Tribunale di Firenze, 23 novembre 2001

Ordinanza di promovimento di giudizio costituzionale

(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2002, n.10)

Ordinanza del 23 novembre 2001 emessa da Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Bittolo Maria Rosaria e curatela del fallimento Nesingrosso S.a.s. Fallimento - Estensione al socio la cui esistenza risulti successivamente alla dichiarazione di fallimento della societa' - Assenza di limiti temporali - Disparita' di trattamento rispetto all'imprenditore individuale, alla societa' cancellata dal registro delle imprese, nonche' al socio receduto o escluso - Lesione del principio della certezza delle situazioni giuridiche - Richiamo alla sent. n. 319/2000 della Corte costituzionale. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, comma secondo. - Costituzione, art. 3. (GU n. 10 del 6-3-2002)

Nella ordinanza.

L'attuale situazione normativa, la quale prevede un differente trattamento per i soci receduti o esclusi da oltre un anno antecedente la dichiarazione di fallimento (non piu' fallibili) e i soci per i quali e' invece accertata la qualita' di socio successivamente all'anno della dichiarazione di fallimento (ancora fallibili) non trova adeguata giustificazione alla luce del disposto dell'art. 3 della Costituzione, il quale pretende identita' di trattamento per situazioni sostanzialmente omogenee, e che cio' costituisca lesione del principio della certezza delle situazioni giuridiche, assoggettando il socio alle determinazioni del curatore e del tribunale fallimentare senza limiti temporali. Per i motivi sopra esposti la questione si presenta rilevante e non manifestamente infondata.Il Tribunale solleva questione di costituzionalita' dell'art. 147, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede la fallibilita' del socio la cui esistenza risulti successivamente alla dichiarazione di fallimento della societa', senza limiti temporali.


Ordinanza.

Il TribunaleNella causa vertente tra Bittolo Maria Rosaria (avv. Paolo Paoli), Contro curatela del fallimento Nesingrosso (avv. F.Corsi), avente ad oggetto: opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento;Ha pronunciato la seguente ordinanza.Premesso in fatto quanto segue Con citazione in opposizione ritualmente notificata, Bittolo Maria Rosaria impugnava la sentenza dichiarativa del suo fallimento in estensione ex art. 147 r.d. 267/1942, quale socia occulta e/o apparente della Nesingrosso S.n.c.: ella sosteneva di avere rivestito all'interno della societa' la mera qualifica di dipendente "al nero" e di avere agito sotto le direttive di alcuni soci. Nel costituirsi la curatela del fallimento ribadiva la congruenza delle prove addotte per ritenere che la parte attrice fosse socia effettiva ancorche' occulta. In sede di precisazione delle conclusioni, la parte opponente sollevava la questione della tardivita' della dichiarazione di fallimento in relazione alle sentenze 66/1999 e 319/2000 della Corte costituzionale; in sede di replica chiedeva che venisse sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 147 r.d. 267/1942 in riferimento all'art. 3, comma 1, Cost., nella parte in cui non poneva il limite temporale di un anno, dalla declaratoria di fallimento della societa', per la declaratoria del fallimento in estensione al socio occulto/apparente. La dedotta questione di costituzionalita' si presenta rilevante e non manifestamente infondata.Quanto al giudizio di rilevanza e' sufficiente osservare che il fallimento della Nesingrosso S.a.s. e' stato dichiarato il 16 dicembre 1995, mentre il fallimento della attuale opponente in estensione ex art. 147 legge fall. e' stato dichiarato il 10 giugno 1998. E' pertanto agevole osservare che una eventuale pronuncia di incostituzionalita', - additiva quale la pronuncia recentemente resa sempre sull'art. 147 legge fall. (sentenza 21 luglio 2000 n. 319, sulla quale infra) che ha posto il termine finale dell'anno per la declaratoria del fallimento del socio illimitatamente responsabile che abbia perso per qualsiasi causa (morte, recesso, esclusione, cessione delle quote) la responsabilita' illimitata - sia in grado di risolvere il giudizio.Quanto alla valutazione della non manifesta infondatezza, occorre rilevare quanto segue: la sentenza 21 luglio 2000 n. 319 dichiara incostituzionale il primo comma dell'art. 147 legge fall.; esso non e' pertanto espressamente ricomprensivo del dettato normativo del secondo comma dell'art. 147 legge fall. che sancisce "se dopo la dichiarazione di fallimento della societa' risulta la esistenza di altri soci illimitatamente responsabili il tribunale, su domanda del curatore o d'ufficio, dichiara il fallimento dei medesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio".Attualmente pertanto, all'esito della declaratoria di incostituzionalita' sopra richiamata, il sistema normativo e' tale che l'unica ipotesi di fallibilita' senza limite temporale e' appunto quella del socio illimitatamente responsabile, la cui esistenza viene acclarata dopo la dichiarazione di fallimento: e' infatti operante il termine annuale sia per l'imprenditore individuale che abbia cessato l' impresa da oltre un anno (art. 10 legge fall. nel suo originario contenuto normativo), sia per la societa' che si sia cancellata dal registro delle imprese, sia per il socio illimitatamente responsabile che abbia cessato per qualsiasi motivo la sua appartenenza alla societa' in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento (e cio' deriva dall'intervento additivo di Corte cost. 319/2000 sopra richiamata). Gia' questa osservazione induce a ritenere che situazioni sostanzialmente simili siano trattate in modo disuguale, (in cio' configurandosi lesione dell'art. 3 Cost.), posto che l'unica posizione di soggetto assoggettabile a fallimento senza limite temporale e' appunto quella del socio in estensione (occulto o apparente), il quale puo' quindi essere dichiarato fallito ad libitum con conseguente compressione di quella stessa esigenza - la certezza delle situazioni giuridiche - che ha indotto il legislatore, per l'imprenditore individuale, la Corte costituzionale per l'imprenditore collettivo, a prevedere un preciso limite temporale. Ne' puo' valere la osservazione svolta dalla parte convenuta per confutare tale impostazione: essa ha osservato che la situazione sostanziale del socio occulto o apparente, e' diversa da quella del socio "palese" posto che la curatela deve compiere accertamenti probatori specifici (a volte di lunga durata) sul punto, ritenendo che la certezza delle situazioni giuridiche valga laddove si sia in presenza di situazioni pubbliche e formalizzate e non laddove la curatela o l'istante creditore non sia messo in condizione di compiere rapide valutazioni. Siffatta tesi non e' infatti, condivisibile, ove si consideri che, ai fini del termine entro il quale e' possibile dichiarare il fallimento, il socio occulto o apparente che, peraltro una volta provato il legame sociale, e' socio al pari di quello formale, non puo' essere discriminato al punto da rendere possibile il fallimento in estensione senza alcun limite temporale, posto che la esigenza della certezza delle situazioni giuridiche ha valenza oggettiva e prescinde da connotazioni soggettive riferibili ai soci. Semmai la necessita' di indagini per la sua individuazione puo' ragionevolmente indurre a prevedere un diverso dies a quo del termine previsto dall'art. 10 legge fall. ma non giustifica la non previsione di un termine alcuno. D'altra parte il ragionamento prospettato pone l'accento su una valutazione di sfavore del socio che nasconda la propria qualita' per sfuggire alle responsabilita' prima sociali e poi concorsuali, ma non tiene in conto che le medesime situazioni di disfavore sono tuttavia considerate non piu' perseguibili dall'ordinamento laddove la societa' sia cancellata da oltre un anno e quindi non sia piu' fallibile e altrettanto non siano i suoi soci non solo apparenti, ma anche non apparenti. Il diritto cioe' prescinde da una valutazione di disfavore, laddove essa non venga espressamente richiamata (come viceversa avviene per esempio nel giudizio di meritevolezza per la ammissione a concordato preventivo) per compiere una valutazione oggettiva sullo stato di insolvenza e sul decorso del tempo.Eventuali valutazioni negative sull'operato dei soci amministratori hanno rilievo per la promozione delle azioni di cui all'art. 146 legge fall., ma non per la promozione della estensione del fallimento che ha per presupposti esclusivamente l'avere amministrato la societa' con la verifica dei tre elementi indicati dalla giurisprudenza nell'affectio societatis, nell'alea comune e nella predisposizione di un fondo comune. Ancora sul punto giova rilevare la discrezionalita' del principio del disfavore: sempre di disfavore potrebbe parlarsi (v. Fabiani in nota a Cass. ord. 21 gennaio 1999 n. 28, Foro It., 2000, I, 1624 ) nei riguardi di soggetti che hanno lasciato la impresa nel momento della crisi (soci receduti) o che siano stati esclusi e tuttavia l'ordinamento prescinde da tale valutazione nei loro confronti. Il dedotto termine di valutazione e' pertanto improprio perche' non delimitabile, conseguendone che il principio della tutela dei creditori non puo' essere ritenuto preponderante sul principio della certezza delle situazioni giuridiche sol perche' si compia un giudizio negativo sul comportamento del socio.Ancora deve motivarsi quanto segue: la necessaria influenza che la declaratoria di incostituzionalita' deve esercitare anche sul disposto dell'art. 147, secondo comma legge fall., e' stata ritenuta anche dalla S.C, in sede di rimessione alle S.U. (ordinanza 21 gennaio 2000, n. 28). successivamente alla sentenza interpretativa di rigetto 66/1999: essa infatti testualmente ha cosi' affermato "Altro rilievo e' che la sentenza 66/1999 tacendo sul punto, mostra di non avere tenuto in considerazione l'intera gamma delle situazioni nelle quali e' destinata a operare la individuazione del limite temporale ex art. 10 e 1 legge fall. per la dichiarazione di fallimento ex art. 147. Il limite suddetto e' infatti destinato a spiegare influenza: ... c) sullo stesso meccanismo di cui al secondo comma dell'art. 147 (c.d. estensione successiva del fallimento sociale ai soci illimitatamente responsabili la cui esistenza sia stata accertata in tempo successivo alla dichiarazione di fallimento della societa) e al caso di limite di socio occulto di societa' occulta ... Trattasi infatti tutte di analoghe previsioni di responsabilita' patrimoniali dei singoli soci, sulle quali i creditori sociali, all'atto di contrarre con la societa', hanno posto affidamento. Mal si giustifica pertanto, cosi' come rilevato anche dalla medesima ordinanza ora citata, anche alla luce del principio della certezza delle situazioni giuridiche, un differente trattamento di posizioni sostanzialmente analoghe.In definitiva e conclusivamente deve ritenersi che la attuale situazione normativa, la quale prevede un differente trattamento per i soci receduti o esclusi da oltre un anno antecedente la dichiarazione di fallimento (non piu' fallibili) e i soci per i quali e' invece accertata la qualita' di socio successivamente all'anno della dichiarazione di fallimento (ancora fallibili) non trovi adeguata giustificazione alla luce del disposto dell'art. 3 della Costituzione, il quale pretende identita' di trattamento per situazioni sostanzialmente omogenee, e che cio' costituisca lesione del principio della certezza delle situazioni giuridiche, assoggettando il socio alle determinazioni del curatore e del tribunale fallimentare senza limiti temporali. Per i motivi sopra esposti la questione si presenta rilevante e non manifestamente infondata.

P. Q. M.

Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza;Solleva questione di costituzionalita' dell'art. 147, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede la fallibilita' del socio la cui esistenza risulti successivamente alla dichiarazione di fallimento della societa', senza limiti temporali;Sospende il giudizio in corso;Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia immediatamente trasmessa alla Corte costituzionale; notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, nonche' ai procuratori delle parti.

Firenze, addi' 24 ottobre 2001

Il Presidente: Miranda

Il giudice estensore: Mariani

 

 

 


 












 

 

 


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