Relazione illustrativa al disegno di legge

Delega al governo per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi

Consiglio dei ministri, 27 ottobre 2000

1. Premessa. - Esistono attualmente diverse aree normative per la regolamentazione della crisi dell'impresa: quella del fallimento, applicabile a tutti gli imprenditori commerciali che si trovano in stato di insolvenza e la cui attività non superi determinate dimensioni; quella amministrativa, riservata alle imprese di particolare rilevanza economica e sociale, oppure che svolgono una specifica attività (assicurativa, bancaria, di revisione, d'intermediazione fiduciaria e di valori mobiliari; ecc.); quella prevista dalle procedure concorsuali minori (concordato preventivo ed amministrazione controllata); quella, infine, c.d. privatistica, nella quale sono inquadrabili gli accordi tra il debitore e i creditori (il pactum de non petendo, i concordati stragiudiziali e le convenzioni bancarie).

La disciplina di queste aree concorsuali non soltanto è diversa con riferimento ai soggetti del procedimento, ma persegue finalità del tutto eterogenee.

L'area fallimentare, ancorata alla normativa del 1942, non è stata mai modificata, anche se ha subito numerosi e rilevanti interventi della Corte costituzionale ed innovazioni interpretative da parte del giudice ordinario. Essa si ispira essenzialmente ad una finalità liquidatoria delle imprese insolventi e ad una tutela accentuata dei diritti dei creditori, determinando, altresì, un completo spossessamento del patrimonio del debitore, che pone in un'assoluta incapacità di disporre, anche con effetti extraconcorsuali e di tipo personale.

Si tratta di una procedura che non risulta più adeguata agli scopi ed alle finalità che la nuova evoluzione socio-economica intende realizzare nella situazioni di insolvenza imprenditoriale. Inoltre, la sua durata è eccessiva, anche in conseguenza di un sovrabbondante contenzioso cui essa dà vita.

Neppure l'area dei procedimenti concorsuali minori ha dato risultati soddisfacenti. In particolare, la concezione sostanzialmente autonoma della temporanea difficoltà delle imprese, che avrebbe dovuto schiudere l'accesso all'amministrazione controllata e consentire una più agevole soluzione della crisi imprenditoriale, è finita per identificarsi con l'insolvenza del concordato preventivo, determinando inutili ripetizioni di fasi processuali che hanno aumentato gli oneri e pregiudicato le aspettative dei creditori, senza alcun recupero dei valori aziendali coinvolti.

Inoltre il collegamento di tali procedure a presupposti soggettivi dell'imprenditore ha orientato la tutela verso quest'ultimo, anziché verso l'impresa, con la conseguenza che la finalità recuperatoria ha finito col trovare una collocazione secondaria rispetto allo scopo sanzionatorio del fallimento, quale conseguenza per l'imprenditore immeritevole di beneficiare delle procedure di amministrazione controllata o di concordato preventivo.

Neppure l'area degli accordi privatistici si è potuta sufficientemente espandere, non mancando per tali iniziative l'incognita degli effetti di una brusca interruzione del programma di definizione amichevole che assicuri la conservazione degli effetti degli atti legittimamente posti in essere e del rischio di responsabilità penali derivanti da inevitabili preferenze perpetrate in favore di taluni creditori.

Maggiore spazio è stato attribuito all'area concorsuale amministrativa nella quale si collocano la disciplina della liquidazione coatta amministrativa, diretta a regolare, come si è detto in premessa, l'insolvenza di specifiche imprese (assicurative, bancarie, di revisione, fiduciarie, d'intermediazione finanziaria, ecc.), e quella dell'amministrazione straordinaria, destinata alla disciplina dei complessi imprenditoriali non coinvolti in via esclusiva nella liquidazione coatta amministrativa e aventi determinate dimensioni di particolare rilevanza sociale ed economica.

Escluse le imprese bancarie, per le quali è stata introdotta la regolamentazione dettata dal T.U. approvato dal D.P.R. 1° settembre 1993 n. 385 e succ. modif., è opportuno porsi l'interrogativo se la liquidazione coatta amministrativa, certamente non destinata ad assicurare la conservazione delle imprese insolventi che vi sono soggette, risulti ancora compatibile con le nuove finalità ormai chiaramente delineatesi nel sistema concorsuale, tanto più che la disciplina dettata dal RD 16 marzo 1942 n. 267 (c.d. legge fallimentare) è stata ricollegata ad una visione politica del passato e non perfettamente aderente ai principi dettati dalla nostra Carta costituzionale .

La storia di questi anni insegna che l'istituto menzionato ha continuato a regolare l'insolvenza delle imprese sopra indicate ed anzi la sua applicazione è stata caratterizzata da una notevole espansione ad altre società ed enti (società fiduciarie e di revisione, società di intermediazione finanziaria, ecc.). Se, comunque, si vuole ritenere che nella situazione di insolvenza il tentativo di conservazione dell'impresa deve essere sperimentato in ogni caso, non si può fare a meno di rilevarne la inattualità anche alla luce dell'ulteriore esigenza, manifestatasi a livello europeo, di unificare le procedure concorsuali.

L'istituto dell'amministrazione straordinaria è stato introdotto con il D. L. 30 luglio 1979 n. 26 conv. in L. 3 aprile 1979 n. 95, ma sin dalle sue prime applicazioni ha suscitato notevoli critiche da parte della dottrina e della stessa giurisprudenza, dalle quali sono state poste in luce manchevolezze e discrasie anche di ordine costituzionale.

La stessa Commissione europea aveva ravvisato in alcune disposizioni dell'originario sistema normativo una violazione del principio comunitario in tema di concorrenza e l'esistenza di posizioni preferenziali rispetto alle situazioni regolate dalle altre procedure concorsuali, al punto da prospettare all'Italia, in un primo tempo, l'opportunità di una riforma per evitare il procedimento d'infrazione e da affermare, ultimamente, la sua incompatibilità con i principi comunitari (decisione della Commissione europea del 16 maggio 2000).

Alle medesime conclusioni era giunta la Corte di Giustizia europea che, con una prima decisione del 1° dicembre 1998 (causa C-200/97 Ecotrade srl - Afs) ed una successiva del 17 giugno 1999 (Rinaldo Piaggio), aveva individuato nella procedura menzionata un'ipotesi di "aiuti di Stato".

Queste indicazioni hanno indotto recentemente il nostro legislatore ad introdurre una nuova disciplina normativa dell'amministrazione straordinaria con la legge delega del 30 luglio 1998 n. 274 e successivamente con il D.Lgs 8 luglio 1999 n. 270.

Malgrado i numerosi aspetti positivi di questa riforma, la nuova amministrazione straordinaria non ha, tuttavia, risolto in modo definitivo i problemi e le incongruenze delineatesi, soprattutto per la mancanza della previsione di un'opportuna correlazione tra il programma di risanamento ed il ritorno in bonis dell'imprenditore insolvente, nel senso che, una volta stabilito che l'interesse è rivolto al recupero dei complessi aziendali ed è stato avviato il coinvolgimento di strutture pubbliche per l'attuazione del procedimento, sarebbe stato necessario assicurare che il superamento dell'insolvenza non dovesse riguardare esclusivamente la persona dell'imprenditore, ma anche la ripresa dell'attività produttiva.

Riassunto così brevemente lo stato attuale del sistema normativo concorsuale, appare, innanzitutto, inevitabile osservare che qualsiasi tentativo di riforma in materia non soltanto deve risultare compatibile con la legislazione europea, ma deve anche ispirarsi alle nuove prospettive rappresentate in tale contesto dall'esigenza di un recupero delle imprese in crisi nelle quali non è più individuabile un esclusivo interesse dell'imprenditore, secondo la concezione del legislatore del 1942, ma confluiscono posizioni economiche e sociali di portata generale, sicchè il tentativo di risanamento e di superamento della crisi aziendale temporanea, deleteria anche per l'occupazione, è divenuta inevitabile.

In modo non diverso occorre soffermarsi sulla tendenza manifestatasi nelle legislazioni dei Paesi europei a non considerare più le procedure concorsuali in termini meramente liquidatori, ma piuttosto destinate, ove possibile, ad un risultato di conservazione dei mezzi organizzativi dell'impresa, a volte al fine di assicurare la sopravvivenza di questa ed, in altri casi, allo scopo omologo di procurare alla collettività ed in primo luogo agli stessi creditori, una più consistente garanzia patrimoniale attraverso il risanamento ed il trasferimento a terzi delle strutture aziendali.

A questa esigenza, in verità, si è tentato, in passato, di far fronte con avanzate interpretazioni del tradizionale sistema normativo concorsuale del 1942, o con speciali interventi legislativi o con l'amministrazione straordinaria, ma è ormai tempo di allinearsi all'orientamento decisamente prevalente in ambito europeo e di introdurre una nuova disciplina concorsuale che ponga fine alla frammentazione delle procedure attualmente esistenti per la regolamentazione dell'insolvenza e sopperisca invece, in modo agile e spedito, alla esigenza di conservazione dell'impresa ed alla tutela dei creditori.

Le considerazioni sin qui svolte chiariscono quali siano le premesse che hanno ispirato la proposta di legge delega che si intende sottoporre all'esame del Parlamento ed in ordine alla quale si passa ad un esame dettagliato.

2. Procedura anticipatoria o di crisi - L'eccessiva proliferazione delle attuali procedure non sempre ha consentito un'autonoma ed originale funzionalità delle stesse, ma, quel che è più grave, si è assistito in questi anni ad un'alternanza di compiti riservati al potere giurisdizionale ed amministrativo, mentre si è trascurato di considerare che l'insolvenza va risolta con strutture e mezzi privatistici ed essenzialmente con il trasferimento della titolarità dell'impresa a terzi, limitando il coinvolgimento del potere giurisdizionale al mero controllo della legittimità e del merito del programma di risanamento e del soddisfacimento dei creditori.

Peraltro l'intervento concorsuale, nella più moderna concezione, non deve riguardare la persona dell'imprenditore, ma l'impresa e i valori in essa contenuti nell'interesse della collettività.

La condizione obiettiva attualmente richiesta dal legislatore dello stato d'insolvenza dell'impresa, ai sensi dell'articolo 5 l. fall., perché si possa dar luogo all'apertura della procedura concorsuale sembra avere rispecchiato sino ad oggi il modo migliore per individuare dall'esterno una situazione di anormalità dell'attività produttiva, idonea a determinare l'intervento giudiziario. Infatti, da un lato il tentativo di ancorare diversamente il presupposto di apertura del concorso collettivo ad un momento antecedente all'insolvenza non è apparso sino ad ora di facile attuazione, se ancorato ad indici di rivelazione esterni, in conseguenza della difficoltà con cui lo stesso può essere percepito; dall'altro, si è dovuto riconoscere che la tempestività dell'intervento concorsuale ancora prima che si manifesti l'insolvenza dell'impresa può meglio sopperire all'esecuzione di un piano di risanamento.

In questa prospettiva, da tempo delineatasi, si è pensato che non sarebbe stato opportuno privare l'imprenditore, che intende beneficiarne, della possibilità di denunciare egli stesso la situazione di crisi che si è determinata e di trarre vantaggio da un intervento giudiziario tempestivo, facendo, quindi, precedere la dichiarazione dello stato di insolvenza da una procedura anticipatoria.

In questo senso con il principio enunciato alla lettera a), si è intesa sancire la sostituzione delle procedure di fallimento, di concordato preventivo, di amministrazione controllata e di liquidazione coatta amministrativa con una procedura unitaria di insolvenza a fasi successive e con caratteristiche di flessibilità e un'altra c.d. anticipatoria della prima.

Una serie di considerazioni, tra cui quella che l'unitarietà della fase anticipatoria e della fase di insolvenza farebbe decorrere tutti gli effetti sin dalla sua apertura, ha indotto ad optare per l'autonomia delle due procedure, anche se in forma attenuata. Bisogna tuttavia riconoscere che si tratta di una scelta di politica legislativa delicata ed importante sulla quale il Parlamento potrà definitivamente pronunciarsi.

Con la lettera b) si è inteso stabilire quali siano i soggetti individuali e collettivi che possono accedere alle procedure concorsuali suddette, prevedendosi che vi possa essere assoggettato anche l'imprenditore agricolo per il quale non è stata più ritenuta giustificabile l'esenzione prevista dal RD 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), mentre si è voluta mantenere quella stabilita dallo stesso decreto per gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori, facendosi prevalere quella corrente di pensiero che ritiene inapplicabile una liquidazione concorsuale ai primi e non vede positivamente la sua estensione né all'insolvente civile, né alle imprese di modeste dimensioni per le quali il soddisfacimento dei creditori può avvenire secondo gli schemi processuali dell'esecuzione forzata sancita dal codice di rito.

Rispetto, però, alla precedente legislazione, alla lettera c) sono stati previsti criteri obiettivi idonei ad individuare le piccole imprese, facendo ricorso a quegli stessi parametri che avevano ispirato, sia pure agli effetti dell'ammissibilità all'amministrazione straordinaria, la disciplina recentemente dettata con la legge delega 30 luglio 1998 n. 274 ed il D. Lgs 8 luglio 1999 n. 270. In questo modo si è evitato che il ricorso ai parametri del codice civile per identificare la piccola impresa dessero luogo a quelle interpretazioni non univoche che si sono manifestate in questi anni.

Alla lettera d) si è intesa soddisfare l'esigenza di un limite temporale che giustifichi l'apertura della procedura concorsuale a decorrere dall'avvenuta cancellazione dal registro delle imprese o in subordine dalla effettiva cessazione dell'esercizio dell'impresa, sia individuale, sia societaria, nonché dalla morte dell'imprenditore individuale. Con ciò si è ribadito il principio, recentemente esteso dalla Corte costituzionale ai soci illimitatamente responsabili, dell'insussistenza di un interesse all'apertura delle procedure concorsuali nei casi in cui sia trascorso un congruo termine rispetto all'epoca della cessazione dell'attività produttiva.

Una più specifica disciplina del momento in cui si possa considerare iniziata o cessata l'attività dell'impresa individuale e di quella collettiva, ai fini dell'apertura delle procedure, potrebbe dissipare i dubbi interpretativi che sono stati alimentati nel corso degli anni successivi all'entrata in vigore della legge fallimentare, ma questa precisazione potrà formare oggetto di un maggiore approfondimento in sede di attuazione della delega legislativa.

Quanto si è ricordato con riferimento alla lettera a) va ribadito in relazione alla lettera e), per porre in luce che, essendo inevitabile percepire esclusivamente dall'interno dell'impresa una situazione di squilibrio patrimoniale, economico o finanziario, l'apertura della procedura anticipatoria non può che dipendere dall'iniziativa del debitore, sul quale ricadono le conseguenze anche di ordine penale di un mancato intervento giudiziale tempestivo per sopperire alla situazione di anormalità dell'attività produttiva da lui rilevata.

Con riferimento alla lettera f), tale iniziativa non può tradursi soltanto nella richiesta formale al tribunale di apertura della procedura di risanamento, ma deve consistere, altresì, in un'attività complessa della quale l'imprenditore deve farsi promotore sia con riferimento alla predisposizione di un programma di risanamento, sia avuto riguardo al modo come si intendano soddisfare le obbligazioni esistenti. In altri termini si è ritenuto che, in presenza di sintomi rivelatori di una situazione di crisi dell'attività produttiva e non di uno stato d'insolvenza, sia inevitabile affidare all'imprenditore anche le scelte operative più opportune per poterla superare, tanto più che egli avrà interesse ad avvalersi nel modo migliore di tutti i rimedi interni ed esterni dei quali si presume che abbia la migliore consapevolezza.

D'altra parte, voler concepire anche nella procedura anticipatoria una gestione commissariale non appare in sintonia col tipo di strumento recuperatorio adottato, che resta nella disponibilità del debitore e che preclude qualsiasi intervento giudiziario sino a quando all'esterno non si abbia sentore del manifestarsi di uno stato d'insolvenza.

Il soddisfacimento dei creditori può avvenire secondo modalità più appropriate alla realizzazione dello scopo satisfattorio della procedura, senza escludere la previsione di un periodo di moratoria, nonché di forme di pagamento rateali e in percentuale .

Tali modalità di pagamento, potranno riguardare anche i crediti privilegiati salvo che si tratti di crediti assistiti dal privilegio di cui all'articolo 2751-bis c.c.(lettera g)).

Escludere forme agevolate di estinzione delle obbligazioni e pretendere che il debitore adempia a tutti i suoi debiti tradirebbe la stessa finalità della procedura anticipatoria, la quale è assimilabile ad un concordato stragiudiziale reso legittimo e vincolante per tutti i creditori dall'intervento giurisdizionale di esclusiva legittimità.

Il termine "creditori privilegiati" adoperato sempre con riferimento alla lettera g) va inteso in senso generico, o di priorità riservata a talune categorie di creditori, senza alcun riferimento ai concetti tecnico-giuridici di prelazioni e di privilegi sanciti dal codice civile .

Alla lettera h) è stato stabilito che il programma debba comportare la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la tutela dei livelli occupazionali, per quanto possibile. Questa espressione potrebbe dare adito a qualche dubbio sulla configurabilità di una procedura anticipatoria destinata, come abbiamo detto, al superamento della crisi economica o finanziaria, nella quale non sia contemplata la continuazione dell'impresa, potendo apparire inconciliabile con l'intero impianto giudiziario del risanamento. Tuttavia, vale osservare che la continuazione dell'esercizio dell'impresa costituisce una connotazione della situazione quo ante che faceva capo all'imprenditore in bonis, cosicchè non si può escludere che l'assenza di attività produttiva già delineatasi antecedentemente, possa ugualmente determinare l'avvio del procedimento in vista di uno squilibrio patrimoniale che possa preludere all'insolvenza e del quale il debitore intende farsi carico per superarlo.

Inoltre se, da una parte, occorre riconoscere che la continuazione dell'esercizio dell'impresa ed il mantenimento dei livelli occupazionali deve costituire la finalità primaria della procedura unitamente al soddisfacimento dei creditori, dall'altra, non si può escludere che negli stessi limiti della legislazione dettata in via generale in materia di imprese e di rapporti di lavoro, il programma di risanamento possa anche prescindere dall'esercizio dell'attività produttiva, ove vengano a mancare gli stessi presupposti per la conservazione dell'impresa e debba avviarsi esclusivamente un procedimento liquidatorio e di ripartizione dell'attivo realizzato in favore dei creditori. In questo senso va intesa l'enunciazione normativa in esame.

Dovranno essere individuati requisiti per l'ammissione alla procedura di crisi, in particolare con riguardo alla regolare tenuta della contabilità dell'impresa, condizione necessaria per avere un quadro della esposizione debitoria effettiva dell'istante (lettera i)).

Per quel che riguarda la previsione di un giudizio sommario del tribunale con cui è disposta l'apertura della fase di crisi dell'impresa (lettera l)), valgono le regole generali dettate per la dichiarazione di fallimento in ordine alla competenza del tribunale del luogo in cui l'impresa ha la sede principale, riproponendosi tutte le indicazioni interpretative che sono state enunciate in materia. Si provvede alla nomina di un giudice delegato, di uno o più commissari giudiziali e di un organo rappresentativo dei creditori in funzione della tutela degli interessi comuni.

La regolamentazione di cui alla lettera l) è quella stessa sancita per il concordato preventivo che per anni ha caratterizzato positivamente l'attuazione del procedimento.

Intendendosi estendere la procedura anticipatoria anche alle imprese del gruppo in relazione alle quali la finalità di risanamento può risultare indispensabile ed essere meglio realizzata, facendo ricorso ad una gestione unitaria nell'ambito del gruppo, come nella procedura d'insolvenza, non si è mancato di prevederne una specifica regolamentazione alla lettera m).

Secondo la stessa dizione di cui alla lettera n) e come si è già precisato, la gestione dell'impresa e l'amministrazione del patrimonio non potevano che restare, durante tutto il corso della procedura anticipatoria, nella disponibilità dell'imprenditore, dovendo essergli necessariamente riservate le iniziative necessarie per formulazione del programma di risanamento ed il superamento della crisi, salvo quelle limitazioni previste per il concordato preventivo e qualificate dalla dottrina e dalla giurisprudenza come uno spossessamento c.d. attenuato, riservando al giudice delegato la direzione ed al commissario giudiziale il potere di vigilanza sulla stessa, nonché confermando il sistema della preventiva autorizzazione per gli atti di particolare rilevanza patrimoniale, tra i quali possono annoverarsi gli atti di straordinaria amministrazione.

Quanto agli effetti della procedura, si è inteso introdurre la stessa regolamentazione che caratterizza le procedure concorsuali minori (amministrazione controllata e concordato preventivo), sia pure con qualche variante destinata a rendere più agevole la gestione della crisi e la sua composizione. Così alla lettera o), è stato introdotto il divieto delle azioni esecutive individuali, al fine di evitare che, in pendenza del procedimento, l'impresa e lo stesso compendio patrimoniale del debitore possano essere pregiudicati dalle iniziative dei creditori. Non diversamente il divieto di compiere atti diretti ad acquisire una posizione preferenziale rispetto ad altri creditori e la sanzione dell'inefficacia degli atti compiuti senza l'autorizzazione del giudice delegato, quando questa è richiesta, tendono ad evitare che possa essere modificata la situazione debitoria all'atto dell'apertura della procedura e che tutti i creditori siano vincolati dall'accordo o dalla convenzione che stano alla base del superamento dello stato di crisi dell'impresa.

Alla stessa stregua della disciplinata dettata dall'articolo 45 del RD 16 marzo 1942, n. 267, per il fallimento, è previsto l'obbligo del compimento delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi.

Si ricalca, inoltre, il principio della facoltà di scioglimento o di subentro del debitore nei rapporti giuridici preesistenti, introducendosi una regola nuova che consente al contraente di sottrarsi agli obblighi negoziali al di fuori dei principi generali dettati dal codice civile.

E' stata, poi, prevista l'inapplicabilità degli articoli 2447 e 2448 c.c., intendendosi evitare che l'impresa collettiva sia costretta ad assumere iniziative inerenti alla reintegra del capitale sociale od al suo scioglimento, con inevitabili conseguenze negative anche in ordine al superamento della crisi od allo stesso accordo con i creditori.

E' stata, altresì, esclusa la responsabilità di cui all'articolo 2560, primo comma, c.c., intendendosi liberare, con la cessione dell'azienda a terzi, il debitore da tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'impresa ed evitare una responsabilità per coobbligazioni non più direttamente riferibili all'imprenditore, ma alle successive vicende proprie del cessionario dell'azienda.

L'inapplicabilità di detta disposizione anche nel corso della procedura raramente può riflettere l'ipotesi di una totale cessione dei complessi aziendali e regola piuttosto quella di un trasferimento di alcuni di essi, nel qual caso non soltanto non opera sugli effetti della procedura, ma non ne vanifica neppure lo scopo. Anzi può risultare idonea ad eliminare una parte del passivo e ad agevolare la completa realizzazione del programma di risanamento.

Se, poi, si volesse ritenere ipotizzabile, prima dell'omologazione, anche il caso di una cessione totale dei complessi aziendali, la procedura avrebbe anzitempo assolto allo scopo del risanamento dell'impresa, assumendo natura esclusivamente liquidatoria e satisfattoria, il che potrebbe essere considerata un'eventualità più vantaggiosa da incoraggiare.

Non sembra potersi dubitare, secondo una consolidata giurisprudenza delineatasi da anni per il concordato preventivo, che gli effetti della procedura, una volta che la stessa sia stata deliberata, retroagiscano al momento della presentazione dell'istanza da parte del debitore.

Come è previsto dalla normativa dettata dal RD 16 marzo 1942, n. 267, si è ritenuto alla lettera p) di mantenere nell'ambito della procedura anticipatoria una tutela giurisdizionale con effetti endoconcorsuali del debitore, dei creditori e di ogni altro interessato nella forma dei procedimenti in camera di consiglio, facendo ricorso al decreto del giudice delegato, al reclamo al collegio ed al ricorso per cassazione.

Anche per tale specifica tutela valgono le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione che, in passato, hanno contribuito alla costituzionalizzazione del procedimento di cui all'articolo 26 del RD citato. In questo senso sono stati codificati i principi secondo cui deve essere rispettata la decorrenza del termine di impugnazione dalla data della comunicazione del provvedimento, va assicurato l'effettivo contraddittorio tra le parti, in rispetto del diritto di difesa e quindi la loro audizione in camera di consiglio, nonché l'obbligo della motivazione della decisione. Inoltre, il reclamo è ammissibile sia per i provvedimenti decisori, sia per quelli ordinatori, ma il ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale è proponibile esclusivamente in materia di provvedimenti decisori e definitivi.

Se la controversia ha per oggetto diritti soggettivi dei terzi estranei alla procedura, il ricorso al procedimento di reclamo è inammissibile ed occorre far ricorso esclusivamente al giudizio ordinario di cognizione.

Alla lettera q) è stato stabilito che, ove la procedura di crisi non possa essere utilmente continuata, debba essere disposta la sua cessazione e dichiarato lo stato d'insolvenza. Quest'ultima eventualità è quella che generalmente può verificarsi, ma non è da escludere che il venir meno della procedura anticipatoria possa non approdare all'apertura della fase concorsuale dell'insolvenza, come nell'ipotesi in cui l'imprenditore abbia superato la crisi al di fuori della stessa esecuzione del piano di risanamento, oppure che la procedura sia stata disposta nei suoi confronti in mancanza del presupposto soggettivo.

Neppure può dubitarsi che, sino a quando è in corso la procedura anticipatoria, non si possa dichiarare lo stato di insolvenza, come del resto accade attualmente nella vigente disciplina, secondo cui non si può procedere alla dichiarazione di insolvenza o di fallimento sino a quando l'imprenditore risulta ammesso al concordato preventivo od all'amministrazione controllata.

La lettera r) concerne l'espresso riconoscimento che i crediti sorti per la gestione dell'impresa e l'amministrazione del patrimonio del debitore, dopo l'apertura della procedura di crisi, debbano essere qualificati di natura prededucibile anche nella successiva fase concorsuale dell'insolvenza. La previsione normativa, più che fondarsi sul principio interpretativo della conversione o consecuzione dei procedimenti concorsuali, è giustifcato dalla stessa disciplina normativa dettata per la conservazione di tutti gli atti legittimamente posti in essere.

Sulla base delle considerazioni svolte alla lettera a) potrebbe sembrare meno giustificabile la regolamentazione di cui alla lettera s), con cui si è stabilito che i termini per la declaratoria di inefficacia e la revocatoria concorsuale degli atti debbano decorrere nella successiva procedura d'insolvenza dalla data di apertura della procedura anticipatoria. In realtà, però, quando alla procedura anticipatoria fa seguito quella d'insolvenza si può affermare che la situazione di squilibrio economico finanziario o patrimoniale che ha dato luogo all'apertura della prima altro non era che uno stato d'insolvenza che avrebbe dovuto essere dichiarato sin dall'origine.

La verifica da parte dei creditori e successivamente del tribunale, in sede di omologazione, della legittimità del programma di risanamento e di estinzione delle obbligazioni del debitore si giova delle risultanze di un'apposita relazione che il commissario giudiziale provvede a depositare in cancelleria, ai sensi della lettera t).

Il programma, anche alla luce della esperienza tratta dalla riforma dell'amministrazione straordinaria deve essere approvato dai creditori, secondo maggioranze di numero e di crediti; a tal fine i crediti saranno ripartiti in classi omogenee per interessi economici, anche con riferimento ai contenuti del piano , e saranno disciplinati i rapporti tra esiti della votazione delle singole classi ed esito complessivo delle votazioni . A differenza del sistema normativo dettato per l'amministrazione controllata ed il concordato preventivo, si è ritenuto di introdurre la disciplina prevista per l'approvazione del concordato fallimentare, nel quale al principio della collegialità e della valorizzazione dell'assemblea si è preferita la maggiore speditezza ed operatività della votazione per esplicita manifestazione di dissenso; tuttavia potrà eventualmente essere prevista anche l'approvazione mediante mancata manifestazione del dissenso. Infine, nel caso in cui il piano di risanamento contempli il pagamento rateale o in percentuale di natura fiscale e previdenziale, gli enti creditori potranno prestare il loro assenso quando la percentuale offerta appaia conveniente rispetto agli esiti prevedibili della procedura. Le modalità della votazione e del calcolo per la determinazione delle maggioranze potranno formare oggetto di attento approfondimento e specifica disciplina in sede di esecuzione della delega al Governo.

Nell'ipotesi in cui non siano state raggiunte le maggioranze dei creditori previste per l'approvazione del programma ovvero nei casi di rigetto dell'istanza o di mancata approvazione od omologazione del piano di risanamento, il giudice delegato promuove da parte del tribunale il giudizio di dichiarazione dello stato d'insolvenza; ma anche in questo caso, come si è detto per la conversione, occorre procedere preventivamente all'accertamento di tale stato al quale è strettamente collegata l'apertura di quest'ulteriore fase processuale (lettera u)). In particolare, va precisato che non è configurabile un'automatica dichiarazione d'insolvenza, dovendosi riconoscere che l'apertura della fase anticipatoria in un certo senso la esclude e che dell'indagine sulla situazione economica del debitore non si possa mai prescindere.

Qualora il programma di risanamento risulti approvato dai creditori si fa luogo all'apertura del procedimento di omologazione che si conclude con una sentenza in camera di consiglio avente per oggetto l'accertamento della sussistenza delle condizioni che legittimano l'esecuzione del programma di risanamento e di soddisfacimento dei creditori, senza svolgere alcuna indagine di merito che rimane esclusivamente riservata ai creditori.

Ulteriore connotazione di questo giudizio di omologazione, improntato alla massima operatività e speditezza, è la mancanza dell'appello che in tema di concordato preventivo ha comportato talvolta un'eccessiva conflittualità e soprattutto una durata non consona all'esigenza di tutela degli interessi coinvolti.

Questo meccanismo processuale fondato sull'approvazione dei creditori e su un successivo giudizio di omologazione da parte del tribunale è apparsa la formula più felice per approntare, da un lato, una sufficiente garanzia in favore dei soggetti interessati e, dall'altro, per riservare al giudice un controllo dell'accordo che sta alla base del ripristino della normalità dell'attività produttiva, ma anche del soddisfacimento delle obbligazioni dell'imprenditore.

In ogni caso, è vero che l'approvazione dei creditori non esclude che il tribunale possa diversamente decidere sulla correttezza e sulla legalità del programma, mentre la mancanza di tale approvazione preclude tale giudizio e non consente il superamento dello stato di crisi imprenditoriale, ma è altrettanto innegabile che resta sempre la successiva procedura di insolvenza nella quale con maggiore penetrazione dei pubblici poteri si può ancora assicurare la tutela degli interessi pubblicistici coinvolti nel dissesto.

Secondo la enunciazione di cui alla lettera v), l'esecuzione del programma di risanamento, una volta approvato ed omologato, deve concludersi in un congruo termine, che si è ritenuto di fissare nell'arco temporale di due anni, salva sempre la possibilità di far luogo alla cessazione della procedura, quando tale fase esecutiva non possa essere utilmente iniziata, proseguita o completata, ovvero alla sua revoca, qualora si accerti che il debitore ha esposto false informazioni o ha omesso di fornire informazioni rilevanti al fine di essere ammesso alla procedura o ha compiuto atti in frode ai creditori. In tali casi si è precisato che l'apertura della procedura di insolvenza deve essere preceduta da un giudizio sulla sussistenza di tale stato.

Resta ribadito alla lettera z) che vige, in ogni caso di conversione della procedura anticipatoria in procedura di insolvenza, il principio della conservazione di tutti gli atti legittimamente posti in essere, con ciò sopperendosi all'esigenza di una loro immodificabilità; tali atti restano, pertanto, validi ed efficaci nella successiva fase processuale, evitando le conseguenze pregiudizievoli che generalmente provoca il concordato stragiudiziale, quando non viene eseguito. I crediti sorti per la gestione dell'impresa e l'amministrazione del patrimonio del debitore sono prededucibili anche nella fase successiva di insolvenza, assicurandosi in tal modo la soddisfazione dei costi della procedura come debiti della massa.

3. Procedura di insolvenza - La mancata conclusione del procedimento anticipatorio o di crisi imprenditoriale oppure il mancato esperimento dello stesso non escludono che si debba ugualmente dar vita ad una fase concorsuale quando si accerti uno stato di insolvenza e si ritenga, quindi, necessario trovare un'adeguata soluzione al dissesto con il soddisfacimento dei creditori e, se è possibile, con il risanamento totale o parziale dell'impresa.

A differenza dell'amministrazione straordinaria, nella quale si è ritenuto di dar vita ad una prima procedura di insolvenza volta a stabilire se possa essere attuato il rimedio conservativo o liquidatorio dell'impresa, nel progetto in esame si è prevista un'unica fase concorsuale improntata alla massima flessibilità ed adattabilità alle concrete esigenze della gestione concorsuale, senza alcuna schematizzazione delle attività processuali. Questa differenza dovrebbe facilitare non poco l'attuazione del concorso e soprattutto consentire la più ampia facoltà di decisione e di modifica parziale o totale del programma che si intende realizzare, in modo da applicare il rimedio conservativo o liquidatorio nella sua massima estensione, lucrandone esclusivamente i vantaggi.

Alla lettera aa) ci si è fatti carico del presupposto soggettivo per farsi luogo all'apertura della procedura e si è ribadito che anche in questo caso questa debba essere applicata a quelle stesse imprese assoggettabili alla fase anticipatoria, per le quali vale richiamare le considerazioni già svolte.

Quanto al presupposto obiettivo che determina il sorgere della fase concorsuale in esame non si è più in presenza di uno stato di crisi o di squilibrio economico, finanziario o patrimoniale, come nella procedura anticipatoria, ma occorre che si sia delineata quell'incapacità dell'imprenditore a far fronte con mezzi normali alle proprie obbligazioni, riproponendosi tutte le indicazioni e le questioni interpretative che sono state poste alla base della dichiarazione di fallimento.

Piuttosto, secondo il criterio enunciato alla lettera bb), a differenza della procedura di crisi nella quale l'iniziativa è riservata necessariamente al solo debitore, in quella d'insolvenza la legittimazione attiva è riconosciuta non soltanto a quest'ultimo, ma anche ai creditori, al pubblico ministero e lo stesso tribunale può disporla di ufficio. In sostanza, l'iniziativa del procedimento è strutturata negli stessi termini di quelli sanciti per la dichiarazione di fallimento dall'articolo 6 del RD 16 marzo 1942 n. 267.

La competenza è attribuita al tribunale del luogo in cui ha sede l'impresa, così come si è detto per la fase anticipatoria, e devono essere osservati tutti quei criteri che risultino idonei a privilegiare la rapidità delle decisioni, non escluse le impugnazioni e l'iter complessivo del procedimento.

E' stato, altresì, precisato alla lettera cc) che con la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza devono essere nominati gli organi della procedura e stabiliti i termini per la presentazione delle domande di ammissione al passivo e per l'accertamento dei crediti. E' da segnalare la configurabilità della nomina di uno o più curatori, riconoscendosi che la complessità della procedura possa presentare l'esigenza di un organo gestorio collegiale; saranno altresì stabiliti requisiti di professionalità e di onorabilità dei curatori, nonché i criteri di liquidazione dei relativi compensi.

I successivi punti del progetto, che vanno dalla lettera dd) alla lettera gg), devono essere esaminati globalmente in modo da rappresentare un quadro completo delle iniziative che devono essere assunte progressivamente nell'attuazione della procedura.

Innanzitutto, secondo l'espressione del principio di salvezza enunciato nella lettera dd), la procedura d'insolvenza può essere disposta solo se non sia più pendente la fase anticipatoria.

Inoltre si è voluto evitare che la procedura d'insolvenza debba essere aperta e proseguita in ogni caso, anche quando appaia inutile. Può accadere, infatti, che emerga in modo evidente ed incontestabile che l'attivo da liquidare sia insufficiente per consentire una sia pur modesta ripartizione in favore dei creditori. In quest'eventualità si è ritenuto che la procedura non debba essere continuata, come si verifica, viceversa, attualmente per il fallimento, determinando l'aumento di oneri ingiustificabili sia per i diretti interessati, sia per la collettività.

Questa prima precisazione pone in luce che la sentenza dichiarativa d'insolvenza è sufficiente per l'indagine sulle eventuali responsabilità penali collegate a tale pronuncia, che l'accertamento dei crediti può seguire le fasi giudiziali tradizionali e così pure la loro realizzazione esecutiva; che l'eventuale contestazione della pronuncia d'insolvenza potrà formare oggetto di esame da parte del giudice, senza che si renda necessaria una difesa della stessa procedura, riservando, invece, agli altri interessati la cura e la tutela delle loro eventuali posizioni di diritto soggettivo lese.

La procedura d'insolvenza non deve, inoltre, essere osservata nella sua completa articolazione, quando il tribunale accerti che non sussistono prospettive di risanamento, o le stesse appaiano di dubbia rilevanza economica o sociale. Anche in questo caso, in aderenza al principio della speditezza della procedura concorsuale, si deve compiere un'immediata liquidazione dell'attivo e, quindi, la ripartizione in favore dei creditori .

Anche in quest'eventualità l'impossibilità di dare esecuzione ad un programma di risanamento aziendale deve emergere ictu oculi, senza alcuna possibilità di dubbio.

Qualora, invece, non si delineino le situazioni descritte, oppure occorra svolgere un'indagine per assicurarsi che lo stato dell'impresa consenta il risanamento oppure esclusivamente la liquidazione del patrimonio, si è ritenuto di riservare agli organi del procedimento la possibilità di svolgere un'attenta analisi della situazione imprenditoriale in un termine che non può essere superiore ai 90 giorni, entro il quale occorre stabilire quale sia la reale consistenza dell'impresa e del patrimonio del debitore, per assumere le convenienti iniziative.

Si potrebbe ritenere che, nell'ipotesi in cui la procedura d'insolvenza faccia seguito a quella anticipatoria, la previsione di un ulteriore arco temporale, durante il quale il curatore debba ancora esaminare la situazione dell'impresa per stabilire se possa procedersi all'esecuzione di un programma di risanamento, si traduca in un ulteriore aggravio economico ed in inutile appesantimento dell'iter processuale, certamente pregiudizievoli per i creditori. In particolare la critica potrebbe riguardare il fatto che, essendo stata inutilmente sperimentata la fase anticipatoria, nella quale l'imprenditore e gli stessi creditori non hanno mancato di utilizzare ogni risorsa idonea al superamento della crisi, sarebbe del tutto illusorio sperare che nella medesima situazione economica, certamente peggiore, se non altro per il tempo trascorso, si possa trovare ancora un rimedio per il risanamento imprenditoriale.

Tuttavia al rilievo sopra rappresentato si può replicare che, a prescindere dalla necessità di una previsione normativa che deve autonomamente disciplinare la procedura di insolvenza, l'ipotesi considerata della consecuzione della procedura di crisi in procedura di insolvenza non esclude, da un lato, la possibilità che gli organi gestori adottino iniziative mai prima considerate e diverse da quelle rappresentate dal debitore e, dall'altro, che le prospettive di risanamento possano essere realizzate più facilmente anche in relazione al diverso atteggiamento che i terzi e gli stessi enti finanziatori potrebbero assumere verso il curatore.

Anche su questo punto, attesa la opinabilità della diversa soluzione proponibile è opportuno rimettere ogni decisione definitiva al Parlamento.

Certamente, poi, il programma di risanamento deve contenere l'indicazione delle attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione dell'attività produttiva, se questa deve essere svolta, sia l'eventuale smobilizzo dei beni non più funzionali all'esercizio dell'impresa, le previsioni economiche e finanziarie connesse a tale esercizio ed il relativo piano di copertura finanziaria.

Quanto ai contenuti si potrà trattare di cessione dei complessi aziendali in relazione alla quale devono essere indicate le modalità del trasferimento, le previsioni dell'ammontare del realizzo ed ogni ulteriore attività connessa a tale programma; mentre nell'ipotesi di ristrutturazione dovranno essere individuati gli strumenti con i quali il risanamento può essere realizzato, non esclusi il mutamento degli assetti imprenditoriali e le misure di ricapitalizzazione dell'impresa. Non possono neppure mancare le modalità con cui si intendono negoziare i rapporti obbligatori con i creditori ed occorre indicare le eventuali convenzioni che devono essere stipulate con i creditori, compresi i patti paraconcordatari e l'eventuale scadenza delle obbligazioni pattuita.

Vanno anche ricordate le procedure di consultazione con le organizzazioni sindacali, e l'osservanza delle regole dettate dalla CE, non ultime quelle di cui alla Direttiva comunitaria n. 98/50 di modifica della precedente n. 77/87 recepita nel nostro ordinamento giuridico con l'articolo 47 della L. 428/90.

In ogni caso il curatore, alla scadenza della fase di osservazione, deve presentare entro il termine di quindici giorni una propria relazione con cui prospetta le iniziative che intende assumere sia per eseguire un proprio programma di risanamento, sia per riferire sulla validità e sulla legittimità di quelli che potranno essere avanzati dal debitore o da terzi, sia per informare ad ogni altro effetto sulle cause del dissesto e su ogni altra circostanza utile alla procedura.

Come si è già accennato prima, un'ulteriore connotazione peculiare del programma di risanamento di questa procedura è la mancata previsione di una fase amministrativa che si sovrapponga a quella giurisdizionale della dichiarazione di insolvenza.

Infatti nella nuova procedura d'insolvenza si è inteso essenzialmente privilegiare la stessa privatizzazione dell'insolvenza e con essa le iniziative del debitore, dei creditori e di tutti i soggetti interessati al dissesto, ai quali è opportuno che sia lasciata la scelta dei mezzi di recupero del sistema produttivo di ciascuna impresa, salvo il principio di legalità il cui accertamento non può che appartenere al giudice ordinario.

Alle lettere hh) - mm) è stata riprodotta per la procedura d'insolvenza la medesima disciplina contemplata per la fase anticipatoria sia in ordine all'approvazione del programma da parte dei creditori, che in relazione all'apertura del procedimento di omologazione, ed al successivo giudizio di accoglimento o di rigetto. Tuttavia rispetto alla procedura di crisi, per l'omologazione del programma di risanamento nella fase d'insolvenza si è ritenuto di attribuire al tribunale non soltanto un'indagine di legittimità, ma anche di merito. Ciò è spiegabile in considerazione dei rilevanti interessi economici e sociali che vengono coinvolti nel concorso collettivo, ma soprattutto perché la decisione assunta dal tribunale può segnare la sorte definitiva dell'impresa e dei livelli occupazionali e sotto tale profilo un giudizio di mera legittimità potrebbe sottrarre al controllo del giudice interessi pubblicistici che trascendono il limite della disponibilità dei diritti delle parti.

L'esecuzione del programma anche nella procedura d'insolvenza, al pari di quanto previsto alla lettera v), deve essere eseguito nel termine di due anni dalla pubblicazione della sentenza. Con ciò si è voluto chiaramente evitare che la proposizione del ricorso per cassazione avverso la decisione possa ritardare la conclusione della procedura.

La mancata approvazione del programma da parte dei creditori od il mancato accoglimento della domanda di omologazione da parte del tribunale determinano la liquidazione del patrimonio del debitore e la ripartizione del realizzo in favore dei creditori (lettera mm)).

Quanto agli effetti di cui alla lettera nn) si è confermato il principio dello spossessamento del patrimonio dell'imprenditore, ma si è stabilito che la perdita della sua capacità debba essere limitata ed evitata per tutto ciò che non è utile alla procedura.

La previsione normativa richiamata adempie ad un'esigenza da tempo sentita e più volte sottolineata dagli studiosi secondo cui il fallimento (nella specie l'apertura della procedura d'insolvenza) non costituisce più una misura sanzionatoria per l'imprenditore, né intende qualificare il concorso collettivo come una sorta di "morte civile" per lo stesso.

Pertanto, l'opzione qui adottata degli effetti dell'insolvenza per il debitore attua un principio di particolare rilevanza civile e sociale del quale si è ritenuto di farsi carico.

Viceversa, si è ribadito quanto contenuto nel RD 16 marzo 1942 n. 267 per quanto attiene alla disciplina delle formalità di legge sull'opponibilità e sull'inefficacia degli atti ai terzi e degli atti e dei pagamenti connessi alla gestione ordinaria dell'impresa successivi alla dichiarazione dello stato d'insolvenza.

In ordine agli effetti per i creditori, oltre a confermare la precedente regolamentazione, la lettera nn) della delega tiene conto dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di compensazione di debiti e crediti concorsuali, anche se non ancora liquidi od esigibili, del divieto delle azioni esecutive anche speciali, con ciò riproducendo la disciplina dettata per l'amministrazione straordinaria, tenendo ferma la distinzione tra creditori aventi un diritto di prelazione e creditori chirografari.

Particolare considerazione merita la disciplina degli atti pregiudizievoli ai creditori di cui alla lettera oo).

Come è noto nel sistema normativo concorsuale precedente alla legge fallimentare, il tribunale poteva stabilire il giorno della cessazione dei pagamenti in un tempo non superiore al triennio anteriore, poi modificato in un termine più ristretto di due anni, con la conseguenza che l'inefficacia finiva col colpire tutti gli atti che fossero stati compiuti nel suddetto periodo, a prescindere da qualsiasi indagine in ordine allo stato psicologico assunto dal debitore.

Il legislatore del 1942 intese innovare tale disciplina, sancendo un termine legale variabile per ciascuna categoria di atti di cui si può presumere iuris et de iure la conoscenza oppure la si deve dimostrare.

Il primo sistema semplificava l'indagine giudiziaria, ma prescindeva dalle specifiche situazioni nelle quali il debitore e l'accipiens avevano operato; quello attualmente vigente mitiga, in un certo senso, le conseguenze inique di un'esasperata osservanza della par condicio creditorum, ma presta il fianco a possibili effetti distorsivi della sua concreta applicazione in conseguenza dell'esito delle prove assunte.

Va aggiunta a ciò la maggiore conflittualità che ha caratterizzato nell'ultimo ventennio la revocatoria fallimentare, soprattutto quando le iniziative giudiziarie assunte dalle procedure concorsuali investono rilevanti interessi economici, suscitando l'interrogativo sino a che punto sia giustificabile nell'insolvenza imprenditoriale la ricostruzione del patrimonio del debitore ed il rispetto della parità di trattamento dei creditori, rispetto ad una tutela generale di tutti i soggetti coinvolti.

Con particolare riferimento alle nuove prospettive manifestatesi nel sistema normativo concorsuale di un bilanciamento di tutti gli interessi meritevoli di tutela e dell'esigenza di avviare un tentativo di risanamento dell'impresa insolvente, è apparso dunque imprescindibile stabilire quali debbano essere i limiti di operatività della revocatoria e quali le giustificabili esenzioni da tale azione.

Con riferimento al progetto di legge delega in esame, non si è ritenuto di potere configurare alcuna esimente e neppure una sospensione delle azioni di inefficacia e revocatorie durante l'attuazione del procedimento d'insolvenza, anche se il risanamento debba essere attuato mediante strutturazione del complesso aziendale, ma piuttosto si è pensato di restringere il campo di operatività delle stesse per venire incontro a quelle aspettative da più parti manifestate di mitigare l'eccessivo rigore con cui tali azioni vengono applicate.

E' stata, quindi confermata la disciplina dettata dagli articoli 64, 65, 66 del RD 16 marzo 1942, n. 267. Inoltre è rimasta immutata la revocatoria fallimentare degli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso.

La medesima conclusione si è assunta per gli atti di cui all'articolo 67, primo comma n. 2 e 3, se è vero che la formula adoperata alla lettera oo) indica la revocabilità dei negozi, degli atti e dei pagamenti anormali. Quest’ultima espressione “pagamenti anormali”, lungi da costituire una novità per l’interprete è stata, com’è noto, enucleata a contrario dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla base della attuale dizione del primo comma, n. 2, dell’articolo 67 della Legge Fallimentare in cui si prevede la revocatoria degli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili “non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento”.

Con tale espressione e per orientamento ampiamente consolidatosi in dottrina e in giurisprudenza, s’intendono come esempi tipici di mezzi anormali di pagamento: la datio in solutum, la cessione del credito, la compensazione convenzionale al di fuori dei limiti di cui all’articolo 56 della L. Fall. e la delegazione passiva.

Anche i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie per debiti preesistenti non scaduti, anche se non espressamente indicati, dovrebbero rientrare tra gli atti anormali ed essere assoggettabili, quindi, alla revocatoria concorsuale.

Per tutti i suddetti atti, è rimasta la prova liberatoria posta a carico del convenuto in ordine alla "inscientia decoctionis", ma il periodo sospetto è stato ridotto ad un anno.

La medesima disposizione ha sancito, altresì, la revocatoria concorsuale relativamente ai negozi posti in essere al fine di favorire alcuni creditori in danno di altri, lasciando anche in questo caso la prova liberatoria a carico del curatore e riducendo il termine del periodo sospetto a sei mesi.

Sicuramente la previsione normativa ha eliminato la revocatoria concorsuale per i pagamenti normali e l'ha limitata per i negozi normali (tra i quali si possono far rientrare il pegno e l'anticresi e l'ipoteca volontaria, ma non le ipoteche giudiziali) ai casi in cui venga fornita la prova dell'intenzione del debitore di favorire alcuni creditori in danno di altri.

Alla presunzione del pregiudizio determinato dallo stato di insolvenza che legittimava l'esercizio della revocatoria fallimentare, salvo la prova della scientia decoctionis del convenuto a carico del curatore e di quella contraria alla sussistenza di detta presunzione, si è sostituita la medesima disciplina dettata per la bancarotta preferenziale. Si deve, quindi, ritenere che la revocatoria concorsuale non è esercitabile tutte le volte in cui non sia possibile fornire la prova del dolo del debitore e del danno che l'atto solutorio abbia provocato agli altri creditori allo scopo di favorire taluno di essi, come nei casi in cui il pagamento sia avvenuto in favore di chi può, comunque, ottenere ugualmente il soddisfacimento nel concorso collettivo, o contestualmente al pagamento ricevuto abbia effettuato la controprestazione.

Anche in questo caso il termine del periodo sospetto subisce una riduzione a sei mesi.

Con la riforma della legge sull'amministrazione straordinaria si era già sentita l'esigenza di modificare il sistema dello scioglimento dei rapporti giuridici preesistenti a seguito del sopravvenire del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa. Infatti all'articolo 50 del D.Lgs. 270/99 è stato sancito che, esclusa qualsiasi ipotesi di scioglimento automatico, è riconosciuto al commissario straordinario il potere di sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura del procedimento. E' stato, inoltre, stabilito che; sino a quando la facoltà di scioglimento non sia esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.

In questa sede, alla lettera pp) non soltanto si è voluta riservare al curatore la suddetta facoltà di scioglimento da tutti i rapporti giuridici preesistenti ineseguiti o ancora non interamente eseguiti, ma si è introdotta la disciplina della loro sospensione per evitare che in attesa del concreto esercizio di tale facoltà, si possano addossare al curatore altri oneri, salva la possibilità per il contraente in bonis di chiedere al giudice delegato la fissazione di un termine.

La previsione normativa intende realizzare, in attesa od in pendenza del programma di risanamento, la maggiore tutela possibile per i creditori ed evitare che la procedura possa essere onerata di altre passività che potrebbero compromettere il buon esito del recupero dell'attività produttiva ed il soddisfacimento dei creditori concorsuali. In tal modo al principio dell'obbligatorietà dei contratti tra le parti prevale quello dell'esigenza di tutela degli altri interessi pubblicistici connessi al procedimento concorsuale.

Rispetto alla attuale disciplina dell'amministrazione straordinaria, non è prevista alcuna deroga, neppure per il contratto di locazione e per quello di lavoro subordinato, essendosi considerato che in sede di attuazione della delega governativa si possa tenere conto del collegamento con l'attuale legislazione in tema di lavoro.

Un'ulteriore connotazione di particolare rilievo è stata introdotta alla lettera qq) con riferimento all'accertamento del passivo.

Viene, innanzitutto, stabilito che si deve provvedere a tale accertamento, ove sussista un attivo da liquidare. La previsione normativa trova fondamento nella medesima regola enunciata alla lettera ee) laddove si è stabilito che la procedura debba essere chiusa allorchè non vi sia un sufficiente attivo, tale da consentire almeno una modesta ripartizione ai creditori.

Infatti, se è vero che la procedura non può essere utilmente continuata quando non vi è un sufficiente attivo, a maggior ragione l'accertamento del passivo deve essere considerata in tal caso un'attività giurisdizionale inutile.

L'accertamento del passivo, deve, poi, svolgersi davanti al giudice delegato, confermandosi così implicitamente l'applicabilità del principio dell'obbligatorietà del rito speciale dell'accertamento dei crediti improntato alla massima operatività e speditezza.

In questa sede la linea ispiratrice della stessa disciplina fallimentare dettata in materia non soltanto è stata confermata, ma è stata estesa ulteriormente, sia per lucrare il vantaggio della celerità del procedimento anche nella successiva fase contenziosa, sia per porre fine ad un dubbio interpretativo da tempo posto dalla dottrina ed al quale la giurisprudenza aveva ritenuto di dare soluzione, scindendo la prima fase, alla quale aveva riconosciuto effetti preclusivi nell'ambito concorsuale, dalla seconda alla quale erano stati attribuiti effetti di giudicato. Questa ulteriore conseguenza ha, però, determinato non poche discrasie nel sistema perché non è stato possibile giustificare sempre gli effetti extraconcorsuali, soprattutto tenuto conto che l'incapacità del fallito gli preclude di partecipare alle controversie nelle quali vengono assunti provvedimenti destinati ad incidere definitivamente sui diritti patrimoniali dell'imprenditore. Tanto più che la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla mancanza di legittimazione attiva del fallito ad impugnare i crediti ammessi è stata disattesa, ingenerando vivaci critiche della stessa dottrina.

Tenuto conto anche di tali contrasti interpretativi, si è ritenuto, da un lato, di limitare gli effetti dell'accertamento del passivo ai soli fini concorsuali, restando sempre la possibilità per il debitore, una volta tornato in bonis, di rimettere in discussione tali rapporti controversi e, dall'altro, si è introdotta in via generale la tutela del reclamo al collegio e del ricorso per cassazione.

Questa innovazione non contrasta con l'attuale disciplina dettata dal codice di rito sulla competenza del giudice unico che resta immutata in primo grado, essendo l'accertamento devoluto al giudice delegato e, quindi, al tribunale che funge da giudice di appello. Il ricorso per cassazione assicura l'ulteriore tutela di legittimità dei diritti creditori.

La natura sommaria del procedimento non può incidere minimamente sulla sufficiente garanzia del diritto di difesa, trattandosi di accertamento con effetti endofallimentari e non di giudicato esterno.

Inevitabilmente i crediti contratti per la gestione dell'impresa ed il patrimonio del debitore non possono che essere qualificati di natura prededucibile e devono essere soddisfatti con preferenza rispetto ad ogni altro credito. Tuttavia alla lettera rr) si è voluto tenere conto dei dubbi interpretativi che in passato hanno caratterizzato la graduazione di tali crediti rispetto a quelli assistiti da un diritto di garanzia reale (pegno ed ipoteca), precisandosi che queste ultime posizioni debbano essere preferite anche ai crediti prededucibili.

E' indubbio che, se determinati effetti si sono prodotti durante la precedente fase anticipatoria dell'impresa in crisi e risultino imprescindibili anche nella procedura d'insolvenza a tutela dei creditori, sia inevitabile regolarne la retrodatazione, in modo tale che il loro decorso possa retroagire sin dal sorgere della prima fase concorsuale. L'accorgimento normativo pone fine a qualsiasi dubbio interpretativo che si era posto, in passato, a proposito della consecuzione o conversione dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo nel fallimento successivamente dichiarato, sostenendosi che in quest'ultimo procedimento non avrebbero potuto trovare retrodatazione gli effetti già prodotti dalla prima fase concorsuale. Così, il dubbio era sorto in tema di sospensione del decorso degli interessi, di inefficacia di atti non autorizzati, di acquisizione di posizioni preferenziali non autorizzate, di prededucibilità dei crediti, ecc. La precisazione contenuta alla lettera ss) è apparsa, quindi, essenzialmente destinata a chiarire detta incertezza interpretativa.

La liquidazione dei beni è generalmente collegata ad un programma caratterizzato dal trasferimento della titolarità dell'impresa, ma non è da escludere che anche quello che abbia per oggetto la ristrutturazione dell'impresa possa presentare momenti liquidatori connessi ad un'eliminazione dei rami d'azienda improduttivi o non più utili. Inoltre anche ipotesi concordatarie od accordi con i terzi possono determinare l'esigenza di disporre la liquidazione od il trasferimento di aziende, o di singoli rami produttivi, o di beni singoli.

Il progetto di riforma contiene precise disposizioni dirette a regolare la cessione dei complessi aziendali ed, in caso di mancata attuazione del programma, la liquidazione dei beni, prevedendo che si debba fare ricorso a forme agili e spedite di vendita, purchè trasparenti e caratterizzate da ampia pubblicità, previo parere del comitato dei creditori e, nei casi di particolare rilevanza economica, con l'autorizzazione del giudice delegato (lettera tt)).

Gli effetti della dichiarazione dello stato di crisi o di insolvenza della società con soci illimitatamente responsabili, escluse le cooperative, si estendono anche a questi ultimi, tenuti all'adempimento delle obbligazioni sociali con tutto il proprio patrimonio (lettera uu)).

In ordine alla lettera vv) va premesso che la ripartizione dell'attivo caratterizza l'ipotesi del risanamento dell'impresa mediante cessione dei complessi aziendali oppure della mera liquidazione del patrimonio del debitore, in quanto nel caso della ristrutturazione si presuppone che l'imprenditore riacquisti la capacità di far fronte alle sue obbligazioni e, quindi, non si rende più necessario provvedere al loro soddisfacimento con il realizzo delle attività.

Tuttavia, rispetto all'attuale disciplina concorsuale, sono state introdotte profonde modificazioni che comportano poteri più ampi per il giudice delegato, perché al criterio della distribuzione dell'attivo, secondo l'ordine delle prelazioni stabilito dal codice civile, sono stati introdotti altri criteri prioritari in favore di determinate categorie di creditori, fatta salva la possibilità di distribuire determinati acconti a coloro che sicuramente potranno essere soddisfatti, secondo le nuove regole sopra menzionate.

Il fondamento giuridico di questa innovazione va ricollegato all'esigenza di favorire i creditori che devono contribuire all'attuazione del piano di risanamento, mantenendo quel rapporto di fiducia verso l'imprenditore in stato di insolvenza che può continuare a ricevere le forniture od il credito di cui godeva e può più agevolmente proseguire nell'esercizio dell'attività d'impresa.

In occasione della nuova normativa prevista per l'amministrazione straordinaria, è stata introdotta una facoltà del commissario straordinario di distribuire acconti in favore di alcune categorie di creditori, tenendo conto del beneficio che potrebbe derivarne per la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa. In particolare, tale normativa prevede che , nella distribuzione degli acconti, deve essere data preferenza, sempre nel rispetto della par condicio creditorum, ai lavoratori subordinati ed ai crediti degli imprenditori per le vendite e le somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa insolvente nei sei mesi precedenti la declaratoria di tale stato.

Nella disciplina in esame questa particolare attenzione è stata estesa alla distribuzione degli acconti, in modo tale che anche la corresponsione degli acconti avvenga più funzionalmente nei confronti di coloro che sono preferiti agli altri creditori.

In conformità all'esecuzione del tipo di programma - di risanamento o liquidatorio -che si intende realizzare è stato stabilito alla lettera zz) che anche la chiusura della procedura non può che rispecchiare questa due diverse eventualità. Pertanto è chiaro che, se la cessazione del procedimento si conclude per concordato, può conseguirne la completa esdebitazione dell'imprenditore in conseguenza degli effetti remissori di tale istituto. Se, viceversa la procedura assume contenuto liquidatorio essa si conclude con la ripartizione dell'attivo realizzato in favore dei creditori, salvo il diritto di questi ultimi a pretendere anche successivamente alla procedura il completo soddisfacimento delle loro pretese obbligatorie. Se l'imprenditore realizza un programma di ristrutturazione dell'impresa o, comunque, dimostra in qualsiasi altro modo di essere in grado di adempiere con mezzi normali le proprie obbligazioni, la chiusura della procedura non può che essere disposta conformemente a tale evenienza.

Come si è già rappresentato, l'intera procedura si deve svolgere in modo operativo ed agile e soprattutto si deve attuare nel più breve tempo possibile in modo da potere offrire a tutti gli interessati una rapida conclusione del dissesto imprenditoriale. In tal senso è spiegabile la previsione, alla lettera aaa), di termini perentori e brevi, che consentano di segnare le fasi processuali dell'intero arco procedimentale. Tuttavia è necessario che l'osservanza di tali termini si ponga sempre in sintonia con il principio costituzionale della garanzia del diritto di difesa di tutti i soggetti interessati e sotto tale ulteriore aspetto ci si è fatti carico di sottolineare la necessaria compatibilità delle due esigenze rappresentate. Nel rispetto di tali esigenze , dovrà essere disciplinata la impugnazione delle sentenze e dovranno essere previsti mezzi opportuni di tutela degli interessati contro gli provvedimenti emessi dal giudice delegato e dal tribunale, nonchè contro gli atti del commissario giudiziale e del curatore.

Di fronte al dilagare dei gruppi di imprese e del nuovo modo di gestire i complessi imprenditoriali, non potevano mancare alcune direttive anche in materia ed, in particolare, con riferimento ad alcuni punti fondamentali per una completa regolamentazione. E' stata, innanzitutto, richiamata alla lettera bbb) l'esigenza di una disciplina completa che consenta di individuare i gruppi d'imprese; tanto più che in ordine al concetto di gruppo non sono stati ancora dissipati tutti i dubbi interpretativi sollevati.

Peraltro non si può non considerare che le recenti proposte di modifica della materia societaria sottolineano l'esigenza di un opportuno coordinamento delle diverse materie da disciplinare.

Non è mancato, poi, un espresso richiamo al coinvolgimento nel concorso di tutte le imprese insolventi facenti parte del gruppo, anche al fine di operare una gestione unitaria del risanamento.

Quest'ultima esigenza posta all'attenzione del legislatore, in sede di riforma dell'amministrazione straordinaria, è di non poca rilevanza per un opportuno coordinamento di tutte le attività che, indipendentemente dalle esigenze produttive di ciascuna società, consentono di operare una gestione unitaria nell'interesse del gruppo. Sotto tale aspetto il modo come pervenire all'accertamento delle imprese collegate, pur in assenza di una collaborazione degli organi responsabili e dei titolari del capitale sociale, si rende necessario anche al fine di gestire meglio il programma di risanamento.

E' stata prevista una regolamentazione della responsabilità degli organi amministrativi e di controllo e della stessa capogruppo sia in ordine all'abuso della direzione unitaria, sia avuto riguardo all'abuso della personalità giuridica delle società facenti parte del gruppo (lettera ccc).

Già con la nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria si è opportunamente precisato che la responsabilità degli organi amministrativi non è ricollegabile alla mera direzione unitaria che costituisce di per sé un fatto connaturale alla stessa organizzazione del gruppo, quanto in relazione all'abuso che si possa commettere dell'esercizio di tale direzione. Questa specifica precisazione è stata opportunamente riprodotta nel progetto di legge delega in esame.

La parte innovativa, consiste nell'avere anche previsto una responsabilità degli organi di controllo e della stessa capogruppo, accogliendosi il messaggio della dottrina dalla quale era state rappresentate valide ragioni per un siffatto coinvolgimento.

Ma l'aspetto più rilevante dell'innovazione normativa deve essere riconosciuto all'estensione della responsabilità dei soggetti suindicati anche in ordine all'abuso della personalità giuridica delle società facenti parte del gruppo.

In questo modo, superando la barriera invalicabile posta dall'interpretazione della giurisprudenza di legittimità sui limiti che la personalità giuridica delle società di capitali svolge per negare la configurabilità di una responsabilità illimitata ed il coinvolgimento nel concorso collettivo dei soci che usano delle società di capitali come cosa propria, si è posta la premessa per un profondo rinnovamento da tempo auspicato al quale non potrà non corrispondere la dovuta attenzione del Parlamento.

La riforma investe l'istituto della amministrazione straordinaria solo per quanto attiene alla revisione dei requisiti di ammissione alla procedura, anche alla luce della evoluzione della giurisprudenza comunitaria sulla nozione di grande impresa; è previsto altresì un necessario coordinamento della disciplina dell'amministrazione straordinaria con la nuova disciplina sulla crisi dell'impresa, con tutti gli opportuni adattamenti, per ragioni di coerenza sistematica e per un migliore funzionamento della procedura.

Il coordinamento dovrà essere attuato anche con riferimento alla disciplina in materia societaria , ivi compresa la normativa sui gruppi di imprese, tributaria e di rapporti di lavoro (lettera ddd)) , nonché con riferimento alle discipline di settore di cui alla lettera eee).

Alla lettera fff) è stata prevista una competenza funzionale inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso i tribunali della sede della corte di appello, nel cui distretto si trova il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, in ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere endoconcorsuale e siano state promosse dalla procedura oppure nei confronti della stessa.

Il fondamento giuridico di quest'innovazione, che intende adempiere ad un'esigenza che si è manifestata da qualche tempo in occasione di altre riforme dettate in materia commerciale, è ricollegabile alla necessità di formare organi giurisdizionali specializzati ed idonei ad affrontare le tematiche oggetto delle procedure concorsuali, rendendo così ai cittadini un servizio più rapido e rispondente alle esigenze di giustizia più volte rappresentate.

Detto sistema normativo adempie, poi, all'ulteriore necessità, che ormai si è delineata in modo imprescindibile, di evitare che lo stesso giudice si occupi di questioni nelle quali ha avuto modo di pronunciarsi in precedenza. Se si pensa che nei tribunali di modeste dimensioni è inevitabile che lo stesso giudice, che gestisce le procedure concorsuali e autorizza il curatore ad agire od a resistere nei giudizi, non può evitare talvolta di essere anche il giudicante delle medesime controversie, è incontestabile che la formula proposta possa consentire che le controversie autorizzate dal giudice delegato siano decise sicuramente da altro giudice del tribunale distrettuale e per quelle che possono sorgere in quest'ultima sede, sussiste sempre la possibilità di destinare giudici che in precedenza non abbiano avuto modo di occuparsene.

Anche in questa sede, come è già avvenuto per la nuova normativa dettata in materia di amministrazione straordinaria, sono stati previsti alla lettera ggg) specifici strumenti di informazione, di comunicazione e di notificazione informatici e telematici per tutti gli interessati, non esclusi gli enti pubblici e qualsiasi interessato.

Peraltro, la pratica impossibilità di procedere ad un'informazione singulatim nei confronti dei potenziali interessati - stante anche il loro numero e l'impossibilità di identificarli - di tutti gli atti ed i provvedimenti che caratterizzano l'attuazione del procedimento concorsuale, rende invero imprescindibile un largo ricorso a forme di pubblicità sostituiva che valgano a renderli altrimenti conoscibili.

Una forma di pubblicità dell'attuale sistema fallimentare è quella dell'affissione alla porta esterna del tribunale in relazione alla quale spesso decorrono termini perentori per il compimento di determinati atti processuali. Siffatto sistema, sicuramente anacronistico ai nostri tempi, può quanto meno essere coadiuvato da altri mezzi più moderni che servano ad ampliare le possibilità di conoscenza dei provvedimenti.

4. Profili penali - Lo schema di disegno di legge-delega, per la parte concernente la materia penale (articolo 3), non si limita a conformare le norme incriminatrici già contenute negli articoli 216 e seguenti della legge fallimentare alle nuove norme previste per le procedure concorsuali. Esso, infatti, conferisce peculiare rilievo all'esigenza di sanzionare solo quei comportamenti concretamente lesivi degli interessi dei creditori. Significativamente in tal senso (articolo 3, lettera e), comma 2 si esprime il criterio direttivo in base al quale si prevede, per tutte le fattispecie di bancarotta, una causa di non punibilità destinata ad operare nel caso in cui la procedura si chiuda con l'integrale pagamento dei creditori.

Si è poi voluto evitare che condotte già sanzionate efficacemente per effetto di disposizioni penali applicabili con carattere di generalità, siano oggetto di peculiare previsione sol perché poste in essere nel contesto di vicende connesse all'insolvenza dell'impresa. Così, esemplificativamente, può indicarsi la rinuncia a riproporre il reato di ricettazione fallimentare, la cui area applicativa risulta già in larga misura coperta da altre norme incriminatrici quali lo stesso reato di concorso in bancarotta, il favoreggiamento reale, la ricettazione comune, l'usura. Analogamente, non viene riproposta la fattispecie dell'interesse privato del curatore negli atti del fallimento giacché a garanzia del medesimo interesse tutelato dall'articolo 228 della legge fallimentare sono poste altre norme incriminatrici quali l'articolo 323 del codice penale.

Pur nell'innovativo impianto offerto dal disegno di legge, permane, tuttavia, l'esigenza di reprimere con il ricorso alla sanzione penale, quelle condotte che compromettono più significativamente fondamentali principi in materia di obbligazioni quando tali condotte siano ancorate alla procedura concorsuale. Tra i principi indicati figurano quelli previsti dal codice civile in materia di responsabilità patrimoniale (articolo 2740 c.c.), di concorso di creditori e cause di prelazione (articolo 2741 c.c.), di obbligo di tenuta delle scritture contabili (articolo 2214 Cc).

Da quanto detto deriva, innanzitutto, l'esigenza di prevedere (articolo3, comma 1, lettera a)) la fondamentale fattispecie penale di bancarotta fraudolenta patrimoniale che si connota, non diversamente dall'attuale previsione, per la violazione del vincolo legale che limita, ex articolo 2740 del codice civile, la libertà di disposizione dei beni. La formulazione del criterio direttivo individua, però, la necessità di rendere la previsione più mirata rispetto all'attuale, corrispondente, norma incriminatrice, intendendosi affidare la fondamentale connotazione della condotta incriminata all'ingiustificato impoverimento della garanzia patrimoniale. Si pone, poi, una relazione fra la condotta dell'autore-debitore ed il dissesto dell'impresa tale da impedire che atti dispositivi in sé leciti, in qualunque tempo commessi, assumano carattere di illiceità a prescindere dal loro collegamento con lo stato di insolvenza. Il legislatore delegato è impegnato, perciò, a definire fattispecie di bancarotta fraudolenta che richiedono, sotto il profilo soggettivo, che l'autore del reato si rappresenti l'idoneità della sua condotta a causare o aggravare lo stato di dissesto. Non si richiede, invece, che l'agente compia gli atti descritti dalla norma con il fine di cagionare danno alla massa dei creditori o con il fine di conseguire profitto per sé o altri. Quanto poi alla nozione di patrimonio che si intende recepire nel contesto del disegno di legge, non pare esservi motivo di discostarsi dall'elaborazione cui è già pervenuta la giurisprudenza considerando, ai fini che qui interessano, ed in termini ampi, per patrimonio il complesso dei rapporti giuridici, economicamente valutabili, che fanno capo all'imprenditore.

La lettera b) del comma 1, sul presupposto che i documenti e le scritture contabili adempiano alla funzione di tutelare i terzi che intrattengono rapporti economici con l'impresa, affida al legislatore delegato la costruzione della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale. Si tutela, così, l'interesse ad una esatta conoscenza del patrimonio del debitore destinato alla garanzia dei creditori. In particolare, le condotte di occultamento, distruzione o falsificazione, ma anche di dolosa omissione delle scritture contabili, perseguono, in un'ottica fraudolenta che si intende reprimere, lo scopo di rendere indisponibile ovvero fuorviante lo strumento fondamentale per la ricostruzione della situazione patrimoniale dell'impresa. In ogni caso la condotta dell'autore deve essere sorretta alternativamente o cumulativamente dallo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori.

L'esigenza di ribadire il principio (articolo 2741 Cc) che impone la par condicio creditorum, ha dettato il relativo criterio (lettera c), comma 1) che, tuttavia, rispetto all'attuale formulazione dell'art, 216, terzo comma, della legge fallimentare, si connota, rispetto all'interesse dell'impresa, per il rilievo dato all'assenza di condizioni che giustifichino l'operato del debitore.

La lettera d) introduce una innovativa ipotesi di bancarotta semplice patrimoniale che descrive la condotta dell'autore-debitore che causi o aggravi lo stato di insolvenza con colpa grave. La previsione è tale da consentire al legislatore delegato l'individuazione di condotte la cui risultante è pur sempre il depauperamento del patrimonio posto a garanzia dei creditori dell'impresa. Tuttavia essa si discosta dall'ipotesi di bancarotta fraudolenta soprattutto per il diverso atteggiarsi dell'elemento soggettivo. La nozione di colpa grave, in riferimento alla materia che qui interessa, è già nota perché ad essa fa riferimento l'articolo 217, primo comma, n. 4, della legge fallimentare: episodi di grave negligenza, imperizia o imprudenza nella conduzione dell'impresa dovrebbero trovare qui la loro sanzione allorquando essi abbiano determinato o aggravato lo stato di insolvenza. E' questa la sede, poi, in cui potrebbe, in particolare, trovare spazio anche la considerazione di profili di colpa specifica, ove essa si esprima in grado elevato, derivante dall'inosservanza degli obblighi propri dell'imprenditore inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.

La previsione concernente la bancarotta semplice documentale, di cui alla lettera e), si è resa necessaria per sanzionare le condotte dell'imprenditore dichiarato insolvente adottate in violazione dell'articolo 2214 del codice civile. La previsione si distingue dalla corrispondente ipotesi fraudolenta giacchè in quel caso la condotta commissiva è finalizzata allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ovvero di recare pregiudizio ai creditori.

Il comma 2 dell'articolo 3 alla lettera a) prevede che si applichi la pena stabilita per il fatto più grave , aumentata fino alla metà, nel caso di commissione di più fatti tra quelli fin qui considerati. Si conforma l'impostazione delle circostanze aggravanti alla c.d. concezione unitaria del reato di bancarotta in base alla quale la pluralità di fatti criminosi non fa venir meno il carattere unitario del reato.

Imposta dalle nuove dinamiche della riforma è la figura di reato introdotta al numero 1 della lettera b) del comma 2, in relazione alle false rappresentazioni della realtà patrimoniale dell'impresa rese per essere ammessi alla procedura di crisi o al programma di risanamento ovvero per continuare indebitamente a beneficiare di tali procedure.

Si è, inoltre, riproposta, con il criterio espresso al numero 2 della lettera b), l'esigenza di prevedere, adeguandola alle procedure proposte dalla riforma, la fattispecie del mercato di voto, già contemplata dall'articolo 233 della legge fallimentare; e ciò all'evidente fine di proteggere l'interesse al corretto e regolare svolgimento delle procedure.

La previsione individuata con il numero 3 della lettera b) consentirà al legislatore delegato di adeguare al nuovo impianto delle procedure concorsuali la disposizione del comma 1 dell'attuale articolo 232 della legge fallimentare. Si tratta di una sorta di truffa processuale per mezzo della quale si tenta di conseguire un ingiusto profitto presentando domande di ammissione al passivo in relazione ad un credito fittizio.

La previsione di pene accessorie (lettera c) riflette l'esigenza di inibire l'assunzione di ufficio direttivo di qualsiasi persona giuridica da parte di chi sia stato condannato per bancarotta o per aver reso false informazioni nel contesto di procedure di crisi o di programmi di risanamento.

Naturalmente si è considerato che le condotte che conculchino i principi a tutela dei quali sono state previste norme incriminatrici possono essere parimenti lesive quando imprenditore sia una società (lettera d)). Analoghe alle fattispecie fin qui commentate di cui risponde l'imprenditore individuale dichiarato insolvente sono, pertanto, quelle di cui possono essere chiamati a rispondere gli amministratori e gli altri soggetti già individuati dall'attuale articolo 223 della legge fallimentare nonché i revisori di società o enti dichiarati insolventi.

Della causa di non punibilità prevista alla lettera e) si è già detto in premessa a commento dei criteri che hanno ispirato l'intervento nel settore penale e dell'esigenza di riservare l'intervento sanzionatorio alle sole ipotesi di effettivo danno per i creditori. L'aver posto il principio indicato può consentire anche di stimolare la più efficace collaborazione del debitore con gli organi della procedura nell'interesse del ceto creditorio.

Si renderà necessario, e di ciò si fa carico la disposizione di cui alla lettera f) fornendo il legislatore delegato dei necessari poteri, armonizzare e coordinare l'insieme delle norme penali che saranno poste in attuazione della delega con quelle attualmente vigenti.

Nei termini definiti dalla lettera g) dell'articolo in commento viene circoscritta la possibilità di svolgere indagini preliminari e di adottare misure cautelari reali in previsione di una possibile dichiarazione dello stato di insolvenza.

Muovendosi in direzione diversa dal vigente codice di procedura penale, è parso ragionevole e non lesivo delle garanzie del processo penale, proporre, con la disposizione di cui alla lettera h), un'efficacia devolutiva della sentenza dichiarativa dell'insolvenza . Si è voluto considerare l'utilità di scongiurare situazioni tali per cui diversi giudici possano, in teoria, apprezzare diversamente, ai fini dell'individuazione dello stato di insolvenza, la medesima situazione di fatto.

La non sovrapponibilità delle norme incriminatrici ora vigenti nella materia considerata con quelle che saranno poste per effetto delle norme penali introdotte in attuazione del presente disegno di legge impongono, ed a ciò provvede la lettera i), di consentire al legislatore delegato di regolare adeguatamente sia i profili relativi alla successione delle norme penali sia la disciplina dei fatti commessi prima dell'entrata in vigore delle nuove norme in conformità del precetto costituzionale sancito dall'articolo 25.

5. Disposizioni transitorie - L'articolo 4 prevede l'emanazione di norme transitorie applicabili alle imprese da assoggettare, alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione della legge, alla procedura di crisi o di insolvenza. Nella definizione di tali norme il legislatore delegato dovrà fare in modo che le sezioni specializzate di cui alla lettera fff) del comma 1 dell'articolo 2 non siano gravate da un carico iniziale di procedimenti che ne impedisca l'efficiente avvio.

6. Oneri - La riforma delineata nel testo in commento, avvalendosi delle strutture giudiziarie, dei mezzi e del personale già esistenti, non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Relazione tecnico-normativa sui principi e criteri direttivi

della delega per la riforma delle procedure concorsuali

1) Aspetti tecnico normativi

a) Necessità dell'intervento normativo

La riforma della normativa per la regolamentazione della crisi dell'impresa che si intende sottoporre all'attenzione del Parlamento risponde all'esigenza di ridisegnare la materia delle procedure concorsuali, che, attualmente, appare ancorata ad una concezione dell'impresa ispirata a finalità liquidatorie e ad una accentuata tutela dei diritti dei creditori, volta ad un completo spossessamento del patrimonio del debitore, così come previsto dalla "legge fallimentare" Rd 16 marzo 1942, n. 267.

Tale disciplina, mai modificata, non risulta più adeguata agli scopi e alle finalità che la nuova evoluzione socio-economica intende realizzare nella situazione di insolvenza imprenditoriale, né risulta perfettamente orientata al rispetto dei principi costituzionali, né, infine, appare rispondente ai principi elaborati nelle legislazioni dei Paesi europei che tendono a considerare le procedure concorsuali non più in termini meramente liquidatori, ma piuttosto in funzione di un risultato di conservazione dei mezzi organizzativi dell'impresa. In tal modo, da un lato viene assicurata la sopravvivenza dell'impresa e, dall'altro, si procura alla collettività ed innanzitutto ai creditori, una più consistente garanzia patrimoniale attraverso il risanamento ed il trasferimento a terzi delle strutture aziendali.

La riforma affronta, inoltre, alcune questioni essenziali all'ammodernamento della legislazione in materia, tra cui la fissazione dei criteri per l'individuazione dei piccoli imprenditori, la nuova disciplina dell'azione revocatoria, l'introduzione del principio della definitività delle operazioni che vengono eseguite nell'ambito dei mercati finanziari regolamentati e la cessione di attività nel corso della procedura di insolvenza.

Sotto il profilo della tutela penale, la riforma esprime la necessità di intervenire con sanzioni penali e di reprimere, anche nel mutato scenario prefigurato dallo schema di disegno di legge delega, quei comportamenti che, nel contesto delle situazioni di crisi dell'impresa, conculcano essenziali beni che definiscono l'ordine economico di un sistema. Tra tali principi si evidenziano: quello secondo il quale i beni dell'impresa costituiscono garanzia dei creditori (articolo2740 codice civile), e dunque non è dato sottrarli a tale funzione, quello per il quale ai creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (articolo 2741 del codice civile) ed infine, quello per il quale le scritture non possono essere alterate o disperse così da rendere impossibile la ricostruzione delle vicende dell'impresa (articolo 2214 del codice civile).

b) Analisi del quadro normativo e dell'impatto delle norme proposte sulla legislazione vigente.

Il quadro normativo è oggi caratterizzato dalle procedure concorsuali disciplinate dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270 recante norme sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

La riforma tende ad eliminare l'eccessiva proliferazione delle attuali procedure (fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata, liquidazione coatta amministrativa), prevedendo una procedura unitaria di insolvenza, a fasi successive e con caratteristiche di flessibilità ed un'altra anticipatoria della prima, c.d. di crisi, incidendo sostanzialmente sulle disposizioni normative del Rd n. 267 del 1942 e solo in parte sul d. lgs. n. 270 del 1999.

Inoltre, innovando rispetto alla legislazione attuale, la riforma prevede nel corso della fase di "crisi" il coinvolgimento del potere giurisdizionale limitato al mero controllo di legittimità del programma di risanamento al fine di garantire la massima operatività e speditezza del giudizio di omologazione del programma medesimo.

Tra l'altro, durante il corso della procedura e sino alla pronuncia di omologazione del programma, viene esclusa l'applicabilità degli articoli 2447 e 2448 codice civile, al fine di evitare che l'impresa collettiva sia costretta ad assumere iniziative inerenti alla reintegra del capitale sociale od al suo scioglimento, con inevitabili conseguenze negative anche in ordine al superamento della crisi o allo stesso accordo coi creditori, viene altresì esclusa l'applicabilità dell'articolo 2560, c.c. intendendosi, con la cessione dell'azienda a terzi, liberare il debitore da tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'impresa ed evitare una responsabilità per coobbligazioni non più riferibili all'imprenditore, ma alle successive vicende proprie del cessionario dell'azienda.

Sotto altro profilo, la previsione normativa ha eliminato la revocatoria concorsuale per i pagamenti normali, facendo salva la prova dell'intenzione del debitore di favorire alcuni creditori in danno di altri (articolo 67, nn. 2 e 3 del sopra citato Rd).

Significativa, inoltre, è la previsione di una competenza funzionale inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso i Tribunali della sede della Corte di appello nel cui distretto si trova il Tribunale che ha dichiarato l'insolvenza in ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere endoprocessuale e siano state promosse dalla procedura oppure nei confronti della stessa.

Sul versante penalistico, il quadro normativo è caratterizzato dagli articoli 216 e 217 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267 che recano la disciplina specifica dei reati di bancarotta fraudolenta e di bancarotta semplice commessi dal fallito. Insieme a tali disposizioni deve essere ricordata quella dell'articolo 223 dello stesso regio decreto che, nel disciplinare i reati commessi da persone diverse dal fallito, di fatto estende agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società quegli stessi obblighi penalmente sanzionati intestati all'imprenditore individuale.

Le linee di riforma proposte confermano il ricorso alla norma incriminatrice relativamente all'ingiustificato impoverimento o all'indebito impegno del patrimonio d'impresa oggetto della garanzia dei creditori, all'occultamento, materiale e negoziale, dei beni, all'ingiustificata preferenza verso alcuni creditori anche in riferimento alla condotta di chi svolge funzioni di amministratore, di controllo, di liquidazione delle società. Tuttavia il ricorso alla punizione nei soli casi di colpa grave cui consegua un aggravamento del dissesto, indica la volontà di ricorrere alla sanzione penale nei soli casi di marcata offensività della condotta. Naturalmente il diverso atteggiarsi della disciplina civilistica delle procedure concorsuali, come delineata dai principi e dai criteri direttivi, impone una rimodulazione delle fattispecie penali in considerazione dei diversi presupposti (stato di crisi ed insolvenza) cui si connettono le norme penali che, nel sistema tuttora vigente, hanno nella dichiarazione di fallimento il loro presupposto.

c) Analisi della compatibilità con l'ordinamento comunitario.

Lo schema di disegno di legge delega appare sostanzialmente compatibile coi principi dettati da ultimo, dal Regolamento (CE) del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza, che entrerà in vigore il 31 maggio 2002.

d) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Non sussistono interferenze con le competenze delle regioni, vertendosi in materia processual-civilistica e penale.

e) Analisi della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali.

Il provvedimento, sul punto, concernendo la posizione di norme sostanziali, processuali ed incriminatrici non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

f) Verifica dell'assenza di rilegificazione e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Lo schema di disegno di legge delega, sul punto, concernendo norme sostanziali e norme incriminatrici assistite da riserva di legge non ha per oggetto materie suscettibili di delegificazione.

2) Elementi di drafting e linguaggio normativo

a) Individuazione delle nuove definizioni normative nel testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

Non sono introdotte nuove definizioni normative nel testo.

b) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti operati sono corretti.

c) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

Non si è fatto ricorso alla tecnica della novella; il tipo di intervento proposto (legge delega) si giustifica in relazione alla particolare complessità tecnica della materia.

d) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse del testo normativo.

La natura del progetto (legge di delega al governo) non determina, allo stato, alcuna abrogazione.

3) Ulteriori elementi

a) Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza.

Il testo normativo in esame tiene conto dei numerosi interventi giurisprudenziali in materia da parte della Corte di Giustizia Europea, della Corte Costituzionale e del giudice ordinario.

b) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell'iter.

Allo stato all'esame del Parlamento risultano presentati i seguenti progetti di legge:

1) (C.7188) Disposizioni in materia di dichiarazione di fallimento;

2) (C.1297) Modifiche articoli 155 e 156 del Rd 16 marzo 1942, n.267 in materia di procedimento sommario fallimentare;

3) (C.1424) Modifiche agli articoli 93 e 208 del Rd 16 marzo 1942, n.267 in materia di opponibilità agli organi delle procedure concorsuali delle scritture prove di data certa;

4) (S. 3683) Modifiche termini opposizione alla dichiarazione di fallimento articolo 18 Rd 16 marzo 1942, n.267.

Nessuno dei progetti elencati è stato ancora sottoposto ad esame.

Analisi di impatto della regolamentazione

a) Ambito dell'intervento con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

La riforma della normativa per la regolamentazione della crisi dell'impresa incide innanzitutto sull'amministrazione della giustizia, ridisegnando criteri e principi dell'intervento giurisdizionale in materia.

Significativa in tal senso è la previsione di una competenza funzionale inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso i Tribunali della sede della Corte di appello nel cui distretto si trova il Tribunale che ha dichiarato l'insolvenza in ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere endoprocessuale e siano state promosse dalla procedura oppure nei confronti della stessa.

La riforma incide naturalmente sugli imprenditori commerciali, ridisegnando i rimedi nel caso di crisi dell'impresa e dell'eventuale successiva dichiarazione di insolvenza. In particolare, fissa i criteri per l'individuazione dei piccoli imprenditori, la nuova disciplina degli atti soggetti a revocatoria, l'introduzione del principio della definitività delle operazioni che vengono eseguite nell'ambito dei mercati finanziari regolamentati, la cessione di attività nel corso della procedura di insolvenza e la repressione di quei comportamenti che, nel contesto delle situazioni di crisi dell'impresa, incidono su beni essenziali che definiscono l'ordine economico di un sistema.

La riforma investe, inoltre, tutti gli operatori del diritto (avvocati, commercialisti, ragionieri e periti commerciali) partecipanti in vario modo e titolo alle procedure concorsuali o come liberi professionisti in ausilio e difesa delle parti o come ausiliari dell'autorità giudiziaria.

Ulteriori soggetti destinatari della riforma sono i creditori, ai quali viene assicurata la garanzia patrimoniale attraverso il risanamento dell'impresa ed il trasferimento a terzi delle strutture aziendali.

Infine, la riforma incide sulle categorie di lavoratori, garantendo i livelli occupazionali durante il periodo della crisi ed assicurando loro il recupero dei crediti nel caso di insolvenza.

b) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

La riforma tende ad eliminare l'eccessiva proliferazione delle attuali procedure (fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), prevedendo una procedura unitaria di insolvenza, a fasi successive e con caratteristiche di flessibilità ed un'altra anticipatoria della prima, c.d. di crisi, incidendo sostanzialmente sulle disposizioni normative del Rd n. 267 del 1942 nonché su quelle del D. Lgs. n. 270 del 1999. L'esigenza perseguita è quella di privilegiare il risanamento dell'impresa per mantenere l'integrità della stessa, garantendo, ove possibile, i livelli occupazionali, ed in ogni caso quella di rendere più agevole la liquidazione, prevedendo procedure snelle ed agili al fine di semplificare e razionalizzare i meccanismi di recupero dei diritti patrimoniali dei creditori.

Alla luce di tale esigenza, il ricorso alla norma incriminatrice relativamente all'ingiustificato impoverimento o all'indebito impegno del patrimonio d'impresa oggetto della garanzia dei creditori, all'occultamento materiale e negoziale dei beni, all'ingiustificata preferenza verso alcuni creditori anche in riferimento alla condotta di chi svolge funzioni di amministratore, di controllo, di liquidazione delle società, indica la volontà di ricorrere alla sanzione penale nei soli casi di marcata offensività della condotta.

c) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

Lo schema di disegno di legge delega tende a rendere compatibile la normativa italiana coi principi dettati, da ultimo, dal Regolamento dell'Unione Europea adottato il 29 marzo 2000 relativo alle procedure di insolvenza che entrerà in vigore il 31 maggio 2002.

d) Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

Non sembrano ravvisarsi, allo stato, i presupposti in oggetto tenuto conto della natura di legge delega dello schema proposto.

e) Aree di "criticità".

Non sia ravvisano, allo stato, aree di criticità tenuto conto della natura di legge delega dello schema proposto.

f) Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

Nel caso di specie, la valutazione dell"opzione nulla" risulta di per sé negativa in quanto contrasta con la necessità di un intervento sistematico, il più possibile organico e completo in materia di procedure concorsuali.

g) Strumento tecnico-normativo più appropriato.

Il disegno di legge delega appare lo strumento tecnico-normativo più rispondente alla complessità della materia trattata.

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Fonte: Il Fallimento IPSOA












 

 

 


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