Tribunale
di Torre Annunziata, 8 febbraio 2002, Giudice Dott. Maurizio
Atzori, Decreto, Il
curatore è legittimato ad ottenere la documentazione bancaria,
anche con la concessione del provvedimento ex art. 700 c.p.c.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il dott. Maurizio Atzori,
giudice del Tribunale di Torre Annunziata,
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Con
ricorso ex articolo 700 cpc , il curatore del fallimento
"Olearia Abagnale snc , assumendo che la società fallita
intratteneva un rapporto di conto corrente con la Banca
Stabiese ; che nell'interesse della massa e nella sua qualità,
per poter ricostruire la movimentazione del conto corrente
n.10270 con propria lettera A/r del 24.11.2000 richiedeva
ad essa banca la copia della documentazione in uno alla
copia degli estratti conto degli ultimi 10 anni ; che tale
richiesta era rimasta senza risposta; tutto ciò premesso
e sottolineata la necessità e l'urgenza per la procedura
di acquisire la documentazione richiesta anche al fine dell'esercizio
da proporsi nell'interesse della massa, chiedeva che il
Tribunale ai sensi dell'art.700 ordinasse alla Banca Stabiese
di consegnare la documentazione inerente il cc n. 10270
dal 23.05.1998 al 23.05.2000.
DIRITTO
Il
ricorso è fondato e va accolto. Quanto alle circostanze
di fatto il ricorrente ha prodotto copia della sentenza
dichiarativa di fallimento del Tribunale di Torre Annunziata
in data 20.07.2000 della snc Olearia Abagnale di Grazioso
Chiarina e copia dell'istanza di ammissione al passivo del
fallimento della predetta società proposta dalla Banca Stabiese
per il saldo del conto corrente n.10270. In diritto può
rilevarsi quanto segue. La Suprema Corte ha affermato più
volte (Cassazione 11733/99; 4598/97) che se è vero che il
curatore, allorché agisca per la acquisizione della documentazione
afferente alle operazioni del fallito, non svolge compiti
di rilievo pubblicistico e non assume la qualità di ufficiale
o agente di polizia giudiziaria, restando le sue funzioni
circoscritte ad un ambito giusprivatistico, tuttavia deriva
la propria legittimazione a riguardo dal fatto di essere
subentrato al fallito ex articolo 31 Lf - in corrispondenza
della limitazione su quest'ultimo prodotta dalla dichiarazione
di fallimento ai sensi dell'articolo 42 Lf - e dalla circostanza
che in capo ad esso preesisteva un diritto siffatto, correlato
al rapporto pregresso tra "cliente" e banca e fondato sul
principio di buona fede, che è clausola generale di interpretazione
e di esecuzione del contratto e fonte di integrazione della
regolamentazione negoziale, ai sensi degli articoli 1366,
1375, 1374 Cc; sicché, al di là del disposto dell'articolo
119 legge bancaria, il diritto sostanziale di cui trattasi
viene a trovare riscontro nel dovere di solidarietà, ormai
costituzionalizzato (articolo 2 Costituzione), concorrendo
la buona fede alla "conformazione di tale regolamentazione
in senso ampliativo restrittivo, rispetto alla fisionomia
apparente, per modo che l'ossequio alla legalità formale
non si traduca in sacrificio della giustizia sostanziale".
Ed ha aggiunto che è inconferente la circostanza che il
contratto di conto corrente, al pari del mandato, si sciolga
con il fallimento ai sensi dell'articolo 78 Lf, poiché tale
scioglimento non sempre comporta la immediata estinzione
di ogni rapporto obbligatorio tra le parti. "Altro è, invero,
il venir meno del programma operativo di realizzazione degli
interessi che nell'atto negoziale si era espresso, che effettivamente
consegue allo scioglimento, altro è la cessazione di ogni
diritto ed obbligo derivante dagli atti e dai comportamenti
tenuti in esecuzione di quel programma"; tant'é che nel
mandato allo scioglimento non consegue la immediata estinzione
di tutti gli obblighi gravanti sul mandatario a cominciare
da quelli di informazione in ordine agli atti già compiuti,
di rendiconto e di custodia e rimessione di quanto ricevuto
nell'interesse del mandante, sussistendo anche dopo e talvolta
anzi proprio a causa di ciò una serie di obbligazioni, pur
sempre di derivazione contrattuale, cui fanno riscontro
altrettante corrispondenti posizioni di diritto soggettivo
dell'altro contraente (Cassazione 4598/97). Ha, infine,
rilevato che il diritto alla prova non può essere considerato
utile parametro per la determinazione del diritto sostanziale
di cui si controverte, essendo il primo di natura processuale,
strumentale al fine di soddisfare un diverso interesse sostanziale,
mentre il secondo è l'oggetto del giudizio e prescinde dall'uso
eventuale che il curatore può fare eventualmente in altre
sedi. Ha ribadito la Suprema Corte (sentenza 11733/99) che
se il curatore subentra nella posizione del fallito, il
suo diritto non ha limiti perché non è giudizialmente indirizzato,
andando oltre l'area degli articoli 263 e 116 Cpc, non essendo
consentito, per l'attuazione della tutela di tipo "finale",
previamente valutare l'impiego che della documentazione
sarà fatto e che non è conferente prospettare, al fine di
paralizzare la pretesa, la commistione in capo al curatore
delle posizioni di parte e di terzo - la prima legata alla
applicazione dell'articolo 119 legge bancaria e la seconda
a quella di attore eventuale nel giudizio di revocazione
di atti compiuti dal fallito - in quanto essa deriva dalla
posizione di amministratore del patrimonio fallimentare,
nel quale il diritto di cui trattasi è presente. Da ultimo
ancora la Corte ha rilevato che "…..Conferma delle conclusioni
cui porta la corretta applicazione degli articoli 1374 e
1375 Cc proviene dall'articolo 119 Tu leggi bancarie, la
cui lettura non può essere compiuta del tutto astraendo
dalle citate norme codicistiche, che rappresentano un cardine
della disciplina legale delle obbligazioni. Dispone il primo
comma che gli istituti creditizi forniscano per iscritto
al cliente, alla scadenza del contratto e comunque almeno
una volta all'anno, una comunicazione completa e chiara
in merito allo svolgimento del rapporto; il secondo comma
specifica per i rapporti di conto corrente tempi e modalità
di tale comunicazione, e il IV comma (con la modifica introdotta
dall'articolo 24 D.Lgs. 324/99) aggiunge: "il cliente, colui
che gli succede a qualsiasi titolo e colui che subentra
nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere
a proprie spese entro un congruo termine e comunque non
oltre 90 giorni copia della documentazione inerente a singole
poste in essere negli ultimi 10 anni". Tali norme contemplano,
nel primo caso una obbligazione della banca, al di fuori
di qualunque richiesta; nel secondo un diritto del cliente,
da esercitarsi merce specifica domanda; e suppongono entrambe
il più ampio diritto alla documentazione, che attiene alla
nascita del rapporto, agli elementi fondanti, alla sua evoluzione,
alla sua conclusione. Ritenere che l'obbligo della banca
sia circoscritto al primo degli adempimenti e si esaurisca
con l'invio, non più ripetibile, di un prospetto riproduttivo
di una situazione, parziale nel tempo e non sostenuta da
pezze giustificative; e che il secondo, a sollecitazione
di parte, sia limitato alla documentazione di singole operazioni,
al punto da rendere inesigibile la pretesa a conseguire
la documentazione di tutte quelle avvenute in un certo arco
temporale, significa frustrare la portata della legge, che,
avendo inteso sin dalla legge 154/92 dettare regole specifiche
sulla trasparenza delle condizioni contrattuali, delle operazioni
e dei servizi bancari e finanziari, non può essere interpretata
nel senso di limitare il diritto alla informazione, che
già nel sistema generale delle obbligazioni si è visto essere
tutelato. Al contrario, la norma stabilisce due regole,
una minima ed una massima - la prima a carico della banca,
consistente nella periodica comunicazione di un prospetto
che rappresenti la situazione del momento nel rapporto con
il cliente; la seconda a carico di quest'ultimo, di limitazione
agli ultimi dieci anni del diritto ad ottenere la documentazione
delle singole operazioni e di assunzione da parte sua del
relativo costo - e lascia per il resto immutata l'ordinaria
disciplina delle obbligazioni, fornendo una chiave di lettura
testuale dell'obbligo di correttezza e solidarietà in cui
si sostanzia il principio di buona fede, laddove, accordando
al cliente il diritto di ottenere la documentazione di singole
operazioni per un non breve arco di tempo, va oltre l'elementare
dovere di informazione previsto dai primi due commi dell'articolo
119, perché di ciascuna operazione registrata sull'estratto
conto legittima l'avente titolo ad ottenere gli opportuni
riscontri; legittimazione che, alla luce del più volte richiamato
principio di buona fede, non è dato limitare ad alcune soltanto
delle operazioni, potendo investire tutte quelle del periodo
cui il cliente è interessato. Né rileva che all'invio degli
estratti conto l'istituto di credito abbia già provveduto
nei riguardi del cliente in bonis, come non rileva, per
quanto si è prima visto, che il rapporto si sia sciolto,
ai sensi dell'articolo 78 Lf o per altre cause, poiché l'obbligo
di correttezza e solidarietà non si estingue sino a quando
permane l'interesse alla informazione in capo all'avente
titolo, il quale, se ne ha già fruito, è tenuto, oltreché
a sostenere il costo aggiuntivo della reiterazione, a dimostrare
la ragione per la quale quell'interesse residua (ad esempio
per sottrazione o smarrimento dei documenti), affinché non
si configuri un abuso del diritto; ragione che è in re ipsa,
ove sia il curatore ad esercitare la pretesa, giacché, pur
mutuando dal fallito il titolo ad esercitarla, è, per essere
un soggetto diverso da lui, nella condizione di non dovere
giustificare quel rinnovo, che trova implicito fondamento
nel mancato reperimento nella contabilità e negli altri
atti dell'imprenditore." (Così Cass. 27.09.2001 n.12093).
Nessun dubbio poi sussiste sulla utilizzabilità in siffatta
situazione dello strumento di cui all'art.700 cpc.(Tra le
tante Trib.Monza 25.03.1997; Trib.Bologna 16.05.1997; Trib
. Trieste 22.03.1997; Trib.Milano 16.07.1997). Innanzitutto
sulla residualità dello strumento si può osservare che non
esistono altri provvedimenti atti a garantire in via cautelare
l'interesse della curatela. Ed invero dopo una lunga diatriba
in dottrina e giurisprudenza, è divenuto prevalente l'orientamento
della Suprema Corte secondo il quale lart.25 n.2 l.f. non
fonda un potere del g.d. di emanare decreti di acquisizione
nei confronti di terzi che contestino il diritto della massa,
trattandosi di un provvedimento decisorio che incide sui
diritti dei terzi fuori dai casi consentiti dalla legge(Cass.
N.1402/1993 ;Cass.n.4519/1994 secondo la quale un siffatto
provvedimento sarebbe aggredibile con la querela nullitatis
in quanto affetto da giuridica inesistenza e il destinatario
sarebbe legittimato a non prestarvi ottemperanza). Quanto
al profilo del pregiudizio , è evidente non solo il pericolo
che nelle more del giudizio ordinario maturi il termine
di prescrizione delle azioni revocatorie, o di altre azioni
a tutela della massa ( Così Trib Monza 25.03. 1997), ma
anche che risultino ostacolate le doverose attività del
curatore nell'ambito della procedura fallimentare caratterizzata
da una peculiare esigenza di speditezza(tra le tante in
modo chiaro Trib. Milano 16.07.1997). Su quest'ultimo punto
e cioè sulle ragioni di speditezza va osservato come alla
procedura fallimentare si applichi l'articolo 6 par. 1 della
Convenzione per la salvaguardia del diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge
848/55, segnatamente al "termine ragionevole" di durata
dei processi e soprattutto la recente legge Pinto n. 89/2001
con la quale è stato approntato un sistema di ristoro a
carico del Ministero di Grazia e Giustizia dei danni rivenienti
dall'irragionevole durata dei processi a prescindere dall'esito
della lite, e cioè anche per chi abbia perso la causa civile
o sia stato condannato in quella penale. Tanto emerge all'evidenza
dalla constatazione che "…la domanda di riparazione può
essere proposta durante la pendenza del procedimento nel
cui ambito la violazione si assume verificata…" (articolo
4) ed è confermato dal controllo della giurisprudenza, unanime
sul punto, espressa dalla C di giustizia Europea dei diritti
dell'uomo, con ciò sottolineandosi la accresciuta e concreta
sensibilità del legislatore verso il tema della ragionevole
durata come indefettibile caratteristica del processo. Alla
fattispecie in esame si attagliano tutte le osservazioni
sin qui svolte oltre che in tema di fumus anche in tema
di periculum non essendo possibile per il curatore procedere,
in mancanza della documentazione bancaria che gli spetta,
tra l'altro, neanche ad una compiuta relazione ex art 33l.f.
sugli atti che intende revocare e dovendo i creditori insinuati
al passivo patire i ritardi della procedura con sospensione
degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura
del fallimento ex art 55 l.f. Né si può condividere l'opinione,
che pure ha trovato suggestive adesioni dottrinarie, secondo
la quale l'inammissibilità della cautela si fonderebbe sulla
inconciliabilità di tale misura rispetto al diritto sostanziale
sotteso, in quanto il provvedimento in via di urgenza finirebbe
per soddisfare totalmente l'interesse del ricorrente,ledendo
del pari, irrimediabilmente quello del resistente, tal che,
ove anche il successivo giudizio di merito si concludesse
con il disconoscimento del diritto della curatela, l relativa
decisione sarebbe a quel punto inutile. Orbene, da un lato
non è vero che la cautela esaurisce completamente l'interesse
del ricorrente, in quanto a prescindere dalla pronuncia
sulle spese, può residuare l'eventuale pronuncia sulla azione
risarcitoria( Trib.Brescia 5.12.1995), dall'altro va considerato
che l'ordinamento già conosce ed ammette provvedimenti d'urgenza
tipicamente irreversibili quali l'ordine di abbattimento
di un'opera abusiva o la riduzione in pristino dello stato
dei luoghi(Trib.Monza 25.03.1997), e che la irreversibilità
dell'ordine di consegna non è affatto incoerente rispetto
al sistema, posto che, a seguito della modifica di cui alla
legge n.353/90, la pronuncia eventualmente favorevole alla
curatela sarebbe provvisoriamente esecutiva già con la sentenza
di primo grado. Le osservazioni si qui svolte con particolare
riferimento alle finalità pubblicistiche della procedura
, alla irrimediabilità e alla gravità del pregiudizio conseguente
al comportamento illegittimamente ostruzionistico della
Banca Stabiese e la necessità di evitare che la comparizione
delle parti possa pregiudicare l'attuazione del provvedimento,
impongono l'emissione del provvedimento inaudita altera
parte.
PQM
Ordina
alla Banca Stabiese l'immediata consegna della documentazione
contabile e di copia degli estratti conto relativi al conto
corrente di corrispondenza n. 10270 per il periodo 23.05.1998-
23.05.2000 nelle mani del curatore del fallimento Olearia
Abagnale snc di Grazioso Chiarina e soci dott.ssa. Giuseppina
Acampora. Fissa l'udienza del 21.02.2002 ore 12.45 per la
comparizione delle parti innanzi a sé, con termine perentorio
per la notifica del provvedimento sino al 15.02.2002.
Torre
annunziata 8.02.2002
IL
GIUDICE DOTT. MAURIZIO ATZORI