Relazione
illustrativa al disegno di legge
Delega
al governo per la riforma delle procedure relative alle
imprese in crisi
Consiglio
dei ministri, 27 ottobre 2000
1.
Premessa. - Esistono attualmente diverse aree normative
per la regolamentazione della crisi dell'impresa: quella
del fallimento, applicabile a tutti gli imprenditori commerciali
che si trovano in stato di insolvenza e la cui attività
non superi determinate dimensioni; quella amministrativa,
riservata alle imprese di particolare rilevanza economica
e sociale, oppure che svolgono una specifica attività
(assicurativa, bancaria, di revisione, d'intermediazione
fiduciaria e di valori mobiliari; ecc.); quella prevista
dalle procedure concorsuali minori (concordato preventivo
ed amministrazione controllata); quella, infine, c.d. privatistica,
nella quale sono inquadrabili gli accordi tra il debitore
e i creditori (il pactum de non petendo, i concordati stragiudiziali
e le convenzioni bancarie).
La
disciplina di queste aree concorsuali non soltanto è
diversa con riferimento ai soggetti del procedimento, ma
persegue finalità del tutto eterogenee.
L'area
fallimentare, ancorata alla normativa del 1942, non è
stata mai modificata, anche se ha subito numerosi e rilevanti
interventi della Corte costituzionale ed innovazioni interpretative
da parte del giudice ordinario. Essa si ispira essenzialmente
ad una finalità liquidatoria delle imprese insolventi
e ad una tutela accentuata dei diritti dei creditori, determinando,
altresì, un completo spossessamento del patrimonio
del debitore, che pone in un'assoluta incapacità
di disporre, anche con effetti extraconcorsuali e di tipo
personale.
Si
tratta di una procedura che non risulta più adeguata
agli scopi ed alle finalità che la nuova evoluzione
socio-economica intende realizzare nella situazioni di insolvenza
imprenditoriale. Inoltre, la sua durata è eccessiva,
anche in conseguenza di un sovrabbondante contenzioso cui
essa dà vita.
Neppure
l'area dei procedimenti concorsuali minori ha dato risultati
soddisfacenti. In particolare, la concezione sostanzialmente
autonoma della temporanea difficoltà delle imprese,
che avrebbe dovuto schiudere l'accesso all'amministrazione
controllata e consentire una più agevole soluzione
della crisi imprenditoriale, è finita per identificarsi
con l'insolvenza del concordato preventivo, determinando
inutili ripetizioni di fasi processuali che hanno aumentato
gli oneri e pregiudicato le aspettative dei creditori, senza
alcun recupero dei valori aziendali coinvolti.
Inoltre
il collegamento di tali procedure a presupposti soggettivi
dell'imprenditore ha orientato la tutela verso quest'ultimo,
anziché verso l'impresa, con la conseguenza che la
finalità recuperatoria ha finito col trovare una
collocazione secondaria rispetto allo scopo sanzionatorio
del fallimento, quale conseguenza per l'imprenditore immeritevole
di beneficiare delle procedure di amministrazione controllata
o di concordato preventivo.
Neppure
l'area degli accordi privatistici si è potuta sufficientemente
espandere, non mancando per tali iniziative l'incognita
degli effetti di una brusca interruzione del programma di
definizione amichevole che assicuri la conservazione degli
effetti degli atti legittimamente posti in essere e del
rischio di responsabilità penali derivanti da inevitabili
preferenze perpetrate in favore di taluni creditori.
Maggiore
spazio è stato attribuito all'area concorsuale amministrativa
nella quale si collocano la disciplina della liquidazione
coatta amministrativa, diretta a regolare, come si è
detto in premessa, l'insolvenza di specifiche imprese (assicurative,
bancarie, di revisione, fiduciarie, d'intermediazione finanziaria,
ecc.), e quella dell'amministrazione straordinaria, destinata
alla disciplina dei complessi imprenditoriali non coinvolti
in via esclusiva nella liquidazione coatta amministrativa
e aventi determinate dimensioni di particolare rilevanza
sociale ed economica.
Escluse
le imprese bancarie, per le quali è stata introdotta
la regolamentazione dettata dal T.U. approvato dal D.P.R.
1° settembre 1993 n. 385 e succ. modif., è opportuno
porsi l'interrogativo se la liquidazione coatta amministrativa,
certamente non destinata ad assicurare la conservazione
delle imprese insolventi che vi sono soggette, risulti ancora
compatibile con le nuove finalità ormai chiaramente
delineatesi nel sistema concorsuale, tanto più che
la disciplina dettata dal RD 16 marzo 1942 n. 267 (c.d.
legge fallimentare) è stata ricollegata ad una visione
politica del passato e non perfettamente aderente ai principi
dettati dalla nostra Carta costituzionale .
La
storia di questi anni insegna che l'istituto menzionato
ha continuato a regolare l'insolvenza delle imprese sopra
indicate ed anzi la sua applicazione è stata caratterizzata
da una notevole espansione ad altre società ed enti
(società fiduciarie e di revisione, società
di intermediazione finanziaria, ecc.). Se, comunque, si
vuole ritenere che nella situazione di insolvenza il tentativo
di conservazione dell'impresa deve essere sperimentato in
ogni caso, non si può fare a meno di rilevarne la
inattualità anche alla luce dell'ulteriore esigenza,
manifestatasi a livello europeo, di unificare le procedure
concorsuali.
L'istituto
dell'amministrazione straordinaria è stato introdotto
con il D. L. 30 luglio 1979 n. 26 conv. in L. 3 aprile 1979
n. 95, ma sin dalle sue prime applicazioni ha suscitato
notevoli critiche da parte della dottrina e della stessa
giurisprudenza, dalle quali sono state poste in luce manchevolezze
e discrasie anche di ordine costituzionale.
La
stessa Commissione europea aveva ravvisato in alcune disposizioni
dell'originario sistema normativo una violazione del principio
comunitario in tema di concorrenza e l'esistenza di posizioni
preferenziali rispetto alle situazioni regolate dalle altre
procedure concorsuali, al punto da prospettare all'Italia,
in un primo tempo, l'opportunità di una riforma per
evitare il procedimento d'infrazione e da affermare, ultimamente,
la sua incompatibilità con i principi comunitari
(decisione della Commissione europea del 16 maggio 2000).
Alle
medesime conclusioni era giunta la Corte di Giustizia europea
che, con una prima decisione del 1° dicembre 1998 (causa
C-200/97 Ecotrade srl - Afs) ed una successiva del 17 giugno
1999 (Rinaldo Piaggio), aveva individuato nella procedura
menzionata un'ipotesi di "aiuti di Stato".
Queste
indicazioni hanno indotto recentemente il nostro legislatore
ad introdurre una nuova disciplina normativa dell'amministrazione
straordinaria con la legge delega del 30 luglio 1998 n.
274 e successivamente con il D.Lgs 8 luglio 1999 n. 270.
Malgrado
i numerosi aspetti positivi di questa riforma, la nuova
amministrazione straordinaria non ha, tuttavia, risolto
in modo definitivo i problemi e le incongruenze delineatesi,
soprattutto per la mancanza della previsione di un'opportuna
correlazione tra il programma di risanamento ed il ritorno
in bonis dell'imprenditore insolvente, nel senso che, una
volta stabilito che l'interesse è rivolto al recupero
dei complessi aziendali ed è stato avviato il coinvolgimento
di strutture pubbliche per l'attuazione del procedimento,
sarebbe stato necessario assicurare che il superamento dell'insolvenza
non dovesse riguardare esclusivamente la persona dell'imprenditore,
ma anche la ripresa dell'attività produttiva.
Riassunto
così brevemente lo stato attuale del sistema normativo
concorsuale, appare, innanzitutto, inevitabile osservare
che qualsiasi tentativo di riforma in materia non soltanto
deve risultare compatibile con la legislazione europea,
ma deve anche ispirarsi alle nuove prospettive rappresentate
in tale contesto dall'esigenza di un recupero delle imprese
in crisi nelle quali non è più individuabile
un esclusivo interesse dell'imprenditore, secondo la concezione
del legislatore del 1942, ma confluiscono posizioni economiche
e sociali di portata generale, sicchè il tentativo
di risanamento e di superamento della crisi aziendale temporanea,
deleteria anche per l'occupazione, è divenuta inevitabile.
In
modo non diverso occorre soffermarsi sulla tendenza manifestatasi
nelle legislazioni dei Paesi europei a non considerare più
le procedure concorsuali in termini meramente liquidatori,
ma piuttosto destinate, ove possibile, ad un risultato di
conservazione dei mezzi organizzativi dell'impresa, a volte
al fine di assicurare la sopravvivenza di questa ed, in
altri casi, allo scopo omologo di procurare alla collettività
ed in primo luogo agli stessi creditori, una più
consistente garanzia patrimoniale attraverso il risanamento
ed il trasferimento a terzi delle strutture aziendali.
A
questa esigenza, in verità, si è tentato,
in passato, di far fronte con avanzate interpretazioni del
tradizionale sistema normativo concorsuale del 1942, o con
speciali interventi legislativi o con l'amministrazione
straordinaria, ma è ormai tempo di allinearsi all'orientamento
decisamente prevalente in ambito europeo e di introdurre
una nuova disciplina concorsuale che ponga fine alla frammentazione
delle procedure attualmente esistenti per la regolamentazione
dell'insolvenza e sopperisca invece, in modo agile e spedito,
alla esigenza di conservazione dell'impresa ed alla tutela
dei creditori.
Le
considerazioni sin qui svolte chiariscono quali siano le
premesse che hanno ispirato la proposta di legge delega
che si intende sottoporre all'esame del Parlamento ed in
ordine alla quale si passa ad un esame dettagliato.
2.
Procedura anticipatoria o di crisi - L'eccessiva proliferazione
delle attuali procedure non sempre ha consentito un'autonoma
ed originale funzionalità delle stesse, ma, quel
che è più grave, si è assistito in
questi anni ad un'alternanza di compiti riservati al potere
giurisdizionale ed amministrativo, mentre si è trascurato
di considerare che l'insolvenza va risolta con strutture
e mezzi privatistici ed essenzialmente con il trasferimento
della titolarità dell'impresa a terzi, limitando
il coinvolgimento del potere giurisdizionale al mero controllo
della legittimità e del merito del programma di risanamento
e del soddisfacimento dei creditori.
Peraltro
l'intervento concorsuale, nella più moderna concezione,
non deve riguardare la persona dell'imprenditore, ma l'impresa
e i valori in essa contenuti nell'interesse della collettività.
La
condizione obiettiva attualmente richiesta dal legislatore
dello stato d'insolvenza dell'impresa, ai sensi dell'articolo
5 l. fall., perché si possa dar luogo all'apertura
della procedura concorsuale sembra avere rispecchiato sino
ad oggi il modo migliore per individuare dall'esterno una
situazione di anormalità dell'attività produttiva,
idonea a determinare l'intervento giudiziario. Infatti,
da un lato il tentativo di ancorare diversamente il presupposto
di apertura del concorso collettivo ad un momento antecedente
all'insolvenza non è apparso sino ad ora di facile
attuazione, se ancorato ad indici di rivelazione esterni,
in conseguenza della difficoltà con cui lo stesso
può essere percepito; dall'altro, si è dovuto
riconoscere che la tempestività dell'intervento concorsuale
ancora prima che si manifesti l'insolvenza dell'impresa
può meglio sopperire all'esecuzione di un piano di
risanamento.
In
questa prospettiva, da tempo delineatasi, si è pensato
che non sarebbe stato opportuno privare l'imprenditore,
che intende beneficiarne, della possibilità di denunciare
egli stesso la situazione di crisi che si è determinata
e di trarre vantaggio da un intervento giudiziario tempestivo,
facendo, quindi, precedere la dichiarazione dello stato
di insolvenza da una procedura anticipatoria.
In
questo senso con il principio enunciato alla lettera a),
si è intesa sancire la sostituzione delle procedure
di fallimento, di concordato preventivo, di amministrazione
controllata e di liquidazione coatta amministrativa con
una procedura unitaria di insolvenza a fasi successive e
con caratteristiche di flessibilità e un'altra c.d.
anticipatoria della prima.
Una
serie di considerazioni, tra cui quella che l'unitarietà
della fase anticipatoria e della fase di insolvenza farebbe
decorrere tutti gli effetti sin dalla sua apertura, ha indotto
ad optare per l'autonomia delle due procedure, anche se
in forma attenuata. Bisogna tuttavia riconoscere che si
tratta di una scelta di politica legislativa delicata ed
importante sulla quale il Parlamento potrà definitivamente
pronunciarsi.
Con
la lettera b) si è inteso stabilire quali siano i
soggetti individuali e collettivi che possono accedere alle
procedure concorsuali suddette, prevedendosi che vi possa
essere assoggettato anche l'imprenditore agricolo per il
quale non è stata più ritenuta giustificabile
l'esenzione prevista dal RD 16 marzo 1942 n. 267 (legge
fallimentare), mentre si è voluta mantenere quella
stabilita dallo stesso decreto per gli enti pubblici ed
i piccoli imprenditori, facendosi prevalere quella corrente
di pensiero che ritiene inapplicabile una liquidazione concorsuale
ai primi e non vede positivamente la sua estensione né
all'insolvente civile, né alle imprese di modeste
dimensioni per le quali il soddisfacimento dei creditori
può avvenire secondo gli schemi processuali dell'esecuzione
forzata sancita dal codice di rito.
Rispetto,
però, alla precedente legislazione, alla lettera
c) sono stati previsti criteri obiettivi idonei ad individuare
le piccole imprese, facendo ricorso a quegli stessi parametri
che avevano ispirato, sia pure agli effetti dell'ammissibilità
all'amministrazione straordinaria, la disciplina recentemente
dettata con la legge delega 30 luglio 1998 n. 274 ed il
D. Lgs 8 luglio 1999 n. 270. In questo modo si è
evitato che il ricorso ai parametri del codice civile per
identificare la piccola impresa dessero luogo a quelle interpretazioni
non univoche che si sono manifestate in questi anni.
Alla
lettera d) si è intesa soddisfare l'esigenza di un
limite temporale che giustifichi l'apertura della procedura
concorsuale a decorrere dall'avvenuta cancellazione dal
registro delle imprese o in subordine dalla effettiva cessazione
dell'esercizio dell'impresa, sia individuale, sia societaria,
nonché dalla morte dell'imprenditore individuale.
Con ciò si è ribadito il principio, recentemente
esteso dalla Corte costituzionale ai soci illimitatamente
responsabili, dell'insussistenza di un interesse all'apertura
delle procedure concorsuali nei casi in cui sia trascorso
un congruo termine rispetto all'epoca della cessazione dell'attività
produttiva.
Una
più specifica disciplina del momento in cui si possa
considerare iniziata o cessata l'attività dell'impresa
individuale e di quella collettiva, ai fini dell'apertura
delle procedure, potrebbe dissipare i dubbi interpretativi
che sono stati alimentati nel corso degli anni successivi
all'entrata in vigore della legge fallimentare, ma questa
precisazione potrà formare oggetto di un maggiore
approfondimento in sede di attuazione della delega legislativa.
Quanto
si è ricordato con riferimento alla lettera a) va
ribadito in relazione alla lettera e), per porre in luce
che, essendo inevitabile percepire esclusivamente dall'interno
dell'impresa una situazione di squilibrio patrimoniale,
economico o finanziario, l'apertura della procedura anticipatoria
non può che dipendere dall'iniziativa del debitore,
sul quale ricadono le conseguenze anche di ordine penale
di un mancato intervento giudiziale tempestivo per sopperire
alla situazione di anormalità dell'attività
produttiva da lui rilevata.
Con
riferimento alla lettera f), tale iniziativa non può
tradursi soltanto nella richiesta formale al tribunale di
apertura della procedura di risanamento, ma deve consistere,
altresì, in un'attività complessa della quale
l'imprenditore deve farsi promotore sia con riferimento
alla predisposizione di un programma di risanamento, sia
avuto riguardo al modo come si intendano soddisfare le obbligazioni
esistenti. In altri termini si è ritenuto che, in
presenza di sintomi rivelatori di una situazione di crisi
dell'attività produttiva e non di uno stato d'insolvenza,
sia inevitabile affidare all'imprenditore anche le scelte
operative più opportune per poterla superare, tanto
più che egli avrà interesse ad avvalersi nel
modo migliore di tutti i rimedi interni ed esterni dei quali
si presume che abbia la migliore consapevolezza.
D'altra
parte, voler concepire anche nella procedura anticipatoria
una gestione commissariale non appare in sintonia col tipo
di strumento recuperatorio adottato, che resta nella disponibilità
del debitore e che preclude qualsiasi intervento giudiziario
sino a quando all'esterno non si abbia sentore del manifestarsi
di uno stato d'insolvenza.
Il
soddisfacimento dei creditori può avvenire secondo
modalità più appropriate alla realizzazione
dello scopo satisfattorio della procedura, senza escludere
la previsione di un periodo di moratoria, nonché
di forme di pagamento rateali e in percentuale .
Tali
modalità di pagamento, potranno riguardare anche
i crediti privilegiati salvo che si tratti di crediti assistiti
dal privilegio di cui all'articolo 2751-bis c.c.(lettera
g)).
Escludere
forme agevolate di estinzione delle obbligazioni e pretendere
che il debitore adempia a tutti i suoi debiti tradirebbe
la stessa finalità della procedura anticipatoria,
la quale è assimilabile ad un concordato stragiudiziale
reso legittimo e vincolante per tutti i creditori dall'intervento
giurisdizionale di esclusiva legittimità.
Il
termine "creditori privilegiati" adoperato sempre
con riferimento alla lettera g) va inteso in senso generico,
o di priorità riservata a talune categorie di creditori,
senza alcun riferimento ai concetti tecnico-giuridici di
prelazioni e di privilegi sanciti dal codice civile .
Alla
lettera h) è stato stabilito che il programma debba
comportare la continuazione dell'esercizio dell'impresa
e la tutela dei livelli occupazionali, per quanto possibile.
Questa espressione potrebbe dare adito a qualche dubbio
sulla configurabilità di una procedura anticipatoria
destinata, come abbiamo detto, al superamento della crisi
economica o finanziaria, nella quale non sia contemplata
la continuazione dell'impresa, potendo apparire inconciliabile
con l'intero impianto giudiziario del risanamento. Tuttavia,
vale osservare che la continuazione dell'esercizio dell'impresa
costituisce una connotazione della situazione quo ante che
faceva capo all'imprenditore in bonis, cosicchè non
si può escludere che l'assenza di attività
produttiva già delineatasi antecedentemente, possa
ugualmente determinare l'avvio del procedimento in vista
di uno squilibrio patrimoniale che possa preludere all'insolvenza
e del quale il debitore intende farsi carico per superarlo.
Inoltre
se, da una parte, occorre riconoscere che la continuazione
dell'esercizio dell'impresa ed il mantenimento dei livelli
occupazionali deve costituire la finalità primaria
della procedura unitamente al soddisfacimento dei creditori,
dall'altra, non si può escludere che negli stessi
limiti della legislazione dettata in via generale in materia
di imprese e di rapporti di lavoro, il programma di risanamento
possa anche prescindere dall'esercizio dell'attività
produttiva, ove vengano a mancare gli stessi presupposti
per la conservazione dell'impresa e debba avviarsi esclusivamente
un procedimento liquidatorio e di ripartizione dell'attivo
realizzato in favore dei creditori. In questo senso va intesa
l'enunciazione normativa in esame.
Dovranno essere individuati requisiti per l'ammissione alla
procedura di crisi, in particolare con riguardo alla regolare
tenuta della contabilità dell'impresa, condizione
necessaria per avere un quadro della esposizione debitoria
effettiva dell'istante (lettera i)).
Per
quel che riguarda la previsione di un giudizio sommario
del tribunale con cui è disposta l'apertura della
fase di crisi dell'impresa (lettera l)), valgono le regole
generali dettate per la dichiarazione di fallimento in ordine
alla competenza del tribunale del luogo in cui l'impresa
ha la sede principale, riproponendosi tutte le indicazioni
interpretative che sono state enunciate in materia. Si provvede
alla nomina di un giudice delegato, di uno o più
commissari giudiziali e di un organo rappresentativo dei
creditori in funzione della tutela degli interessi comuni.
La
regolamentazione di cui alla lettera l) è quella
stessa sancita per il concordato preventivo che per anni
ha caratterizzato positivamente l'attuazione del procedimento.
Intendendosi
estendere la procedura anticipatoria anche alle imprese
del gruppo in relazione alle quali la finalità di
risanamento può risultare indispensabile ed essere
meglio realizzata, facendo ricorso ad una gestione unitaria
nell'ambito del gruppo, come nella procedura d'insolvenza,
non si è mancato di prevederne una specifica regolamentazione
alla lettera m).
Secondo
la stessa dizione di cui alla lettera n) e come si è
già precisato, la gestione dell'impresa e l'amministrazione
del patrimonio non potevano che restare, durante tutto il
corso della procedura anticipatoria, nella disponibilità
dell'imprenditore, dovendo essergli necessariamente riservate
le iniziative necessarie per formulazione del programma
di risanamento ed il superamento della crisi, salvo quelle
limitazioni previste per il concordato preventivo e qualificate
dalla dottrina e dalla giurisprudenza come uno spossessamento
c.d. attenuato, riservando al giudice delegato la direzione
ed al commissario giudiziale il potere di vigilanza sulla
stessa, nonché confermando il sistema della preventiva
autorizzazione per gli atti di particolare rilevanza patrimoniale,
tra i quali possono annoverarsi gli atti di straordinaria
amministrazione.
Quanto
agli effetti della procedura, si è inteso introdurre
la stessa regolamentazione che caratterizza le procedure
concorsuali minori (amministrazione controllata e concordato
preventivo), sia pure con qualche variante destinata a rendere
più agevole la gestione della crisi e la sua composizione.
Così alla lettera o), è stato introdotto il
divieto delle azioni esecutive individuali, al fine di evitare
che, in pendenza del procedimento, l'impresa e lo stesso
compendio patrimoniale del debitore possano essere pregiudicati
dalle iniziative dei creditori. Non diversamente il divieto
di compiere atti diretti ad acquisire una posizione preferenziale
rispetto ad altri creditori e la sanzione dell'inefficacia
degli atti compiuti senza l'autorizzazione del giudice delegato,
quando questa è richiesta, tendono ad evitare che
possa essere modificata la situazione debitoria all'atto
dell'apertura della procedura e che tutti i creditori siano
vincolati dall'accordo o dalla convenzione che stano alla
base del superamento dello stato di crisi dell'impresa.
Alla
stessa stregua della disciplinata dettata dall'articolo
45 del RD 16 marzo 1942, n. 267, per il fallimento, è
previsto l'obbligo del compimento delle formalità
necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi.
Si
ricalca, inoltre, il principio della facoltà di scioglimento
o di subentro del debitore nei rapporti giuridici preesistenti,
introducendosi una regola nuova che consente al contraente
di sottrarsi agli obblighi negoziali al di fuori dei principi
generali dettati dal codice civile.
E'
stata, poi, prevista l'inapplicabilità degli articoli
2447 e 2448 c.c., intendendosi evitare che l'impresa collettiva
sia costretta ad assumere iniziative inerenti alla reintegra
del capitale sociale od al suo scioglimento, con inevitabili
conseguenze negative anche in ordine al superamento della
crisi od allo stesso accordo con i creditori.
E'
stata, altresì, esclusa la responsabilità
di cui all'articolo 2560, primo comma, c.c., intendendosi
liberare, con la cessione dell'azienda a terzi, il debitore
da tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'impresa
ed evitare una responsabilità per coobbligazioni
non più direttamente riferibili all'imprenditore,
ma alle successive vicende proprie del cessionario dell'azienda.
L'inapplicabilità
di detta disposizione anche nel corso della procedura raramente
può riflettere l'ipotesi di una totale cessione dei
complessi aziendali e regola piuttosto quella di un trasferimento
di alcuni di essi, nel qual caso non soltanto non opera
sugli effetti della procedura, ma non ne vanifica neppure
lo scopo. Anzi può risultare idonea ad eliminare
una parte del passivo e ad agevolare la completa realizzazione
del programma di risanamento.
Se,
poi, si volesse ritenere ipotizzabile, prima dell'omologazione,
anche il caso di una cessione totale dei complessi aziendali,
la procedura avrebbe anzitempo assolto allo scopo del risanamento
dell'impresa, assumendo natura esclusivamente liquidatoria
e satisfattoria, il che potrebbe essere considerata un'eventualità
più vantaggiosa da incoraggiare.
Non
sembra potersi dubitare, secondo una consolidata giurisprudenza
delineatasi da anni per il concordato preventivo, che gli
effetti della procedura, una volta che la stessa sia stata
deliberata, retroagiscano al momento della presentazione
dell'istanza da parte del debitore.
Come
è previsto dalla normativa dettata dal RD 16 marzo
1942, n. 267, si è ritenuto alla lettera p) di mantenere
nell'ambito della procedura anticipatoria una tutela giurisdizionale
con effetti endoconcorsuali del debitore, dei creditori
e di ogni altro interessato nella forma dei procedimenti
in camera di consiglio, facendo ricorso al decreto del giudice
delegato, al reclamo al collegio ed al ricorso per cassazione.
Anche
per tale specifica tutela valgono le indicazioni fornite
dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione che, in passato,
hanno contribuito alla costituzionalizzazione del procedimento
di cui all'articolo 26 del RD citato. In questo senso sono
stati codificati i principi secondo cui deve essere rispettata
la decorrenza del termine di impugnazione dalla data della
comunicazione del provvedimento, va assicurato l'effettivo
contraddittorio tra le parti, in rispetto del diritto di
difesa e quindi la loro audizione in camera di consiglio,
nonché l'obbligo della motivazione della decisione.
Inoltre, il reclamo è ammissibile sia per i provvedimenti
decisori, sia per quelli ordinatori, ma il ricorso per cassazione
avverso il decreto del tribunale è proponibile esclusivamente
in materia di provvedimenti decisori e definitivi.
Se
la controversia ha per oggetto diritti soggettivi dei terzi
estranei alla procedura, il ricorso al procedimento di reclamo
è inammissibile ed occorre far ricorso esclusivamente
al giudizio ordinario di cognizione.
Alla
lettera q) è stato stabilito che, ove la procedura
di crisi non possa essere utilmente continuata, debba essere
disposta la sua cessazione e dichiarato lo stato d'insolvenza.
Quest'ultima eventualità è quella che generalmente
può verificarsi, ma non è da escludere che
il venir meno della procedura anticipatoria possa non approdare
all'apertura della fase concorsuale dell'insolvenza, come
nell'ipotesi in cui l'imprenditore abbia superato la crisi
al di fuori della stessa esecuzione del piano di risanamento,
oppure che la procedura sia stata disposta nei suoi confronti
in mancanza del presupposto soggettivo.
Neppure
può dubitarsi che, sino a quando è in corso
la procedura anticipatoria, non si possa dichiarare lo stato
di insolvenza, come del resto accade attualmente nella vigente
disciplina, secondo cui non si può procedere alla
dichiarazione di insolvenza o di fallimento sino a quando
l'imprenditore risulta ammesso al concordato preventivo
od all'amministrazione controllata.
La
lettera r) concerne l'espresso riconoscimento che i crediti
sorti per la gestione dell'impresa e l'amministrazione del
patrimonio del debitore, dopo l'apertura della procedura
di crisi, debbano essere qualificati di natura prededucibile
anche nella successiva fase concorsuale dell'insolvenza.
La previsione normativa, più che fondarsi sul principio
interpretativo della conversione o consecuzione dei procedimenti
concorsuali, è giustifcato dalla stessa disciplina
normativa dettata per la conservazione di tutti gli atti
legittimamente posti in essere.
Sulla
base delle considerazioni svolte alla lettera a) potrebbe
sembrare meno giustificabile la regolamentazione di cui
alla lettera s), con cui si è stabilito che i termini
per la declaratoria di inefficacia e la revocatoria concorsuale
degli atti debbano decorrere nella successiva procedura
d'insolvenza dalla data di apertura della procedura anticipatoria.
In realtà, però, quando alla procedura anticipatoria
fa seguito quella d'insolvenza si può affermare che
la situazione di squilibrio economico finanziario o patrimoniale
che ha dato luogo all'apertura della prima altro non era
che uno stato d'insolvenza che avrebbe dovuto essere dichiarato
sin dall'origine.
La
verifica da parte dei creditori e successivamente del tribunale,
in sede di omologazione, della legittimità del programma
di risanamento e di estinzione delle obbligazioni del debitore
si giova delle risultanze di un'apposita relazione che il
commissario giudiziale provvede a depositare in cancelleria,
ai sensi della lettera t).
Il
programma, anche alla luce della esperienza tratta dalla
riforma dell'amministrazione straordinaria deve essere approvato
dai creditori, secondo maggioranze di numero e di crediti;
a tal fine i crediti saranno ripartiti in classi omogenee
per interessi economici, anche con riferimento ai contenuti
del piano , e saranno disciplinati i rapporti tra esiti
della votazione delle singole classi ed esito complessivo
delle votazioni . A differenza del sistema normativo dettato
per l'amministrazione controllata ed il concordato preventivo,
si è ritenuto di introdurre la disciplina prevista
per l'approvazione del concordato fallimentare, nel quale
al principio della collegialità e della valorizzazione
dell'assemblea si è preferita la maggiore speditezza
ed operatività della votazione per esplicita manifestazione
di dissenso; tuttavia potrà eventualmente essere
prevista anche l'approvazione mediante mancata manifestazione
del dissenso. Infine, nel caso in cui il piano di risanamento
contempli il pagamento rateale o in percentuale di natura
fiscale e previdenziale, gli enti creditori potranno prestare
il loro assenso quando la percentuale offerta appaia conveniente
rispetto agli esiti prevedibili della procedura. Le modalità
della votazione e del calcolo per la determinazione delle
maggioranze potranno formare oggetto di attento approfondimento
e specifica disciplina in sede di esecuzione della delega
al Governo.
Nell'ipotesi
in cui non siano state raggiunte le maggioranze dei creditori
previste per l'approvazione del programma ovvero nei casi
di rigetto dell'istanza o di mancata approvazione od omologazione
del piano di risanamento, il giudice delegato promuove da
parte del tribunale il giudizio di dichiarazione dello stato
d'insolvenza; ma anche in questo caso, come si è
detto per la conversione, occorre procedere preventivamente
all'accertamento di tale stato al quale è strettamente
collegata l'apertura di quest'ulteriore fase processuale
(lettera u)). In particolare, va precisato che non è
configurabile un'automatica dichiarazione d'insolvenza,
dovendosi riconoscere che l'apertura della fase anticipatoria
in un certo senso la esclude e che dell'indagine sulla situazione
economica del debitore non si possa mai prescindere.
Qualora
il programma di risanamento risulti approvato dai creditori
si fa luogo all'apertura del procedimento di omologazione
che si conclude con una sentenza in camera di consiglio
avente per oggetto l'accertamento della sussistenza delle
condizioni che legittimano l'esecuzione del programma di
risanamento e di soddisfacimento dei creditori, senza svolgere
alcuna indagine di merito che rimane esclusivamente riservata
ai creditori.
Ulteriore
connotazione di questo giudizio di omologazione, improntato
alla massima operatività e speditezza, è la
mancanza dell'appello che in tema di concordato preventivo
ha comportato talvolta un'eccessiva conflittualità
e soprattutto una durata non consona all'esigenza di tutela
degli interessi coinvolti.
Questo
meccanismo processuale fondato sull'approvazione dei creditori
e su un successivo giudizio di omologazione da parte del
tribunale è apparsa la formula più felice
per approntare, da un lato, una sufficiente garanzia in
favore dei soggetti interessati e, dall'altro, per riservare
al giudice un controllo dell'accordo che sta alla base del
ripristino della normalità dell'attività produttiva,
ma anche del soddisfacimento delle obbligazioni dell'imprenditore.
In
ogni caso, è vero che l'approvazione dei creditori
non esclude che il tribunale possa diversamente decidere
sulla correttezza e sulla legalità del programma,
mentre la mancanza di tale approvazione preclude tale giudizio
e non consente il superamento dello stato di crisi imprenditoriale,
ma è altrettanto innegabile che resta sempre la successiva
procedura di insolvenza nella quale con maggiore penetrazione
dei pubblici poteri si può ancora assicurare la tutela
degli interessi pubblicistici coinvolti nel dissesto.
Secondo
la enunciazione di cui alla lettera v), l'esecuzione del
programma di risanamento, una volta approvato ed omologato,
deve concludersi in un congruo termine, che si è
ritenuto di fissare nell'arco temporale di due anni, salva
sempre la possibilità di far luogo alla cessazione
della procedura, quando tale fase esecutiva non possa essere
utilmente iniziata, proseguita o completata, ovvero alla
sua revoca, qualora si accerti che il debitore ha esposto
false informazioni o ha omesso di fornire informazioni rilevanti
al fine di essere ammesso alla procedura o ha compiuto atti
in frode ai creditori. In tali casi si è precisato
che l'apertura della procedura di insolvenza deve essere
preceduta da un giudizio sulla sussistenza di tale stato.
Resta
ribadito alla lettera z) che vige, in ogni caso di conversione
della procedura anticipatoria in procedura di insolvenza,
il principio della conservazione di tutti gli atti legittimamente
posti in essere, con ciò sopperendosi all'esigenza
di una loro immodificabilità; tali atti restano,
pertanto, validi ed efficaci nella successiva fase processuale,
evitando le conseguenze pregiudizievoli che generalmente
provoca il concordato stragiudiziale, quando non viene eseguito.
I crediti sorti per la gestione dell'impresa e l'amministrazione
del patrimonio del debitore sono prededucibili anche nella
fase successiva di insolvenza, assicurandosi in tal modo
la soddisfazione dei costi della procedura come debiti della
massa.
3.
Procedura di insolvenza - La mancata conclusione del procedimento
anticipatorio o di crisi imprenditoriale oppure il mancato
esperimento dello stesso non escludono che si debba ugualmente
dar vita ad una fase concorsuale quando si accerti uno stato
di insolvenza e si ritenga, quindi, necessario trovare un'adeguata
soluzione al dissesto con il soddisfacimento dei creditori
e, se è possibile, con il risanamento totale o parziale
dell'impresa.
A
differenza dell'amministrazione straordinaria, nella quale
si è ritenuto di dar vita ad una prima procedura
di insolvenza volta a stabilire se possa essere attuato
il rimedio conservativo o liquidatorio dell'impresa, nel
progetto in esame si è prevista un'unica fase concorsuale
improntata alla massima flessibilità ed adattabilità
alle concrete esigenze della gestione concorsuale, senza
alcuna schematizzazione delle attività processuali.
Questa differenza dovrebbe facilitare non poco l'attuazione
del concorso e soprattutto consentire la più ampia
facoltà di decisione e di modifica parziale o totale
del programma che si intende realizzare, in modo da applicare
il rimedio conservativo o liquidatorio nella sua massima
estensione, lucrandone esclusivamente i vantaggi.
Alla
lettera aa) ci si è fatti carico del presupposto
soggettivo per farsi luogo all'apertura della procedura
e si è ribadito che anche in questo caso questa debba
essere applicata a quelle stesse imprese assoggettabili
alla fase anticipatoria, per le quali vale richiamare le
considerazioni già svolte.
Quanto
al presupposto obiettivo che determina il sorgere della
fase concorsuale in esame non si è più in
presenza di uno stato di crisi o di squilibrio economico,
finanziario o patrimoniale, come nella procedura anticipatoria,
ma occorre che si sia delineata quell'incapacità
dell'imprenditore a far fronte con mezzi normali alle proprie
obbligazioni, riproponendosi tutte le indicazioni e le questioni
interpretative che sono state poste alla base della dichiarazione
di fallimento.
Piuttosto,
secondo il criterio enunciato alla lettera bb), a differenza
della procedura di crisi nella quale l'iniziativa è
riservata necessariamente al solo debitore, in quella d'insolvenza
la legittimazione attiva è riconosciuta non soltanto
a quest'ultimo, ma anche ai creditori, al pubblico ministero
e lo stesso tribunale può disporla di ufficio. In
sostanza, l'iniziativa del procedimento è strutturata
negli stessi termini di quelli sanciti per la dichiarazione
di fallimento dall'articolo 6 del RD 16 marzo 1942 n. 267.
La
competenza è attribuita al tribunale del luogo in
cui ha sede l'impresa, così come si è detto
per la fase anticipatoria, e devono essere osservati tutti
quei criteri che risultino idonei a privilegiare la rapidità
delle decisioni, non escluse le impugnazioni e l'iter complessivo
del procedimento.
E'
stato, altresì, precisato alla lettera cc) che con
la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza devono
essere nominati gli organi della procedura e stabiliti i
termini per la presentazione delle domande di ammissione
al passivo e per l'accertamento dei crediti. E' da segnalare
la configurabilità della nomina di uno o più
curatori, riconoscendosi che la complessità della
procedura possa presentare l'esigenza di un organo gestorio
collegiale; saranno altresì stabiliti requisiti di
professionalità e di onorabilità dei curatori,
nonché i criteri di liquidazione dei relativi compensi.
I
successivi punti del progetto, che vanno dalla lettera dd)
alla lettera gg), devono essere esaminati globalmente in
modo da rappresentare un quadro completo delle iniziative
che devono essere assunte progressivamente nell'attuazione
della procedura.
Innanzitutto,
secondo l'espressione del principio di salvezza enunciato
nella lettera dd), la procedura d'insolvenza può
essere disposta solo se non sia più pendente la fase
anticipatoria.
Inoltre
si è voluto evitare che la procedura d'insolvenza
debba essere aperta e proseguita in ogni caso, anche quando
appaia inutile. Può accadere, infatti, che emerga
in modo evidente ed incontestabile che l'attivo da liquidare
sia insufficiente per consentire una sia pur modesta ripartizione
in favore dei creditori. In quest'eventualità si
è ritenuto che la procedura non debba essere continuata,
come si verifica, viceversa, attualmente per il fallimento,
determinando l'aumento di oneri ingiustificabili sia per
i diretti interessati, sia per la collettività.
Questa
prima precisazione pone in luce che la sentenza dichiarativa
d'insolvenza è sufficiente per l'indagine sulle eventuali
responsabilità penali collegate a tale pronuncia,
che l'accertamento dei crediti può seguire le fasi
giudiziali tradizionali e così pure la loro realizzazione
esecutiva; che l'eventuale contestazione della pronuncia
d'insolvenza potrà formare oggetto di esame da parte
del giudice, senza che si renda necessaria una difesa della
stessa procedura, riservando, invece, agli altri interessati
la cura e la tutela delle loro eventuali posizioni di diritto
soggettivo lese.
La
procedura d'insolvenza non deve, inoltre, essere osservata
nella sua completa articolazione, quando il tribunale accerti
che non sussistono prospettive di risanamento, o le stesse
appaiano di dubbia rilevanza economica o sociale. Anche
in questo caso, in aderenza al principio della speditezza
della procedura concorsuale, si deve compiere un'immediata
liquidazione dell'attivo e, quindi, la ripartizione in favore
dei creditori .
Anche
in quest'eventualità l'impossibilità di dare
esecuzione ad un programma di risanamento aziendale deve
emergere ictu oculi, senza alcuna possibilità di
dubbio.
Qualora,
invece, non si delineino le situazioni descritte, oppure
occorra svolgere un'indagine per assicurarsi che lo stato
dell'impresa consenta il risanamento oppure esclusivamente
la liquidazione del patrimonio, si è ritenuto di
riservare agli organi del procedimento la possibilità
di svolgere un'attenta analisi della situazione imprenditoriale
in un termine che non può essere superiore ai 90
giorni, entro il quale occorre stabilire quale sia la reale
consistenza dell'impresa e del patrimonio del debitore,
per assumere le convenienti iniziative.
Si
potrebbe ritenere che, nell'ipotesi in cui la procedura
d'insolvenza faccia seguito a quella anticipatoria, la previsione
di un ulteriore arco temporale, durante il quale il curatore
debba ancora esaminare la situazione dell'impresa per stabilire
se possa procedersi all'esecuzione di un programma di risanamento,
si traduca in un ulteriore aggravio economico ed in inutile
appesantimento dell'iter processuale, certamente pregiudizievoli
per i creditori. In particolare la critica potrebbe riguardare
il fatto che, essendo stata inutilmente sperimentata la
fase anticipatoria, nella quale l'imprenditore e gli stessi
creditori non hanno mancato di utilizzare ogni risorsa idonea
al superamento della crisi, sarebbe del tutto illusorio
sperare che nella medesima situazione economica, certamente
peggiore, se non altro per il tempo trascorso, si possa
trovare ancora un rimedio per il risanamento imprenditoriale.
Tuttavia
al rilievo sopra rappresentato si può replicare che,
a prescindere dalla necessità di una previsione normativa
che deve autonomamente disciplinare la procedura di insolvenza,
l'ipotesi considerata della consecuzione della procedura
di crisi in procedura di insolvenza non esclude, da un lato,
la possibilità che gli organi gestori adottino iniziative
mai prima considerate e diverse da quelle rappresentate
dal debitore e, dall'altro, che le prospettive di risanamento
possano essere realizzate più facilmente anche in
relazione al diverso atteggiamento che i terzi e gli stessi
enti finanziatori potrebbero assumere verso il curatore.
Anche
su questo punto, attesa la opinabilità della diversa
soluzione proponibile è opportuno rimettere ogni
decisione definitiva al Parlamento.
Certamente,
poi, il programma di risanamento deve contenere l'indicazione
delle attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione
dell'attività produttiva, se questa deve essere svolta,
sia l'eventuale smobilizzo dei beni non più funzionali
all'esercizio dell'impresa, le previsioni economiche e finanziarie
connesse a tale esercizio ed il relativo piano di copertura
finanziaria.
Quanto
ai contenuti si potrà trattare di cessione dei complessi
aziendali in relazione alla quale devono essere indicate
le modalità del trasferimento, le previsioni dell'ammontare
del realizzo ed ogni ulteriore attività connessa
a tale programma; mentre nell'ipotesi di ristrutturazione
dovranno essere individuati gli strumenti con i quali il
risanamento può essere realizzato, non esclusi il
mutamento degli assetti imprenditoriali e le misure di ricapitalizzazione
dell'impresa. Non possono neppure mancare le modalità
con cui si intendono negoziare i rapporti obbligatori con
i creditori ed occorre indicare le eventuali convenzioni
che devono essere stipulate con i creditori, compresi i
patti paraconcordatari e l'eventuale scadenza delle obbligazioni
pattuita.
Vanno
anche ricordate le procedure di consultazione con le organizzazioni
sindacali, e l'osservanza delle regole dettate dalla CE,
non ultime quelle di cui alla Direttiva comunitaria n. 98/50
di modifica della precedente n. 77/87 recepita nel nostro
ordinamento giuridico con l'articolo 47 della L. 428/90.
In
ogni caso il curatore, alla scadenza della fase di osservazione,
deve presentare entro il termine di quindici giorni una
propria relazione con cui prospetta le iniziative che intende
assumere sia per eseguire un proprio programma di risanamento,
sia per riferire sulla validità e sulla legittimità
di quelli che potranno essere avanzati dal debitore o da
terzi, sia per informare ad ogni altro effetto sulle cause
del dissesto e su ogni altra circostanza utile alla procedura.
Come
si è già accennato prima, un'ulteriore connotazione
peculiare del programma di risanamento di questa procedura
è la mancata previsione di una fase amministrativa
che si sovrapponga a quella giurisdizionale della dichiarazione
di insolvenza.
Infatti
nella nuova procedura d'insolvenza si è inteso essenzialmente
privilegiare la stessa privatizzazione dell'insolvenza e
con essa le iniziative del debitore, dei creditori e di
tutti i soggetti interessati al dissesto, ai quali è
opportuno che sia lasciata la scelta dei mezzi di recupero
del sistema produttivo di ciascuna impresa, salvo il principio
di legalità il cui accertamento non può che
appartenere al giudice ordinario.
Alle
lettere hh) - mm) è stata riprodotta per la procedura
d'insolvenza la medesima disciplina contemplata per la fase
anticipatoria sia in ordine all'approvazione del programma
da parte dei creditori, che in relazione all'apertura del
procedimento di omologazione, ed al successivo giudizio
di accoglimento o di rigetto. Tuttavia rispetto alla procedura
di crisi, per l'omologazione del programma di risanamento
nella fase d'insolvenza si è ritenuto di attribuire
al tribunale non soltanto un'indagine di legittimità,
ma anche di merito. Ciò è spiegabile in considerazione
dei rilevanti interessi economici e sociali che vengono
coinvolti nel concorso collettivo, ma soprattutto perché
la decisione assunta dal tribunale può segnare la
sorte definitiva dell'impresa e dei livelli occupazionali
e sotto tale profilo un giudizio di mera legittimità
potrebbe sottrarre al controllo del giudice interessi pubblicistici
che trascendono il limite della disponibilità dei
diritti delle parti.
L'esecuzione
del programma anche nella procedura d'insolvenza, al pari
di quanto previsto alla lettera v), deve essere eseguito
nel termine di due anni dalla pubblicazione della sentenza.
Con ciò si è voluto chiaramente evitare che
la proposizione del ricorso per cassazione avverso la decisione
possa ritardare la conclusione della procedura.
La
mancata approvazione del programma da parte dei creditori
od il mancato accoglimento della domanda di omologazione
da parte del tribunale determinano la liquidazione del patrimonio
del debitore e la ripartizione del realizzo in favore dei
creditori (lettera mm)).
Quanto
agli effetti di cui alla lettera nn) si è confermato
il principio dello spossessamento del patrimonio dell'imprenditore,
ma si è stabilito che la perdita della sua capacità
debba essere limitata ed evitata per tutto ciò che
non è utile alla procedura.
La
previsione normativa richiamata adempie ad un'esigenza da
tempo sentita e più volte sottolineata dagli studiosi
secondo cui il fallimento (nella specie l'apertura della
procedura d'insolvenza) non costituisce più una misura
sanzionatoria per l'imprenditore, né intende qualificare
il concorso collettivo come una sorta di "morte civile"
per lo stesso.
Pertanto,
l'opzione qui adottata degli effetti dell'insolvenza per
il debitore attua un principio di particolare rilevanza
civile e sociale del quale si è ritenuto di farsi
carico.
Viceversa,
si è ribadito quanto contenuto nel RD 16 marzo 1942
n. 267 per quanto attiene alla disciplina delle formalità
di legge sull'opponibilità e sull'inefficacia degli
atti ai terzi e degli atti e dei pagamenti connessi alla
gestione ordinaria dell'impresa successivi alla dichiarazione
dello stato d'insolvenza.
In
ordine agli effetti per i creditori, oltre a confermare
la precedente regolamentazione, la lettera nn) della delega
tiene conto dei più recenti orientamenti giurisprudenziali
in tema di compensazione di debiti e crediti concorsuali,
anche se non ancora liquidi od esigibili, del divieto delle
azioni esecutive anche speciali, con ciò riproducendo
la disciplina dettata per l'amministrazione straordinaria,
tenendo ferma la distinzione tra creditori aventi un diritto
di prelazione e creditori chirografari.
Particolare
considerazione merita la disciplina degli atti pregiudizievoli
ai creditori di cui alla lettera oo).
Come
è noto nel sistema normativo concorsuale precedente
alla legge fallimentare, il tribunale poteva stabilire il
giorno della cessazione dei pagamenti in un tempo non superiore
al triennio anteriore, poi modificato in un termine più
ristretto di due anni, con la conseguenza che l'inefficacia
finiva col colpire tutti gli atti che fossero stati compiuti
nel suddetto periodo, a prescindere da qualsiasi indagine
in ordine allo stato psicologico assunto dal debitore.
Il
legislatore del 1942 intese innovare tale disciplina, sancendo
un termine legale variabile per ciascuna categoria di atti
di cui si può presumere iuris et de iure la conoscenza
oppure la si deve dimostrare.
Il
primo sistema semplificava l'indagine giudiziaria, ma prescindeva
dalle specifiche situazioni nelle quali il debitore e l'accipiens
avevano operato; quello attualmente vigente mitiga, in un
certo senso, le conseguenze inique di un'esasperata osservanza
della par condicio creditorum, ma presta il fianco a possibili
effetti distorsivi della sua concreta applicazione in conseguenza
dell'esito delle prove assunte.
Va
aggiunta a ciò la maggiore conflittualità
che ha caratterizzato nell'ultimo ventennio la revocatoria
fallimentare, soprattutto quando le iniziative giudiziarie
assunte dalle procedure concorsuali investono rilevanti
interessi economici, suscitando l'interrogativo sino a che
punto sia giustificabile nell'insolvenza imprenditoriale
la ricostruzione del patrimonio del debitore ed il rispetto
della parità di trattamento dei creditori, rispetto
ad una tutela generale di tutti i soggetti coinvolti.
Con
particolare riferimento alle nuove prospettive manifestatesi
nel sistema normativo concorsuale di un bilanciamento di
tutti gli interessi meritevoli di tutela e dell'esigenza
di avviare un tentativo di risanamento dell'impresa insolvente,
è apparso dunque imprescindibile stabilire quali
debbano essere i limiti di operatività della revocatoria
e quali le giustificabili esenzioni da tale azione.
Con
riferimento al progetto di legge delega in esame, non si
è ritenuto di potere configurare alcuna esimente
e neppure una sospensione delle azioni di inefficacia e
revocatorie durante l'attuazione del procedimento d'insolvenza,
anche se il risanamento debba essere attuato mediante strutturazione
del complesso aziendale, ma piuttosto si è pensato
di restringere il campo di operatività delle stesse
per venire incontro a quelle aspettative da più parti
manifestate di mitigare l'eccessivo rigore con cui tali
azioni vengono applicate.
E'
stata, quindi confermata la disciplina dettata dagli articoli
64, 65, 66 del RD 16 marzo 1942, n. 267. Inoltre è
rimasta immutata la revocatoria fallimentare degli atti
a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni
assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che
a lui è stato dato o promesso.
La
medesima conclusione si è assunta per gli atti di
cui all'articolo 67, primo comma n. 2 e 3, se è vero
che la formula adoperata alla lettera oo) indica la revocabilità
dei negozi, degli atti e dei pagamenti anormali. Questultima
espressione pagamenti anormali, lungi da costituire
una novità per linterprete è stata,
comè noto, enucleata a contrario dalla dottrina
e dalla giurisprudenza sulla base della attuale dizione
del primo comma, n. 2, dellarticolo 67 della Legge
Fallimentare in cui si prevede la revocatoria degli atti
estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non
effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento.
Con
tale espressione e per orientamento ampiamente consolidatosi
in dottrina e in giurisprudenza, sintendono come esempi
tipici di mezzi anormali di pagamento: la datio in solutum,
la cessione del credito, la compensazione convenzionale
al di fuori dei limiti di cui allarticolo 56 della
L. Fall. e la delegazione passiva.
Anche
i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie per debiti
preesistenti non scaduti, anche se non espressamente indicati,
dovrebbero rientrare tra gli atti anormali ed essere assoggettabili,
quindi, alla revocatoria concorsuale.
Per
tutti i suddetti atti, è rimasta la prova liberatoria
posta a carico del convenuto in ordine alla "inscientia
decoctionis", ma il periodo sospetto è stato
ridotto ad un anno.
La
medesima disposizione ha sancito, altresì, la revocatoria
concorsuale relativamente ai negozi posti in essere al fine
di favorire alcuni creditori in danno di altri, lasciando
anche in questo caso la prova liberatoria a carico del curatore
e riducendo il termine del periodo sospetto a sei mesi.
Sicuramente
la previsione normativa ha eliminato la revocatoria concorsuale
per i pagamenti normali e l'ha limitata per i negozi normali
(tra i quali si possono far rientrare il pegno e l'anticresi
e l'ipoteca volontaria, ma non le ipoteche giudiziali) ai
casi in cui venga fornita la prova dell'intenzione del debitore
di favorire alcuni creditori in danno di altri.
Alla
presunzione del pregiudizio determinato dallo stato di insolvenza
che legittimava l'esercizio della revocatoria fallimentare,
salvo la prova della scientia decoctionis del convenuto
a carico del curatore e di quella contraria alla sussistenza
di detta presunzione, si è sostituita la medesima
disciplina dettata per la bancarotta preferenziale. Si deve,
quindi, ritenere che la revocatoria concorsuale non è
esercitabile tutte le volte in cui non sia possibile fornire
la prova del dolo del debitore e del danno che l'atto solutorio
abbia provocato agli altri creditori allo scopo di favorire
taluno di essi, come nei casi in cui il pagamento sia avvenuto
in favore di chi può, comunque, ottenere ugualmente
il soddisfacimento nel concorso collettivo, o contestualmente
al pagamento ricevuto abbia effettuato la controprestazione.
Anche
in questo caso il termine del periodo sospetto subisce una
riduzione a sei mesi.
Con
la riforma della legge sull'amministrazione straordinaria
si era già sentita l'esigenza di modificare il sistema
dello scioglimento dei rapporti giuridici preesistenti a
seguito del sopravvenire del fallimento e della liquidazione
coatta amministrativa. Infatti all'articolo 50 del D.Lgs.
270/99 è stato sancito che, esclusa qualsiasi ipotesi
di scioglimento automatico, è riconosciuto al commissario
straordinario il potere di sciogliersi dai contratti, anche
ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti
o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data
di apertura del procedimento. E' stato, inoltre, stabilito
che; sino a quando la facoltà di scioglimento non
sia esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.
In
questa sede, alla lettera pp) non soltanto si è voluta
riservare al curatore la suddetta facoltà di scioglimento
da tutti i rapporti giuridici preesistenti ineseguiti o
ancora non interamente eseguiti, ma si è introdotta
la disciplina della loro sospensione per evitare che in
attesa del concreto esercizio di tale facoltà, si
possano addossare al curatore altri oneri, salva la possibilità
per il contraente in bonis di chiedere al giudice delegato
la fissazione di un termine.
La
previsione normativa intende realizzare, in attesa od in
pendenza del programma di risanamento, la maggiore tutela
possibile per i creditori ed evitare che la procedura possa
essere onerata di altre passività che potrebbero
compromettere il buon esito del recupero dell'attività
produttiva ed il soddisfacimento dei creditori concorsuali.
In tal modo al principio dell'obbligatorietà dei
contratti tra le parti prevale quello dell'esigenza di tutela
degli altri interessi pubblicistici connessi al procedimento
concorsuale.
Rispetto
alla attuale disciplina dell'amministrazione straordinaria,
non è prevista alcuna deroga, neppure per il contratto
di locazione e per quello di lavoro subordinato, essendosi
considerato che in sede di attuazione della delega governativa
si possa tenere conto del collegamento con l'attuale legislazione
in tema di lavoro.
Un'ulteriore
connotazione di particolare rilievo è stata introdotta
alla lettera qq) con riferimento all'accertamento del passivo.
Viene,
innanzitutto, stabilito che si deve provvedere a tale accertamento,
ove sussista un attivo da liquidare. La previsione normativa
trova fondamento nella medesima regola enunciata alla lettera
ee) laddove si è stabilito che la procedura debba
essere chiusa allorchè non vi sia un sufficiente
attivo, tale da consentire almeno una modesta ripartizione
ai creditori.
Infatti,
se è vero che la procedura non può essere
utilmente continuata quando non vi è un sufficiente
attivo, a maggior ragione l'accertamento del passivo deve
essere considerata in tal caso un'attività giurisdizionale
inutile.
L'accertamento
del passivo, deve, poi, svolgersi davanti al giudice delegato,
confermandosi così implicitamente l'applicabilità
del principio dell'obbligatorietà del rito speciale
dell'accertamento dei crediti improntato alla massima operatività
e speditezza.
In
questa sede la linea ispiratrice della stessa disciplina
fallimentare dettata in materia non soltanto è stata
confermata, ma è stata estesa ulteriormente, sia
per lucrare il vantaggio della celerità del procedimento
anche nella successiva fase contenziosa, sia per porre fine
ad un dubbio interpretativo da tempo posto dalla dottrina
ed al quale la giurisprudenza aveva ritenuto di dare soluzione,
scindendo la prima fase, alla quale aveva riconosciuto effetti
preclusivi nell'ambito concorsuale, dalla seconda alla quale
erano stati attribuiti effetti di giudicato. Questa ulteriore
conseguenza ha, però, determinato non poche discrasie
nel sistema perché non è stato possibile giustificare
sempre gli effetti extraconcorsuali, soprattutto tenuto
conto che l'incapacità del fallito gli preclude di
partecipare alle controversie nelle quali vengono assunti
provvedimenti destinati ad incidere definitivamente sui
diritti patrimoniali dell'imprenditore. Tanto più
che la questione di legittimità costituzionale sollevata
con riferimento alla mancanza di legittimazione attiva del
fallito ad impugnare i crediti ammessi è stata disattesa,
ingenerando vivaci critiche della stessa dottrina.
Tenuto
conto anche di tali contrasti interpretativi, si è
ritenuto, da un lato, di limitare gli effetti dell'accertamento
del passivo ai soli fini concorsuali, restando sempre la
possibilità per il debitore, una volta tornato in
bonis, di rimettere in discussione tali rapporti controversi
e, dall'altro, si è introdotta in via generale la
tutela del reclamo al collegio e del ricorso per cassazione.
Questa
innovazione non contrasta con l'attuale disciplina dettata
dal codice di rito sulla competenza del giudice unico che
resta immutata in primo grado, essendo l'accertamento devoluto
al giudice delegato e, quindi, al tribunale che funge da
giudice di appello. Il ricorso per cassazione assicura l'ulteriore
tutela di legittimità dei diritti creditori.
La
natura sommaria del procedimento non può incidere
minimamente sulla sufficiente garanzia del diritto di difesa,
trattandosi di accertamento con effetti endofallimentari
e non di giudicato esterno.
Inevitabilmente
i crediti contratti per la gestione dell'impresa ed il patrimonio
del debitore non possono che essere qualificati di natura
prededucibile e devono essere soddisfatti con preferenza
rispetto ad ogni altro credito. Tuttavia alla lettera rr)
si è voluto tenere conto dei dubbi interpretativi
che in passato hanno caratterizzato la graduazione di tali
crediti rispetto a quelli assistiti da un diritto di garanzia
reale (pegno ed ipoteca), precisandosi che queste ultime
posizioni debbano essere preferite anche ai crediti prededucibili.
E'
indubbio che, se determinati effetti si sono prodotti durante
la precedente fase anticipatoria dell'impresa in crisi e
risultino imprescindibili anche nella procedura d'insolvenza
a tutela dei creditori, sia inevitabile regolarne la retrodatazione,
in modo tale che il loro decorso possa retroagire sin dal
sorgere della prima fase concorsuale. L'accorgimento normativo
pone fine a qualsiasi dubbio interpretativo che si era posto,
in passato, a proposito della consecuzione o conversione
dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo
nel fallimento successivamente dichiarato, sostenendosi
che in quest'ultimo procedimento non avrebbero potuto trovare
retrodatazione gli effetti già prodotti dalla prima
fase concorsuale. Così, il dubbio era sorto in tema
di sospensione del decorso degli interessi, di inefficacia
di atti non autorizzati, di acquisizione di posizioni preferenziali
non autorizzate, di prededucibilità dei crediti,
ecc. La precisazione contenuta alla lettera ss) è
apparsa, quindi, essenzialmente destinata a chiarire detta
incertezza interpretativa.
La
liquidazione dei beni è generalmente collegata ad
un programma caratterizzato dal trasferimento della titolarità
dell'impresa, ma non è da escludere che anche quello
che abbia per oggetto la ristrutturazione dell'impresa possa
presentare momenti liquidatori connessi ad un'eliminazione
dei rami d'azienda improduttivi o non più utili.
Inoltre anche ipotesi concordatarie od accordi con i terzi
possono determinare l'esigenza di disporre la liquidazione
od il trasferimento di aziende, o di singoli rami produttivi,
o di beni singoli.
Il
progetto di riforma contiene precise disposizioni dirette
a regolare la cessione dei complessi aziendali ed, in caso
di mancata attuazione del programma, la liquidazione dei
beni, prevedendo che si debba fare ricorso a forme agili
e spedite di vendita, purchè trasparenti e caratterizzate
da ampia pubblicità, previo parere del comitato dei
creditori e, nei casi di particolare rilevanza economica,
con l'autorizzazione del giudice delegato (lettera tt)).
Gli
effetti della dichiarazione dello stato di crisi o di insolvenza
della società con soci illimitatamente responsabili,
escluse le cooperative, si estendono anche a questi ultimi,
tenuti all'adempimento delle obbligazioni sociali con tutto
il proprio patrimonio (lettera uu)).
In
ordine alla lettera vv) va premesso che la ripartizione
dell'attivo caratterizza l'ipotesi del risanamento dell'impresa
mediante cessione dei complessi aziendali oppure della mera
liquidazione del patrimonio del debitore, in quanto nel
caso della ristrutturazione si presuppone che l'imprenditore
riacquisti la capacità di far fronte alle sue obbligazioni
e, quindi, non si rende più necessario provvedere
al loro soddisfacimento con il realizzo delle attività.
Tuttavia,
rispetto all'attuale disciplina concorsuale, sono state
introdotte profonde modificazioni che comportano poteri
più ampi per il giudice delegato, perché al
criterio della distribuzione dell'attivo, secondo l'ordine
delle prelazioni stabilito dal codice civile, sono stati
introdotti altri criteri prioritari in favore di determinate
categorie di creditori, fatta salva la possibilità
di distribuire determinati acconti a coloro che sicuramente
potranno essere soddisfatti, secondo le nuove regole sopra
menzionate.
Il
fondamento giuridico di questa innovazione va ricollegato
all'esigenza di favorire i creditori che devono contribuire
all'attuazione del piano di risanamento, mantenendo quel
rapporto di fiducia verso l'imprenditore in stato di insolvenza
che può continuare a ricevere le forniture od il
credito di cui godeva e può più agevolmente
proseguire nell'esercizio dell'attività d'impresa.
In
occasione della nuova normativa prevista per l'amministrazione
straordinaria, è stata introdotta una facoltà
del commissario straordinario di distribuire acconti in
favore di alcune categorie di creditori, tenendo conto del
beneficio che potrebbe derivarne per la prosecuzione dell'esercizio
dell'impresa. In particolare, tale normativa prevede che
, nella distribuzione degli acconti, deve essere data preferenza,
sempre nel rispetto della par condicio creditorum, ai lavoratori
subordinati ed ai crediti degli imprenditori per le vendite
e le somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi
effettuate a favore dell'impresa insolvente nei sei mesi
precedenti la declaratoria di tale stato.
Nella
disciplina in esame questa particolare attenzione è
stata estesa alla distribuzione degli acconti, in modo tale
che anche la corresponsione degli acconti avvenga più
funzionalmente nei confronti di coloro che sono preferiti
agli altri creditori.
In
conformità all'esecuzione del tipo di programma -
di risanamento o liquidatorio -che si intende realizzare
è stato stabilito alla lettera zz) che anche la chiusura
della procedura non può che rispecchiare questa due
diverse eventualità. Pertanto è chiaro che,
se la cessazione del procedimento si conclude per concordato,
può conseguirne la completa esdebitazione dell'imprenditore
in conseguenza degli effetti remissori di tale istituto.
Se, viceversa la procedura assume contenuto liquidatorio
essa si conclude con la ripartizione dell'attivo realizzato
in favore dei creditori, salvo il diritto di questi ultimi
a pretendere anche successivamente alla procedura il completo
soddisfacimento delle loro pretese obbligatorie. Se l'imprenditore
realizza un programma di ristrutturazione dell'impresa o,
comunque, dimostra in qualsiasi altro modo di essere in
grado di adempiere con mezzi normali le proprie obbligazioni,
la chiusura della procedura non può che essere disposta
conformemente a tale evenienza.
Come
si è già rappresentato, l'intera procedura
si deve svolgere in modo operativo ed agile e soprattutto
si deve attuare nel più breve tempo possibile in
modo da potere offrire a tutti gli interessati una rapida
conclusione del dissesto imprenditoriale. In tal senso è
spiegabile la previsione, alla lettera aaa), di termini
perentori e brevi, che consentano di segnare le fasi processuali
dell'intero arco procedimentale. Tuttavia è necessario
che l'osservanza di tali termini si ponga sempre in sintonia
con il principio costituzionale della garanzia del diritto
di difesa di tutti i soggetti interessati e sotto tale ulteriore
aspetto ci si è fatti carico di sottolineare la necessaria
compatibilità delle due esigenze rappresentate. Nel
rispetto di tali esigenze , dovrà essere disciplinata
la impugnazione delle sentenze e dovranno essere previsti
mezzi opportuni di tutela degli interessati contro gli provvedimenti
emessi dal giudice delegato e dal tribunale, nonchè
contro gli atti del commissario giudiziale e del curatore.
Di
fronte al dilagare dei gruppi di imprese e del nuovo modo
di gestire i complessi imprenditoriali, non potevano mancare
alcune direttive anche in materia ed, in particolare, con
riferimento ad alcuni punti fondamentali per una completa
regolamentazione. E' stata, innanzitutto, richiamata alla
lettera bbb) l'esigenza di una disciplina completa che consenta
di individuare i gruppi d'imprese; tanto più che
in ordine al concetto di gruppo non sono stati ancora dissipati
tutti i dubbi interpretativi sollevati.
Peraltro
non si può non considerare che le recenti proposte
di modifica della materia societaria sottolineano l'esigenza
di un opportuno coordinamento delle diverse materie da disciplinare.
Non
è mancato, poi, un espresso richiamo al coinvolgimento
nel concorso di tutte le imprese insolventi facenti parte
del gruppo, anche al fine di operare una gestione unitaria
del risanamento.
Quest'ultima
esigenza posta all'attenzione del legislatore, in sede di
riforma dell'amministrazione straordinaria, è di
non poca rilevanza per un opportuno coordinamento di tutte
le attività che, indipendentemente dalle esigenze
produttive di ciascuna società, consentono di operare
una gestione unitaria nell'interesse del gruppo. Sotto tale
aspetto il modo come pervenire all'accertamento delle imprese
collegate, pur in assenza di una collaborazione degli organi
responsabili e dei titolari del capitale sociale, si rende
necessario anche al fine di gestire meglio il programma
di risanamento.
E'
stata prevista una regolamentazione della responsabilità
degli organi amministrativi e di controllo e della stessa
capogruppo sia in ordine all'abuso della direzione unitaria,
sia avuto riguardo all'abuso della personalità giuridica
delle società facenti parte del gruppo (lettera ccc).
Già
con la nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria
si è opportunamente precisato che la responsabilità
degli organi amministrativi non è ricollegabile alla
mera direzione unitaria che costituisce di per sé
un fatto connaturale alla stessa organizzazione del gruppo,
quanto in relazione all'abuso che si possa commettere dell'esercizio
di tale direzione. Questa specifica precisazione è
stata opportunamente riprodotta nel progetto di legge delega
in esame.
La
parte innovativa, consiste nell'avere anche previsto una
responsabilità degli organi di controllo e della
stessa capogruppo, accogliendosi il messaggio della dottrina
dalla quale era state rappresentate valide ragioni per un
siffatto coinvolgimento.
Ma
l'aspetto più rilevante dell'innovazione normativa
deve essere riconosciuto all'estensione della responsabilità
dei soggetti suindicati anche in ordine all'abuso della
personalità giuridica delle società facenti
parte del gruppo.
In
questo modo, superando la barriera invalicabile posta dall'interpretazione
della giurisprudenza di legittimità sui limiti che
la personalità giuridica delle società di
capitali svolge per negare la configurabilità di
una responsabilità illimitata ed il coinvolgimento
nel concorso collettivo dei soci che usano delle società
di capitali come cosa propria, si è posta la premessa
per un profondo rinnovamento da tempo auspicato al quale
non potrà non corrispondere la dovuta attenzione
del Parlamento.
La
riforma investe l'istituto della amministrazione straordinaria
solo per quanto attiene alla revisione dei requisiti di
ammissione alla procedura, anche alla luce della evoluzione
della giurisprudenza comunitaria sulla nozione di grande
impresa; è previsto altresì un necessario
coordinamento della disciplina dell'amministrazione straordinaria
con la nuova disciplina sulla crisi dell'impresa, con tutti
gli opportuni adattamenti, per ragioni di coerenza sistematica
e per un migliore funzionamento della procedura.
Il
coordinamento dovrà essere attuato anche con riferimento
alla disciplina in materia societaria , ivi compresa la
normativa sui gruppi di imprese, tributaria e di rapporti
di lavoro (lettera ddd)) , nonché con riferimento
alle discipline di settore di cui alla lettera eee).
Alla
lettera fff) è stata prevista una competenza funzionale
inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso
i tribunali della sede della corte di appello, nel cui distretto
si trova il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, in
ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere
endoconcorsuale e siano state promosse dalla procedura oppure
nei confronti della stessa.
Il
fondamento giuridico di quest'innovazione, che intende adempiere
ad un'esigenza che si è manifestata da qualche tempo
in occasione di altre riforme dettate in materia commerciale,
è ricollegabile alla necessità di formare
organi giurisdizionali specializzati ed idonei ad affrontare
le tematiche oggetto delle procedure concorsuali, rendendo
così ai cittadini un servizio più rapido e
rispondente alle esigenze di giustizia più volte
rappresentate.
Detto
sistema normativo adempie, poi, all'ulteriore necessità,
che ormai si è delineata in modo imprescindibile,
di evitare che lo stesso giudice si occupi di questioni
nelle quali ha avuto modo di pronunciarsi in precedenza.
Se si pensa che nei tribunali di modeste dimensioni è
inevitabile che lo stesso giudice, che gestisce le procedure
concorsuali e autorizza il curatore ad agire od a resistere
nei giudizi, non può evitare talvolta di essere anche
il giudicante delle medesime controversie, è incontestabile
che la formula proposta possa consentire che le controversie
autorizzate dal giudice delegato siano decise sicuramente
da altro giudice del tribunale distrettuale e per quelle
che possono sorgere in quest'ultima sede, sussiste sempre
la possibilità di destinare giudici che in precedenza
non abbiano avuto modo di occuparsene.
Anche
in questa sede, come è già avvenuto per la
nuova normativa dettata in materia di amministrazione straordinaria,
sono stati previsti alla lettera ggg) specifici strumenti
di informazione, di comunicazione e di notificazione informatici
e telematici per tutti gli interessati, non esclusi gli
enti pubblici e qualsiasi interessato.
Peraltro,
la pratica impossibilità di procedere ad un'informazione
singulatim nei confronti dei potenziali interessati - stante
anche il loro numero e l'impossibilità di identificarli
- di tutti gli atti ed i provvedimenti che caratterizzano
l'attuazione del procedimento concorsuale, rende invero
imprescindibile un largo ricorso a forme di pubblicità
sostituiva che valgano a renderli altrimenti conoscibili.
Una
forma di pubblicità dell'attuale sistema fallimentare
è quella dell'affissione alla porta esterna del tribunale
in relazione alla quale spesso decorrono termini perentori
per il compimento di determinati atti processuali. Siffatto
sistema, sicuramente anacronistico ai nostri tempi, può
quanto meno essere coadiuvato da altri mezzi più
moderni che servano ad ampliare le possibilità di
conoscenza dei provvedimenti.
4.
Profili penali - Lo schema di disegno di legge-delega, per
la parte concernente la materia penale (articolo 3), non
si limita a conformare le norme incriminatrici già
contenute negli articoli 216 e seguenti della legge fallimentare
alle nuove norme previste per le procedure concorsuali.
Esso, infatti, conferisce peculiare rilievo all'esigenza
di sanzionare solo quei comportamenti concretamente lesivi
degli interessi dei creditori. Significativamente in tal
senso (articolo 3, lettera e), comma 2 si esprime il criterio
direttivo in base al quale si prevede, per tutte le fattispecie
di bancarotta, una causa di non punibilità destinata
ad operare nel caso in cui la procedura si chiuda con l'integrale
pagamento dei creditori.
Si
è poi voluto evitare che condotte già sanzionate
efficacemente per effetto di disposizioni penali applicabili
con carattere di generalità, siano oggetto di peculiare
previsione sol perché poste in essere nel contesto
di vicende connesse all'insolvenza dell'impresa. Così,
esemplificativamente, può indicarsi la rinuncia a
riproporre il reato di ricettazione fallimentare, la cui
area applicativa risulta già in larga misura coperta
da altre norme incriminatrici quali lo stesso reato di concorso
in bancarotta, il favoreggiamento reale, la ricettazione
comune, l'usura. Analogamente, non viene riproposta la fattispecie
dell'interesse privato del curatore negli atti del fallimento
giacché a garanzia del medesimo interesse tutelato
dall'articolo 228 della legge fallimentare sono poste altre
norme incriminatrici quali l'articolo 323 del codice penale.
Pur
nell'innovativo impianto offerto dal disegno di legge, permane,
tuttavia, l'esigenza di reprimere con il ricorso alla sanzione
penale, quelle condotte che compromettono più significativamente
fondamentali principi in materia di obbligazioni quando
tali condotte siano ancorate alla procedura concorsuale.
Tra i principi indicati figurano quelli previsti dal codice
civile in materia di responsabilità patrimoniale
(articolo 2740 c.c.), di concorso di creditori e cause di
prelazione (articolo 2741 c.c.), di obbligo di tenuta delle
scritture contabili (articolo 2214 Cc).
Da
quanto detto deriva, innanzitutto, l'esigenza di prevedere
(articolo3, comma 1, lettera a)) la fondamentale fattispecie
penale di bancarotta fraudolenta patrimoniale che si connota,
non diversamente dall'attuale previsione, per la violazione
del vincolo legale che limita, ex articolo 2740 del codice
civile, la libertà di disposizione dei beni. La formulazione
del criterio direttivo individua, però, la necessità
di rendere la previsione più mirata rispetto all'attuale,
corrispondente, norma incriminatrice, intendendosi affidare
la fondamentale connotazione della condotta incriminata
all'ingiustificato impoverimento della garanzia patrimoniale.
Si pone, poi, una relazione fra la condotta dell'autore-debitore
ed il dissesto dell'impresa tale da impedire che atti dispositivi
in sé leciti, in qualunque tempo commessi, assumano
carattere di illiceità a prescindere dal loro collegamento
con lo stato di insolvenza. Il legislatore delegato è
impegnato, perciò, a definire fattispecie di bancarotta
fraudolenta che richiedono, sotto il profilo soggettivo,
che l'autore del reato si rappresenti l'idoneità
della sua condotta a causare o aggravare lo stato di dissesto.
Non si richiede, invece, che l'agente compia gli atti descritti
dalla norma con il fine di cagionare danno alla massa dei
creditori o con il fine di conseguire profitto per sé
o altri. Quanto poi alla nozione di patrimonio che si intende
recepire nel contesto del disegno di legge, non pare esservi
motivo di discostarsi dall'elaborazione cui è già
pervenuta la giurisprudenza considerando, ai fini che qui
interessano, ed in termini ampi, per patrimonio il complesso
dei rapporti giuridici, economicamente valutabili, che fanno
capo all'imprenditore.
La
lettera b) del comma 1, sul presupposto che i documenti
e le scritture contabili adempiano alla funzione di tutelare
i terzi che intrattengono rapporti economici con l'impresa,
affida al legislatore delegato la costruzione della fattispecie
di bancarotta fraudolenta documentale. Si tutela, così,
l'interesse ad una esatta conoscenza del patrimonio del
debitore destinato alla garanzia dei creditori. In particolare,
le condotte di occultamento, distruzione o falsificazione,
ma anche di dolosa omissione delle scritture contabili,
perseguono, in un'ottica fraudolenta che si intende reprimere,
lo scopo di rendere indisponibile ovvero fuorviante lo strumento
fondamentale per la ricostruzione della situazione patrimoniale
dell'impresa. In ogni caso la condotta dell'autore deve
essere sorretta alternativamente o cumulativamente dallo
scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto
ovvero di recare pregiudizio ai creditori.
L'esigenza
di ribadire il principio (articolo 2741 Cc) che impone la
par condicio creditorum, ha dettato il relativo criterio
(lettera c), comma 1) che, tuttavia, rispetto all'attuale
formulazione dell'art, 216, terzo comma, della legge fallimentare,
si connota, rispetto all'interesse dell'impresa, per il
rilievo dato all'assenza di condizioni che giustifichino
l'operato del debitore.
La
lettera d) introduce una innovativa ipotesi di bancarotta
semplice patrimoniale che descrive la condotta dell'autore-debitore
che causi o aggravi lo stato di insolvenza con colpa grave.
La previsione è tale da consentire al legislatore
delegato l'individuazione di condotte la cui risultante
è pur sempre il depauperamento del patrimonio posto
a garanzia dei creditori dell'impresa. Tuttavia essa si
discosta dall'ipotesi di bancarotta fraudolenta soprattutto
per il diverso atteggiarsi dell'elemento soggettivo. La
nozione di colpa grave, in riferimento alla materia che
qui interessa, è già nota perché ad
essa fa riferimento l'articolo 217, primo comma, n. 4, della
legge fallimentare: episodi di grave negligenza, imperizia
o imprudenza nella conduzione dell'impresa dovrebbero trovare
qui la loro sanzione allorquando essi abbiano determinato
o aggravato lo stato di insolvenza. E' questa la sede, poi,
in cui potrebbe, in particolare, trovare spazio anche la
considerazione di profili di colpa specifica, ove essa si
esprima in grado elevato, derivante dall'inosservanza degli
obblighi propri dell'imprenditore inerenti alla conservazione
dell'integrità del patrimonio sociale.
La
previsione concernente la bancarotta semplice documentale,
di cui alla lettera e), si è resa necessaria per
sanzionare le condotte dell'imprenditore dichiarato insolvente
adottate in violazione dell'articolo 2214 del codice civile.
La previsione si distingue dalla corrispondente ipotesi
fraudolenta giacchè in quel caso la condotta commissiva
è finalizzata allo scopo di procurare a sé
o ad altri un ingiusto profitto, ovvero di recare pregiudizio
ai creditori.
Il
comma 2 dell'articolo 3 alla lettera a) prevede che si applichi
la pena stabilita per il fatto più grave , aumentata
fino alla metà, nel caso di commissione di più
fatti tra quelli fin qui considerati. Si conforma l'impostazione
delle circostanze aggravanti alla c.d. concezione unitaria
del reato di bancarotta in base alla quale la pluralità
di fatti criminosi non fa venir meno il carattere unitario
del reato.
Imposta
dalle nuove dinamiche della riforma è la figura di
reato introdotta al numero 1 della lettera b) del comma
2, in relazione alle false rappresentazioni della realtà
patrimoniale dell'impresa rese per essere ammessi alla procedura
di crisi o al programma di risanamento ovvero per continuare
indebitamente a beneficiare di tali procedure.
Si
è, inoltre, riproposta, con il criterio espresso
al numero 2 della lettera b), l'esigenza di prevedere, adeguandola
alle procedure proposte dalla riforma, la fattispecie del
mercato di voto, già contemplata dall'articolo 233
della legge fallimentare; e ciò all'evidente fine
di proteggere l'interesse al corretto e regolare svolgimento
delle procedure.
La
previsione individuata con il numero 3 della lettera b)
consentirà al legislatore delegato di adeguare al
nuovo impianto delle procedure concorsuali la disposizione
del comma 1 dell'attuale articolo 232 della legge fallimentare.
Si tratta di una sorta di truffa processuale per mezzo della
quale si tenta di conseguire un ingiusto profitto presentando
domande di ammissione al passivo in relazione ad un credito
fittizio.
La
previsione di pene accessorie (lettera c) riflette l'esigenza
di inibire l'assunzione di ufficio direttivo di qualsiasi
persona giuridica da parte di chi sia stato condannato per
bancarotta o per aver reso false informazioni nel contesto
di procedure di crisi o di programmi di risanamento.
Naturalmente
si è considerato che le condotte che conculchino
i principi a tutela dei quali sono state previste norme
incriminatrici possono essere parimenti lesive quando imprenditore
sia una società (lettera d)). Analoghe alle fattispecie
fin qui commentate di cui risponde l'imprenditore individuale
dichiarato insolvente sono, pertanto, quelle di cui possono
essere chiamati a rispondere gli amministratori e gli altri
soggetti già individuati dall'attuale articolo 223
della legge fallimentare nonché i revisori di società
o enti dichiarati insolventi.
Della
causa di non punibilità prevista alla lettera e)
si è già detto in premessa a commento dei
criteri che hanno ispirato l'intervento nel settore penale
e dell'esigenza di riservare l'intervento sanzionatorio
alle sole ipotesi di effettivo danno per i creditori. L'aver
posto il principio indicato può consentire anche
di stimolare la più efficace collaborazione del debitore
con gli organi della procedura nell'interesse del ceto creditorio.
Si
renderà necessario, e di ciò si fa carico
la disposizione di cui alla lettera f) fornendo il legislatore
delegato dei necessari poteri, armonizzare e coordinare
l'insieme delle norme penali che saranno poste in attuazione
della delega con quelle attualmente vigenti.
Nei
termini definiti dalla lettera g) dell'articolo in commento
viene circoscritta la possibilità di svolgere indagini
preliminari e di adottare misure cautelari reali in previsione
di una possibile dichiarazione dello stato di insolvenza.
Muovendosi
in direzione diversa dal vigente codice di procedura penale,
è parso ragionevole e non lesivo delle garanzie del
processo penale, proporre, con la disposizione di cui alla
lettera h), un'efficacia devolutiva della sentenza dichiarativa
dell'insolvenza . Si è voluto considerare l'utilità
di scongiurare situazioni tali per cui diversi giudici possano,
in teoria, apprezzare diversamente, ai fini dell'individuazione
dello stato di insolvenza, la medesima situazione di fatto.
La
non sovrapponibilità delle norme incriminatrici ora
vigenti nella materia considerata con quelle che saranno
poste per effetto delle norme penali introdotte in attuazione
del presente disegno di legge impongono, ed a ciò
provvede la lettera i), di consentire al legislatore delegato
di regolare adeguatamente sia i profili relativi alla successione
delle norme penali sia la disciplina dei fatti commessi
prima dell'entrata in vigore delle nuove norme in conformità
del precetto costituzionale sancito dall'articolo 25.
5.
Disposizioni transitorie - L'articolo 4 prevede l'emanazione
di norme transitorie applicabili alle imprese da assoggettare,
alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di
attuazione della legge, alla procedura di crisi o di insolvenza.
Nella definizione di tali norme il legislatore delegato
dovrà fare in modo che le sezioni specializzate di
cui alla lettera fff) del comma 1 dell'articolo 2 non siano
gravate da un carico iniziale di procedimenti che ne impedisca
l'efficiente avvio.
6.
Oneri - La riforma delineata nel testo in commento, avvalendosi
delle strutture giudiziarie, dei mezzi e del personale già
esistenti, non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio
dello Stato.
Relazione
tecnico-normativa sui principi e criteri direttivi
della
delega per la riforma delle procedure concorsuali
1)
Aspetti tecnico normativi
a)
Necessità dell'intervento normativo
La
riforma della normativa per la regolamentazione della crisi
dell'impresa che si intende sottoporre all'attenzione del
Parlamento risponde all'esigenza di ridisegnare la materia
delle procedure concorsuali, che, attualmente, appare ancorata
ad una concezione dell'impresa ispirata a finalità
liquidatorie e ad una accentuata tutela dei diritti dei
creditori, volta ad un completo spossessamento del patrimonio
del debitore, così come previsto dalla "legge
fallimentare" Rd 16 marzo 1942, n. 267.
Tale
disciplina, mai modificata, non risulta più adeguata
agli scopi e alle finalità che la nuova evoluzione
socio-economica intende realizzare nella situazione di insolvenza
imprenditoriale, né risulta perfettamente orientata
al rispetto dei principi costituzionali, né, infine,
appare rispondente ai principi elaborati nelle legislazioni
dei Paesi europei che tendono a considerare le procedure
concorsuali non più in termini meramente liquidatori,
ma piuttosto in funzione di un risultato di conservazione
dei mezzi organizzativi dell'impresa. In tal modo, da un
lato viene assicurata la sopravvivenza dell'impresa e, dall'altro,
si procura alla collettività ed innanzitutto ai creditori,
una più consistente garanzia patrimoniale attraverso
il risanamento ed il trasferimento a terzi delle strutture
aziendali.
La
riforma affronta, inoltre, alcune questioni essenziali all'ammodernamento
della legislazione in materia, tra cui la fissazione dei
criteri per l'individuazione dei piccoli imprenditori, la
nuova disciplina dell'azione revocatoria, l'introduzione
del principio della definitività delle operazioni
che vengono eseguite nell'ambito dei mercati finanziari
regolamentati e la cessione di attività nel corso
della procedura di insolvenza.
Sotto
il profilo della tutela penale, la riforma esprime la necessità
di intervenire con sanzioni penali e di reprimere, anche
nel mutato scenario prefigurato dallo schema di disegno
di legge delega, quei comportamenti che, nel contesto delle
situazioni di crisi dell'impresa, conculcano essenziali
beni che definiscono l'ordine economico di un sistema. Tra
tali principi si evidenziano: quello secondo il quale i
beni dell'impresa costituiscono garanzia dei creditori (articolo2740
codice civile), e dunque non è dato sottrarli a tale
funzione, quello per il quale ai creditori hanno eguale
diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (articolo
2741 del codice civile) ed infine, quello per il quale le
scritture non possono essere alterate o disperse così
da rendere impossibile la ricostruzione delle vicende dell'impresa
(articolo 2214 del codice civile).
b)
Analisi del quadro normativo e dell'impatto delle norme
proposte sulla legislazione vigente.
Il
quadro normativo è oggi caratterizzato dalle procedure
concorsuali disciplinate dal regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267 e dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270 recante
norme sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in crisi.
La
riforma tende ad eliminare l'eccessiva proliferazione delle
attuali procedure (fallimento, concordato preventivo, amministrazione
controllata, liquidazione coatta amministrativa), prevedendo
una procedura unitaria di insolvenza, a fasi successive
e con caratteristiche di flessibilità ed un'altra
anticipatoria della prima, c.d. di crisi, incidendo sostanzialmente
sulle disposizioni normative del Rd n. 267 del 1942 e solo
in parte sul d. lgs. n. 270 del 1999.
Inoltre,
innovando rispetto alla legislazione attuale, la riforma
prevede nel corso della fase di "crisi" il coinvolgimento
del potere giurisdizionale limitato al mero controllo di
legittimità del programma di risanamento al fine
di garantire la massima operatività e speditezza
del giudizio di omologazione del programma medesimo.
Tra
l'altro, durante il corso della procedura e sino alla pronuncia
di omologazione del programma, viene esclusa l'applicabilità
degli articoli 2447 e 2448 codice civile, al fine di evitare
che l'impresa collettiva sia costretta ad assumere iniziative
inerenti alla reintegra del capitale sociale od al suo scioglimento,
con inevitabili conseguenze negative anche in ordine al
superamento della crisi o allo stesso accordo coi creditori,
viene altresì esclusa l'applicabilità dell'articolo
2560, c.c. intendendosi, con la cessione dell'azienda a
terzi, liberare il debitore da tutte le obbligazioni inerenti
all'esercizio dell'impresa ed evitare una responsabilità
per coobbligazioni non più riferibili all'imprenditore,
ma alle successive vicende proprie del cessionario dell'azienda.
Sotto
altro profilo, la previsione normativa ha eliminato la revocatoria
concorsuale per i pagamenti normali, facendo salva la prova
dell'intenzione del debitore di favorire alcuni creditori
in danno di altri (articolo 67, nn. 2 e 3 del sopra citato
Rd).
Significativa,
inoltre, è la previsione di una competenza funzionale
inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso
i Tribunali della sede della Corte di appello nel cui distretto
si trova il Tribunale che ha dichiarato l'insolvenza in
ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere
endoprocessuale e siano state promosse dalla procedura oppure
nei confronti della stessa.
Sul
versante penalistico, il quadro normativo è caratterizzato
dagli articoli 216 e 217 del regio decreto 16 marzo 1942,
n.267 che recano la disciplina specifica dei reati di bancarotta
fraudolenta e di bancarotta semplice commessi dal fallito.
Insieme a tali disposizioni deve essere ricordata quella
dell'articolo 223 dello stesso regio decreto che, nel disciplinare
i reati commessi da persone diverse dal fallito, di fatto
estende agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci
e ai liquidatori di società quegli stessi obblighi
penalmente sanzionati intestati all'imprenditore individuale.
Le
linee di riforma proposte confermano il ricorso alla norma
incriminatrice relativamente all'ingiustificato impoverimento
o all'indebito impegno del patrimonio d'impresa oggetto
della garanzia dei creditori, all'occultamento, materiale
e negoziale, dei beni, all'ingiustificata preferenza verso
alcuni creditori anche in riferimento alla condotta di chi
svolge funzioni di amministratore, di controllo, di liquidazione
delle società. Tuttavia il ricorso alla punizione
nei soli casi di colpa grave cui consegua un aggravamento
del dissesto, indica la volontà di ricorrere alla
sanzione penale nei soli casi di marcata offensività
della condotta. Naturalmente il diverso atteggiarsi della
disciplina civilistica delle procedure concorsuali, come
delineata dai principi e dai criteri direttivi, impone una
rimodulazione delle fattispecie penali in considerazione
dei diversi presupposti (stato di crisi ed insolvenza) cui
si connettono le norme penali che, nel sistema tuttora vigente,
hanno nella dichiarazione di fallimento il loro presupposto.
c)
Analisi della compatibilità con l'ordinamento comunitario.
Lo
schema di disegno di legge delega appare sostanzialmente
compatibile coi principi dettati da ultimo, dal Regolamento
(CE) del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure
di insolvenza, che entrerà in vigore il 31 maggio
2002.
d)
Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali
delle regioni ordinarie e a statuto speciale.
Non
sussistono interferenze con le competenze delle regioni,
vertendosi in materia processual-civilistica e penale.
e)
Analisi della coerenza con le fonti legislative primarie
che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni
ed agli enti locali.
Il
provvedimento, sul punto, concernendo la posizione di norme
sostanziali, processuali ed incriminatrici non coinvolge
le funzioni delle regioni e degli enti locali.
f)
Verifica dell'assenza di rilegificazione e della piena utilizzazione
delle possibilità di delegificazione.
Lo
schema di disegno di legge delega, sul punto, concernendo
norme sostanziali e norme incriminatrici assistite da riserva
di legge non ha per oggetto materie suscettibili di delegificazione.
2)
Elementi di drafting e linguaggio normativo
a)
Individuazione delle nuove definizioni normative nel testo,
della loro necessità, della coerenza con quelle già
in uso.
Non
sono introdotte nuove definizioni normative nel testo.
b)
Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti
nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni
ed integrazioni subite dai medesimi.
I
riferimenti operati sono corretti.
c)
Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre
modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.
Non
si è fatto ricorso alla tecnica della novella; il
tipo di intervento proposto (legge delega) si giustifica
in relazione alla particolare complessità tecnica
della materia.
d)
Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni
dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative
espresse del testo normativo.
La
natura del progetto (legge di delega al governo) non determina,
allo stato, alcuna abrogazione.
3)
Ulteriori elementi
a)
Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza.
Il
testo normativo in esame tiene conto dei numerosi interventi
giurisprudenziali in materia da parte della Corte di Giustizia
Europea, della Corte Costituzionale e del giudice ordinario.
b)
Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su
materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato
dell'iter.
Allo
stato all'esame del Parlamento risultano presentati i seguenti
progetti di legge:
1)
(C.7188) Disposizioni in materia di dichiarazione di fallimento;
2)
(C.1297) Modifiche articoli 155 e 156 del Rd 16 marzo 1942,
n.267 in materia di procedimento sommario fallimentare;
3)
(C.1424) Modifiche agli articoli 93 e 208 del Rd 16 marzo
1942, n.267 in materia di opponibilità agli organi
delle procedure concorsuali delle scritture prove di data
certa;
4)
(S. 3683) Modifiche termini opposizione alla dichiarazione
di fallimento articolo 18 Rd 16 marzo 1942, n.267.
Nessuno
dei progetti elencati è stato ancora sottoposto ad
esame.
Analisi
di impatto della regolamentazione
a)
Ambito dell'intervento con particolare riguardo all'individuazione
delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti
coinvolti.
La
riforma della normativa per la regolamentazione della crisi
dell'impresa incide innanzitutto sull'amministrazione della
giustizia, ridisegnando criteri e principi dell'intervento
giurisdizionale in materia.
Significativa
in tal senso è la previsione di una competenza funzionale
inderogabile delle sezioni specializzate da istituire presso
i Tribunali della sede della Corte di appello nel cui distretto
si trova il Tribunale che ha dichiarato l'insolvenza in
ordine a tutte le controversie che non rivestono carattere
endoprocessuale e siano state promosse dalla procedura oppure
nei confronti della stessa.
La
riforma incide naturalmente sugli imprenditori commerciali,
ridisegnando i rimedi nel caso di crisi dell'impresa e dell'eventuale
successiva dichiarazione di insolvenza. In particolare,
fissa i criteri per l'individuazione dei piccoli imprenditori,
la nuova disciplina degli atti soggetti a revocatoria, l'introduzione
del principio della definitività delle operazioni
che vengono eseguite nell'ambito dei mercati finanziari
regolamentati, la cessione di attività nel corso
della procedura di insolvenza e la repressione di quei comportamenti
che, nel contesto delle situazioni di crisi dell'impresa,
incidono su beni essenziali che definiscono l'ordine economico
di un sistema.
La
riforma investe, inoltre, tutti gli operatori del diritto
(avvocati, commercialisti, ragionieri e periti commerciali)
partecipanti in vario modo e titolo alle procedure concorsuali
o come liberi professionisti in ausilio e difesa delle parti
o come ausiliari dell'autorità giudiziaria.
Ulteriori
soggetti destinatari della riforma sono i creditori, ai
quali viene assicurata la garanzia patrimoniale attraverso
il risanamento dell'impresa ed il trasferimento a terzi
delle strutture aziendali.
Infine,
la riforma incide sulle categorie di lavoratori, garantendo
i livelli occupazionali durante il periodo della crisi ed
assicurando loro il recupero dei crediti nel caso di insolvenza.
b)
Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle
amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento
normativo.
La
riforma tende ad eliminare l'eccessiva proliferazione delle
attuali procedure (fallimento, concordato preventivo, amministrazione
controllata, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza),
prevedendo una procedura unitaria di insolvenza, a fasi
successive e con caratteristiche di flessibilità
ed un'altra anticipatoria della prima, c.d. di crisi, incidendo
sostanzialmente sulle disposizioni normative del Rd n. 267
del 1942 nonché su quelle del D. Lgs. n. 270 del
1999. L'esigenza perseguita è quella di privilegiare
il risanamento dell'impresa per mantenere l'integrità
della stessa, garantendo, ove possibile, i livelli occupazionali,
ed in ogni caso quella di rendere più agevole la
liquidazione, prevedendo procedure snelle ed agili al fine
di semplificare e razionalizzare i meccanismi di recupero
dei diritti patrimoniali dei creditori.
Alla
luce di tale esigenza, il ricorso alla norma incriminatrice
relativamente all'ingiustificato impoverimento o all'indebito
impegno del patrimonio d'impresa oggetto della garanzia
dei creditori, all'occultamento materiale e negoziale dei
beni, all'ingiustificata preferenza verso alcuni creditori
anche in riferimento alla condotta di chi svolge funzioni
di amministratore, di controllo, di liquidazione delle società,
indica la volontà di ricorrere alla sanzione penale
nei soli casi di marcata offensività della condotta.
c)
Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo
periodo.
Lo
schema di disegno di legge delega tende a rendere compatibile
la normativa italiana coi principi dettati, da ultimo, dal
Regolamento dell'Unione Europea adottato il 29 marzo 2000
relativo alle procedure di insolvenza che entrerà
in vigore il 31 maggio 2002.
d)
Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria,
economica e sociale.
Non
sembrano ravvisarsi, allo stato, i presupposti in oggetto
tenuto conto della natura di legge delega dello schema proposto.
e)
Aree di "criticità".
Non
sia ravvisano, allo stato, aree di criticità tenuto
conto della natura di legge delega dello schema proposto.
f)
Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie,
valutazione delle opzioni regolatorie possibili.
Nel
caso di specie, la valutazione dell"opzione nulla"
risulta di per sé negativa in quanto contrasta con
la necessità di un intervento sistematico, il più
possibile organico e completo in materia di procedure concorsuali.
g)
Strumento tecnico-normativo più appropriato.
Il
disegno di legge delega appare lo strumento tecnico-normativo
più rispondente alla complessità della materia
trattata.