravi irregolarità fiscali che hanno determinato la riduzione del credito Iva , oggetto di confessione da parte dei convenuti, la circostanza che tali attività erano state delegate ad un professionista esterno, oltre che indimostrata è del tutto insufficiente ad esentare gli amministratori da responsabilità posto che, poichè l' illecito viene sanzionato sotto il profilo civilistico anche per la condotta meramente colposa ,l'aver interpretato il ruolo di amministratore in modo passivo e negligente , scegliendo collaboratori "ignoranti della materia fiscale e tributaria" e omettendo di vigilare sul comportasmento degli stessi, costituisce palese e grave violazione in proprio degli obblighi specifici del mandato qualificato di cui al rapporto tra società e amministratore. Quanto al nesso eziologico, basti ricordare che tale grave comportamento omissivo ha determinato una perdita per il patrimonio sociale di circa 210 milioni, il cui recupero, tra l'altro, visto l'ammontare dei debiti risultante dallo stato passivo, avrebbe consentito di evitare il fallimento. Sul punto è appena il caso di rilevare che nessun addebito può essere mosso al curatore, posto che la riduzione dei credito IVA,era conseguente a irregolarità effettivamente esistenti e riscontrate dagli stessi organi della procedura. D'altra parte al curatore fallimentare non può essere addebitata la responsabilità solidale con il fallito per il pagamento di soprattasse e pene pecuniarie irrogate al fallito stesso per infedele dichiarazione e mancata tenuta della contabilità e, in connessione con l'accertamento dei redditi prodotti anteriormente all'apertura del fallimento, poiché il curatore non è identificabile nella figura di rappresentante espressa dall'articolo 98 DPR 28 settembre 73602. D'altro canto, al curatore medesimo, quale amministratore del patrimonio fallimentare non sono imputabili le infedele dichiarazioni e la mancata tenuta della contabilità allorché l'infedeltà della dichiarazione ai sensi del comma quarto dell'articolo 10 DPR numero 600/73 emerge non da una alterazione della contabilità-della cui mancata tenuta anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento e quindi alla nomina del curatore, questi non può assolutamente rispondere- bensì da altri elementi tratti dal bilancio depositato dagli amministratori della società fallita(così Comm.imp. distr.le sez.IV 2.07.1984 ilLecce n.185, Trullo) . Quanto alle altre circostanze dedotte dalla curatela, pure essendo state positivamente accertate in fatto e pur costituendo certamente violazione degli obblighi dell'amministratore di società , le stesse non vengono, in questa situazione, in rilievo, in quanto, contrariamente a quanto più volte richiesto dalla giurisprudenza, rispetto ad esse non appare approfondito il tema del nesso di causalità con il pregiudizio patrimoniale lamentato l'dalla società ( vedi in particolare Trib.Catania 18 02.1998). Certo è che ,soprattutto per quanto attiene alla tenuta non regolare della contabilità che non ha consentito la ricostruzione della gestione sociale, oltre ai riflessi sulla decurtazione dei crediti IVA, tale accertata circostanza concorre a rendere verosimile la volontà dell'organo sociale di non fare emergere all'esterno l'asportazione oggettiva dei beni sociali e più in generale la situazione patrimoniale dissestata della società. Per quanto attiene al quantum debeatur, va disattesa l'affermazione della difesa dei convenuti secondo la quale il danno effettivo causato alla società dall'inosservanza dei doveri dell'amministratore andrebbe commisurato eventualmente soltanto alla differenza tra attivo e passivo della massa. Secondo l'orientamento della Suprema Corte per effetto del fallimento di una società di capitali le diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli articoli 2392 e 2394 cc confluiscono in un'unica azione, in considerazione del carattere unitario ed inscindibile, all'esercizio della quale è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento, che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità contrattuale di questi verso la società quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale verso i creditori sociali. Tale facoltà, che si risolve in un risultato pratico di evidente vantaggio per il fallimento,( potendo la domanda giudiziale strutturarsi secondo profili di opportunità onde avvalersi,a seconda dei casi , della disciplina applicabile alla responsabilità contrattuale ovvero extracontrattuale), non può pertanto risolversi in un pregiudizio per la curatela- nel senso che questa debba soggiacere a quanto di meno favorevole possa astrattamente comportare il ricorso all'azione ex 2394 cc in tema di delimitazione del danno risarcibile e dell'interesse ad agire-,così che del tutto ingiustificata risulterà l'eventuale limitazione dell'obbligazione risarcitoria alla differenza fra il passivo e l'attivo fallimentare dovendo per converso accollarsi tout court agli amministratori il danno che risulti conseguenza immediata e diretta delle commesse violazioni nella misura equivalente al detrimento patrimoniale effetto della loro condotta illecita e a prescindere dalle conseguenze concrete, più o meno favorevoli, che, caso per caso , tale criterio di valutazione comporti per ciascuno di essi (di recente Cass. sez.prima 22.10 1998. N. 10488; Trib. Torino 12. 01.1999, ; Trib.Milano 18 05 1995 Fall Chemital). Risulta dunque evidente che l'amministratore convenuto con l'azione di responsabilità non possa vedere limitata la propria obbligazione risarcitoria alla differenza tra il passivo all'attivo fallimentare proprio perché l'azione del curatore è indirizzata anche alla reintegrazione del depauperamento subito dalla società fallita a causa delle irregolarità commesse dai gestori. Tale affermazione , all'evidenza ,on comporta che i criteri presuntivi abbiamo completamente perso cittadinanza; gli stessi trovano spazio in alcune situazioni come quella della illecita prosecuzione dell'attività sociale pur in presenza di una causa di scioglimento della società, ove una volta stabilita la violazione dell'obbligo di non procedere a operazioni, viene addossato agli amministratori la conseguenza negativa dell'ulteriore prosecuzione dell'attività sociale, facendosi dunque riferimento per l'obbligazione risarcitoria alla differenza tra passivo fallimentare al netto dell'attivo e quello verificatosi alla data di scioglimento della società(vedi tra le tante Cass. n.1281 /1977) e quella in cui, pur essendo state accertate gravi irregolarità nella tenuta della contabilità , tali da rendere non ricostruibile la situazione patrimoniale, ed essendo stato dimostrato che il comportamento dell'amministratore ha causato il dissesto, sia impossibile altrimenti determinare il danno , dovendosi fare riferimento ,dunque, al criterio della differenza tra attivo e passivo(Vedi in maniera esaustiva App.Bologna 5.02 1997 Fall.bmc). Alla luce di tali considerazioni il danno risarcibile va detrminato nella complessiva somma di lire 624903110, di cui lire 414016110 quale valore dei beni inventariati ma definitivamente usciti dal patrimonio sociale e lire 210887000 quali decurtazioni del credito Iva. Tale somma, trattandosi di debito di valore va rivalutata secondo gli indici ISTAT su base nazionale dalla dichiarazione di fallimento, che rappresenta il momento in cui il danno si è cristallizzato e fino alla data della presente pronuncia e sulla somma così rivalutata vanno computati gli interessi legali. La condanna alla obbligazione risarcitoria va emessa nei confronti di entrambi gli amministratori in solido. Ed invero essendosi accertato in fatto che entrambi i convenuti nei rispettivi periodi di amministrazione contribuirono con il loro comportamento gravemente omissivo alla realizzazione dei già descritti eventi dannosi, del tutto legittima è la richiesta di condanna solidale avanzata dalla curatela attrice. In diritto infatti va rilevato che"quando un medesimo danno è provocato da più soggetti , per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato,tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido, non tanto sulla base dell'estensione alla responsabilità contrattuale della norma dell'articolo 2055 cc dettata per la responsabilità extracontrattuale, quanto perché sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutti dell'obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai principi stessi che regolano il nesso di causalità,e del concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento (dei quali, del resto, l'articolo 2055 costituisce un'esplicitazione), che le azioni o ommissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, dovendosi, inoltre, escludere che una delle persone responsabili possa rispondere in via soltanto sussidiaria rispetto alle altre, in difetto in tale senso di una norma di legge o di una volontà convenzionale,(Così Cass.15 06 1999 n.5946), essendo peraltro irrilevante nel rapporto tra danneggiato e danneggiante la diseguale efficienza causale delle singole condotto o la diversa gravità delle colpe dei corresponsabili , rilevanti invece nei rapporti interni per la ripartizione dell'onere risarcitorio tra loro.(Cass 10.12.1996 n.10987 e, per l'affermazione di tale principio nella materia specifica dell'azione di responsabilità, vedi App.Bologna 5.02.1997 cit; Cass. n. 5287 cit). Non vi è bisogno di provvedere alla convalida del sequestro conservativo concesso in corso di causa fino sui beni dei convenuti, in quanto la legge 353/90 ha abrogato gli articoli che regolavano sotto il precedente regime le fasi di autorizzazione e di convalida del sequestro, che secondo l'art 686 c.p.c. si trasforma in pignoramento con la sentenza esecutiva. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.q.m.

Il Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla curatela del fallimento Manna Costruzioni S.R.L.,ogni contraria istanza disattesa, così provvede: Dichiara Manna Ciro e Manna Luigi responsabili in solido ex art.2392, 2393, 2394 cc e conseguentemente li condanna in solido al pagamento in favore della curatela del fallimento Manna Costruzioni s.r.l. in persona del curatore pro-tempore, a titolo di risarcimento danni , della somma di lire 624903110 da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT con decorrenza dal 27.05 1997 e fino al momento della presente pronuncia ,con gli interessi in misura legale sulla somma così rivalutata con decorrenza dal 14 11 1998 al saldo. Condanna Luigi Manna e Ciro Manna in solido al pagamento in favore della curatela attrice delle spese di lite che si liquidano in complessive lire 12000000, di cui lire 450000 per spese, lire 3550000 per diritti e lire 8000000, oltre al rimborso forfettario in misura del 10% su diritti e onorari , oltre IVA e CP come pr legge.

Così deciso in Torre Annunziata il 27.06.2001

IL PRESIDENTE EST. DR MAURIZIO ATZORI


 












 

 

 


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