Tribunale
di Padova, 26 aprile 2002, Sentenza, Pres.te Manuela Farini,
Rel. Giuseppe Limitone, Chiusura del fallimento, crediti
da riscuotere, sopravvivenza degli organi del fallimento,
recupero dell'Iva e delle ritenute
Il
Tribunale, riunito in Camera di Consiglio in persona di:
dott.
Manuela Farini Presidente
dott.
Daniela Bruni Giudice
dott.
Giuseppe Limitone Giudice est.
Sentito il Giudice delegato del Fallimento GB Autocarri
Industriali
srl (n.115/86), sul ricorso del Curatore, osserva:
Con
ricorso depositato il 5 marzo 2002 il Curatore ha evidenziato
che la procedura ha subito ritenute alla fonte sugli interessi
maturati sulle somme di spettanza del Fallimento per un ammontare
pari a £.147.000.000 ( € 75.919,16), che non può
essere recuperato
prima della chiusura del Fallimento, in quanto il credito
diverrà esigibile solo a seguito della sua esposizione
nella dichiarazione fiscale, da redigere entro i sette mesi
successivi
alla chiusura.
Il dibattito giurisprudenziale e dottrinale sul punto, che
verteva
sulla possibilità di considerare la ritenuta come un
prelievo
a titolo definitivo (con perdita del diritto a ripetere
quanto
ritenuto in eccedenza alla fonte dalla banca), ovvero come
un
prelievo a titolo di acconto, con la conseguente rimborsabilità
al
Fallimento delle eccedenze di ritenute dacconto operate
ai
sensi
dellart.26 T.U.I.R., si può ritenere ormai superato,
in
base
ad uninterpretazione della stessa Agenzia delle Entrate
(cfr.
la circolare n.26 del 22.3.2002), che afferma pacificamente
il diritto al rimborso delle eccedenze de quibus, prelevate
a titolo di acconto.
Le soluzioni prospettabili allo stato sono perciò
due: a)
la
cessione del credito a terzi, con un immediato realizzo di
attivo per la procedura; b) la riscossione del credito da
parte del fallito tornato in bonis, con eventuale riapertura
del Fallimento, se sarà giudicata conveniente.
Per quanto riguarda la cessione del credito, questa opzione
risulta
penalizzante per i creditori concorrenti, poiché si
traduce
solitamente in un realizzo molto basso rispetto al
credito,
pari ad una percentuale (riscontrata nella prassi) del
15-30%
dello stesso (nel caso di specie, la società interpellata
ha
offerto il 15%).
Trattandosi di somma consistente, la soluzione non può
essere
accolta,
perché avvantaggerebbe solo la società acquirente,
con un
danno
sensibile per i creditori e per il fallito (che vedrebbe
ridotta
di molto la possibilità di estinguere i suoi debiti).
La riscossione del credito da parte del fallito tornato in
bonis
non è una soluzione soddisfacente, sia perché
non garantisce
che
questultimo pagherà spontaneamente i debiti rimasti
inadempiuti,
sia perché non è neppure certo che i creditori
verranno
a sapere dellaccredito della somma allex fallito
da
parte
dellEnte erogatore, cosicché essi possano tempestivamente
chiedere
la riapertura del fallimento (daltro canto, non vè
neppure
garanzia che la somma venga mantenuta dallex-fallito
a
disposizione
del Fallimento riaperto: la procedura riaperta
potrebbe
quindi risultare inutilmente dispendiosa o potrebbe anche
non
essere riaperta).
Può essere, tuttavia, prospettata una terza soluzione.
Non è nuova al complesso normativo fallimentare lipotesi
della
sopravvivenza degli Organi della procedura per il compimento
di
atti specifici che non poterono essere compiuti durante la
procedura
(e non era opportuno, né necessario lasciare aperto
il
fallimento),
o la cui necessità si è manifestata solo dopo
la
chiusura
della procedura: si vedano lart.18 l.f., sulla
prosecuzione
da parte del Curatore del giudizio di opposizione al
fallimento;
lart.21 co.2° l.f., sulla liquidazione delle spese
di
procedura
e del compenso del curatore dopo la revoca del
fallimento;
lart.102 co.5° l.f., sulla prosecuzione del giudizio
di
revocazione contro i crediti ammessi; lart.117 co.2°
l.f., sul
riparto
di quote precedentemente accantonate; lart.136 co.1°
e
co.3°
l.f., relativamente alla sorveglianza sullesecuzione
del
concordato
fallimentare.
E, dunque, immanente al sistema e, quindi, compatibile
con
esso,
la sopravvivenza degli Organi fallimentari allo scopo di
realizzare
appieno le finalità liquidatorie della procedura
fallimentare,
che va quindi intesa non soltanto come un complesso
di
norme processuali e sostanziali di un sistema chiuso e fine
a
sé
stesso, il che potrebbe portare, in ipotesi, a negare
lultrattività
degli Organi fallimentari fuori dei casi
espressamente
previsti, ma come uno strumento di attuazione del
concorso
dei creditori, dotato di ultrattività fino alla piena
realizzazione
dei suoi scopi, sempre entro i limiti della legge
fallimentare.
In concreto, ritiene il Collegio che un credito maturato a
favore
della massa (come è quello di cui si sta trattando)
e
destinato
ad essa (benché praticamente esigibile solo a fallimento
chiuso)
non possa che essere riscosso dal Curatore (con le sue
funzioni
prorogate), il quale provvederà ad un riparto
supplementare
in favore dei creditori già concorrenti, al di fuori
della
disponibilità del fallito tornato in bonis, situazione
che
potrebbe
concretamente frustrare lattuazione del concorso sulla
porzione
di attivo de qua.
Lindispensabile aggancio normativo, sulla base del quale
può
essere
ricostruita la fattispecie per analogia legis, è dato
dallart.117
co.2° l.f.
La norma stabilisce che le somme destinate ai creditori
condizionali,
nellipotesi in cui, con il fallimento in chiusura,
la
condizione sospensiva non si sia ancora verificata (art.113
co.3°
l.f.), debbono essere depositate nei modi stabiliti dal
giudice
delegato, perché a suo tempo possano essere versate
ai
creditori
cui spetta, o fatte oggetto di riparto supplementare fra
gli
altri creditori.
La disciplina evincibile prevede dunque che il Curatore
proceda
alla chiusura del Fallimento e, una volta riscossa la
somma
dovuta alla procedura, questa venga fatta oggetto di riparto
supplementare
a favore dei creditori concorrenti, già ammessi al
passivo
del Fallimento chiuso, secondo le consuete regole di cui
agli
artt.110 e 117 l.f.
La fattispecie è applicabile anche al caso del credito
IVA
maturato
a favore della procedura, i cui tempi lunghi di
riscossione
talora inducano a cedere il credito medesimo a terzi
(a
percentuali irrisorie) o persino a rinunciare al suo recupero
in
pendenza di fallimento.
Si dovrà in definitiva effettuare comunicazione idonea
(una
lettera
del Curatore con allegato il provvedimento del Tribunale)
agli
Uffici competenti per il pagamento, affinché vi provvedano
a
favore
del Curatore prorogato, nel momento della concreta
esigibilità
della somma.
Il Tribunale dispone, pertanto, che si proceda nel senso
indicato
sia per le eccedenze su ritenute alla fonte sugli
interessi
bancari, sia per i crediti IVA rimasti non riscossi al
momento
della chiusura del Fallimento, previa richiesta di
autorizzazione,
da depositare di volta in volta, che verrà esibita
ai
competenti Uffici, in quanto specificamente relativa ad ogni
singolo
credito di cui si chiede il rimborso.
Padova, 26 aprile 2002.
Il Presidente.
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