Nuova
disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in stato di insolvenza.
Relazione e decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270
Relazione
al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270
"Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo
1 della legge 30 luglio 1998, n. 274" (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999)
1.
Premessa
1.1. Le ragioni della Riforma
1.2. Gli obiettivi e le linee-guida
2. Disposizioni generali
3. Dichiarazione dello stato di insolvenza
3.1. Procedimento
3.2. Organi
3.3. Effetti e provvedimenti immediati
3.4. Società con soci illimitatamente responsabili.
4. Amministrazione straordinaria.
4.1. Apertura della procedura
4.2. Organi
4.3. Effetti
4.4. Accertamento del passivo
4.5. Definizione ed esecuzione del programma
4.6. Ripartizione dell'attivo
4.7. Cessazione della procedura.
4.7.1. Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento
4.7.2. Chiusura della procedura
4.7.3. Concordato
5. Gruppo di imprese.
5.1. Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese
del Gruppo
5.2. Responsabilità ed azioni revocatorie
6. Disposizioni comuni di procedura
7. Disposizioni penali
8. Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali
1.
Premessa.
1.1. Le ragioni della riforma
Dando
attuazione alla delega legislativa conferita al Governo dall'articolo
1 della legge 30 luglio 1998, n. 274 delega la cui
originaria scadenza, fissata nel centottantesimo giorno successivo
all'entrata in vigore della legge di delegazione, è
stata posticipata al 30 settembre 1999 dall'articolo 52, comma
3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 il presente
decreto legislativo ridisegna ab imis, ed in termini marcatamente
innovativi, l'istituto dell'"amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in crisi" (nel frangente più
propriamente ridefinito, in assonanza alla legge di delegazione,
come "amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in stato di insolvenza"), con effetto pressoché
integralmente caducatorio del decreto-legge 30 gennaio 1979,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile
1979, n. 95, mercé il quale l'istituto stesso era stato
introdotto nel nostro ordinamento.
La premessa strategica che alita alla radice dell'intervento
e che corrisponde ad un convincimento ormai largamente
penetrato, dopo le iniziali resistenze, fra gli studiosi e
gli operatori pratici è quella in virtù
della quale il moderno sistema delle procedure concorsuali
non può prescindere dalla presenza, a fianco dei tradizionali
modelli proposti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("legge
fallimentare") fallimento, concordato preventivo,
amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa
di una procedura che, sganciandosi dalla ferrea logica
"darwiniana" dell'eliminazione dal mercato dei "soggetti
deboli" (cui erano sostanzialmente ispirate le soluzioni
del legislatore del 1942), tenda a salvaguardare, di fronte
a dissesti particolarmente allarmanti sul piano delle ricadute
socio-economiche, il "bene-impresa" quale entità
oggettiva distinta dall'imprenditore, nella sua duplice valenza
di fonte unitaria di produzione e di fattore di mantenimento
dell'occupazione.
Se, in tale ottica, l'amministrazione straordinaria
in quanto funzionale al conseguimento dell'indicato obiettivo
meritava un posto stabile nel sistema, a superamento
della previsione di "transitorietà indefinita"
di cui all'articolo 6-ter del decreto-legge n. 26 del 1979
(in forza del quale le disposizioni del decreto stesso erano
destinate a trovare applicazione "sino all'entrata in
vigore di una nuova legge di riforma del regime delle società"),
appariva pur tuttavia necessaria ed improcrastinabile una
profonda revisione della regolamentazione della procedura,
intesa ad innalzare tanto il suo tasso di funzionalità
che il livello di tutela dei soggetti coinvolti. La validità
dell'intuizione sottesa al decreto-legge n. 26 del 1979 non
trovava, difatti, adeguato riscontro nella disciplina positiva
in esso racchiusa, che, già ob origine non esente da
tensioni interne, è stata resa vieppiù frammentaria
e disarmonica dal susseguirsi di modifiche ed integrazioni
normative suggerite da esigenze contingenti e di corto respiro,
come tali mal coordinate tra loro e con lo spirito dell'istituto.
L'incongruenza più grave consisteva, senza dubbio,
nel rigido automatismo che caratterizzava l'accesso alla procedura:
alla stregua della normativa in discorso, difatti, il possesso
di determinati requisiti "dimensionali" (in punto
di livello occupazionale e di esposizione debitoria "qualificata")
spalancava di per sé solo all'impresa insolvente (e
a quelle del medesimo gruppo) la via dell'amministrazione
straordinaria, sottraendole indeclinabilmente al fallimento
(articoli 1, 1-bis e 3 del decreto-legge n. 26 del 1979).
A fronte di siffatta meccanica, peraltro, potevano essere
(e, in fatto, sono state) assoggettate alla procedura anche
imprese rispetto alle quali esulava, sin dall'inizio, ogni
ragionevole prospettiva di "salvataggio": con la
conseguenza che, se pure, nel ventennio di applicazione, i
risultati conseguiti dall'amministrazione straordinaria sono
stati in media apprezzabili, tanto in termini di conservazione
dell'unità operativa dei complessi aziendali e dei
posti di lavoro, quanto in termini di soddisfacimento dei
creditori, in più d'un caso, però, la ricordata
dinamica d'accesso si è rivelata penalizzante per questi
ultimi, in ragione dell'accumulo di nuove passività
prededucibili correlate ai negativi esiti della prosecuzione
dell'esercizio dell'impresa.
La procedura ha formato altresì oggetto, a più
riprese, di censura da parte degli organi comunitari
dapprima della Commissione europea e, di recente, anche della
Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza
1° ottobre 1998, Ecostrade s.r.l. c. Altiforni e Ferriere
di Servola S.p.A.; sentenza 17 giugno 1999, Industrie Aeronautiche
e Meccaniche Rinaldo Piaggio S.p.A. c. International Factors
Italia S.p.A. e altri) i quali hanno ritenuto la sua
concreta configurazione di problematica compatibilità
con le disposizioni e gli orientamenti comunitari in materia
di aiuti di Stato. Per tal rispetto, l'indice è stato
puntato oltre che sulle disposizioni specifiche che
prevedevano forme dirette di sostegno pubblico (quale, segnatamente,
la garanzia del Tesoro dello Stato di cui all'articolo 2-bis
del decreto-legge n. 26 del 1979: infra, § 4.5) o considerate
comunque idonee a realizzare trattamenti "di favore"
per le imprese in amministrazione straordinaria sul piano
fiscale e dell'assolvimento degli obblighi contributivi (articolo
5-bis del decreto-legge n. 26 del 1979; articolo 4, comma
2, del decreto-legge 21 luglio 1981, n. 414, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544; articolo
3, comma 2, del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 835, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 19)
anche sul complessivo assetto dell'istituto, il quale, non
contemplando forme incisive di controllo da parte del giudice,
avrebbe lasciato, in assunto, spazi eccessivamente ampi alla
discrezionalità dell'autorità amministrativa
di vigilanza, anche in rapporto alle "decisioni-chiave"
(prima fra tutte, quella relativa alla continuazione dell'esercizio
dell'impresa, ex articolo 2, primo comma, del decreto-legge
n. 26 del 1979): donde l'ipotizzata attitudine dell'istituto
stesso a produrre effetti distorsivi del libero giuoco della
concorrenza, consentendo l'artificiosa permanenza sul mercato
di imprese altrimenti destinate ad esserne bandite.
Di qui l'apertura, ad opera della Commissione, di una procedura
di infrazione nei confronti dell'Italia a norma dell'articolo
93, paragrafo 2, del trattato CE (nuovo articolo 88 sulla
base delle tabelle di corrispondenza allegate al trattato
di Amsterdam): iniziativa, questa, che ha fornito, in fatto,
il decisivo pungolo alla presente riforma e che ne rende urgente
il varo.
1.2.
Gli obiettivi e le linee-guida
Nel
panorama testé tratteggiato, il presente decreto legislativo
attua, conformemente alle direttive della legge delega, due
fondamentali correzioni di rotta.
In primo luogo, introduce il principio della selezione "qualitativa"
delle imprese "meritevoli" di amministrazione straordinaria:
nel nuovo sistema, cioè, il superamento delle soglie
"dimensionali", che fungono da indici della "rilevanza
sociale" del dissesto, costituisce condizione necessaria,
bensì, ma non più sufficiente per accedere alla
procedura, occorrendo, a tal fine, che l'impresa presenti
anche "concrete prospettive di recupero dell'equilibrio
economico delle attività imprenditoriali" (id
est, potenzialità effettive di ripristino di un rapporto
non deficitario tra costi e ricavi). Non solo: ma tale risultato
deve potersi realizzare in due modi predefiniti, anche sul
piano temporale, cui corrispondono altrettanti "indirizzi"
alternativi della procedura; vale a dire, o attraverso la
cessione a terzi dei complessi aziendali, sulla base di un
programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata
non superiore ad un anno che garantisca, per quanto possibile,
il mantenimento dei livelli occupazionali e l'unità
operativa dei complessi da trasferire; ovvero mediante la
ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa, sulla
base di un programma di durata non superiore a due anni volto
al suo risanamento. Tale dicotomia corrisponde, sotto il profilo
sostanziale, alle due diverse "gradazioni" con le
quali le potenzialità di recupero sono suscettive di
manifestarsi. Nel primo caso, è possibile ripristinare
de futuro l'equilibrio tra costi e ricavi, senza tuttavia
che ciò consenta anche di sanare per integrum le passività
precedentemente accumulate: la conservazione del patrimonio
produttivo si attua, perciò, tramite un mutamento della
titolarità dell'impresa, della quale viene evitata,
nelle more, la dissoluzione. Nel secondo caso, invece, l'amministrazione
straordinaria prelude al recupero, da parte dell'impresa,
della capacità di soddisfare regolarmente anche le
obbligazioni pregresse e, dunque, al suo ritorno in bonis.
È implicito che, in simile prospettiva, l'amministrazione
straordinaria cessa di rappresentare, per le imprese di "fascia
alta", una procedura che esclude l'alternativa fallimentare:
l'impresa che ricade nel campo di operatività della
nuova disciplina potrà essere difatti ammessa all'amministrazione
straordinaria o dichiarata fallita a seconda delle connotazioni
del suo dissesto.
L'altra direttrice-cardine della riforma consiste nel contemperamento
dei poteri discrezionali dell'autorità amministrativa
con il riconoscimento di un più significativo ruolo
dell'autorità giudiziaria, cui vengono riservate le
decisioni fondamentali in tema di accesso, utile proseguibilità
e cessazione dell'amministrazione straordinaria. A tale fine
conformemente alla statuizione dell'articolo 1, comma
2, lettera d), della legge delega la procedura viene
strutturata in due fasi distinte. La prima fase prende l'avvio
dall'accertamento dello stato di insolvenza e ha come obiettivo
la verifica dell'esistenza delle prospettive di riequilibrio
cui è condizionata l'ammissione all'amministrazione
straordinaria. Essa è governata dall'autorità
giudiziaria: è il tribunale, infatti, che dopo
aver dichiarato lo stato di insolvenza dell'impresa avente
i prescritti requisiti dimensionali dispone altresì
con decreto, sentito il Ministro dell'industria, l'apertura
dell'amministrazione straordinaria ovvero il fallimento dell'impresa
insolvente, a seconda che ricorra o meno il presupposto della
"recuperabilità".
La seconda fase quella che segue al decreto di apertura
dell'amministrazione straordinaria continua per converso
a svolgersi sotto la vigilanza del Ministero dell'industria,
il quale in particolare provvede, oltre che alla nomina dei
relativi organi (gestorio e consultivo: commissario straordinario
e comitato di sorveglianza), anche all'approvazione del programma
di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione,
che segnerà le linee operative concrete della procedura.
Nondimeno, anche in tale seconda fase viene prefigurata una
incisiva "presenza" dell'autorità giudiziaria.
Parallelamente, infatti, ai poteri decisori in tema di ammissione
alla procedura, al tribunale è attribuito anche il
compito di accertare se la medesima abbia raggiunto o possa
raggiungere i propri obiettivi, e di disporre, in caso negativo,
la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento.
Siffatta evenienza potrà verificarsi non soltanto alla
scadenza temporale del programma, allorché si traccia
il relativo bilancio, ma anche ante diem quante volte,
cioè, già prima di detta scadenza, i risultati
inizialmente pronosticati si palesassero irrealizzabili.
Siffatta impostazione cui si coniuga la soppressione
delle norme censurate dagli organi comunitari (salvo quanto
si dirà a proposito dell'articolo 2-bis del decreto-legge
n. 26 del 1979) e la previsione dello specifico obbligo di
uniformare il programma, quante volte esso preveda il ricorso
ad agevolazioni pubbliche non autorizzate dalla Commissione
europea, alle disposizioni e agli orientamenti comunitari
sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione
di imprese in difficoltà (v. amplius infra, §
4.5) consente altresì di assicurare, anche sul
piano formale, la compatibilità dell'istituto con la
normativa comunitaria a salvaguardia della concorrenza.
Si è ritenuto, peraltro, cogliendo lo spirito della
legge delega, di poter adeguatamente valorizzare lo spazio
lasciato aperto alla discrezionalità del legislatore
delegato nella concreta regolamentazione della procedura (l'articolo
1, comma 2, lettera o, della legge n. 274 del 1998, nel prevedere
che la disciplina dell'amministrazione straordinaria debba
avere come termine di riferimento quella della liquidazione
coatta amministrativa, accorda infatti al Governo la potestà
di apportare le modifiche e le integrazioni occorrenti onde
allinearla agli altri principi di delega) al fine di sviluppare
ulteriormente il nuovo approccio, prefigurando una sorta di
"sistema binario": un sistema, cioè, che,
conformemente alle rispettive "vocazioni" istituzionali,
vede demandate all'autorità amministrativa (ed agli
organi da essa designati) le scelte propriamente "gestionali",
riservando invece all'autorità giudiziaria le operazioni
che si risolvono, in via diretta, in una forma di tutela dei
diritti.
Discostandosi sul punto dalla disciplina della liquidazione
coatta amministrativa rivelatasi sovente disfunzionale
e penalizzante per gli interessati si è in particolare
stabilito che, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria,
la verifica dello stato passivo (che implica l'accertamento
dei diritti di credito) e la ripartizione dell'attivo (che
implica la determinazione del quantum del loro concreto soddisfacimento,
nel rispetto della par condicio creditorum) si svolgano con
le stesse modalità (e, dunque, con la stessa pienezza
di garanzie) proprie della procedura fallimentare; e si è
affermata, inoltre, la giurisdizione del giudice ordinario
in tema di impugnazione degli atti e dei provvedimenti relativi
alla liquidazione del patrimonio dell'impresa insolvente che
risultino lesivi di posizioni giuridiche protette dall'ordinamento
nella forma piena del diritto soggettivo.
Da ultimo, e sul piano squisitamente tecnico, si è
profuso ogni sforzo nel tentativo di dirimere normativamente
i molteplici dubbi interpretativi originati dalla disciplina
pregressa, in conseguenza di formulazioni poco puntuali o
lacunose. Si è cercato, in pari tempo, di fare un uso
quanto più possibile "ragionato" della tecnica
del rinvio alle disposizioni della legge fallimentare (tecnica
peraltro irrinunciabile, sia per ragioni di coerenza sistematica
che di contenimento del testo normativo in dimensioni accettabili),
evitando segnatamente di ricorrervi quante volte le disposizioni
da richiamare presentassero un elevato grado di obsolescenza,
a seguito del mutato quadro socio-economico o per effetto
di interventi della Corte costituzionale.
A quest'ultima opzione è stato di conforto anche il
convincimento che la riforma attuata con il presente decreto
legislativo determinando ineluttabilmente la creazione
di uno "scalino normativo" tra l'amministrazione
straordinaria e le altre procedure concorsuali possa
preludere all'avvio di un più ampio processo di revisione
dell'intero sistema delle procedure stesse, nel segno della
"modernizzazione" e della reductio ad unitatem.
2.
Disposizioni generali
Scendendo,
con ciò, ad una più analitica disamina dell'articolato,
esso si apre con il titolo dedicato alle disposizioni generali.
Si tratta di due soli articoli finalizzati a scolpire, in
limine, natura, obiettivi e campo d'operatività della
procedura, fungendo, così, da chiave di lettura dell'intero
corpus normativo.
L'articolo 1 esordisce puntualizzando, in accordo con la direttiva
di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge delega,
la natura e la finalità dell'amministrazione straordinaria.
Fugando le perplessità e i dubbi indotti dalla ibrida
regolamentazione anteriore, si statuisce quanto alla
natura che l'istituto si configura come procedura concorsuale
della grande impresa commerciale insolvente, e quanto
alle finalità che esso mira a conservarne il
patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione
o riconversione delle attività imprenditoriali.
Per quel che riguarda il primo profilo, è appena il
caso di segnalare che il riferimento all'"impresa commerciale"
abbraccia così come nella legge fallimentare
l'intero ventaglio delle attività elencate nell'articolo
2195 del codice civile; laddove invece la formula "grande
impresa" assume un valore prettamente convenzionale,
trovando concreta specificazione nei requisiti elencati nell'articolo
2 del decreto, di cui subito appresso. Quanto al fine conservativo,
esso come già accennato e come meglio si vedrà
in prosieguo ha come termine di riferimento necessario
l'impresa, e non l'imprenditore, potendo attuarsi anche attraverso
soluzioni che implichino un "passaggio di mano"
nella titolarità dell'impresa stessa.
L'articolo 2 individua le imprese soggette all'amministrazione
straordinaria. La formula al riguardo usata "possono
essere ammesse" (e non "sono ammesse") "all'amministrazione
straordinaria, alle condizioni e nelle forme previste dal
presente decreto" mira a rendere immediatamente
palese come, nel nuovo sistema, il possesso degli elencati
requisiti non garantisca, di per sé solo, alle imprese
insolventi l'accesso alla procedura.
Ciò posto, deve trattarsi, anzitutto, "di imprese,
anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento".
L'esplicito riferimento alla natura "anche individuale"
dell'impresa che potrebbe considerarsi in sé
superfluo è giustificato, per un verso, dalla
esigenza di bandire le pregresse incertezze interpretative
circa l'assoggettabilità ad amministrazione straordinaria
delle imprese in questione; e, per l'altro, dall'intento di
chiarire, a contrario sensu, che i termini "impresa"
e "imprenditore", ove utilizzati nel decreto legislativo
senz'altra specificazione, debbono intendersi comprensivi
anche dell'impresa e dell'imprenditore costituiti in forma
societaria (amplius, metaindividuale).
La condizione che si tratti di imprese "soggette alle
disposizioni sul fallimento" vale a sua volta ad escludere
dalla sfera di applicazione dell'istituto oltre, ovviamente,
alle imprese sottratte tout court alle procedure concorsuali
anche le imprese soggette, in caso di dissesto, a liquidazione
coatta amministrativa con esclusione del fallimento. Una diversa
soluzione, difatti, avrebbe rischiato di creare inopportune
sovrapposizioni dell'amministrazione straordinaria con ordinamenti
settoriali, che contemplano forme particolari e diversamente
calibrate di risoluzione delle crisi in vista della tutela
di particolari interessi (si pensi, per tutti, all'ordinamento
bancario).
Al di là di ciò, si richiede, poi, come dato
qualificante, il superamento congiunto di due "soglie",
che assolvono alla funzione di indici rivelatori della "rilevanza
sociale" del dissesto: l'una occupazionale, l'altra patrimoniale.
L'impresa deve, cioè, da un lato, impiegare lavoratori
subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione
dei guadagni, in numero non inferiore a duecento da almeno
un anno; dall'altro, trovarsi gravata da debiti per un ammontare
complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo
dello stato patrimoniale (formula, questa, che traduce in
termini maggiormente tecnici il riferimento all'"attivo
lordo" contenuto nella legge delega) che dei ricavi provenienti
dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.
Da più parti si è paventata, in verità,
la insufficiente selettività di siffatti requisiti,
i quali "tradendo" la stessa enunciazione
d'esordio che vuole l'amministrazione straordinaria tuttora
riservata alla "grande impresa" preluderebbero
ad una inflazione della platea delle imprese legittimate ad
accedere alla procedura (includendovi anche una significativa
tranche della media impresa): inflazione che se, per un verso,
rischierebbe di pregiudicare l'efficienza dell'attività
di vigilanza, mettendo a dura prova le capacità di
risposta delle strutture ministeriali a ciò preposte;
per l'altro relegherebbe l'autorità giudiziaria al
ruolo di gestore delle insolvenze di minor conto.
È ben vero, in effetti, che i requisiti in questione
risultano, di per sé, assai meno stringenti di quelli
contemplati dalla vecchia disciplina. Mentre, infatti, la
soglia occupazionale peraltro riferita ai "lavoratori
subordinati", anziché all'atecnica (e perciò
equivoca) figura degli "addetti" (di cui era menzione
nell'articolo 1, primo comma, del decreto-legge n. 26 del
1979) registra una significativa flessione (da trecento
a duecento); il limite concernente l'indebitamento cessa di
avere come parametro una cifra assoluta, soggetta a periodico
aggiornamento e per giunta riferita ai soli debiti
verso particolari categorie di soggetti (banche, istituti
di previdenza ed assistenza, ecc.: cosiddetta esposizione
debitoria qualificata) esprimendosi, per converso,
in un rapporto proporzionale (due terzi) fra il complesso
dei debiti (scaduti e a scadere) da cui l'impresa è
gravata e determinate voci dello stato patrimoniale e del
conto economico (si tratta, in pratica, delle stesse voci
cui fanno riferimento i numeri 1 e 2 del primo comma dell'articolo
2435-bis del codice civile ai fini della facoltà di
redazione del bilancio in forma abbreviata).
Al riguardo, è tuttavia assorbente, in confronto ad
ogni considerazione di merito, l'esigenza del rispetto dei
criteri dettati dalla legge delega, la quale reca, sul punto,
statuizioni specifiche (articolo 1, comma 2, lettera b) che
non potevano non essere recepite nel decreto delegato. Va
segnalato, in particolare, che l'indicazione della legge delega
afferente al requisito occupazionale (attesa la quale l'individuazione
delle imprese soggette alla procedura deve avere "come
parametro un numero di dipendenti non inferiore a duecento
da almeno un anno") non potrebbe esser letta come atta
a legittimare la fissazione, da parte del legislatore delegato,
di un qualsiasi numero minimo di dipendenti, purché
non inferiore a duecento: i lavori parlamentari smentiscono,
infatti, tale interpretazione, rendendo palese come le Camere,
mediante l'indicazione ora riprodotta, abbiano inteso stabilire
imperativamente la soglia occupazionale minima, e non già
semplicemente fissare il limite inferiore alla discrezionalità
del Governo nello stabilirla.
Non è peraltro superfluo soggiungere e sottolineare
che il sensibile abbassamento delle soglie dimensionali di
ammissione trova "compensazione" nella circostanza
che, come già rimarcato, nel nuovo sistema la selezione
delle imprese da assoggettare concretamente ad amministrazione
straordinaria non è più basata sui soli requisiti
in questione, ma anche sulla concorrente condizione della
risanabilità (lato sensu); e che, d'altro canto, la
procedura cessa di essere una "via senza ritorno",
potendo trasformarsi, nel caso di insuccesso, in una semplice
"parentesi", più o meno breve, che prelude
comunque all'avvio dell'ordinario corso fallimentare. Considerazioni,
queste, che valgono a smussare significativamente le preoccupazioni
innanzi evidenziate.
Su un piano puramente esegetico, va segnalato come i debiti
rilevanti, ai fini del superamento del limite dell'indebitamento
proporzionale, siano quelli dell'"impresa", e non
genericamente dell'"imprenditore": il che implica,
in concreto, che quando si sia al cospetto di una impresa
individuale, non entreranno in linea di conto le passività
extraaziendali del suo titolare. L'espressione adottata ("tanto
che
") non lascia d'altro canto margine
a ragionevoli dubbi su ciò, che il superamento del
rapporto dei due terzi debba aversi, contemporaneamente e
distintamente, rispetto ad ambedue i parametri di riferimento
(totale dell'attivo dello stato patrimoniale e ricavi provenienti
dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio).
Si è evitato, in ogni caso, di richiedere (come invece
accadeva nella vecchia normativa) che gli indicati elementi,
o alcuno di essi, risultino dal bilancio (che potrebbe non
essere stato redatto) o, peggio, dal "bilancio approvato"
(che non esiste, istituzionalmente, per l'imprenditore individuale).
3.
Dichiarazione dello stato di insolvenza
3.1. Procedimento
Il
titolo II del decreto è dedicato alla disciplina della
prima delle due fasi nelle quali la procedura si articola:
quella, cioè, che sulla base del preliminare accertamento
dello stato di insolvenza, prelude alla scelta del "metodo"
più acconcio amministrazione straordinaria o
fallimento onde far fronte all'insolvenza stessa.
Nell'ambito del capo I, attinente alla regolamentazione dei
profili procedimentali della dichiarazione dell'insolvenza,
l'articolo 3 stabilisce, al comma 1, che ove un'impresa avente
i prescritti requisiti dimensionali versi in tale stato, il
tribunale del luogo in cui essa ha la sede principale debba
dichiararlo con sentenza in camera di consiglio. L'iniziativa
del procedimento è strutturata in termini affatto omologhi
a quella della dichiarazione di fallimento (articolo 6 della
legge fallimentare): il tribunale provvede, cioè, su
ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori,
del pubblico ministero, ovvero d'ufficio. Merita di essere
sottolineata, per altro verso, la circostanza che non vengano
più previsti equipollenti all'accertamento dell'insolvenza,
quale premessa per l'accesso all'amministrazione straordinaria:
cade, in particolare, la previsione, contenuta nell'articolo
1, quinto comma, del decreto-legge n. 26 del 1979 invero
assai equivoca e di dubbia razionalità (potendosi dubitare
se si fosse al cospetto di un presupposto autonomo ovvero
di una presunzione iuris et de iure di decozione) relativa
all'omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione.
Di particolare rilievo è la statuizione del comma 2
dello stesso articolo 3, in forza della quale il tribunale
provvede nello stesso modo dichiara, cioè, con
sentenza l'insolvenza anche quando, in base alle disposizioni
della legge fallimentare, si dovrebbe far luogo alla dichiarazione
di fallimento di un'impresa ammessa alla procedura di concordato
preventivo o di amministrazione controllata: statuizione la
cui premessa logico-giuridica è, evidentemente, che
l'assoggettabilità (potenziale) ad amministrazione
straordinaria non precluda all'impresa l'accesso alle procedure
concorsuali minori.
Il problema dei rapporti tra amministrazione straordinaria
e procedure concorsuali minori assai dibattuto nella
cornice del decreto-legge n. 26 del 1979 e sul quale, peraltro,
la legge delega non prende posizione ha formato per
vero oggetto di approfondita riflessione. Si sarebbe potuta
in effetti ipotizzare l'affermazione della "prevalenza"
delle finalità conservative proprie dell'amministrazione
straordinaria rispetto al ricorso a forme di composizione
"privata" del dissesto, suscettive, segnatamente
in caso di insuccesso, di pregiudicarne i prioritari obiettivi.
Tale soluzione è stata tuttavia scartata sulla scorta
di un complesso di considerazioni. Anzitutto, si è
tenuto conto del fatto che mentre le procedure concorsuali
minori producono, ex parte debitoris, effetti di "spossessamento
attenuato" nella prospettiva di un successivo ritorno
in bonis; l'amministrazione straordinaria implica, di contro,
la perdita della capacità patrimoniale e processuale
del debitore, mentre il suo ritorno in bonis anche
in un fisiologico svolgimento degli eventi si presenta
come puramente eventuale, risultando legato a fil doppio alla
scelta circa l'indirizzo da imprimere alla procedura (scilicet,
all'adozione di un programma di ristrutturazione, anziché
di cessione dei complessi aziendali). Per tal rispetto, la
negazione dell'accesso alle procedure concorsuali minori,
pure laddove ne esistano le condizioni, rischierebbe di tradursi
in una disparità di trattamento in peius per le imprese
di maggiori dimensioni, non sorretta in buona parte dei casi
da adeguata giustificazione.
L'assunto appare di immediata intellegibilità per quanto
attiene all'amministrazione controllata, che ha finalità
conservative e risanatorie similari (e addirittura coincidenti,
nell'ipotesi di adozione dell'indirizzo della ristrutturazione)
a quelle dell'amministrazione straordinaria, peraltro attuabili
senza interventi esterni: onde non vi sarebbe ragione per
privilegiare l'iniziativa pubblica a scapito di quella privata,
che implica, in via di principio, minori costi per la collettività.
Né, d'altro canto, guardando il fenomeno da angolazione
inversa, sarebbe giustificato sancire un divieto di accesso
all'amministrazione straordinaria per le imprese che abbiano
preventivamente imboccato, con esito negativo, la via dell'amministrazione
controllata: divieto che dovrebbe servire, in tesi, ad evitare
duplicazioni di interventi dallo stesso "taglio"
e conseguenti dilatazioni dei tempi per approdare alla declaratoria
fallimentare. Occorre considerare, infatti, da un lato, che
la cessazione traumatica dell'amministrazione controllata
può aversi anche per ragioni che non incidono sul giudizio
prognostico di risanabilità dell'impresa (ad esempio,
a seguito del compimento da parte del debitore di atti di
frode, a mente del combinato disposto degli articoli 188,
terzo comma, e 173 della legge fallimentare); dall'altro,
che l'insuccesso del tentativo di risanamento nell'ambito
dell'amministrazione controllata non implica indeclinabilmente
una valutazione negativa circa i possibili esiti dell'esperimento
di conservazione del patrimonio produttivo nella cornice dell'amministrazione
straordinaria, la quale dispone, all'uopo, di strumenti diversi
e più ampi, tra cui, in primis, il ricorso al programma
alternativo di cessione a terzi dei complessi aziendali (tutto
ciò fermo restando che a fronte di un precedente insuccesso
dell'amministrazione controllata, la valutazione del tribunale
prodromica all'ammissione dell'impresa all'amministrazione
straordinaria dovrà essere di necessità improntata
a maggiore cautela).
Discorso non dissimile può farsi, peraltro, anche per
quanto attiene al concordato preventivo con garanzia, cui
parimenti non è estranea, nella configurazione istituzionale,
la finalità di conservazione e risanamento dell'impresa:
finalità che parimenti si attua tramite un mezzo "privatistico"
id est, la soddisfazione in percentuale dei crediti,
a seguito di accordo sui generis tra debitore e creditori
suscettivo di risultare, in linea di massima, esso
pure meno "costoso" per la collettività rispetto
all'alternativa "pubblicistica" offerta dell'amministrazione
straordinaria.
Perplessità maggiori può destare, di contro,
la previsione della possibilità di accedere al concordato
preventivo con cessione dei beni, trattandosi di procedura
di taglio liquidatorio, suscettiva di condurre alla dissoluzione
dell'impresa. Per questo verso, è apparsa tuttavia
decisiva, a sostegno della soluzione accolta, la difficoltà
di prefigurare un razionale innesto dell'ipotetica preclusione
di tale forma di concordato nella nuova strutturazione della
procedura, tenuto conto della circostanza che il requisito
dimensionale non è garanzia di accesso all'amministrazione
straordinaria, e che, d'altro canto nel caso in cui
la valutazione circa la "recuperabilità"
dell'impresa si palesi ex post ottimistica tale procedura
può convertirsi, anche a breve distanza di tempo, in
fallimento. In simili frangenti, l'aver precluso all'imprenditore
l'accesso al concordato preventivo con cessione dei beni potrebbe
tradursi in una illogica penalizzazione; mentre il correttivo
rappresentato dall'inserimento della facoltà di proposizione
della relativa domanda nelle fasi "nevralgiche"
della procedura porrebbe problemi di compatibilità
con le scansioni temporali e le enunciazioni precettive dettate
dalla legge delega.
Conclusivamente sul punto, si è quindi ritenuto che
il complessivo riassetto dei rapporti tra l'amministrazione
straordinaria e le altre procedure concorsuali debba essere
effettuato nel contesto di una rivisitazione a più
ampio raggio del relativo sistema, la quale investa, in modo
particolare, la strutturazione della fase preliminare di accesso
alle procedure stesse: rivisitazione alla quale, peraltro
come accennato la presente riforma potrebbe
risultare prodromica.
L'articolo 4 detta una disposizione specifica relativa alla
dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa individuale,
chiarendo che la stessa resta soggetta alle regole stabilite
dagli articoli 10 e 11 della legge fallimentare, in particolare
per quanto attiene ai termini entro i quali la dichiarazione
può intervenire nei casi di cessazione dell'esercizio
dell'impresa o di morte dell'imprenditore. Vengono altresì
richiamate le disposizioni dell'articolo 12 della legge fallimentare
in ordine alla prosecuzione della procedura allorché
la morte dell'imprenditore sopravvenga alla dichiarazione
dell'insolvenza. Anche nel frangente, l'obiettivo è
di dirimere i dubbi ermeneutici alimentati su tali punti dalla
normativa pregressa.
Gli articoli 5 e 6 recano previsioni particolari afferenti
al contenuto dei ricorsi per dichiarazione dello stato di
insolvenza presentati, rispettivamente, dallo stesso imprenditore
(individuale o collettivo) e dai creditori. Nel primo caso
sul presupposto che l'ammissione all'amministrazione
straordinaria risponderà normalmente anche all'interesse
dell'imprenditore, quale alternativa maggiormente appetibile
rispetto al fallimento si prevedono oneri informativi
e di ostensione documentale ampliati rispetto a quelli stabiliti
dall'articolo 14 della legge fallimentare a carico dell'imprenditore
che chiede il proprio fallimento: e ciò nell'intento
di agevolare l'opera di verifica del tribunale. L'istante
ha infatti l'onere di indicare le cause che hanno determinato
il proprio stato di insolvenza e di segnalare ogni elemento
utile ai fini della valutazione non solo del possesso dei
requisiti dimensionali previsti dall'articolo 2, ma anche
della possibilità di ripristino dell'equilibrio economico
delle attività imprenditoriali nei termini indicati
dall'articolo 27. Egli deve inoltre depositare presso la cancelleria
del tribunale, in aggiunta ai documenti elencati nel citato
articolo 14 della legge fallimentare (scritture contabili,
ultimi due bilanci, elenco nominativo dei creditori e dei
titolari di diritti reali mobiliari su cose in suo possesso),
una situazione patrimoniale aggiornata a non più di
trenta giorni anteriori alla data di presentazione del ricorso.
L'onere gravante sul creditore che chiede la dichiarazione
dell'insolvenza ha, per converso, natura schiettamente processuale,
e consiste nella elezione di domicilio nella circoscrizione
del tribunale adito: elezione la cui mancanza, insufficienza
o inidoneità importa che le notificazioni e le comunicazioni
che debbono effettuarsi al creditore istante nel corso del
procedimento saranno eseguite presso la cancelleria del tribunale.
L'articolo 7 regola il procedimento di dichiarazione dell'insolvenza.
Al riguardo, si prevede che il tribunale, prima di provvedere,
debba convocare l'imprenditore, il ricorrente e il Ministro
dell'industria; quest'ultimo può peraltro designare
un delegato per la comparizione ovvero far pervenire un parere
scritto. Posto che, al lume della generale previsione dell'articolo
92 del decreto, la sentenza dichiarativa dell'insolvenza è
pronunciata dal tribunale in composizione collegiale, si consente,
tuttavia dando riconoscimento normativo ad una prassi
largamente diffusa nei tribunali fallimentari e che ne agevola
l'operatività di delegare l'audizione delle
parti ad uno dei componenti del collegio.
Il comma 2 dello stesso articolo 7 stabilisce che tra la data
della comunicazione dell'avviso di convocazione e quella dell'udienza
debba intercorrere, di norma, un termine non inferiore a quindici
giorni. La previsione risponde ad una duplice ratio: assicurare,
cioè, all'imprenditore un congruo lasso temporale per
la preparazione della difesa e permettere al Ministro dell'industria
l'indicazione dei commissari giudiziali (uno o tre, secondo
quanto stabilito dal tribunale) che dovranno essere nominati
nel caso di dichiarazione dell'insolvenza: ciò conformemente
alla statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera h), della
legge delega, in forza della quale i commissari giudiziali
sono nominati dal tribunale, su indicazione vincolante del
Ministro (su tale direttiva, v. pure infra, § 4.1). Allo
scopo, l'avviso di convocazione diretto al Ministro contiene
lo specifico invito a designare i (potenziali) commissari
entro la data fissata per l'udienza. La designazione (e la
conseguente nomina) dovranno cadere su persone in possesso
dei requisiti di professionalità ed onorabilità
stabiliti con apposito regolamento del Ministro dell'industria,
di concerto con il Ministro di grazia e giustizia (articolo
39.), da emanare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore
del presente decreto, salva nelle more l'applicabilità
dei requisiti per la nomina dei curatori fallimentari (articolo
104).
L'esigenza di evitare che il ritardo, anche di pochi giorni,
nella dichiarazione dello stato di insolvenza determini conseguenze
negative irreparabili precludendo la dichiarazione
stessa a seguito dello spirare dei termini previsti dagli
articoli 10 e 11 della legge fallimentare, ovvero la proposizione
di azioni revocatorie a seguito del superamento del limite
del "periodo sospetto" stabilito dagli articoli
64 e seguenti della legge fallimentare ha reso peraltro
necessario accordare al tribunale la facoltà di abbreviare,
con decreto motivato, il termine dilatorio di comparizione.
A fronte della multiforme varietà delle contingenze
concrete, è sembrato d'altro canto non opportuno stabilire
un termine minimo comunque invalicabile: sarà invero
compito della giurisprudenza identificare lo spatium temporis
irrinunciabile in rapporto alle singole fattispecie concrete,
nel doveroso bilanciamento tra l'interesse dell'imprenditore
alla difesa e quello, contrapposto, a prevenire gli effetti
pregiudizievoli innanzi accennati.
L'articolo 8. definisce i contenuti precettivi della sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza, modificando ed integrando
opportunamente l'elencazione contenuta del secondo comma dell'articolo
16 della legge fallimentare.
La sentenza reca anzitutto la nomina degli altri organi (oltre
al tribunale) della prima fase della procedura: vale a dire
il giudice delegato ed il commissario (o i commissari) giudiziali.
A quest'ultimo proposito sempre in ottemperanza ai
dettami della legge delega si prevede che l'obbligo
di allineare la nomina all'indicazione del Ministro dell'industria
venga meno qualora l'indicazione stessa non sia pervenuta
nel termine prefissato; e si precisa, altresì (anche
nell'ottica del contenimento degli oneri per i compensi),
che la nomina di tre commissari, in luogo di uno solo, resta
limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità
della procedura.
Al pari della sentenza dichiarativa di fallimento, quella
dichiarativa dell'insolvenza impartisce poi all'imprenditore
l'ordine (presidiato da sanzione penale: v. articolo 95.,
comma 2, in riferimento all'articolo 220 della legge fallimentare)
di depositare in cancelleria le scritture contabili ed i bilanci,
laddove non vi si sia già provveduto in occasione della
presentazione del ricorso da parte dell'imprenditore stesso
a norma dell'articolo 5. Trattandosi di imprese di rilevanti
dimensioni, il termine di deposito è stato portato
da ventiquattro ore a due giorni.
La sentenza detta, ancora, le disposizioni relative all'accertamento
del passivo, stabilendo il termine di presentazione delle
domande da parte dei creditori e dei titolari di diritti reali
mobiliari e la data dell'adunanza per il loro esame davanti
al giudice delegato. Il termine di presentazione delle domande
risulta notevolmente più ampio di quello previsto in
ambito fallimentare, dovendo essere compreso fra il novantesimo
ed il centoventesimo giorno successivo alla data di affissione
della sentenza (l'articolo 16, secondo comma, della legge
fallimentare prevede, per converso, un termine non maggiore
di trenta giorni). La ragione dell'ampliamento risiede non
solo e non tanto nelle dimensioni dell'impresa e del suo passivo,
ma anche e soprattutto nell'intento di far sì che
pur mettendo a frutto il tempo intermedio per l'avvio del
relativo procedimento, a garanzia di maggior celerità
(v., al riguardo, anche l'articolo 22, su cui infra, §
3.3) l'esame dello stato passivo abbia luogo solo dopo
lo scioglimento dell'alternativa tra l'ammissione dell'impresa
insolvente all'amministrazione straordinaria o la sua dichiarazione
di fallimento, e con l'intervento del relativo organo (commissario
straordinario o curatore fallimentare).
Da ultimo, la sentenza stabilisce se la gestione dell'impresa,
sino a quando non venga sciolta detta alternativa, debba essere
lasciata all'imprenditore insolvente ovvero affidata al commissario
giudiziale. La statuizione si connette alla disciplina degli
effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza, onde
la sua valenza sarà lumeggiata in sede di illustrazione
delle disposizioni concernenti tale tematica (infra, §
3.3).
Riguardo alla comunicazione e alla pubblicazione della sentenza,
vengono richiamate le disposizioni dettate dal primo e dal
secondo comma dell'articolo 17 della legge fallimentare riguardo
alla sentenza dichiarativa di fallimento, con l'aggiunta dell'obbligo
di comunicazione entro tre giorni al Ministro dell'industria.
Il richiamo non si estende, per converso, al terzo comma dello
stesso articolo 17, che prevede la pubblicazione per estratto
nel foglio degli annunzi legali della provincia. L'esclusione,
nella disciplina "a regime", di tale forma di pubblicità
si giustifica nella cornice della preconizzata sostituzione
degli attuali mezzi pubblicitari "cartacei"
obsoleti e disfunzionali con un più moderno
ed efficace sistema di pubblicità informatica: intento
che trova espressione nella previsione generale relativa alla
"affissione con mezzi informatici" di cui all'articolo
94, la quale, come meglio si illustrerà a suo luogo
(infra, § 6), è destinata a surrogare, in tutti
i casi in cui l'affissione di atti, provvedimenti o loro estratti
è prevista dal presente decreto (e, dunque, anche in
rapporto alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza,
per il rinvio al secondo comma dell'articolo 17 della legge
fallimentare), l'apposizione materiale presso la porta esterna
del tribunale, "assorbendo", altresì, l'inserzione
nel foglio degli annunzi legali. Questi ultimi due adempimenti
(affissione materiale e inserzione nel foglio degli annunzi
legali) dovranno peraltro continuare ad essere transitoriamente
effettuati, a norma dell'articolo 105, fino a quando non sarà
emanato l'apposito regolamento sulla pubblicità con
mezzi informatici, nonché nei casi di indisponibilità
presso gli uffici giudiziari delle necessarie dotazioni (infra,
§ 8).
Si è ritenuta per diverso rispetto superflua, a fronte
dell'attuale regime di esecutività delle sentenze (articolo
282 del codice di procedura civile), l'espressa indicazione
della provvisoria esecutività della sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza. Essa è peraltro presupposta
dalla disposizione del comma 3 dell'articolo 9, che nega effetto
sospensivo all'opposizione.
Il capo I del titolo II si chiude con le disposizioni concernenti
le impugnazioni dei provvedimenti (positivi o negativi) in
tema di dichiarazione dell'insolvenza.
L'articolo 9 si occupa dell'opposizione alla sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza, rimodellando opportunamente
anche al lume dei noti interventi della Corte costituzionale
il meccanismo delineato dall'articolo 18 della legge
fallimentare. Si prevede, in particolare, che l'opposizione
possa essere proposta da qualunque interessato, davanti al
medesimo tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, nel termine
di trenta giorni, decorrente, per l'imprenditore, dalla data
della comunicazione e, per ogni altro interessato, dalla data
dell'affissione (la regola della decorrenza del termine dalla
comunicazione non è stata estesa a chi ha chiesto la
dichiarazione dell'insolvenza, per l'ovvia ragione che il
provvedimento è di accoglimento della sua istanza).
Quanto alle forme, l'opposizione va proposta con atto di citazione
notificato al commissario giudiziale e a chi ha chiesto la
dichiarazione dell'insolvenza, nonché all'imprenditore
dichiarato insolvente, se l'opponente è soggetto diverso
da quest'ultimo. Potrebbe peraltro verificarsi segnatamente
nel caso di ritardo nella comunicazione o nell'affissione
della sentenza che il termine per l'opposizione sia
ancora in corso dopo l'ammissione dell'impresa all'amministrazione
straordinaria o la sua dichiarazione di fallimento e che,
dunque, l'opposizione stessa non possa più essere notificata
al commissario giudiziale, ormai cessato dalle proprie funzioni:
tale caso è regolato dall'articolo 34 (infra, §
4.1).
A norma dell'articolo 10, la sentenza che, a seguito dell'opposizione,
revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza, deve essere
comunicata ed affissa negli stessi modi stabiliti per la sentenza
revocata. Al pari che nel caso di revoca della dichiarazione
di fallimento (articolo 21, primo comma, della legge fallimentare),
restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli
organi della procedura.
Una ipotesi particolare, apparsa meritevole di specifica disciplina,
è quella in cui fermo il riconoscimento della
qualifica di imprenditore commerciale del debitore e del suo
stato di insolvenza l'opposizione venga accolta per
il solo motivo dell'accertata insussistenza dei requisiti
dimensionali di accesso all'amministrazione straordinaria.
In tale contingenza, sarebbe per vero del tutto illogico che
debba revocarsi la dichiarazione dello stato di insolvenza,
per poi dichiarare fallito ex novo l'imprenditore nei modi
ordinari. Se così fosse, infatti pur a fronte
della sostanziale correttezza dell'accertamento dei presupposti
della declaratoria fallimentare già racchiuso nella
prima sentenza si rischierebbe di andare incontro ad
una serie di conseguenze pregiudizievoli: di veder sfumare,
ad esempio, la possibilità di esperire revocatorie
fallimentari, o di rendere efficaci tutti gli atti di disposizione
patrimoniale compiuti dal debitore dopo la dichiarazione dell'insolvenza.
In considerazione di ciò e tenuto conto altresì
del fatto che, nel nuovo sistema, amministrazione straordinaria
e fallimento non rappresentano più "mondi separati",
ma procedure "intercomunicanti" che corrispondono
a diverse strategie di risoluzione dei problemi dell'insolvenza
l'articolo 11 prevede che l'accertamento del mancato
possesso dei requisiti indicati dall'articolo 2 non comporta
la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza: quando
la sentenza che accoglie l'opposizione per tal motivo sia
passata in giudicato, il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza
si limiterà a disporre, con decreto, la conversione
della procedura in fallimento (sempre che, s'intende, questo
non sia stato già dichiarato a seguito della verifica
dell'inesistenza delle prospettive di riequilibrio delle attività
imprenditoriali o dell'insuccesso del tentativo di salvataggio),
laddove nel concetto di conversione è implicita la
regola della piena continuità degli effetti.
Il caso specularmente inverso a quello ora considerato
vale a dire quello in cui l'opposizione alla sentenza dichiarativa
di fallimento, pronunciata in base alle disposizioni della
legge fallimentare, sia accolta per il solo motivo del possesso,
da parte dell'impresa fallita, dei requisiti dimensionali
di accesso all'amministrazione straordinaria viene
regolato, per ragioni sistematiche e di maggior chiarezza
dell'enunciato normativo, nell'articolo 35, e sarà
dunque oggetto di esame più oltre (infra, § 4.1).
Da ultimo, l'articolo 12 prevede che contro il provvedimento
del tribunale che rigetta il ricorso per dichiarazione dello
stato di insolvenza (provvedimento che assume la forma del
decreto motivato) possa proporsi reclamo alla corte di appello
secondo cadenze che ricalcano, mutatis mutandis, quelle prefigurate
dall'articolo 22 della legge fallimentare.
3.2.
Organi
Il
capo II del titolo II detta disposizioni relative agli organi
della prima fase della procedura: id est, tribunale che ha
dichiarato l'insolvenza, giudice delegato e commissario giudiziale.
L'articolo 13 adatta alla procedura la disposizione dell'articolo
24 della legge fallimentare, stabilendo a fini di opportuna
concentrazione che il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza
sia competente a conoscere di tutte le cause che ne derivano
(s'intende, anche a seguito della susseguente apertura dell'amministrazione
straordinaria), fatta eccezione per le azioni reali immobiliari,
per le quali restano ferme le ordinarie regole di competenza.
L'articolo 14, in parallelo al secondo comma dell'articolo
25 della legge fallimentare, identifica nel decreto la forma
dei provvedimenti del giudice delegato, prevedendo, altresì,
che i medesimi siano soggetti ad impugnazione nei modi consentiti
per i decreti dell'omologo organo della procedura fallimentare.
Si è evitato, di vero, a tal proposito, il richiamo
all'articolo 26 della legge fallimentare in tema di reclamo
disposizione bersagliata da plurime declaratorie di
incostituzionalità surrogandolo con una formula
generica che permette di travasare nell'ambito dell'amministrazione
straordinaria il frastagliato assetto dell'istituto, quale
risultante (anche alla luce della mediazione interpretativa
giurisprudenziale) in conseguenza del complesso degli interventi
della Corte costituzionale.
L'articolo 15 si occupa del commissario giudiziale, riconoscendo
al medesimo, nell'esercizio delle funzioni, la qualità
di pubblico ufficiale e stabilendo in linea con quanto
previsto dall'articolo 198, secondo comma, della legge fallimentare
riguardo ai commissari liquidatori della liquidazione coatta
amministrativa che nel caso di nomina di tre commissari
gli stessi deliberano a maggioranza, mentre la rappresentanza
è esercitata da almeno due di essi (il riferimento
alla rappresentanza tiene conto, in particolare, dell'ipotesi
dell'affidamento della gestione dell'impresa). Vengono altresì
estese al commissario giudiziale le disposizioni in materia
di revoca, responsabilità e liquidazione del compenso
del curatore fallimentare: salve, per quanto attiene all'ammontare
ed ai criteri di liquidazione del compenso, le disposizioni
particolari dettate da apposito regolamento del Ministro di
grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria,
del bilancio e della programmazione economica (articolo 47
del decreto).
Riguardo all'ipotesi in cui occorra procedere, per qualunque
motivo (morte, revoca, dimissioni), alla sostituzione del
commissario giudiziale, l'articolo 16 detta disposizioni che
replicano il procedimento originario di nomina, prevedendo
che il tribunale debba invitare il Ministro dell'industria
ad indicare il nuovo commissario entro un termine prefissato,
salvo a procedere alla designazione in via autonoma qualora
l'indicazione non pervenga nel termine.
Da ultimo, facendo eco all'articolo 36 della legge fallimentare,
l'articolo 17 del decreto stabilisce che contro gli atti di
amministrazione del commissario giudiziale chiunque vi abbia
interesse possa proporre reclamo al giudice delegato, la cui
decisione sarà a sua volta impugnabile davanti al tribunale
con le modalità stabilite dall'articolo 14 .
3.3.
Effetti e provvedimenti immediati
Il
capo III del titolo II disciplina gli effetti della dichiarazione
dello stato di insolvenza ed i provvedimenti immediati ad
essa conseguenti.
Giova premettere, a tal proposito, che l'articolo 1, comma
2, lettera g), della legge delega dà mandato al legislatore
delegato di determinare gli anzidetti effetti "sulla
base di quelli stabiliti dal capo II del titolo III"
della legge fallimentare. Le disposizioni richiamate, nel
regolare gli effetti dell'ammissione alla procedura di concordato
preventivo, prevedono a carico del debitore uno "spossessamento
attenuato" rispetto a quello che consegue alla dichiarazione
di fallimento: in base ad esse il debitore conserva, cioè,
l'amministrazione dei suoi beni e la gestione dell'impresa,
sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione
del giudice delegato, salva la necessità dell'autorizzazione
del giudice al fine del compimento degli atti di maggiore
importanza (articolo 167 della legge fallimentare).
La legge delega soggiunge, tuttavia, che a tale disciplina
debbano essere apportati "gli adattamenti opportuni alla
particolarità del procedimento", prevedendo, altresì,
in ogni caso, il "potere del tribunale di affidare al
commissario giudiziale la gestione dell'impresa".
Nel dettare le riprodotte direttive, il legislatore delegante
ha in sostanza ritenuto che, nelle more del procedimento (dalle
compresse scansioni temporali) inteso a stabilire se l'impresa
insolvente debba venir ammessa all'amministrazione straordinaria
o dichiarata fallita, non solo non debba farsi luogo alla
interruzione "traumatica" dell'esercizio dell'impresa
(che rischierebbe di pregiudicare l'eventuale procedura di
salvataggio), ma che la relativa gestione possa essere interinalmente
lasciata allo stesso imprenditore insolvente. È evidente,
nondimeno, come la situazione si presenti, sotto tale aspetto,
sensibilmente differenziata rispetto al concordato preventivo:
quest'ultima procedura, infatti, diversamente dall'amministrazione
straordinaria, presuppone l'iniziativa dell'imprenditore;
inoltre, anche a non voler considerare i casi limite dell'imprenditore
individuale defunto o della società i cui amministratori
si siano resi irreperibili, resta il fatto che, a seguito
della dichiarazione dello stato di insolvenza pronunciata
a norma del presente decreto, l'imprenditore è comunque
destinato o nell'ambito di una procedura conservativa
(l'amministrazione straordinaria) o nel contesto di una procedura
liquidatoria (il fallimento) a subire uno "spossessamento"
pieno. Particolare, questo, che può rendere, in fatto,
il debitore meno "motivato" e, dunque, meno "affidabile",
quale gestore provvisorio dell'impresa in vista del suo "traghettamento"
verso la destinazione finale, che non nel concordato preventivo
(si consideri, inoltre, che nel caso di compimento di atti
non autorizzati a norma dell'articolo 167 della legge fallimentare
o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, non
vi sarebbe la possibilità di reagire con l'immediata
dichiarazione di fallimento ex articolo 173 della legge fallimentare,
dovendo preventivamente esaurirsi la fase di verifica delle
condizioni di accesso all'amministrazione straordinaria).
In tale prospettiva, l'articolo 8, comma 1, lettera f), del
decreto come già segnalato impone al
tribunale di stabilire, sin dal momento della dichiarazione
dello stato di insolvenza, se, alla luce delle contingenze
concrete, la gestione dell'impresa possa essere temporaneamente
lasciata all'imprenditore insolvente, o debba essere viceversa
affidata al commissario giudiziale. La scelta incide anche
sugli effetti della dichiarazione dell'insolvenza.
Avendo di mira la prima ipotesi (quella, cioè, della
conservazione della gestione da parte del debitore), l'articolo
18 prevede, infatti, che la dichiarazione produca gli effetti
tipici del concordato preventivo, vale a dire quelli delineati
dagli articoli 167, 168 e 169 della legge fallimentare. L'immediato
avvio del procedimento di accertamento del passivo ha reso
peraltro necessario richiamare anche l'articolo 52 (in tema
di esclusività del procedimento stesso); mentre l'esigenza
di evitare lesioni della par condicio creditorum ha imposto
di anticipare gli effetti previsti dagli articoli 44 e 45
della stessa legge, sancendo l'inefficacia, rispetto ai creditori,
dei pagamenti di debiti anteriori eseguiti dall'imprenditore,
nonché delle formalità necessarie per rendere
opponibili gli atti ai terzi compiute dopo la dichiarazione
dello stato di insolvenza, salvo che vi sia l'autorizzazione
del giudice delegato. Viene altresì fatto rinvio alla
disciplina limitativa dell'estensione del diritto di prelazione
agli interessi di cui all'articolo 54, terzo comma, della
legge fallimentare, con formula ("nei medesimi limiti
che nel fallimento") che permette di recepire automaticamente
le eccezioni alla disciplina stessa conseguite, in ambito
fallimentare (relativamente ai crediti da lavoro e assimilati),
a declaratorie di incostituzionalità del Giudice delle
leggi.
Nel caso di affidamento della gestione dell'impresa al commissario
giudiziale affidamento che può essere disposto
anche con decreto successivo alla sentenza dichiarativa dell'insolvenza
si produrrà, per converso, già ab origine,
uno "spossessamento" completo. L'articolo 19 richiama
ulteriormente, a tal fine, gli articoli 42, 43, 44, 46 e 47
della legge fallimentare, stabilendo altresì che si
applichino al commissario giudiziale le disposizioni in ordine
ai poteri del curatore dettate dagli articoli 31, 32, 34 e
35 della stessa legge, salva la facoltà del tribunale
di stabilire limitazioni aggiuntive. La circostanza che il
provvedimento di affidamento della gestione al commissario
giudiziale si limiti, alla resa dei conti, ad "anticipare"
effetti destinati comunque a prodursi, a carico dell'imprenditore,
a breve distanza temporale, ha indotto a non prevedere specifici
mezzi di impugnazione del provvedimento stesso.
Al termine del proprio ufficio, il commissario giudiziale
cui sia affidata la gestione dell'impresa dovrà rendere
il conto a norma dell'articolo 116 della legge fallimentare
(articolo 19, comma 4, del decreto). A questo proposito, si
è peraltro reso necessario sostituire la comunicazione
ai singoli creditori prevista dal terzo comma dello articolo
116 con l'affissione di apposito avviso, in quanto
in un fisiologico svolgimento della vicenda procedimentale
alla scadenza del mandato del commissario giudiziale
l'accertamento dello stato passivo non solo non risulta esaurito,
ma addirittura neppure iniziato (donde l'impossibilità
di una compiuta e sicura identificazione dei creditori aventi
diritto alla comunicazione).
L'articolo 20 stabilisce che i crediti sorti per la continuazione
dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del
debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza vadano
soddisfatti in prededuzione a norma dell'articolo 111, primo
comma, numero 1), della legge fallimentare (e ciò indipendentemente
dal fatto che la gestione dell'impresa sia rimasta al debitore
o affidata al commissario giudiziale). La soluzione è
apparsa per vero obbligata, sia per ragioni di uniformità
rispetto a quella adottata (in ossequio alla legge delega)
riguardo ai crediti sorti successivamente all'apertura della
procedura di amministrazione straordinaria (infra, §
4.3); sia perché una diversa regolamentazione avrebbe
reso di fatto inattuabile la prosecuzione delle attività
imprenditoriali.
L'articolo 21 accorda al tribunale il potere di adottare,
con la sentenza dichiarativa dell'insolvenza o con successivo
decreto, i provvedimenti conservativi opportuni nell'interesse
della procedura.
A chiusura del capo III, l'articolo 22 pone a carico del commissario
giudiziale un obbligo omologo a quello sancito dall'articolo
92 della legge fallimentare nei confronti del curatore, imponendogli
di comunicare ai creditori ed ai titolari di diritti reali
mobiliari su beni in possesso dell'insolvente il termine per
la presentazione delle rispettive domande e le altre disposizioni
della sentenza relative all'accertamento del passivo. La comunicazione
potrà aver luogo, oltre che con il tradizionale strumento
della lettera raccomandata, anche con mezzi telematici che
diano certezza della ricezione.
3.4.
Società con soci illimitatamente responsabili
Un
apposito capo (il capo IV) del titolo II è volto a
regolare l'ipotesi in cui la dichiarazione dello stato di
insolvenza concerna una società con soci illimitatamente
responsabili.
In rapporto alla pregressa disciplina dell'amministrazione
straordinaria, la sorte dei soci illimitatamente responsabili,
nel caso di ammissione alla procedura della società
di appartenenza, ha formato per vero oggetto di ampio dibattito,
nel contrasto tra la posizione interpretativa secondo cui
anche i soci avrebbero dovuto essere assoggettati alla procedura
in applicazione analogica dell'articolo 147 della legge fallimentare,
e quella di segno contrario, basata sul rilievo che le disposizioni
relative alla liquidazione coatta amministrativa (cui l'articolo
1 del decreto-legge n. 26 del 1979 faceva rinvio) non contenevano
alcun richiamo a detta norma.
Il nuovo assetto dei rapporti tra amministrazione straordinaria
e fallimento ha fatto propendere, in un'ottica di coerenza
del sistema, per la soluzione del coinvolgimento dei soci
illimitatamente responsabili nella procedura relativa alla
società: diversamente, si sarebbe avuta una disparità
di trattamento di dubbia razionalità dei soci stessi,
a seconda del metodo scelto per far fronte all'insolvenza.
L'articolo 23 stabilisce, dunque, al comma 1, che gli effetti
della dichiarazione dello stato di insolvenza di una società
con soci illimitatamente responsabili con le relative
varianti, a seconda che si proceda o meno all'affidamento
della gestione dell'impresa al commissario giudiziale
si estendono a detti soci. Si è ritenuto preferibile
parlare di estensione degli effetti, piuttosto che di estensione
della dichiarazione dell'insolvenza, in quanto l'automatismo
dell'estensione che ripete quello dell'articolo 147
della legge fallimentare esclude la necessità
dell'accertamento di un autonomo stato di decozione del socio.
Il comma 2 dello stesso articolo 23 recependo l'orientamento
espresso da una recente pronuncia della Corte costituzionale
riguardo al citato articolo 147, che fa perno sull'esigenza
di evitare un trattamento del socio illimitatamente responsabile
deteriore rispetto a quello riservato all'imprenditore individuale
(sentenza 12 marzo 1999, n. 66) stabilisce che nei
confronti del socio receduto, deceduto o escluso l'estensione
ha luogo solo se la dichiarazione dello stato di insolvenza
interviene entro l'anno successivo, rispettivamente, alla
data in cui il recesso o l'esclusione sono divenuti opponibili
ai terzi e a quella della morte, e sempre che l'insolvenza
della società attenga, in tutto o in parte, a debiti
contratti anteriormente a tale data.
Al socio coinvolto nella dichiarazione dell'insolvenza vengono
altresì estese le garanzie procedimentali accordate
all'imprenditore: egli deve essere, infatti, preventivamente
sentito dal tribunale e può proporre opposizione avverso
la sentenza nel termine di trenta giorni dalla comunicazione
(articolo 23, commi 3 e 4).
L'articolo 24. si occupa della situazione regolata, in ambito
fallimentare, dal secondo comma dell'articolo 147 della legge
fallimentare: quella, cioè, in cui l'esistenza di un
socio illimitatamente responsabile venga accertata in un momento
successivo alla dichiarazione dell'insolvenza della società.
È espressamente presa in considerazione, peraltro,
e disciplinata allo stesso modo, l'ipotesi cui il citato
secondo comma dell'articolo 147 è generalmente ritenuto
estensibile in via analogica nella quale l'esistenza
di un socio illimitatamente responsabile emerga dopo la dichiarazione
dell'insolvenza di una impresa individuale (rectius, erroneamente
ritenuta tale, trattandosi, in realtà, di impresa collettiva
con soci occulti). In siffatte contingenze, l'estensione al
socio degli effetti della dichiarazione dell'insolvenza ha
luogo con distinta sentenza, soggetta alle medesime forme
di pubblicità della prima. Anche l'iniziativa è
regolata in modo analogo, salva l'aggiunta all'elenco dei
soggetti legittimati a richiedere l'estensione, degli altri
soci, del commissario giudiziale e (nel caso di avvenuta ammissione
della società o dell'impresa individuale all'amministrazione
straordinaria) del commissario straordinario.
Con disposizione a carattere generale, espressiva dell'accolto
principio per cui i soci illimitatamente responsabili seguono
la sorte della società, l'articolo 25 stabilisce che
i provvedimenti di apertura dell'amministrazione straordinaria,
di dichiarazione di fallimento e di conversione dell'una procedura
nell'altra si estendono automaticamente ai soci cui sono estesi
gli effetti della dichiarazione dell'insolvenza (o che, nel
caso di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria,
sono stati dichiarati falliti ex articolo 147 della legge
fallimentare).
In parallelo al disposto del quarto comma dell'articolo 147
della legge fallimentare, l'articolo 26 esclude l'applicabilità
delle disposizioni del capo IV del titolo II ai soci illimitatamente
responsabili delle società cooperative.
4.
Amministrazione straordinaria
4.1. Apertura della procedura
Il
titolo III regola la seconda fase della procedura, conseguente
all'apertura dell'amministrazione straordinaria.
Quest'ultima trova in particolare disciplina nel capo I, nel
seno del quale l'articolo 27. esordisce individuando la condizione
per l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle imprese
già dichiarate insolventi nella esistenza di concrete
prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività
imprenditoriali: risultato, questo, che conformemente
alle direttive di cui all'articolo 1, comma 2, lettere c)
ed m), della legge delega deve potersi realizzare o
attraverso la cessione dei complessi aziendali, sulla base
di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa
di durata non superiore ad un anno; ovvero tramite la ristrutturazione
economica e finanziaria dell'impresa stessa, sulla base di
un programma di risanamento di durata non superiore a due
anni.
Sulla valenza dei due indirizzi alternativi della procedura
ci si è già intrattenuti (retro, § 1.2):
al presente mette conto soltanto sottolineare come il recupero
non debba necessariamente involvere la globalità dei
complessi aziendali e delle attività dell'impresa.
Come può desumersi, infatti, dalle successive disposizioni
concernenti i contenuti del programma (articolo 56, su cui
infra, § 4.5), nel caso in cui al medesimo soggetto faccia
capo una pluralità di aziende, è sufficiente
affinché si dia ingresso all'amministrazione
straordinaria che possa profittevolmente conservarsi
l'unità operativa dei complessi aziendali "caratterizzanti"
l'impresa, dismettendo le attività imprenditoriali
collaterali non recuperabili: la recisione degli eventuali
"rami secchi" risponde, difatti, alla più
intima logica dell'istituto.
Ciò puntualizzato, la verifica che il tribunale deve
al riguardo compiere si giova delle risultanze dell'apposita
relazione che, a mente dell'articolo 28 (in riferimento ai
dettami dell'articolo 1, comma 2, lettera h, della legge delega),
il commissario giudiziale è chiamato a depositare in
cancelleria entro trenta giorni dalla dichiarazione dello
stato di insolvenza, e che reca oltre alla descrizione
particolareggiata delle cause del dissesto una valutazione
motivata circa l'esistenza delle condizioni di cui al precedente
articolo 27. La relazione è corredata dallo stato analitico
ed estimativo delle attività e dall'elenco nominativo
dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle
cause di prelazione.
A differenza delle procedure concorsuali minori (concordato
preventivo e amministrazione controllata), l'ammissione all'amministrazione
straordinaria, per i suoi caratteri strutturali, non presuppone
l'assenso dei creditori, né forme specifiche di "interpello"
dei medesimi. Pur tuttavia, il procedimento prodromico alla
deliberazione del tribunale è stato organizzato in
modo da consentire l'instaurazione di un ampio contraddittorio
sulle condizioni di accesso alla procedura. Copia della relazione
deve essere infatti trasmessa dal commissario giudiziale al
Ministero dell'industria, mentre un avviso dell'avvenuto deposito
della relazione stessa deve essere affisso (con mezzi informatici,
a garanzia della effettiva conoscibilità) a cura del
cancelliere, entro ventiquattro ore.
A norma dell'articolo 29., il Ministero dell'industria, nei
dieci giorni successivi alla ricezione della relazione, deposita
in cancelleria il proprio parere in ordine all'ammissione
dell'impresa all'amministrazione straordinaria (il mancato
deposito del parere nel termine non impedisce peraltro al
tribunale di provvedere). L'imprenditore insolvente, i creditori
ed ogni altro interessato i quali hanno facoltà
di esaminare la relazione depositata e di estrarne copia (articolo
28, comma 5) possono, a lor volta, presentare in cancelleria
osservazioni scritte nel termine di dieci giorni dall'affissione
dell'avviso di deposito della relazione.
Entro trenta giorni dal deposito della relazione, il tribunale
dichiara con decreto motivato l'apertura dell'amministrazione
straordinaria o il fallimento dell'impresa, a seconda che
sussistano o meno le condizioni prescritte (articolo 30).
Il decreto è soggetto a forme di pubblicità
analoghe a quelle previste per la sentenza dichiarativa dello
stato di insolvenza; inoltre in ossequio alla direttiva
di cui all'articolo 1, comma 3, della legge delega
di esso dovrà darsi comunicazione, a cura del cancelliere,
alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale.
Nel formulare il proprio giudizio, il tribunale terrà
conto oltre che della relazione del commissario giudiziale
del parere del Ministro dell'industria e delle osservazioni
pervenute, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente
disposti. A quest'ultimo riguardo, merita far cenno alla circostanza
che da più parti siano state espresse preoccupazioni,
sul piano di un possibile vulnus dei principi di autonomia
ed indipendenza del giudice, riguardo al meccanismo di nomina
del commissario giudiziale, peraltro specificamente previsto
dalla legge delega (articolo 1, comma 2, lettera f): meccanismo
che, pur riservando formalmente al tribunale il provvedimento
di nomina, gli impone di adeguarsi alla designazione operata
dall'autorità amministrativa. In tale soluzione si
è ritenuto di poter scorgere, infatti, una indiretta
forma di condizionamento del decisum dell'autorità
giudiziaria circa l'apertura dell'amministrazione straordinaria,
stante il peso al riguardo assunto dalle valutazioni contenute
nella relazione del commissario.
Sul punto va peraltro osservato che mentre, da un lato, la
previsione di una indicazione vincolante del Ministro dell'industria
in ordine alla scelta del commissario giudiziale trova giustificazione,
sul piano sistematico, nei compiti anche "manageriali"
svolti da tale organo, specie nel caso di affidamento della
gestione dell'impresa (laddove è evidente l'"anticipazione"
della situazione che si verificherà dopo l'eventuale
apertura dell'amministrazione straordinaria); dall'altro,
la relazione del commissario, pur rappresentando indubbiamente
una fonte primaria di convincimento, non pone però
vincoli di alcun genere alla decisione del tribunale. L'espressa
previsione del potere del tribunale di disporre accertamenti
ulteriori (ad esempio, a mezzo della polizia giudiziaria o
di esperti in specifiche discipline) le cui risultanze
potranno eventualmente indurre a disattendere la valutazione
finale contenuta nella relazione mira proprio a sottolineare
siffatta autonomia decisionale.
L'articolo 31. stabilisce i contenuti dispositivi del decreto
che dichiara il fallimento, prevedendo che con esso debba
provvedersi alla nomina del giudice delegato e del curatore
(le altre statuizioni previste dall'articolo 16 della legge
fallimentare risultano già contenute nella sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza). A seguito di tale
decreto, cessano le funzioni degli organi nominati con tale
sentenza, mentre l'accertamento del passivo prosegue sulla
base delle disposizioni da essa dettate.
Riguardo all'ipotesi opposta dell'apertura dell'amministrazione
straordinaria, tenuto conto dello iato temporale che normalmente
intercorre tra quest'ultima e la nomina del commissario straordinario
(articolo 38) e della conseguente esigenza di evitare "vuoti"
di ordine gestorio, l'articolo 32 prevede che, con il decreto
di apertura, il tribunale adotti o confermi i provvedimenti
opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa,
sotto la gestione del commissario giudiziale, sino alla nomina
del nuovo organo. Ciò implica, in sostanza, da un lato,
una prorogatio delle funzioni del commissario giudiziale fino
a tale evento, e, dall'altro, l'obbligo di affidamento della
gestione dell'impresa allo stesso commissario giudiziale,
ove non già in precedenza disposto.
L'articolo 33 regola le impugnazioni avverso il decreto di
apertura dell'amministrazione straordinaria o che dichiara
il fallimento. Nel costruire la relativa disciplina si è
tenuto conto del fatto che la scelta fra l'una e l'altra procedura
si traduce in un provvedimento lato sensu "ordinatorio"
circa il metodo di reazione all'insolvenza, basato su un giudizio
di tipo prognostico: donde l'opportunità di prefigurare
un meccanismo di impugnazione agile, del tutto svincolato
dal giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa dello
stato di insolvenza (nel quale trovano invece soluzione, con
le cadenze del rito ordinario, le contestazioni afferenti
ai presupposti di instaurazione della procedura concorsuale),
che consenta di pervenire in tempi brevi alla decisione del
giudice superiore, evitando che questa sopravvenga quando
lo sviluppo della procedura concorsuale originariamente prescelta
ha ormai radicalmente modificato la situazione di fatto.
Si prevede, in tal senso, che contro i decreti in questione
chiunque vi abbia interesse possa proporre reclamo alla corte
di appello nel termine di quindici giorni, decorrente, per
il Ministro dell'industria, per l'imprenditore insolvente
e per il creditore che ha chiesto la dichiarazione dell'insolvenza,
dalla data della comunicazione, e, per ogni altro interessato,
dalla data dell'affissione. Con il reclamo che non
ha effetto sospensivo non possono dedursi motivi che
avrebbero potuto o che possono farsi valere con l'opposizione
alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza (vale
a dire, motivi attinenti alla qualifica di imprenditore commerciale
del debitore, ai requisiti dimensionali di cui all'articolo
2, alla insussistenza dello stato di insolvenza o a vizi procedurali
relativi alla prima fase). Si esclude, d'altro canto, che
la pendenza del giudizio di opposizione possa dar luogo alla
sospensione del procedimento di reclamo sotto il profilo della
pregiudizialità, ex articolo 295 del codice di procedura
civile.
La decisione viene assunta con le forme dei procedimenti in
camera di consiglio, sentiti gli interessati. Nel caso di
accoglimento del reclamo, la corte di appello rimette gli
atti al tribunale affinché adotti i provvedimenti conseguenziali
alla decisione assunta, salvi gli effetti degli atti legalmente
compiuti nelle more dagli organi della procedura.
Per diverso rispetto, la circostanza che il commissario giudiziale
pur investito, segnatamente nel caso di affidamento
della gestione dell'impresa, della rappresentanza processuale
dell'imprenditore sia destinato istituzionalmente ad
esercitare le proprie funzioni per un periodo temporalmente
circoscritto, ha indotto a dettare disposizioni specifiche
intese ad evitare l'altrimenti ineluttabile (ed "antieconomica")
interruzione (ex articoli 299 e 300 del codice di procedura
civile) dei giudizi promossi da e contro il commissario stesso
(tra cui, in primis, quello di opposizione alla sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza). A tal fine, l'articolo 34 prevede
che ove nel corso di tali giudizi sopravvenga l'apertura dell'amministrazione
straordinaria o la dichiarazione di fallimento a norma dell'articolo
30, il commissario straordinario o il curatore intervengano
nei giudizi stessi in sostituzione del commissario giudiziale;
in mancanza di tale intervento, il giudizio prosegue nei confronti
di quest'ultimo, salva la facoltà delle parti di chiamare
nel processo i nuovi organi della procedura.
Altra ipotesi oggetto di specifica regolamentazione, nell'intento
di evitare possibili dubbi interpretativi, è quella
in cui alla data del decreto di apertura dell'amministrazione
straordinaria o di fallimento non sia ancora scaduto il termine
per la proposizione dell'opposizione alla dichiarazione dello
stato di insolvenza (ipotesi che potrebbe configurarsi segnatamente
nel caso di ritardo nella relativa comunicazione od affissione).
Al riguardo, l'articolo 34, comma 3, prevede che, in siffatta
evenienza, l'atto di opposizione debba notificarsi, anziché
al commissario giudiziale (come stabilito dall'articolo 9,
comma 2), al commissario straordinario (ove già nominato),
ovvero al curatore fallimentare.
L'articolo 35 contempla un caso "anomalo" di apertura
della procedura di amministrazione straordinaria: quello,
cioè, in cui l'ammissione alla procedura consegua all'accoglimento
dell'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento.
L'ipotesi, specularmente inversa a quella regolata dall'articolo
11 (retro, § 3.1), è che una impresa avente i
requisiti dimensionali previsti dall'articolo 2 e che,
come tale, avrebbe dovuto essere dichiarata insolvente ai
sensi dell'articolo 3 sia stata di contro dichiarata
fallita in base alle ordinarie disposizioni della legge fallimentare.
Per le medesime ragioni già illustrate a proposito
del citato articolo 11, si è escluso che l'accoglimento,
per questo solo motivo, dell'opposizione proposta a norma
dell'articolo 18 della legge fallimentare comporti la revoca
della dichiarazione di fallimento, e si è stabilito,
piuttosto, che allorquando la sentenza di accoglimento dell'opposizione
sia passata in giudicato, il tribunale debba avviare, nel
seno della stessa procedura fallimentare, un subprocedimento
inteso alla verifica delle condizioni per l'apertura dell'amministrazione
straordinaria. Ognuno intende, infatti, come sarebbe scarsamente
ragionevole e comunque "antieconomico" prevedere
l'applicazione delle disposizioni degli articoli 18 e seguenti
del presente decreto (le quali segnerebbero un "regresso"
sul piano degli effetti della procedura), in una situazione
nella quale non è affatto escluso che, a cagione della
carenza delle condizioni di "recuperabilità",
l'impresa debba restare in ogni caso soggetta alla procedura
fallimentare.
Ai sensi dell'articolo 35, il tribunale inviterà dunque
con decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere
al Ministero dell'industria, entro trenta giorni, una relazione
avente i medesimi contenuti di quella che, a mente dell'articolo
28, avrebbe dovuto (in un fisiologico svolgimento della vicenda)
redigere il commissario giudiziale (salva la mancanza delle
indicazioni relative alle cause dell'insolvenza, già
racchiuse nella relazione ex articolo 33 della legge fallimentare).
Nei trenta giorni successivi a siffatto deposito, esauritosi
l'eventuale contraddittorio fra gli interessati secondo scansioni
omologhe a quelle previste per il caso ordinario, il tribunale
valuterà se sussistano o meno le prospettive di recupero,
disponendo, in caso positivo, la conversione del fallimento
in amministrazione straordinaria. L'avvio del subprocedimento
diretto alla eventuale conversione viene peraltro escluso
allorché, nell'ambito della procedura fallimentare,
sia già esaurita la liquidazione dell'attivo: in tale
contingenza, difatti, la ricorrenza delle condizioni di accesso
all'amministrazione straordinaria di cui all'articolo 27 risulta
a priori esclusa.
La disciplina racchiusa nell'articolo 35 poggia evidentemente
sulla premessa che a differenza di quanto avveniva
sotto l'impero della vecchia regolamentazione, alla stregua
di una interpretazione estensiva dell'articolo 4 del decreto-legge
n. 26 del 1979 la conversione del fallimento in amministrazione
straordinaria, come conseguenza dell'accertamento del possesso,
da parte dell'impresa fallita, dei prescritti requisiti dimensionali,
è possibile solo ove tale doglianza venga fatta tempestivamente
valere come motivo di opposizione alla sentenza dichiarativa
di fallimento.
A chiusura del capo I, l'articolo 36 stabilisce in
attuazione della già ricordata direttiva di cui all'articolo
1, comma 2, lettera o), della legge delega che, per
quanto non previsto dal presente decreto, la procedura di
amministrazione straordinaria resti regolata, nei limiti della
compatibilità, dalle disposizioni sulla liquidazione
coatta amministrativa, sostituito al commissario liquidatore
il commissario straordinario. Con riferimento alla pregressa
disciplina dell'istituto, la parimenti prevista applicabilità
delle disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa
non era, in verità, andata esente da critiche, sotto
il profilo della scarsa aderenza di tali disposizioni
calibrate su una procedura di taglio puramente liquidatorio
alle finalità di risanamento, o comunque conservative,
proprie dell'amministrazione straordinaria. Facendo tesoro
di siffatti rilievi, e sfruttando la facoltà in tali
sensi specificamente accordata dalla stessa lettera o) dell'articolo
1, comma 2, della legge delega, si è provveduto, in
occasione della riforma, a regolare con norme ad hoc
spesso significativamente differenziate rispetto a quelle
dettate dal titolo V della legge fallimentare i profili
salienti della procedura, onde il richiamo alle disposizioni
in parola, senza implicare sostanziali elementi di contraddizione,
assume il valore di semplice "norma di chiusura"
del sistema.
4.2.
Organi
Il
capo II del titolo III detta disposizioni relative agli organi
dell'amministrazione straordinaria. Essi si identificano nel
Ministero dell'industria (che esercita la vigilanza sulla
procedura), nel commissario straordinario (che è investito
dei compiti più propriamente gestionali) e nel comitato
di sorveglianza (con funzioni essenzialmente consultive).
Nondimeno in linea con l'indirizzo strategico lumeggiato
in principio (retro, § 1.2), inteso a costruire l'amministrazione
straordinaria come una procedura caratterizzata dalla profittevole
compresenza, secondo i rispettivi ruoli istituzionali, dell'autorità
amministrativa (per gli aspetti lato sensu gestionali) e dell'autorità
giudiziaria (per i profili attinenti alla tutela dei diritti)
conservano la veste di organi della procedura, anche
nella fase in rassegna, il tribunale che ha dichiarato lo
stato di insolvenza ed il giudice delegato. Ad essi sono in
particolare riservate oltre alla valutazione degli
esiti del programma ed alle conseguenti risoluzioni in tema
di conversione della procedura in fallimento le decisioni
relative all'accertamento del passivo, al riparto dell'attivo
e all'impugnazione degli atti e provvedimenti di liquidazione
lesivi di diritti soggettivi.
Ciò premesso, nel demandare al Ministero dell'industria,
conformemente alla statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera
l), della legge delega, la vigilanza sull'amministrazione
straordinaria (articolo 37, comma 1), si è provveduto
a ripartire i relativi compiti tra l'organo politico di vertice
(il Ministro) e la struttura dirigenziale (il Ministero),
riservando al primo, in linea con il generale enunciato dell'articolo
3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, la competenza
in ordine alla nomina degli altri organi della procedura ed
agli atti che comportino l'esercizio di funzioni di indirizzo
politico e amministrativo, e affidando invece alla seconda
i provvedimenti di ordine tipicamente gestionale.
Per altro verso, il prevedibile incremento del numero delle
procedure di amministrazione straordinaria connesso ai nuovi
parametri dimensionali di accesso (retro, § 2), ha reso
necessario dettare norme organizzative intese ad assicurare
adeguati livelli di efficienza ed effettività dell'attività
di vigilanza. In tale prospettiva, l'articolo 37 consente
segnatamente al Ministero di avvalersi, per l'esercizio delle
proprie funzioni, dell'opera di esperti o di società
specializzate, con l'osservanza anche per quanto attiene
alla copertura della relativa spesa delle disposizioni
dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140 (le cui
risorse sono considerate come un tetto di spesa); nonché
di far ricorso al personale della Guardia di finanza, un cui
contingente potrà essere eventualmente distaccato presso
l'autorità di vigilanza (articolo 103).
Quanto al commissario straordinario, l'articolo 38 dispone,
in attuazione della citata lettera l) dell'articolo 1, comma
2, della legge delega, che la relativa nomina debba essere
effettuata dal Ministro dell'industria entro cinque giorni
dalla comunicazione del decreto che dichiara aperta la procedura.
Come per il commissario giudiziale, la nomina di una pluralità
di commissari straordinari (tre in luogo di uno) è
limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità
della procedura; analoghe sono altresì le regole concernenti
le deliberazioni (da prendere a maggioranza) e la rappresentanza
(esercitata da almeno due commissari). Sono previste, altresì,
particolari forme di pubblicità del decreto di nomina:
esso è comunicato al tribunale che ha dichiarato l'insolvenza,
all'ufficio del registro delle imprese, nonché (sempre
in ossequio all'articolo 1, comma 3, della legge delega) alla
regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale;
ne è data inoltre pubblica notizia con mezzi informatici,
secondo le modalità stabilite con apposito regolamento
(articolo 94). Tale pubblicità informatica congiuntamente
a quella cui è soggetto il decreto del tribunale di
apertura dell'amministrazione straordinaria (articolo 30,
comma 2, in riferimento all'articolo 8, comma 3) sostituisce
la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
già prevista dalla vecchia normativa e che dovrà
essere peraltro transitoriamente effettuata sino all'entrata
in vigore dell'anzidetto regolamento (articolo 105, comma
4).
La nomina del commissario straordinario implica la cessazione
delle funzioni del commissario giudiziale (articolo 38, comma
4).
L'articolo 39 demanda ad un apposito regolamento del Ministro
dell'industria, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia
da emanare entro centoventi giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto legislativo, salva la transitoria
operatività, nelle more, dei requisiti per la nomina
dei curatori fallimentari (articolo 104) la determinazione
dei requisiti di professionalità ed onorabilità
dei commissari straordinari. In ossequio alla specifica direttiva
pure racchiusa nell'articolo 1, comma 2, lettera l), della
legge delega, si prevede altresì che il Ministro dell'industria
stabilisca preventivamente, con proprio decreto, i criteri
per la scelta degli esperti la cui opera è richiesta
dalla procedura.
Riguardo ai poteri del commissario straordinario, la direttiva
impartita dal Parlamento al legislatore delegato è
quella di strutturare tali poteri e la connessa disciplina
delle autorizzazioni al compimento di atti "secondo criteri
che privilegino la rapidità e l'efficacia dell'azione
commissariale, limitando il controllo preventivo agli atti
di maggiore rilevanza" (articolo 1, comma 2, lettera
p, della legge n. 274 del 1998).
In attuazione di tale direttiva, l'articolo 40 del decreto
stabilisce che il commissario straordinario il quale,
nell'esercizio delle sue funzioni, assume la veste di pubblico
ufficiale ha la gestione dell'impresa e l'amministrazione
dei beni dell'imprenditore insolvente, nonché dei soci
illimitatamente responsabili eventualmente assoggettati alla
procedura ex articolo 25. (fermo rimanendo l'obbligo di tener
distinto il patrimonio di questi ultimi da quello sociale).
Nell'ottica di assicurare il pronto ed efficace espletamento
delle incombenze, l'articolo 41 tempera il generale principio
di intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario
straordinario con la previsione della facoltà di delegare
ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni
inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri
casi, la delega può essere conferita soltanto per singole
operazioni e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria.
Sempre con tale autorizzazione, il commissario può
inoltre farsi coadiuvare da esperti.
Quanto al controllo preventivo, l'articolo 42 enuclea due
categorie di atti del commissario straordinario soggetti ad
autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato
di sorveglianza. La prima categoria, per la quale l'esigenza
di autorizzazione prescinde dal valore dell'operazione, assumendo
dunque carattere assoluto, è costituita dagli atti
che incidono in modo diretto o che addirittura realizzano
gli obiettivi dell'amministrazione straordinaria, ossia gli
atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di azienda.
La seconda categoria rispetto alla quale l'autorizzazione
è di contro richiesta solo quando il valore della singola
operazione superi una determinata soglia, fissata in quattrocento
milioni di lire è rappresentata dagli atti di
alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione
di diritti reali sui medesimi, di alienazione di beni mobili
in blocco e di costituzione di pegno, nonché dalle
transazioni.
A mente dell'articolo 43, il Ministro dell'industria può
in ogni tempo, su proposta del comitato di sorveglianza o
d'ufficio, revocare il commissario straordinario, previa comunicazione
dei motivi di revoca o contestazione degli eventuali addebiti
e dopo aver invitato il commissario stesso ad esporre le proprie
deduzioni. La formula normativa rende palese come la revoca
non postuli necessariamente la violazione, da parte del commissario,
del dovere di adempiere con diligenza i doveri del proprio
ufficio (articolo 199, terzo comma, in riferimento all'articolo
38, primo comma, della legge fallimentare), ma possa dipendere
anche da altre ragioni: l'esigenza, ad esempio, di giovarsi
di diverse professionalità in rapporto alle occorrenze
della procedura.
La residua disciplina degli obblighi, dei poteri e delle responsabilità
del commissario straordinario andrà tratta, in base
alla ricordata norma "di chiusura" di cui all'articolo
36, dalle disposizioni della legge fallimentare relative al
commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa:
così, in particolare, per quanto attiene alla presa
in consegna dei beni e alla formazione dell'inventario (articolo
204, secondo e terzo comma, della legge fallimentare); alla
redazione della relazione diretta al procuratore della Repubblica
(articolo 203, terzo comma, della legge fallimentare); alla
legittimazione all'esercizio delle azioni di revoca (articolo
203, secondo comma, della legge fallimentare), delle azioni
di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci
dell'impresa insolvente (articolo 206, primo comma, della
legge fallimentare) e dell'azione di responsabilità
contro il commissario straordinario revocato (articolo 199,
secondo comma, della legge fallimentare).
Anche la nomina del comitato di sorveglianza è di competenza
del Ministro dell'industria (così l'articolo 1, comma
2, lettera l, della legge delega), il quale vi provvede con
decreto nei quindici giorni successivi alla nomina del commissario
straordinario (articolo 45 del decreto). Il comitato dovrà
essere composto da tre o cinque membri, uno o due dei quali
(a seconda del numero totale) tratti dalla compagine dei creditori
chirografari ed i rimanenti scelti fra persone particolarmente
esperte nel ramo di attività esercitata dall'impresa
o nella materia concorsuale. Questi ultimi avranno diritto
a compenso, mentre per i primi la cui partecipazione
al comitato risponde a criteri di rappresentatività
degli interessi del ceto creditorio è previsto,
così come per i membri del comitato dei creditori nel
fallimento (articolo 41, quinto comma, della legge fallimentare),
il solo rimborso delle spese.
Le funzioni del comitato di sorveglianza sono di ordine essenzialmente
consultivo, salve limitate facoltà propositive (così,
in particolare, in tema di revoca del commissario straordinario).
Ai sensi dell'articolo 46, il comitato esprime il parere sugli
atti del commissario nei casi previsti dal decreto, nonché
in ogni altro caso in cui il Ministero dell'industria lo ritenga
opportuno. Il parere è formulato entro dieci giorni
dalla richiesta, salvo che, per ragioni di urgenza, il comitato
non sia invitato a pronunciarsi in un termine più ristretto,
peraltro non inferiore a tre giorni. Le deliberazioni sono
prese a maggioranza dei componenti.
In assonanza a quanto stabilito dall'articolo 41, quarto comma,
della legge fallimentare riguardo al comitato dei creditori
nel fallimento, al comitato di sorveglianza e ad ogni suo
membro è riconosciuta, in qualunque momento, la facoltà
di ispezionare le scritture contabili e i documenti della
procedura e di chiedere chiarimenti al commissario straordinario
e all'imprenditore insolvente.
La determinazione dell'ammontare del compenso spettante al
commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza
è demandata ad un regolamento del Ministro di grazia
e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria e del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica (articolo
47).
4.3.
Effetti
Il
capo III del titolo III reca disposizioni particolari in tema
di effetti dell'apertura della procedura di amministrazione
straordinaria: disposizioni che, in ottemperanza all'articolo
1, comma 2, lettera o), della legge delega, modificano o integrano
segnatamente per quanto attiene agli effetti per i
creditori, sugli atti pregiudizievoli ai creditori medesimi
e sui rapporti giuridici preesistenti quelle dettate
dagli articoli 200, 201 e 203 della legge fallimentare.
In particolare, mentre in rapporto agli effetti per l'impresa
l'operatività dell'articolo 200 della legge fallimentare
è integrale, in ordine agli effetti per i creditori
la disposizione dell'articolo 51 della stessa legge (richiamata
dall'articolo 201, primo comma) è surrogata dalla previsione
ad hoc contenuta nell'articolo 48 del decreto, che esclude
ogni possibile eccezione al divieto di inizio o di prosecuzione
di azioni esecutive individuali sui beni dei soggetti ammessi
all'amministrazione straordinaria.
Venuta meno in via generale, per effetto del decreto legislativo
26 febbraio 1999, n. 26, la deroga al divieto di azioni esecutive
ex articolo 51 della legge fallimentare concernente l'esecuzione
fiscale, il problema ha motivo di porsi essenzialmente per
ciò che riguarda l'azione esecutiva per crediti fondiari,
che l'articolo 41 del decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385 (recante il testo unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia) tuttora consente anche dopo la dichiarazione
di fallimento del debitore (e, dunque secondo la corrente
interpretazione giurisprudenziale anche dopo la sottoposizione
del medesimo a liquidazione coatta amministrativa).
Posto, però, che l'inizio e la prosecuzione dell'azione
esecutiva per crediti fondiari risultano già preclusi
nella prima fase della procedura (quella conseguente alla
dichiarazione dello stato di insolvenza) a fronte dell'applicabilità
(ex articolo 18 del decreto) della disposizione del primo
comma dell'articolo 168 della legge fallimentare, che parimenti
enuncia il divieto de quo in termini assoluti, si comprende
come sarebbe apertamente contrastante con gli obiettivi dell'amministrazione
straordinaria tanto nella prospettiva della cessione
dei complessi aziendali funzionanti che in quella della ristrutturazione
che l'azione esecutiva in parola potesse riprendere
libero corso, disgregando l'unità operativa dell'azienda,
una volta avviata la seconda fase.
Giova segnalare, per altro verso, come si sia ritenuto superfluo
riprodurre il concorrente divieto di autorizzazione di sequestri
conservativi nel corso dell'amministrazione straordinaria,
già sancito dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge
4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 novembre 1987, n. 452 (disposizione che viene abrogata
dall'articolo 109, comma 1, lettera g, del presente decreto
legislativo). Una espressa enunciazione normativa in tali
sensi, a suo tempo suggerita da esigenze legate a particolari
vicende concrete, risulta in effetti inutile (ed anzi inopportuna,
potendo dar esca a pregiudizievoli argomentazioni a contrario)
a fronte della lettura dell'articolo 51 della legge fallimentare
generalmente offerta da giurisprudenza e dottrina, a fronte
della quale il sequestro conservativo concretando una
misura istituzionalmente prodromica all'esecuzione singolare
ricade anch'esso pleno iure nell'orbita del divieto
sancito dalla citata disposizione.
Per quel che attiene agli effetti sugli atti pregiudizievoli
ai creditori, l'articolo 49 chiarisce entro quali limiti le
azioni per la declaratoria di inefficacia e la revoca di tali
atti, previste dagli articoli 64 e seguenti della legge fallimentare,
possano essere proposte nell'ambito della procedura di amministrazione
straordinaria. È noto, invero, come tale tematica fosse
vivacemente dibattuta in rapporto alla pregressa regolamentazione
dell'istituto: alla tesi maggioritaria che, facendo leva sul
dato normativo, riteneva le revocatorie incondizionatamente
esperibili, si contrapponeva, infatti, l'indirizzo
non privo di eco nella giurisprudenza di legittimità
che, rimarcando l'ontologica coerenza della revocatoria
fallimentare (in quanto avente come presupposto la lesione
della par condicio creditorum) esclusivamente con una procedura
concorsuale di stampo liquidatorio, reputava proponibili le
suddette azioni, nell'amministrazione straordinaria, soltanto
dopo la cessazione dell'esercizio dell'impresa ed il conseguente
inizio della fase liquidativa.
Pur riconoscendo la validità della premessa maggiore
del secondo indirizzo, deve però ribadirsi lo iato
concettuale intercorrente tra conservazione del patrimonio
produttivo e salvataggio dell'imprenditore, già in
precedenza sottolineato: la prima, infatti, non implica necessariamente
il secondo, potendo attuarsi anche attraverso modalità
nella specie, la cessione a terzi dei complessi aziendali
funzionanti che si risolvono, a dispetto della prosecuzione
dell'esercizio dell'impresa, in forme sui generis di liquidazione
del patrimonio del debitore e che non preludono punto al suo
ritorno in bonis (donde l'esigenza, già ab origine,
di ripristinare la par condicio eventualmente lesa da pregressi
atti di disposizione patrimoniale).
La proponibilità delle azioni revocatorie appare dunque
legata, nella cornice del nuovo sistema, all'indirizzo
di cessione o risanatorio concretamente impresso alla
procedura: sì che, in tale prospettiva, l'articolo
49 la prevede solo quando sia stata autorizzata, a norma del
successivo 57, l'esecuzione di un programma di cessione (nelle
more della definizione del programma, stante l'incertezza
circa la sua caratterizzazione, le revocatorie restano temporaneamente
"quiescenti").
Sotto diverso profilo, onde evitare l'insorgenza di problemi
interpretativi omologhi a quelli sollevati dall'ipotesi della
consecuzione del fallimento a una o più procedure concorsuali
minori, si è stabilito expressis verbis che il dies
a quo per il computo "a ritroso" del cosiddetto
"periodo sospetto" (entro il quale l'atto deve collocarsi
per poter essere dichiarato inefficace o revocato) è
costituito, non dalla data del decreto di apertura dell'amministrazione
straordinaria, ma dalla data della sentenza dichiarativa dello
stato di insolvenza; regola, questa, che viene estesa a tutti
i casi in cui a tale sentenza faccia seguito (passando o meno
attraverso l'amministrazione straordinaria) la dichiarazione
di fallimento.
Una regolamentazione particolare è stata adottata per
quanto attiene agli effetti dell'amministrazione straordinaria
sui contratti in corso. Con riferimento alla antecedente disciplina
dell'istituto, era stata, per vero, da più parti lamentata
la sostanziale inadeguatezza delle disposizioni di cui agli
articoli 72 e seguenti della legge fallimentare (estese dall'articolo
201, primo comma, della stessa legge alla liquidazione coatta
amministrativa) in quanto costruite nella prospettiva
di una procedura di tipo liquidatorio "puro", nel
seno della quale la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa
costituisce un evento extra ordinem nel confronto con
le ben diverse esigenze proprie di una procedura con finalità
conservative dell'impresa, cui è viceversa coessenziale
la continuazione delle attività imprenditoriali. Rispetto
a tali finalità, appaiono difatti scarsamente funzionali
norme che prevedano, ad esempio, come l'articolo 78 della
legge fallimentare, l'immediato ed automatico scioglimento
di rapporti (nella specie, i contratti di conto corrente,
mandato o commissione) che pure potrebbero risultare necessari
od utili per la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa;
o che impongano all'organo operativo della procedura, come
gli articoli 72, secondo e terzo comma, 74 e 81 della legge
fallimentare, di manifestare entro brevissimo termine (otto
giorni dalla data di interpello, venti giorni dall'apertura
della procedura) la volontà di subentrare in determinati
contratti (nella specie, i contratti di vendita, somministrazione
ed appalto), i quali altrimenti si intendono sciolti.
In tale ottica, l'articolo 50 del decreto esclusa ogni
ipotesi di scioglimento automatico riconosce, in via
generale, al commissario straordinario (con le limitate eccezioni
di cui subito appresso si dirà) il potere di sciogliersi
dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica,
ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le
parti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria.
Fino a quando la facoltà di scioglimento non sia stata
esercitata il contratto continua ad avere esecuzione. È
riconosciuta, peraltro, al contraente in bonis dopo
che sia stata autorizzata l'esecuzione del programma di cessione
dei complessi aziendali o di ristrutturazione a norma del
successivo articolo 57 (infra, § 4.5) la possibilità
di mettere in mora il commissario, intimandogli di manifestare
le proprie determinazioni in ordine allo scioglimento o al
subentro nel contratto entro il termine di trenta giorni,
decorso il quale il contratto stesso si intende sciolto. Si
attua, in tal modo, una ragionevole mediazione tra l'interesse
della procedura a che il commissario straordinario disponga
di un termine congruo al fine della ricognizione dei contratti
in corso e della verifica della loro utilità ai fini
della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, in accordo
con le direttive di programma (e ciò tenuto conto anche
dei tempi previsti dagli articoli 54, 57 e 58 ai fini della
redazione del programma stesso e della sua autorizzazione),
ed il contrapposto interesse del contraente in bonis a non
rimanere sine die, o comunque per un tempo eccessivamente
lungo, in una situazione di incertezza circa la sorte definitiva
del rapporto.
A siffatta disciplina vengono sottratti, per intuitive ragioni,
i contratti di lavoro subordinato, in relazione ai quali restano
ferme le disposizioni ordinarie; nonché quando
sia sottoposto ad amministrazione straordinaria il locatore
i contratti di locazione di immobili, rispetto ai quali
viene riaffermata la regola stabilita dall'articolo 80, primo
comma, della legge fallimentare, ossia quella del subentro
del commissario straordinario, salvo patto contrario.
Le disposizioni degli articoli 72 e seguenti della legge fallimentare
restano per converso applicabili all'amministrazione straordinaria
ai fini di determinare i diritti dell'altro contraente nei
casi di scioglimento o di subentro (scilicet, definitivo,
a seguito di espressa dichiarazione o dell'inutile spirare
del termine per l'esercizio della facoltà di scioglimento)
del commissario straordinario nei contratti in corso (così
l'articolo 51 del decreto).
Risolvendo normativamente una questione più volte presentatasi
all'esame della giurisprudenza sotto l'impero della vecchia
disciplina, il comma 2 dello stesso articolo 51 detta peraltro
una regola particolare per l'ipotesi del subentro del commissario
straordinario (in veste di somministrato) nel contratto di
somministrazione allorché il somministrante operi in
condizione di monopolio, escludendo che, in tal caso, il commissario
stesso sia tenuto a soddisfare integralmente (anziché
in moneta concorsuale) anche il prezzo delle consegne già
avvenute, come altrimenti stabilito dal secondo comma dell'articolo
74 della legge fallimentare. È evidente, infatti, che
quando la somministrazione ha ad oggetto beni e servizi essenziali
per l'esercizio dell'impresa quali, ad esempio, energia
elettrica, acqua o gas la cui fornitura avviene in
regime di monopolio, il commissario straordinario risulta
in concreto privato di ogni ragionevole alternativa al subentro
nel contratto in corso, non potendo né farlo cessare
tout court, né concluderlo ex novo con altro fornitore:
sicché la citata disposizione del secondo comma dell'articolo
74 della legge fallimentare verrebbe di fatto a sancire un
ingiustificato privilegio a favore del monopolista, sottraendolo
in ogni caso, solo per tale sua qualità, alla legge
del concorso anche in rapporto ai crediti maturati anteriormente
alla dichiarazione dello stato di insolvenza.
Adeguandosi all'istruzione impartita dall'articolo 1, comma
2, lettera q), seconda parte, della legge delega peraltro
rispondente ai principi generali del sistema delle procedure
concorsuali l'articolo 52 del decreto prevede che i
crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa
e la gestione del patrimonio del debitore nel corso della
procedura di amministrazione straordinaria vadano soddisfatti
in prededuzione, ex articolo 111, primo comma, n. 1), della
legge fallimentare, anche nell'eventuale fallimento successivo.
4.4.
Accertamento del passivo
Di
novità particolarmente significative è foriera
la disciplina del procedimento di accertamento del passivo,
di cui si occupa il capo IV del titolo III. In luogo, infatti,
del richiamo alle disposizioni dettate per la liquidazione
coatta amministrativa dagli articoli 207, 208 e 209 della
legge fallimentare in forza delle quali la formazione
dello stato passivo avviene in sede amministrativa ad opera
del commissario, salvo l'intervento successivo dell'autorità
giudiziaria nella fase delle opposizioni l'articolo
53, comma 1, del decreto sancisce l'integrale applicabilità
del procedimento previsto, in ambito fallimentare, dagli articoli
93 e seguenti della legge fallimentare, sostituito al curatore
il commissario straordinario: procedimento che vede anche
la fase iniziale di formazione e verifica del passivo affidata
all'autorità giudiziaria (in specie, al giudice delegato).
Le ragioni di tale scelta espressiva della linea guida
del potenziamento del ruolo dell'autorità giudiziaria
nell'ambito della procedura, segnatamente allorché
si verta in tema di tutela dei diritti sono già
state accennate in apertura della presente relazione (retro,
§ 1.2). Invero, l'affidamento al solo commissario straordinario
della prima fase dell'accertamento del passivo, implicando
la temporanea preclusione del ricorso al giudice ai fini dell'accertamento
dei crediti e della rivendicazione, restituzione e separazione
di beni mobili, si risolve in un fattore di diminuita garanzia
per gli interessati (particolarmente apprezzabile nei casi
di prolungamento ingiustificato nel compimento delle operazioni
di verifica), che non trova adeguata giustificazione nella
cornice del nuovo assetto dell'istituto. Si aggiunga, per
altro verso, che la previsione di due diverse modalità
di accertamento del passivo, a seconda che l'impresa venga
ammessa all'amministrazione straordinaria o dichiarata fallita,
sarebbe inevitabilmente fonte di disfunzioni e di ritardi,
specie nel caso in cui, a seguito dell'insuccesso del tentativo
di recupero, dovesse procedersi alla conversione dell'amministrazione
straordinaria in fallimento.
Sempre nella medesima ottica, il comma 2 dell'articolo 53
estende all'amministrazione straordinaria, per l'ipotesi in
cui sia ammessa alla procedura una società con soci
illimitatamente responsabili, le disposizioni dettate dall'articolo
148, terzo, quarto e quinto comma, della legge fallimentare
in ordine all'accertamento dello stato passivo dei singoli
soci.
4.5.
Definizione ed esecuzione del programma
Anche
la regolamentazione della fase di "gestione" della
procedura risulta incisivamente modificata.
Nel sistema del decreto-legge n. 26 del 1979, l'apertura dell'amministrazione
straordinaria non comportava, per vero, l'automatica continuazione
dell'esercizio dell'impresa insolvente: questa poteva essere,
di contro, discrezionalmente disposta, "tenendo anche
conto dell'interesse dei creditori", dall'autorità
di vigilanza, per un periodo che a fronte del regime
delle proroghe e dell'eventuale ulteriore prolungamento correlato
all'ammissione alla procedura delle imprese del gruppo
era suscettivo di attingere sino ai cinque anni (così
l'articolo 2 del citato decreto-legge, quale risultante dai
successivi interventi novellistici). La prosecuzione delle
attività imprenditoriali era destinata ad attuarsi
sulla base di un programma redatto dal commissario straordinario,
il quale doveva prevedere, "in quanto possibile",
"un piano di risanamento
con indicazione specifica
degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonché
degli impianti o complessi aziendali da trasferire e degli
eventuali nuovi assetti imprenditoriali". I contenuti
essenziali del programma si compendiavano, dunque, in sostanza,
nelle previsioni economico-finanziarie connesse alla continuazione
dell'esercizio dell'impresa e nella definizione degli investimenti
necessari al recupero della sua competitività, non
essendo per converso richieste specifiche indicazioni né
in ordine allo sbocco finale della procedura, né in
ordine al grado ed alle modalità di soddisfacimento
dei creditori.
Sulla base di tale dato normativo, i programmi commissariali
si sono generalmente fondati, soprattutto nella prima fase
di applicazione del decreto-legge, su un forte indebitamento
finanziario (reso possibile dalla copertura della garanzia
del Tesoro, di cui all'articolo 2-bis del decreto stesso),
a fronte del quale l'obiettivo, spesso raggiunto, del recupero
dell'efficienza economico-produttiva delle aziende è
stato raramente accompagnato da un processo di ristrutturazione
anche finanziaria delle imprese, mentre la valorizzazione
ottenuta attraverso la vendita dei complessi industriali non
sempre è risultata tale da consentire un adeguato ristoro
del ceto creditorio.
Siffatta impostazione viene, peraltro, radicalmente mutata
dal presente decreto, in linea con i precetti della legge
delega, a lor volta suggeriti, oltre che dall'esperienza maturata,
anche dalle sollecitazioni provenienti dall'ambito comunitario.
Nella cornice della nuova disciplina, infatti, mentre la continuazione
dell'esercizio dell'impresa cessa di dipendere da un provvedimento
dell'autorità di vigilanza, conseguendo de iure alla
decisione del tribunale di apertura dell'amministrazione straordinaria,
il contenuto del programma, che segna le linee operative concrete
della procedura, viene tipizzato in due fattispecie alternative,
correlate al differente metodo di superamento della crisi:
cessione dei complessi aziendali, ovvero ristrutturazione
economico-finanziaria dell'impresa (articolo 1, comma 2, lettera
m, della legge n. 274 del 1998). Vengono delineati, in tal
modo, dissipando le ambiguità del sistema pregresso,
due scenari nitidamente differenziati: nell'uno, il generale
obiettivo della conservazione del patrimonio produttivo è
perseguito tramite strumenti di natura sostanzialmente liquidatoria;
nell'altro, invece, la procedura assume un taglio conservativo
"puro", puntando al ritorno in bonis dell'imprenditore.
Diversa è anche la durata (massima) del programma nei
due casi: rispettivamente, un anno e due anni.
La più minuta disciplina attuativa delle direttive
parlamentari trova per tal rispetto collocazione nelle disposizioni
del capo V del titolo III, e, in particolare, negli articoli
da 54 a 61.
L'articolo 54 fissa, anzitutto, i tempi di predisposizione
del programma, stabilendo che il commissario straordinario
debba presentare il documento al Ministero dell'industria
nei sessanta giorni successivi alla apertura della procedura:
termine, questo, prorogabile dall'autorità di vigilanza
una sola volta e per non più di sessanta giorni, nei
casi di particolare complessità. Al fine di assicurare
il rispetto del principio di "certezza dei tempi",
preconizzato dalla legge delega, evitando dilatazioni della
fase preliminare di redazione del programma che si riflettono
sulla durata totale della procedura, la mancata osservanza
del termine (originario o prorogato) di predisposizione del
programma viene configurata come causa di revoca del commissario
straordinario dall'ufficio.
In relazione ai compiti di verifica attribuiti all'autorità
giudiziaria, è stabilito altresì che l'avvenuta
presentazione del programma ed il provvedimento di proroga
del relativo termine formino oggetto di informativa al tribunale
che ha dichiarato lo stato di insolvenza, a cura del commissario
straordinario.
L'articolo 55 definisce, quindi, unitariamente per i due indirizzi,
i criteri generali che devono presiedere alla redazione del
programma, identificandoli nelle tre fondamentali direttrici
della conformazione agli indirizzi di politica industriale
dettati dal Ministero dell'industria, della salvaguardia dell'unità
operativa dei complessi aziendali e del contemperamento delle
finalità conservative della procedura con la tutela
degli interessi dei creditori.
Riguardo ai contenuti specifici, merita di essere preliminarmente
posto in luce come, alla stregua del sistema delineato, il
decreto del tribunale che dichiara aperta la procedura di
amministrazione straordinaria pur potendo contenere
indicazioni sul punto nella parte motiva, quale premessa per
l'affermazione dell'esistenza delle prospettive di riequilibrio
economico delle attività imprenditoriali non
ponga, però, alcun vincolo specifico in ordine alla
scelta fra l'uno e l'altro indirizzo (di cessione o di ristrutturazione):
tale scelta sarà invero compiuta, a livello propositivo,
dal commissario in sede di redazione del programma (articolo
54, comma 1), e, a livello deliberativo, dall'autorità
di vigilanza in sede di autorizzazione della sua esecuzione
(mentre è prevista, come presto si dirà, anche
la possibilità di un mutamento di indirizzo in corso
di procedura).
Su tale premessa, l'articolo 56 delinea un contenuto "di
base", comune ai due indirizzi programmatici, e un contenuto
particolare, pertinente allo specifico indirizzo prescelto.
Quanto alla parte comune, il programma dovrà in ogni
caso contenere l'indicazione delle attività imprenditoriali
destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere, l'eventuale
piano di smobilizzo dei beni non più funzionali all'esercizio
dell'impresa, le previsioni economiche e finanziarie connesse
a tale esercizio ed il relativo piano di copertura finanziaria.
Quanto, invece, ai contenuti specifici ai singoli indirizzi,
il programma di cessione dei complessi aziendali dovrà
essere completato con l'indicazione delle modalità
della cessione stessa e le previsioni circa il soddisfacimento
dei creditori; mentre il programma di ristrutturazione, oltre
a specificare i tempi e le modalità di detto soddisfacimento,
dovrà individuare gli strumenti attraverso i quali
il risanamento dell'impresa potrà essere realizzato.
A tale ultimo riguardo, la disposizione in rassegna fa espresso
riferimento al possibile "mutamento degli assetti imprenditoriali"
e alle connesse "misure di ricapitalizzazione dell'impresa",
nonché all'eventuale ricorso a mezzi di regolazione
dell'insolvenza negoziati con i creditori, quali i piani di
modifica convenzionale delle scadenze dei debiti ed i concordati
(anche stragiudiziali). Per quel che attiene al concordato
giudiziale, la previsione normativa si raccorda con l'innovativo
disposto del successivo articolo 78, che riconosce non più
soltanto all'imprenditore insolvente, ma anche ai terzi, la
facoltà di presentare proposte concordatarie (infra,
§ 4.7.3). In tal modo, il concordato di cui all'articolo
214 della legge fallimentare che ha rappresentato fino
ad oggi una soluzione esclusivamente "esogena" alla
procedura potrà essere incluso nell'ambito delle
previsioni di programma, assurgendo, così, a rimedio
"strutturale" per il conseguimento dei suoi obiettivi.
L'iter procedurale del programma è definito dagli articoli
57, 59, 60 e 66, riguardanti rispettivamente l'autorizzazione
alla sua esecuzione, le forme di pubblicità, la modifica
o sostituzione del programma autorizzato e la proroga del
programma di cessione.
Stabilito il principio per cui l'esecuzione del programma
deve essere autorizzata dall'autorità di vigilanza,
l'articolo 57 detta disposizioni in ordine ai tempi di intervento
dell'autorizzazione comprensivi anche di un meccanismo
di silenzio-assenso il cui obiettivo è, anche
nel frangente, di evitare la creazione di "spazi franchi"
di dilatazione temporale della procedura: e ciò in
correlazione all'enunciato conclusivo per cui i termini (annuale
o biennale) di durata del programma decorrono dalla data dell'autorizzazione
stessa.
Per quanto attiene alle forme di pubblicità, l'articolo
59 prevede la comunicazione del programma autorizzato al tribunale,
al fine del suo deposito in cancelleria, ove qualunque interessato
può prenderne visione ed estrarne copia. In contemplazione
dell'eventualità che il programma contenga notizie
riservate (ad esempio, in ordine ai processi produttivi, alle
trattative già avviate o alle strategie future di intervento),
la cui intempestiva diffusione potrebbe pregiudicare l'attuazione
del programma stesso, si è peraltro previsto che il
giudice delegato su segnalazione specifica del commissario
straordinario possa disporre il deposito di una copia
del programma depurata di dette notizie (la cui mancanza dovrà
essere comunque opportunamente evidenziata).
L'articolo 60 consente la modifica del programma autorizzato
o la sua sostituzione con un programma che adotti l'indirizzo
alternativo rispetto a quello originariamente prescelto. La
previsione è motivata dall'opportunità di evitare
una eccessiva rigidezza del sistema, permettendo di far fronte,
con adeguate correzioni di rotta, a mutamenti della situazione
di fatto non preventivati in sede di impostazione del programma:
ben potrebbero verificarsi, infatti, sia l'ipotesi di una
positiva evoluzione del mercato che consenta il passaggio
dalla prospettiva della cessione a quella del risanamento;
sia l'ipotesi inversa di un insuccesso del tentativo di risanamento
che lasci però integre le possibilità di vendita
dei complessi aziendali funzionanti. La norma è peraltro
congegnata in modo da evitare in ogni caso che la modifica
o la sostituzione del programma possano essere surrettiziamente
utilizzate allo scopo di dilatare i tempi massimi della procedura.
Si prevede, altresì, con specifico riferimento all'ipotesi
di sostituzione di un programma di cessione con un programma
di ristrutturazione, che le azioni revocatorie eventualmente
promosse dal commissario straordinario in base alla disposizione
dell'articolo 49, comma 1 (retro, § 4.3), restino sospese
sino a quando è in corso l'esecuzione del programma
sostitutivo. Si intende che la prosecuzione di tali azioni,
ai fini di una pronuncia "di merito", potrà
aversi solo nel caso di insuccesso del programma (ergo, nel
fallimento conseguente alla conversione dell'amministrazione
straordinaria): diversamente non essendovi più
luogo alla revoca degli atti impugnati, a fronte del sopravvenuto
superamento dell'insolvenza la prosecuzione potrà
essere finalizzata esclusivamente alla pronuncia sulle spese
di giudizio, sulla base di un criterio di "soccombenza
virtuale".
Da ultimo, l'articolo 66 prevede che ove alla scadenza del
programma di cessione dei complessi aziendali quest'ultima
non sia ancora avvenuta per intero (laddove, peraltro, il
requisito dell'interezza va riferito alle previsioni del programma
e non alla totalità dei complessi aziendali di cui
l'impresa era titolare all'origine, ben potendo essere prevista
la dismissione dei rami secondari di attività: retro,
§ 4.1), ma risultino in corso trattative di imminente
definizione, il commissario possa chiedere, con l'autorizzazione
del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza,
la proroga del termine di scadenza. Competente alla concessione
della proroga è il tribunale, che può peraltro
assentirla una sola volta e per un periodo non superiore a
tre mesi. La disposizione si riconnette al criterio di delega
di cui all'articolo 1, comma 2, lettera t), numero 1), della
legge n. 274 del 1998, in forza del quale, nel caso di autorizzazione
di un programma di cessione dei complessi aziendali, deve
farsi luogo alla conversione della procedura di amministrazione
straordinaria in fallimento, non già quando alla scadenza
i complessi aziendali non siano stati ancora ceduti, ma quando,
alla stessa data, "non siano ancora maturate le condizioni"
per tale cessione. L'istruzione del legislatore delegante
è stata seguita senza vulnerare il più
volte ricordato principio di "certezza dei tempi"
accordando al tribunale una facoltà di proroga
temporalmente circoscritta allorché si evidenzi una
seria possibilità di buon esito delle iniziative di
cessione nel periodo immediatamente successivo alla scadenza
"fisiologica".
A prescindere dall'evenienza ora ricordata, la verifica sull'esecuzione
del programma e sull'andamento dell'esercizio dell'impresa
avviene sulla scorta di relazioni trimestrali presentate dal
commissario straordinario al Ministero dell'industria e successivamente
trasmesse, con il parere del comitato di sorveglianza, al
tribunale che ha dichiarato l'insolvenza ai fini del deposito
in cancelleria, a disposizione di ogni interessato. Alla scadenza
del programma deve essere inoltre depositata una relazione
finale che illustra gli esiti complessivi della sua esecuzione,
specificando se gli obiettivi prefissati siano stati o meno
conseguiti (articolo 61).
Meritevole di distinta analisi a fronte della stessa
scaturigine "storica" della presente riforma
è l'attuazione del principio direttivo di cui all'articolo
1, comma 2, lettera n), della legge delega, che impone la
conformazione della disciplina della prosecuzione dell'esercizio
dell'impresa, in entrambe le alternative di programma, alle
disposizioni ed agli orientamenti comunitari sugli aiuti di
Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese
in difficoltà.
Alla stregua degli orientamenti comunitari attualmente in
vigore (pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee C 368 del 23 dicembre 1994 e prorogati, da ultimo,
fino al 31 dicembre 1999 giusta comunicazione della Commissione
pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee C 67 del 10 marzo 1999), tutti gli aiuti di Stato
diretti al salvataggio ed alla ristrutturazione di grandi
imprese, in quanto ricadenti nell'area di operatività
del divieto di cui all'articolo 92, paragrafo 1, del trattato
CE (nuovo articolo 87, in base alle tabelle di corrispondenza
allegate al trattato di Amsterdam), debbono essere notificati
individualmente alla Commissione europea, la quale, nel termine
di due mesi, si pronuncia in ordine all'applicabilità
delle deroghe previste dai paragrafi 2 e 3 del medesimo articolo
(punto 4.2 degli orientamenti). A tale fine, l'indicato testo
comunitario, dopo aver delineato le connotazioni distintive
delle due forme di aiuto (al salvataggio e alla ristrutturazione),
stabilisce specifiche condizioni in ordine alla natura ed
alle modalità degli aiuti concedibili nell'una e nell'altra
prospettiva.
Esclusa, peraltro, la possibilità di un diretto recepimento
di siffatti dettami nel decreto delegato, per l'intuitiva
ragione della loro mutevolezza nel tempo, la direttiva parlamentare
è stata attuata enunciando in termini generali l'obbligo
di adeguamento del programma agli orientamenti in parola,
quante volte ricorrano i relativi presupposti di applicazione,
ed innestando correlativamente nel procedimento di autorizzazione
del programma da parte dell'autorità di vigilanza l'eventuale
momento endoprocedimentale di autorizzazione comunitaria.
Più in particolare, l'articolo 55, comma 2, nell'enunciare
i criteri generali di definizione del programma, ne impone
l'adeguamento alla disciplina di che trattasi in tutti i casi
in cui esso contempli il ricorso ad agevolazioni pubbliche
non rientranti nel novero delle misure autorizzate (in via
generale) dalla Commissione europea, tra cui, in primis, quella
specificamente prevista per le imprese in amministrazione
straordinaria dal già più volte citato articolo
2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979 (id est, la garanzia
del Tesoro dello Stato per i debiti bancari finalizzati al
finanziamento della gestione corrente, alla riattivazione
ed al completamento di impianti, immobili ed attrezzature
industriali).
A sua volta, l'articolo 56, nel definire i contenuti del programma,
stabilisce, alla lettera d) del comma 1, che esso debba specificamente
indicare i finanziamenti e le altre agevolazioni pubbliche
di cui è prevista l'utilizzazione, in modo da corrispondere,
non soltanto ad evidenti esigenze di coordinamento, ma anche
alla necessità di una valutazione preventiva e complessiva
delle risorse pubbliche mobilitate per il "salvataggio"
o la "ristrutturazione" dell'impresa: condizione,
questa, indispensabile ai fini dell'eventuale nulla osta comunitario
all'esecuzione del programma.
Per quanto attiene poi a quest'ultimo, l'articolo 58 stabilisce
che nel caso in cui il programma preveda l'attivazione di
finanziamenti o agevolazioni pubbliche soggette a preventiva
autorizzazione comunitaria, il termine per l'emanazione dell'autorizzazione
ministeriale all'esecuzione del programma decorra dalla data
della decisione della Commissione europea. Nell'impossibilità,
peraltro, di assoggettare la pronuncia comunitaria ad un termine
(e, tanto meno, di prevedere in rapporto alla stessa meccanismi
di silenzio-assenso), l'esigenza di evitare ampliamenti temporali
non preventivabili della fase prodromica all'avvio del programma
viene soddisfatta prevedendo che, nel caso di diniego espresso
o di mancata pronuncia della Commissione entro centoventi
giorni dalla presentazione del programma stesso, il commissario
sia tenuto comunque a predisporre un nuovo programma che non
contempli il ricorso ai finanziamenti ed alle agevolazioni
in discorso.
Gli articoli 62, 63, 64 e 65 disciplinano la liquidazione
dei beni delle imprese in amministrazione straordinaria: liquidazione
che rappresenta un momento "istituzionale" del programma
di cessione dei complessi aziendali, ma che può aver
luogo entro i limiti definiti a norma dell'articolo
56., comma 1, lettera b) anche nella cornice di un
programma inteso al risanamento dell'impresa.
La ricordata semplificazione del regime autorizzatorio degli
atti del commissario straordinario (ivi compresi quelli di
esecuzione del programma) (retro, § 4.2) si coniuga,
per tal rispetto, ad un insieme di previsioni normative volte
ad assicurare l'omogeneità, la trasparenza e l'imparzialità
delle procedure di vendita.
L'articolo 62, nel sancire la libertà delle forme delle
vendite dei beni di imprese in amministrazione straordinaria,
fissa in tale prospettiva tre ordini di vincoli, imponendo
ai commissari il rispetto dei criteri procedurali generali
stabiliti dal Ministero dell'industria, la preventiva valutazione
dei beni ad opera di esperti e l'adozione di idonee forme
di pubblicità per la vendita di beni immobili, aziende
e rami d'azienda il cui valore superi i cento milioni di lire.
Sempre con riferimento alla vendita di aziende e di rami di
azienda, si è già segnalato come per esse venga
richiesto in ogni caso il parere del comitato di sorveglianza
e l'autorizzazione dell'autorità di vigilanza (articolo
42), trattandosi di atti suscettivi di segnare il momento
centrale di attuazione del programma autorizzato.
Disposizioni particolari sono poi dettate dall'articolo 63
con riguardo la vendita di aziende o di rami di azienda in
esercizio, nell'ottica di garantire il raggiungimento delle
finalità di salvaguardia sul piano produttivo e occupazionale,
proprie e caratteristiche dell'amministrazione straordinaria.
Il comma 1 del citato articolo, riproducendo sostanzialmente
il disposto dell'articolo 2, primo comma, del decreto-legge
9 aprile 1984, n. 62, convertito, con modificazioni, dalla
legge 8 giugno 1984, n. 212, stabilisce, anzitutto, che ai
fini della valutazione dei cespiti in discorso debba tenersi
conto della redditività, anche se negativa, all'epoca
della stima e nel biennio successivo: con ciò imponendo
di quantificare, non già il valore patrimoniale "astratto"
dei beni aziendali, bensì l'effettivo valore di mercato
dell'azienda in funzionamento. Tale soluzione appare, per
vero, tanto più ineludibile nella cornice del nuovo
sistema, a fronte dell'esigenza di pervenire nel caso
di adozione del primo dei due alternativi indirizzi della
procedura alla cessione dei complessi aziendali in
esercizio entro i termini di scadenza (originari o prorogati)
del programma, onde evitare la conversione della procedura
stessa in fallimento (conversione che risulterebbe invero
illogica, ove conseguente all'obbligo di esitare le aziende
per un prezzo iniziale del tutto "fuori mercato").
Il fulcro della disciplina è peraltro rappresentato
dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 63, ove si prevedono,
rispettivamente, speciali condizioni della vendita, che incidono
sui contenuti essenziali delle offerte di acquisto, e peculiari
criteri di scelta dell'acquirente, che affiancano il parametro
"ordinario", rappresentato dal mero ammontare del
corrispettivo offerto.
Condicio sine qua non per poter accedere all'acquisto è,
infatti, che l'acquirente si obblighi contrattualmente a proseguire
per almeno un biennio le attività imprenditoriali,
mantenendo per il medesimo periodo determinati livelli occupazionali.
A differenza che nella disciplina previgente (v. l'articolo
2, secondo comma, del decreto-legge n. 62 del 1984), tale
condizione è svincolata dalla circostanza che si tratti
di vendita effettuata sulla base di una valutazione fondata
sulla redditività negativa, a ribadire che la continuità
produttiva rappresenta in ogni caso un obiettivo coessenziale
alla procedura.
Su un piano di logica conseguenzialità, si prevede
poi che la scelta dell'acquirente debba essere effettuata
tenendo conto oltre che dell'entità delle singole
offerte anche delle condizioni soggettive degli offerenti,
valutandone l'affidabilità nella prospettiva della
prosecuzione delle attività imprenditoriali; nonché
dei contenuti del piano di prosecuzione da essi concretamente
presentato, tanto sotto l'aspetto produttivo che sotto quello
della garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali.
I commi 4 e 5 dell'articolo 63 regolano, infine, la sorte
dei rapporti di lavoro e dei debiti relativi all'azienda ceduta,
in sintonia con la direttiva comunitaria 97/50/CE del Consiglio
del 29 giugno 1998, che ha significativamente innovato il
panorama normativo anteriore.
L'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, recependo
la direttiva 77/187/CEE del Consiglio del 14 febbraio 1977,
ha stabilito, infatti, come è noto, l'automatica continuazione
con l'acquirente dei rapporti di lavoro nel caso di trasferimento
dell'azienda e la solidarietà dell'acquirente e dell'alienante
in ordine ai crediti maturati dai lavoratori al tempo del
trasferimento (articolo 2112, primo e secondo comma, del codice
civile, come novellato). Eccezioni a tale rigoroso regime
erano previste in limitatissimi casi, tra i quali figurava
bensì, per quanto qui interessa, quello della sottoposizione
dell'alienante alla procedura di amministrazione straordinaria,
ma solo allorché non fosse stata disposta o fosse cessata
la continuazione dell'esercizio dell'impresa (articolo 47,
comma 5, della legge n. 428 del 1990).
La nuova direttiva 97/50/CE, modificando la 77/187/CEE, contempla,
di contro opportunamente un nuovo e più
articolato ventaglio di deroghe al principio della continuità
del rapporto di lavoro nel caso di trasferimento d'azienda.
In particolare, essa prevede che, nei casi in cui il cedente
risulti sottoposto a "procedure di insolvenza",
ancorché non aventi finalità liquidatorie, gli
Stati membri possano riconoscere alle parti interessate (cedente,
cessionario e rappresentanza dei lavoratori) la facoltà
di concordare "modifiche delle condizioni di lavoro
intese a salvaguardare le opportunità occupazionali
garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento
o di parte di imprese o di stabilimenti" (articolo 4-bis,
paragrafo 2, lettera b, della direttiva 77/187/CEE, come modificata).
In accordo con tale enunciato, l'articolo 63, comma 4, stabilisce,
quindi, che nell'ambito delle consultazioni previste dall'articolo
47 della legge n. 428 del 1990, il commissario straordinario,
l'acquirente dell'azienda ed i rappresentati dei lavoratori
possano convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori
alle dipendenze dell'acquirente ed ulteriori modifiche delle
condizioni di lavoro (s'intende, nei limiti consentiti dalle
norme vigenti in materia). L'indicazione di un obiettivo di
sopravvivenza solo parziale delle aziende o degli stabilimenti,
contenuta nella citata norma comunitaria, dimostra infatti
che il riferimento, ivi parimenti racchiuso, alle "modifiche
delle condizioni di lavoro" abbraccia anche l'ipotesi
di una continuazione numericamente ridotta dei rapporti di
lavoro in essere con l'imprenditore cedente.
La direttiva 97/50/CE sancisce, in pari tempo, la derogabilità
della regola della solidarietà del cessionario con
il cedente in ordine ai pregressi crediti dei lavoratori,
a condizione che la legislazione dello Stato membro accordi
a tali crediti una tutela non inferiore a quella contemplata
dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio del 20 ottobre 1980,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in
caso di insolvenza del datore di lavoro.
Posto che nel nostro ordinamento detta tutela è accordata,
riguardo ai crediti dei lavoratori di imprese sottoposte ad
amministrazione straordinaria, dall'articolo 2 della legge
29 maggio 1982, n. 297 e dagli articoli 1 e 2 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, di recepimento della direttiva
da ultimo indicata, tramite la previsione dell'intervento
dell'apposito Fondo di garanzia (intervento al cui raccordo
con la nuova disciplina della procedura provvede l'articolo
102 del presente decreto), l'articolo 63, comma 5, del presente
decreto esclude in via generale, salva diversa convenzione,
la responsabilità dell'acquirente per i debiti
ergo, anche verso i lavoratori relativi all'esercizio
dell'azienda ceduta anteriore al trasferimento.
Il successivo articolo 64 sulla scia di quanto già
previsto dall'articolo 6, terzo comma, del decreto-legge n.
26 del 1979 stabilisce che la cancellazione delle iscrizioni
e trascrizioni pregiudizievoli gravanti sui beni trasferiti
(che nell'ambito della ordinaria procedura di espropriazione,
e dunque anche nel fallimento, è ordinata dal giudice)
sia invece disposta, quando il trasferimento avvenga nell'ambito
dell'amministrazione straordinaria, dal Ministero dell'industria.
La disciplina della liquidazione è completata dall'articolo
65, che attribuisce al tribunale che ha dichiarato lo stato
di insolvenza la competenza a conoscere delle impugnazioni
avverso i provvedimenti e gli atti di liquidazione dei beni
di imprese in amministrazione straordinaria che risultino
lesivi di diritti soggettivi. Tale soluzione speculare
rispetto a quella adottata dall'articolo 1 della legge 23
agosto 1988, n. 391, che affidava per converso indistintamente
la cognizione di dette impugnative (limitatamente peraltro
alle vendite) ai tribunali amministrativi regionali
nell'uniformarsi ai principi generali dell'ordinamento in
materia di riparto della giurisdizione, risponde, come già
rimarcato, a criteri di coerenza con la complessiva struttura
della nuova disciplina (retro, § 1.2). L'esigenza
particolarmente avvertita di pervenire in tempi brevi
alla definizione delle controversie incidentali alla procedura,
ha suggerito per altro verso di prevedere che le impugnazioni
in questione vengano decise nelle forme snelle del procedimento
in camera di consiglio (così come del resto avviene
per le omologhe impugnative in ambito fallimentare), anziché
in quelle dell'ordinario giudizio di cognizione.
4.6.
Ripartizione dell'attivo
Il
capo VI del titolo III reca disposizioni relative alla ripartizione
dell'attivo.
Vale al riguardo premettere che una vera e propria fase di
ripartizione dell'attivo si innesta nell'ambito dell'amministrazione
straordinaria solo quando venga adottato l'indirizzo della
cessione dei complessi aziendali: ciò in quanto l'indirizzo
alternativo della ristrutturazione economico-finanziaria prelude,
in caso di raggiungimento degli obiettivi, al ritorno in bonis
dell'imprenditore e, in caso contrario, alla conversione dell'amministrazione
straordinaria in fallimento (al riguardo, v. amplius infra,
§ 4.7.2).
Sul presupposto, dunque, dell'avvenuta adozione di un programma
di cessione, l'articolo 67 regola i profili procedimentali
del riparto, introducendo come dato innovativo saliente
quello dell'integrale estensione all'amministrazione
straordinaria delle disposizioni che presiedono alla ripartizione
dell'attivo in ambito fallimentare (sulle ragioni di tale
soluzione, v. retro, § 1.2). Si prevede, in particolare,
che ogni quattro mesi a partire dalla data di scadenza del
programma, ovvero dalla data di deposito del decreto che dichiara
esecutivo lo stato passivo a norma dell'articolo 97 della
legge fallimentare, se successiva, il commissario straordinario
presenti al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili
ed un progetto di ripartizione delle medesime, corredato dal
parere del comitato di sorveglianza. La ripartizione ha quindi
luogo secondo il medesimo iter proprio della procedura fallimentare.
La ripartizione finale è preceduta dalla presentazione
del conto della gestione e dalla liquidazione del compenso
al commissario straordinario a norma dell'articolo 75.
Se la ripartizione dell'attivo in senso proprio è collegata
al programma di cessione, la distribuzione di acconti ai creditori
regolata dall'articolo 68 con disposizioni che surrogano
quelle dell'articolo 212, secondo comma, della legge fallimentare
è invece possibile indipendentemente dal tipo
di programma adottato.
La facoltà di distribuire acconti ai creditori, o ad
alcune categorie di essi, riconosciuta al commissario straordinario
previo parere del comitato di sorveglianza, è peraltro
soggetta ad un triplice ordine di condizioni. Anzitutto, e
sotto il profilo finalistico, la distribuzione deve tenere
conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa:
deve tradursi, cioè, in una operazione che non solo
non contrasti (in primis, sul piano di una eccessiva perdita
di liquidità), ma anzi agevoli (ad esempio, favorendo
l'ottenimento di nuove forniture di beni o servizi) l'esercizio
stesso. Ed è proprio sulla base di tale criterio finalistico
che salvo il concomitante criterio di preferenza dettato
dal comma 2 dello stesso articolo 68 il commissario
straordinario dovrà operare l'eventuale selezione delle
categorie di creditori beneficiarie degli acconti.
In secondo luogo, poi, e sotto il profilo sostanziale, la
distribuzione non deve comportare violazioni della par condicio
creditorum, costringendo a successive problematiche azioni
di recupero nei confronti dei fruitori: gli acconti potranno
pertanto essere elargiti nei soli limiti delle somme prevedibilmente
attribuibili ai singoli creditori in via definitiva nel rispetto
delle cause legittime di prelazione.
Da ultimo, e sotto il profilo procedimentale, la distribuzione
dovrà essere autorizzata dal giudice delegato, come
espressione della competenza riconosciuta all'autorità
giudiziaria per tutto ciò che attiene al riparto dell'attivo.
Il comma 2 dell'articolo 68, nel dettare criteri di preferenza
nell'attribuzione degli acconti, si connette alla istruzione
impartita dall'articolo 1, comma 2, lettera q), della legge
delega, laddove si fa carico all'esecutivo di assicurare,
"ai sensi delle disposizioni approvate con regio decreto
16 marzo 1942, n. 267, la tutela dei crediti maturati dalle
imprese fornitrici antecedentemente alla dichiarazione dello
stato di insolvenza". A siffatta statuizione, per vero
di non univoca valenza precettiva, si è ritenuto di
poter dare attuazione stabilendo che, nel riparto degli acconti,
debba essere data preferenza sempre nel rispetto delle
condizioni stabilite nel comma 1 oltre che ai crediti
dei lavoratori subordinati (come già previsto dall'articolo
2, settimo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979), ai crediti
degli imprenditori per le vendite e somministrazioni di beni
e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa
insolvente nei sei mesi precedenti la dichiarazione dello
stato di insolvenza.
4.7.
Cessazione della procedura
4.7.1. Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento
Il
capo VII del titolo III reca la disciplina della cessazione
della procedura. Quest'ultimo è un concetto "di
genere" che abbraccia due ipotesi distinte: la conversione
dell'amministrazione straordinaria in fallimento (cui è
dedicata la sezione I), che rappresenta una cessazione "traumatica"
conseguente all'insuccesso (sperimentato o preventivabile)
dell'esperimento conservativo; e la chiusura della procedura
(regolata dalla sezione II), che costituisce, per converso,
la cessazione "fisiologica" nel caso di conseguimento
degli obiettivi sperati.
Comun denominatore delle varie fattispecie di cessazione è
l'attribuzione al tribunale della competenza ad accertare
la ricorrenza dei relativi presupposti: ciò che
come già ampiamente rimarcato contribuisce a
fornire la chiave di lettura della nuova disciplina dell'amministrazione
straordinaria, la quale, da procedura alternativa al fallimento
sottratta alla competenza del giudice, diviene momento di
un articolato procedimento di gestione dell'insolvenza il
cui "governo" è ricondotto, nei passaggi-cardine,
all'autorità giudiziaria.
Conformemente a quanto stabilito dalla legge delega (articolo
1, comma 2, lettere s e t), la conversione in fallimento può
avvenire sia nel corso della procedura che al termine del
periodo di esecuzione del programma.
Il primo caso, disciplinato dall'articolo 69 e che riproduce,
nella sostanza, l'ipotesi di cessazione anticipata della procedura
di amministrazione controllata di cui all'articolo 192, terzo
comma, della legge fallimentare, ricorre allorché,
in qualunque momento nel corso della procedura, risulta che
la stessa "non può essere utilmente proseguita".
Il provvedimento di conversione è adottato dal tribunale
su richiesta del commissario straordinario (il quale deve
preventivamente riferire della propria iniziativa al Ministro
dell'industria), ovvero d'ufficio (elementi per l'iniziativa
officiosa potranno essere evidentemente tratti dalle relazioni
periodiche del commissario stesso circa l'andamento della
procedura).
A tale ultimo riguardo, si è invero ritenuto che la
statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera s), della legge
delega che si limita a prevedere l'obbligo del commissario
straordinario di riferire all'autorità di vigilanza
ed al tribunale circa l'impossibilità di utile continuazione
non dovesse intendersi come preclusiva di una attivazione
ex officio del procedimento di conversione: e ciò anche
in correlazione alla previsione della successiva lettera t,
che, con riguardo alla parallela ipotesi della conversione
al termine della procedura, pone in primo piano l'intervento
del tribunale, senza far menzione dell'iniziativa del commissario.
Del resto, una diversa soluzione normativa una soluzione,
cioè, che condizionasse in via monopolistica alla richiesta
del commissario straordinario la conversione in corso della
procedura risulterebbe fortemente sospetta di illegittimità
costituzionale, in quanto subordinerebbe all'insindacabile
apprezzamento dell'organo gestorio designato dall'autorità
amministrativa l'adozione di un provvedimento giurisdizionale
necessario ai fini di evitare l'aggravamento del dissesto
e, dunque, finalizzato a tutelare il coacervo di interessi
da esso coinvolti (tra cui, anzitutto, quelli dei creditori).
Non è apparso opportuno, per converso, prevedere una
concorrente legittimazione a richiedere la conversione in
capo all'imprenditore insolvente, ai creditori o ad altri
possibili interessati, ciò che avrebbe potuto dar esca,
in concreto, a manovre "di disturbo" suggerite da
fini non commendevoli. La carenza di una legittimazione formale,
non esclude, peraltro, ovviamente, che gli interessati possano
indirizzare al tribunale segnalazioni motivate intese ad eccitare
l'esercizio del potere di conversione officiosa.
L'articolo 70 regola la conversione della procedura al termine
del periodo di esecuzione del programma. Il presupposto è
l'avvenuto accertamento che si gioverà, di norma,
soprattutto delle risultanze della relazione finale del commissario
straordinario, chiamato ad esprimere un giudizio specifico
sul punto (articolo 61, comma 3) del mancato conseguimento
degli obiettivi "tipici" dell'amministrazione straordinaria
in rapporto all'"indirizzo" concretamente adottato:
id est, nel caso di programma di cessione aziendale, la mancata
realizzazione, in tutto o in parte, della cessione stessa
(sulla valenza del riferimento alla mancata cessione parziale,
v. peraltro retro, § 4.1); e, nel caso di programma di
ristrutturazione, il mancato recupero da parte dell'imprenditore
della capacità di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni.
L'articolo 71 detta le regole procedurali della conversione
(che è disposta con decreto motivato), assicurando
il preventivo contraddittorio fra le parti e la facoltà
di proporre reclamo avverso il provvedimento positivo o negativo
del tribunale alla corte di appello.
4.7.2.
Chiusura della procedura
La
sezione II del capo VII del titolo III si occupa della cessazione
della procedura nel caso di positivo esito del programma ("chiusura").
La disciplina della chiusura si presenta, per vero, significativamente
diversificata a seconda del tipo di programma concretamente
prescelto, in linea logica con la relativa caratterizzazione.
Nel caso, infatti, di adozione dell'indirizzo della cessione
dei complessi aziendali, ove il programma sia attuato nei
tempi prefissati (originari o prorogati ex articolo 66), la
liquidazione dei beni residui ed il riparto dell'attivo hanno
luogo nell'ambito della stessa amministrazione straordinaria:
il conseguimento degli obiettivi di programma non comporta,
pertanto, l'immediata chiusura della procedura, ma soltanto
la cessazione dell'esercizio dell'impresa, che è dichiarata
dal tribunale con apposito decreto (articolo 73), a seguito
del quale la procedura stessa che prosegue ai fini
dell'esaurimento di dette attività è
considerata, ad ogni effetto, come liquidatoria (precisazione,
quest'ultima, che vale ad assicurare il raccordo con le disposizioni
delle leggi speciali che fanno riferimento alle procedure
concorsuali aventi tale connotazione). Nel caso di fruttuosa
realizzazione di un programma di ristrutturazione economico-finanziaria,
per converso, alla chiusura si provvede omisso medio.
Quanto, poi, alle singole fattispecie di chiusura, mentre
ove sia adottato un programma di ristrutturazione la chiusura
si verifica (oltre che per l'assenza di domande di ammissione
al passivo) nella duplice ipotesi del recupero della solvibilità
dell'impresa e del passaggio in giudicato della sentenza che
approva il concordato; nel caso del programma di cessione
alle predette fattispecie si aggiunge rappresentando,
anzi, l'ipotesi "normale" quella della ripartizione
finale dell'attivo tra i creditori (articolo 74).
Competente a dichiarare la chiusura, come già rimarcato,
è il tribunale, che provvede con decreto motivato su
istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore
insolvente, ovvero d'ufficio. A differenza di quanto avviene
per la chiusura del fallimento a mente dell'articolo 119 della
legge fallimentare che è stato, per tal rispetto,
oggetto di censura si prevede, tramite il richiamo
alle corrispondenti disposizioni in tema di impugnazione dei
provvedimenti relativi alla conversione, la possibilità
di proporre reclamo alla corte di appello anche avverso il
decreto di rigetto dell'istanza (articolo 76).
Da ultimo, colmando una lacuna della pregressa disciplina,
l'articolo 77 prevede espressamente, in analogia con l'articolo
121 della legge fallimentare, la possibilità della
riapertura della procedura nel caso in cui la stessa sia stata
chiusa per avvenuto compimento della ripartizione finale dell'attivo.
La riapertura è condizionata alla sopravvenienza nel
patrimonio dell'imprenditore di attività tali da rendere
utile il provvedimento o all'offerta, da parte dell'imprenditore
medesimo, della garanzia di pagare almeno il dieci per cento
ai creditori vecchi e nuovi. La particolarità consiste
in ciò, che stante il carattere esclusivamente
liquidatorio e satisfattivo che l'ulteriore segmento di procedura
assume alla riapertura si accompagna comunque la conversione
della procedura in fallimento, in vista della sua gestione
nell'alveo più "naturale".
4.7.3.
Concordato
La
sezione III del capo VII del titolo III è dedicata
alla speciale forma di chiusura della procedura rappresentata
dal concordato.
Come già anticipato (reatro, § 4.5), la rilevante
novità apportata rispetto alla disciplina di cui all'articolo
214 della legge fallimentare, in tema di liquidazione coatta
amministrativa, consiste nel riconoscimento della legittimazione
a proporre la domanda di concordato, oltre che all'imprenditore
insolvente, anche al terzo, ferma restando la necessità
dell'autorizzazione ministeriale. Riempiendo, altresì,
il pregresso "vuoto dei fini", vengono specificati
anche i parametri generali in base ai quali tale autorizzazione
deve essere concessa o negata: vale a dire, la convenienza
del concordato e la sua compatibilità con il fine conservativo
della procedura.
Per il resto, l'articolo 78 si limita ad adattare l'accennata
disciplina di cui all'articolo 214 della legge fallimentare
alle particolarità della procedura stessa; mentre il
successivo articolo 79 ripropone, in rapporto all'amministrazione
straordinaria, la disposizione dettata, in materia fallimentare,
dall'articolo 154 della legge fallimentare riguardo al concordato
particolare del socio nel caso di ammissione alla procedura
di società con soci illimitatamente responsabili.
5.
Gruppo di imprese
5.1. Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese
del gruppo
È
noto come, prendendo commendevolmente atto della nuova e prorompente
realtà economica che vede privilegiate in modo sempre
più massiccio forme di organizzazione "molecolare"
dell'attività imprenditoriale, in luogo di quella "atomistica"
avuta tradizionalmente di mira dall'ordinamento, il legislatore
del decreto-legge n. 26 del 1979 avesse riconosciuto
in termini all'epoca fortemente innovativi rilevanza
unitaria al fenomeno dei gruppi nell'ambito della gestione
dell'insolvenza, prevedendo l'assoggettamento ad amministrazione
straordinaria delle imprese facenti parte di un gruppo anche
quando talune di esse risultassero prive dei prescritti requisiti
dimensionali, e dettando, altresì, disposizioni tese
a combattere la nota prassi di svuotamento patrimoniale attuata
con la tecnica delle cosiddette "scatole cinesi".
Su tale versante, la legge delega si limita ad impartire al
legislatore delegato la direttiva dell'estensione della procedura
alle imprese insolventi del gruppo, senza dettare ulteriori
principi e criteri in ordine alla disciplina di attuazione,
fatta eccezione per quello della introduzione di un principio
di selettività fondato sulla preventiva valutazione
della capacità dell'impresa di recuperare l'equilibrio
economico delle attività imprenditoriali o della opportunità
della gestione unitaria nell'ambito del gruppo (articolo 1,
comma 2, lettera i).
L'enunciato parlamentare trova riscontro nel titolo IV del
decreto, le cui disposizioni risultano ripartite in due capi,
in corrispondenza ai due accennati obiettivi fondamentali
della disciplina: gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito
del gruppo (capo I) e misure di contrasto delle pratiche di
svuotamento patrimoniale (capo II).
Sull'uno e sull'altro versante, si è provveduto a razionalizzare
la regolamentazione preesistente, adeguandola all'evoluzione
normativa in tema di "gruppo" avutasi nel ventennio
successivo all'entrata in vigore del decreto-legge n. 26 del
1979 ed alla differente impostazione e struttura assunta,
per effetto del presente decreto, dall'istituto dell'amministrazione
straordinaria.
In tale ottica, l'articolo 80 provvede anzitutto alla perimetrazione
del gruppo ai fini dell'estensione della procedura, riproponendo,
con opportuni adattamenti, la definizione già contenuta
nel primo comma dell'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del
1979: definizione basata su una "tecnica mista",
che per un verso amplia il riferimento al concetto di controllo
codificato dall'articolo 2359 del codice civile in guisa da
ricomprendere anche le "società sorelle"
e le ramificazioni "orizzontali" del fenomeno delle
compartecipazioni, e per l'altro consente di avvalersi di
ulteriori indici rivelatori esterni ai fini dell'accertamento
del vincolo di gruppo. L'estensione potrà aversi, in
particolare, riguardo alle imprese direttamente od indirettamente
controllanti la società assoggettata ad amministrazione
straordinaria; alle società direttamente od indirettamente
controllate dall'impresa in amministrazione straordinaria
o dall'impresa che la controlla; e, infine, alle imprese che,
per la composizione degli organi amministrativi o sulla base
di altri concordanti elementi, risultino sottoposte a direzione
comune a quella dell'impresa assoggettata alla procedura.
Quest'ultima ipotesi, con il generico riconoscimento della
possibilità di desumere la direzione comune da "concordanti
elementi", diversi da quelli previamente elencati, assorbe
la specifica previsione, già contenuta nel citato articolo
3, primo comma, lettera d), del decreto-legge n. 26 del 1979,
che elevava ad indice del rapporto di gruppo la concessione
di prestiti o garanzie per un importo superiore ad un terzo
del valore complessivo delle attività.
L'articolo 81 sancisce quindi il principio per cui, una volta
ammessa all'amministrazione straordinaria una impresa appartenente
ad un gruppo, che abbia i prescritti requisiti dimensionali
e le richieste condizioni di "recuperabilità"
("procedura madre", secondo la definizione dell'articolo
80, comma 1, lettera a), le imprese del medesimo gruppo
ove insolventi e soggette alle disposizioni sul fallimento
possono accedere alla procedura ancorché non
attingano alla predetta soglia dimensionale. Così come
per l'impresa "madre", peraltro, la sola esistenza
di siffatti presupposti non basta ancora ad assicurare il
concreto assoggettamento ad amministrazione straordinaria,
essendo richieste, in via alternativa, a tal fine, due ulteriori
condizioni: vale a dire, o l'esistenza, anche per l'impresa
del gruppo isolatamente considerata, di concrete prospettive
di recupero dell'equilibrio economico delle attività
imprenditoriali; ovvero l'opportunità della gestione
unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, da apprezzare
segnatamente in rapporto ai collegamenti di natura economica
o produttiva esistenti fra le singole imprese ed avendo come
parametro il raggiungimento degli obiettivi della procedura,
a prescindere dall'esistenza di attività produttive
autonomamente suscettibili di salvaguardia (si pensi, così,
ad esempio, ai rapporti tra l'impresa che esercita l'attività
produttiva risanabile e quella proprietaria degli immobili
adibiti a sede dei complessi industriali).
L'accertamento dei presupposti e delle condizioni di accesso
alla procedura dell'impresa del gruppo ha luogo con le stesse
modalità previste per l'"impresa madre":
passando, cioè, attraverso le due distinte e successive
fasi della dichiarazione dello stato di insolvenza e dell'apertura
dell'amministrazione straordinaria (ovvero, qualora le condizioni
manchino, della dichiarazione di fallimento). La competenza
resta radicata presso il tribunale del luogo in cui la singola
impresa del gruppo ha la sede principale, essendosi scartata
(in quanto disfunzionale, a fronte del carattere puramente
eventuale dell'ammissione all'amministrazione straordinaria
e dei fenomeni di conversione della stessa in fallimento)
la soluzione di spostare la competenza presso il tribunale
che ha dichiarato l'insolvenza dell'"impresa madre".
L'iniziativa per la dichiarazione dell'insolvenza viene comunque
attribuita anche al commissario straordinario di quest'ultima.
Al fine di agevolare l'accertamento dell'esistenza di legami
di gruppo, l'articolo 83 prevede in assonanza con quanto
già stabilito dall'articolo 3 del decreto-legge n.
26 del 1979 che il tribunale, il Ministero dell'industria
ed il commissario straordinario possano richiedere informazioni
alla Commissione nazionale per la società e la borsa
(CONSOB) e ad ogni altro pubblico ufficio ed avere dalle società
fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di
diritti sulle azioni intestate a loro nome.
Una particolare disciplina è dettata dall'articolo
84 per l'ipotesi in cui l'impresa del gruppo sia stata dichiarata
fallita in base alle ordinarie regole della legge fallimentare
prima dell'assoggettamento ad amministrazione straordinaria
dell'impresa "madre", e dunque in un momento in
cui ancora mancava la condizione primaria per l'operatività
delle disposizioni in tema di estensione innanzi esposte (l'articolo
84 non è dunque applicabile al diverso caso in cui,
dopo l'apertura della "procedura madre", l'impresa
del gruppo venga erroneamente dichiarata fallita ai sensi
della legge fallimentare, anziché dichiarata insolvente
a norma del presente decreto, dovendo il relativo vizio esser
fatto valere con lo strumento dell'opposizione alla sentenza
dichiarativa di fallimento ex articolo 18 della legge fallimentare
e con gli effetti, nel caso di accoglimento, previsti dall'articolo
35 del presente decreto). In ossequio ai dettami della legge
delega (la quale prevede che l'estensione dell'amministrazione
straordinaria all'impresa del gruppo possa aver luogo "anche
in via di conversione del fallimento"), si prefigura,
in detto frangente, un procedimento abbreviato. Il tribunale,
su istanza degli interessati o d'ufficio, invita, cioè,
il curatore del fallimento ed il commissario straordinario
dell'impresa "madre" a presentare una relazione
contenente una valutazione motivata circa l'esistenza dei
presupposti necessari per la conversione. Indi, a seconda
degli esiti della relativa verifica, dispone la conversione
del fallimento in amministrazione straordinaria o la prosecuzione
della procedura fallimentare.
Alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa
del gruppo sono preposti gli stessi organi nominati per la
"procedura madre", salva l'integrazione del comitato
di sorveglianza al fine di assicurare adeguata rappresentanza
ai creditori dell'impresa stessa; le spese generali della
procedura sono imputate alle diverse imprese in proporzione
delle rispettive masse attive (articolo 85).
L'impostazione della procedura delle imprese del gruppo è
differenziata a seconda della condizione in base alla quale
ha avuto luogo l'ammissione. Ove l'impresa sia stata ammessa
all'amministrazione straordinaria in quanto "recuperabile",
il commissario straordinario redigerà un programma
"autonomo" rispetto a quello dell'impresa "madre",
secondo la disciplina dettata dagli articoli 54. e seguenti;
in caso contrario (quando, cioè, l'ammissione poggi
su semplici esigenze di gestione unitaria dell'insolvenza)
predisporrà un programma integrativo di quello relativo
all'impresa "madre" o ad altra impresa del gruppo
assoggettata alla procedura, alle cui sorti resterà
legata l'evoluzione della procedura "connessa" (articolo
86).
L'articolo 87 prevede, infine, che la conversione in fallimento
o la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria
dell'impresa "madre" (fatta eccezione per la chiusura
per avvenuta ripartizione dell'attivo nell'ambito dell'indirizzo
della cessione dei complessi aziendali) determini la conversione
in fallimento della procedura di amministrazione straordinaria
cui l'impresa del gruppo sia stata assoggettata in ragione
della opportunità della gestione unitaria (questa viene,
infatti, per ciò solo meno). Viceversa, la procedura
dell'impresa del gruppo in grado di elaborare un programma
"autonomo" manterrà tale autonomia dalla
"procedura madre" anche sul piano degli esiti finali.
5.2.
Responsabilità ed azioni revocatorie
Il
capo II del titolo IV reca distintamente, nell'ambito della
disciplina dei gruppi, le disposizioni intese ad arginare,
nel momento "emergenziale" dell'insolvenza, le condotte
di indebito depauperamento delle risorse patrimoniali e di
illecito travaso di ricchezze dall'una all'altra società
del gruppo. Si tratta di disposizioni che fanno perno, con
opportuni adattamenti, sugli strumenti della denuncia al tribunale
ex articolo 2409 del codice civile, della estensione della
responsabilità degli amministratori nei casi di direzione
unitaria e della cosiddetta "revocatoria aggravata",
già utilizzati dall'articolo 3 del decreto-legge n.
26 del 1979.
La legittimazione a riprodurre siffatte previsioni normative
considerate generalmente tra i momenti più qualificanti
della disciplina dei gruppi dettata dal decreto introduttivo
dell'amministrazione straordinaria è parsa senz'altro
ricavabile dal ricordato criterio di delega in materia di
estensione della procedura alle imprese del gruppo, traguardato
alla luce del noto canone ermeneutico, la cui bonitas è
stata confermata anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale,
in forza del quale, allorché venga delegato al Governo,
ex articolo 76 della Costituzione, il riordino di un intero
istituto o settore normativo, i criteri di delega vanno letti
nel coordinamento con la normativa anteriore, ove compatibile
con la nuova fisionomia impressa dal Parlamento alla materia
e sempre che non consti una volontà contraria, espressa
o implicita, del medesimo.
Ciò doverosamente puntualizzato, il quid novi consiste
nel collegamento dell'operatività delle disposizioni
in esame alla dichiarazione dello stato di insolvenza, anziché
all'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria:
il che val quanto dire che le disposizioni stesse si applicheranno
tanto nel caso di apertura di questa, quanto nel caso in cui
a motivo della riscontrata assenza delle relative condizioni
o della conversione della procedura alla declaratoria
dell'insolvenza dovesse far seguito la dichiarazione di fallimento.
Tale soluzione è apparsa in effetti ineluttabile nella
cornice del nuovo sistema, imperniato sulla caduta del carattere
di "esclusività" dell'amministrazione straordinaria,
sia per scongiurare disparità di trattamento prive
di razionale spiegazione, sia per rendere "gestibile"
il passaggio dall'una all'altra procedura, evitando, in particolare,
che la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento
comporti l'illogica e disfunzionale conseguenza della caducazione
delle iniziative giudiziali poste in essere dal commissario
straordinario nei confronti delle imprese del gruppo.
L'articolo 88, che reca le definizioni valevoli ai fini dell'applicazione
delle norme in rassegna, è tagliato su questa prospettiva.
Viene presa in distinta considerazione, peraltro, nella definizione
della nozione di "impresa dichiarata insolvente",
anche l'ipotesi contemplata dall'articolo 35: quella, cioè,
dell'erronea dichiarazione di fallimento dell'impresa avente
i requisiti previsti dall'articolo 2.
L'articolo 89 accorda quindi al commissario giudiziale, al
commissario straordinario ed al curatore dell'impresa dichiarata
insolvente (con riguardo, rispettivamente, alla fase della
procedura successiva alla dichiarazione dell'insolvenza e
a quelle conseguenti all'apertura dell'amministrazione straordinaria
o alla dichiarazione di fallimento) la legittimazione a proporre
la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile
nei confronti degli amministratori e dei sindaci delle società
del gruppo, prevedendo, altresì, che, nel caso di accertamento
delle irregolarità denunciate, il commissario o il
curatore denunciante possa essere nominato amministratore
giudiziario a norma del terzo comma del medesimo articolo.
L'articolo 90 disciplina la responsabilità degli amministratori
delle società del gruppo nei casi di direzione unitaria,
stabilendo che essi rispondano in solido con gli amministratori
della società dichiarata insolvente dei danni da questi
cagionati alla società stessa. Accogliendo i suggerimenti
formulati da una parte della dottrina, che aveva lamentato
l'eccessiva genericità e latitudine della omologa previsione
dell'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979, l'insorgenza
della responsabilità è stata peraltro subordinata
al concorso di due ulteriori condizioni: da un lato, cioè,
ad un connotato di illegittimità del concreto esercizio
del potere di direzione, sub specie dell'abuso; dall'altro,
ed in pari tempo, alla concreta configurabilità di
un nesso causale tra le direttive impartite ed il danno subito
dalla società dichiarata insolvente.
Da ultimo, l'articolo 91 ripropone la disciplina delle cosiddette
"revocatorie aggravate", prevedendo l'ampliamento
dei termini del "periodo sospetto", stabiliti dall'articolo
67 della legge fallimentare, allorquando si sia di fronte
ad atti compiuti fra imprese del medesimo gruppo. È
parimenti ribadita estendendola al curatore
la facoltà di richiedere informazioni alla CONSOB,
ad altri pubblici uffici ed alle società fiduciarie
ai fini dell'esperimento di tali azioni.
6.
Disposizioni comuni di procedura
Il
titolo V raggruppa disposizioni a carattere procedurale applicabili
"trasversalmente" nelle diverse fasi in cui la procedura
concorsuale si articola.
Surrogando la disposizione già contenuta nell'articolo
50-bis, primo comma, numero 2), del codice di procedura civile,
introdotto dall'articolo 56 del decreto legislativo 19 febbraio
1998, n. 51 (che a propria volta riproduceva quella dettata
dall'articolo 48, secondo comma, numero 5, del regio decreto
30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 88 della
legge 26 novembre 1990, n. 353), l'articolo 92 del presente
decreto stabilisce che il tribunale adotta tutti i provvedimenti
previsti come di sua competenza dal decreto medesimo
a cominciare dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
in composizione collegiale; e che in composizione collegiale
parimenti pronuncia, nell'ambito della procedura regolata
dal decreto stesso, sulle cause relative all'accertamento
del passivo di cui agli articoli 98 e seguenti della legge
fallimentare e sulle cause di approvazione del concordato
previste dall'articolo 214, terzo comma, della medesima legge.
A fronte delle connotazioni di urgenza che ontologicamente
improntano i procedimenti per la dichiarazione dello stato
di insolvenza e quelli, conseguenti, di apertura dell'amministrazione
straordinaria o di dichiarazione di fallimento, nonché
di conversione dell'una procedura nell'altra, l'articolo 93
esclude sulla falsariga dell'articolo 6, quarto comma,
del decreto-legge n. 26 del 1979 l'applicabilità
ai procedimenti stessi della sospensione dei termini processuali
nel periodo feriale, prevista dalla legge 7 ottobre 1969,
n. 742.
Di particolare significato strategico, nella complessiva economia
del sistema prefigurato, è la disposizione dell'articolo
94, alla quale si è già avuta occasione più
volte di far cenno. La pratica impossibilità di procedere
alla comunicazione singulatim a tutti i potenziali interessati
stante il loro numero e le difficoltà di compiuta
identificazione del coacervo di atti e provvedimenti
che contrappuntano lo svolgimento della procedura, rende invero
ineluttabile un largo ricorso a forme di pubblicità
sostitutiva, che valgano a rendere altrimenti conoscibili
gli atti e provvedimenti stessi. Una forma di pubblicità
caratteristica del sistema della legge fallimentare è
quella dell'affissione alla porta esterna del tribunale, dalla
quale vengono fatti decorrere termini, spesso di natura perentoria,
per il compimento di determinate attività processuali
(si pensi, ad esempio, all'opposizione alla sentenza dichiarativa
di fallimento, ex articolo 18, primo comma, della legge fallimentare,
ovvero all'appello avverso la sentenza di omologazione del
concordato, ex articolo 131, primo comma, della stessa legge).
È di palmare evidenza, peraltro, che si tratta di un
mezzo pubblicitario fortemente anacronistico, il quale, di
fatto, lungi dal garantire la reale e agevole fruibilità
del dato, si risolve su questo piano, specie nei grandi centri,
in una mera fictio. È sembrato pertanto necessario
sostituire il cennato obsoleto adempimento con un più
moderno ed efficace strumento informatico, cui per
ragioni di continuità storica e di più agevole
coordinamento del testo normativo è stata riservata
la denominazione di "affissione con mezzi informatici".
In tutti i casi, cioè, in cui il presente decreto prevede
che debba farsi luogo all'affissione di atti, provvedimenti,
estratti o avvisi ivi comprese le ipotesi in cui ciò
avvenga per effetto del richiamo a disposizioni della legge
fallimentare che contemplano tale formalità
essa dovrà essere eseguita mediante inserimento dell'atto,
del provvedimento, dell'estratto o dell'avviso in una rete
informatica accessibile al pubblico, secondo le modalità
stabilite con regolamento del Ministro di grazia e giustizia,
di concerto con i Ministri dell'industria e del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica (il quale determinerà
anche i criteri di imputazione dei costi del servizio alle
imprese sottoposte alle procedure): salva, nelle more dell'entrata
in vigore del regolamento stesso, l'effettuazione dell'affissione
con le tradizionali modalità manuali-cartacee (articolo
105: v. amplius infra, § 8).
7.
Disposizioni penali
A
fronte del rinvio operato dall'ultimo comma dell'articolo
1 del decreto-legge n. 26 del 1979 alle disposizioni degli
articoli 195 e seguenti e dell'articolo 237 della legge fallimentare,
la disciplina penale dell'amministrazione straordinaria mutuava,
nel pregresso sistema, le cadenze di quella della liquidazione
coatta amministrativa. Tale assetto palesava, peraltro, evidenti
limiti di funzionalità, in ragione delle manchevolezze
e dei difetti di coordinamento della regolamentazione della
responsabilità penale in quest'ultima procedura, quale
risultante dal combinato disposto degli articoli 203, primo
comma, secondo periodo, e 237 della legge fallimentare. Particolarmente
allarmante appariva soprattutto il pericolo di un possibile
vuoto di tutela in rapporto all'imprenditore individuale,
come conseguenza del mancato richiamo, nell'ambito della disciplina
della liquidazione coatta amministrativa, delle disposizioni
riguardanti i relativi fatti di bancarotta (articoli 216 e
217 della legge fallimentare).
Ciò considerato, l'articolo 1, comma 2, lettera r),
della legge delega ha dato quindi mandato all'esecutivo di
ridefinire la disciplina penale dell'amministrazione straordinaria
mediante estensione, nei limiti della compatibilità,
delle disposizioni previste dai capi I, II e IV del titolo
VI della legge fallimentare, equiparando, ai fini della loro
applicazione, la dichiarazione dello stato di insolvenza alla
dichiarazione di fallimento: in sostanza, cioè, allineando
il trattamento sanzionatorio della procedura tanto
per quel che riguarda i fatti commessi dalle persone fisiche
direttamente soggette a quest'ultima (imprenditore individuale
e soci illimitatamente responsabili di società a base
personale), quanto per quel che attiene ai fatti commessi
da soggetti diversi (amministratori, direttori generali, sindaci
e liquidatori di società, institori, creditori e via
dicendo), quanto, infine, per ciò che concerne le disposizioni
di procedura al regime penalistico del fallimento.
A tale istruzione parlamentare dà puntuale seguito
il comma 1 dell'articolo 95. Ad evitare possibili dubbi interpretativi,
anche in rapporto al principio di stretta legalità
che domina la materia penale, il comma 2 dello stesso articolo
si premura peraltro di surrogare il richiamo all'articolo
16, numero 3), della legge fallimentare contenuto nell'articolo
220 della stessa legge in funzione sanzionatoria della mancata
ottemperanza all'ordine di deposito dei bilanci e delle scritture
contabili impartito dalla sentenza dichiarativa di fallimento
con il richiamo alla corrispondente disposizione di
cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto.
Nella medesima ottica, il successivo articolo 96 estende al
commissario giudiziale ed al commissario straordinario, nonché
alle persone che li coadiuvano nell'amministrazione della
procedura, le disposizioni incriminatrici dettate dagli articoli
228, 229 e 230 della legge fallimentare con riferimento al
curatore (ed estese dall'articolo 231 della medesima legge
ai suoi coadiutori); mentre l'articolo 97 del decreto opera
analoga estensione al commissario giudiziale ed al commissario
straordinario della facoltà di costituzione di parte
civile accordata al curatore dall'articolo 240 della legge
fallimentare, relativamente ai procedimenti per i reati contemplati
dal titolo VI della legge stessa.
8.
Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali
Il
decreto legislativo si chiude con il titolo comprendente le
disposizioni di coordinamento, transitorie e finali (titolo
VII).
Quanto agli interventi di coordinamento, l'articolo 98 modifica
il già citato articolo 50-bis del codice di procedura
civile, espungendo dall'elenco delle cause nelle quali il
tribunale giudica in composizione collegiale il riferimento
al decreto-legge n. 26 del 1979: e ciò in corrispondenza
all'avvenuta collocazione delle corrispondenti previsioni
nell'articolo 92 del decreto (retro, § 6).
L'articolo 99 dà attuazione alla direttiva di cui all'articolo
1, comma 2, lettera r), seconda parte, della legge delega,
apportando alla vigente disciplina penale della liquidazione
coatta amministrativa le modifiche necessarie al fine di evitare
sperequazioni di trattamento sanzionatorio rispetto al neointrodotto
regime punitivo dell'amministrazione straordinaria (retro,
§ 7). In tale prospettiva ponendo rimedio alle
già rimarcate incongruenze che affettano il trattamento
sanzionatorio della procedura (tra cui, in primis, il mancato
riferimento alle ipotesi di responsabilità penale dell'imprenditore
individuale e dell'institore) si procede all'abrogazione
del secondo periodo del primo comma dell'articolo 203 della
legge fallimentare ed alla riformulazione dell'articolo 237
della medesima legge, estendendo in toto alla liquidazione
coatta amministrativa, mutatis mutandis, la disciplina penale
del fallimento, tramite equiparazione della dichiarazione
dell'insolvenza pronunciata a norma degli articoli 195 e 202
della legge fallimentare alla dichiarazione di fallimento.
L'articolo 100 con disposizione a carattere essenzialmente
interpretativo sostituisce il riferimento alle "società
in amministrazione straordinaria", contenuto nell'articolo
2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979 a fini di identificazione
dei beneficiari della garanzia del Tesoro dello Stato, ivi
contemplata, con quello alle "imprese in amministrazione
straordinaria". Il citato decreto-legge anche
in rapporto ai mutamenti di impostazione operati in sede di
conversione faceva, invero, un uso promiscuo ed atecnico
dei termini "società" ed "impresa",
sì che all'utilizzazione del primo sostantivo quasi
sempre non corrispondeva una precisa volontà legislativa
di limitare l'applicabilità della disposizione in cui
esso figurava alle imprese esercitate in forma collettiva.
Circostanza, questa, che aveva portato a ritenere pacificamente
concedibile la predetta garanzia del Tesoro anche alle imprese
in amministrazione straordinaria non aventi veste societaria.
Siffatta interpretazione rischierebbe, peraltro, di perdere
validità nella nuova cornice normativa, nella quale
l'uso dell'uno o dell'altro dei due vocaboli assume una valenza
precettiva: di qui l'esigenza di evitare letture illogicamente
limitative della disposizione novellata, adeguandola al mutato
indirizzo terminologico.
Sempre con riferimento alla garanzia di cui al citato articolo
2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979, l'articolo 101 impone
l'adeguamento delle disposizioni attuative, già emanate
dal Ministero del tesoro a norma del terzo comma dello stesso
articolo 2-bis, alla disciplina ed agli orientamenti comunitari
in materia di aiuti di Stato, nonché alle disposizioni
del presente decreto. L'adeguamento dovrà avvenire
in forma regolamentare, entro i centoventi giorni successivi
all'entrata in vigore del decreto stesso.
L'articolo 102 raccorda le modalità di attivazione
del Fondo di garanzia, ai fini del pagamento del trattamento
di fine rapporto e degli ulteriori crediti di lavoro in favore
dei dipendenti delle imprese in amministrazione straordinaria,
alla nuova disciplina dell'istituto, segnatamente per quanto
concerne l'accertamento del passivo, a fronte della quale
non risulterebbe più coerente l'estensione della disposizione
dettata dall'articolo 2, quarto comma, della legge 29 maggio
1982, n. 297 (richiamato dall'articolo 2, comma 3, del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 80) a proposito della liquidazione
coatta amministrativa.
L'articolo 103 stabilisce che, in relazione alla prevista
utilizzazione della Guardia di finanza ai fini dello svolgimento
delle funzioni connesse alla vigilanza sulle procedure di
amministrazione straordinaria (articolo 37, comma 3), il Ministro
dell'industria, previa intesa con il Ministero delle finanze,
possa richiedere apposito distacco di un contingente di personale,
nell'ambito delle vigenti strutture e dotazione organica del
Corpo.
Gli articoli 104 e 105 stabiliscono i termini per l'emanazione
della normativa secondaria prevista dal decreto legislativo.
In particolare, l'articolo 104 fissa in centoventi giorni
il termine per l'emanazione dei regolamenti ministeriali previsti
dagli articoli 39 e 47, relativi, rispettivamente, alla disciplina
dei requisiti di professionalità ed onorabilità
dei commissari giudiziali e dei commissari straordinari e
alla determinazione dell'ammontare del compenso spettante
ad essi ed ai componenti del comitato di sorveglianza.
L'articolo 105 fissa, a sua volta, in centottanta giorni il
termine per l'emanazione del regolamento ministeriale recante
la disciplina della pubblicità con mezzi informatici
degli atti e provvedimenti della procedura. Al fine di consentire
la predisposizione delle opportune misure organizzative, è
altresì stabilita, per tale regolamento, una vacatio
di ulteriori centottanta giorni. Come già ricordato,
fino all'entrata in vigore della normativa secondaria, e comunque
nei casi di indisponibilità presso gli uffici giudiziari
delle dotazioni necessarie ai fini dell'effettuazione della
pubblicità con mezzi informatici, si continuerà
a far ricorso ai consueti adempimenti pubblicitari "cartacei"
(a seconda dei casi: affissione alla porta esterna del tribunale,
pubblicazione nel foglio degli annunzi legali della provincia
o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica).
Gli articoli 106, 107 e 108 dettano norme transitorie relative
alle procedure di amministrazione straordinaria in corso alla
data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Ai fini dell'applicazione di tali norme, la procedura deve
considerarsi in corso secondo quanto chiarisce il comma
2 dell'articolo 106. allorché anteriormente
a detta data sia stato giudizialmente accertato lo stato di
insolvenza dell'impresa, ancorché non sia stato ancora
emesso il conseguente decreto che dispone l'amministrazione
straordinaria ai sensi dell'articolo 1, quinto comma, o (riguardo
alle imprese del gruppo) dell'articolo 3, secondo comma, del
decreto-legge n. 26 del 1979. Tale soluzione si è resa
necessaria a fronte della divergenza tra i vecchi ed i nuovi
requisiti dimensionali di accesso alla procedura: mentre,
infatti, sul piano occupazionale, tutte le imprese soggette
ad amministrazione straordinaria in base alla vecchia normativa
lo sarebbero anche in base alla nuova, altrettanto non si
può dire riguardo al requisito dell'indebitamento (è
astrattamente ipotizzabile, infatti, che un'impresa superi
la pregressa soglia di esposizione debitoria qualificata,
senza che l'ammontare complessivo del suo indebitamento attinga
al limite proporzionale previsto dall'articolo 2, comma 1.
lettera b, del decreto). Si aggiunga che il contenuto della
sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza è fortemente
differenziato nelle due cornici normative, sì che una
diversa soluzione avrebbe in sostanza rischiato di vulnerare
il principio di intangibilità del giudicato. A sostegno
dell'impostazione adottata milita, da ultimo, anche la considerazione
della natura vincolata del provvedimento ministeriale di assoggettamento
ad amministrazione straordinaria previsto dalla normativa
pregressa, che dottrina e giurisprudenza hanno unanimemente
qualificato come "atto dovuto" a seguito della sentenza
che accerta la ricorrenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi
per l'instaurazione della procedura.
Ciò premesso, lo stesso articolo 106 stabilisce, in
via generale, l'ultrattività della normativa anteriore
riguardo alle procedure in corso, anche per quel che attiene
all'eventuale assoggettamento ad amministrazione straordinaria,
in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto,
di imprese del gruppo in base al collegamento previsto dall'articolo
3 del decreto-legge n. 26 del 1979. In deroga a siffatto principio,
tenendo conto di esigenze emerse nella pratica, è prevista
nondimeno l'immediata operatività, anche in rapporto
a tali procedure, delle nuove disposizioni relative ai termini
per la pronuncia del comitato di sorveglianza, alla disciplina
della riapertura della procedura ed al concordato. L'applicabilità
del nuovo regime del concordato ora proponibile anche
dal terzo potrà in particolare agevolare la
chiusura delle procedure pendenti.
Nell'intento di evitare sperequazioni di trattamento economico
che potrebbero essere avvertite come ingiustificatamente penalizzanti,
l'articolo 107 affida al medesimo regolamento previsto ai
fini della determinazione dei compensi degli organi delle
nuove procedure anche l'individuazione dei criteri di liquidazione
dei compensi spettanti ai commissari delle procedure anteriori,
limitatamente, peraltro, alle attività espletate dopo
l'entrata in vigore del presente decreto legislativo (l'estensione
dei nuovi criteri alle prestazioni rese in praeteritum si
tradurrebbe, infatti, in una inammissibile rivalutazione ex
post di attività già espletate).
L'articolo 108, infine, dà attuazione al criterio di
cui all'articolo 1, comma 2, lettera u), della legge delega,
che impone, nella definizione della disciplina transitoria
relativa alle procedure in corso, di introdurre norme di salvaguardia
dei lavoratori dipendenti attraverso l'utilizzo della cassa
integrazione guadagni straordinaria, all'uopo autorizzando
la spesa di lire dieci miliardi per ciascuno degli anni 1998
e 1999 (articolo 5, comma 1, della legge delega). Si prevede
conseguentemente, entro gli accennati limiti di disponibilità,
la proroga per un periodo massimo di dodici mesi oltre i termini
di scadenza già normativamente previsti dei trattamenti
di cassa integrazione guadagni straordinaria concessi ai dipendenti
delle imprese in amministrazione straordinaria dopo la cessazione
dell'esercizio di impresa ai sensi dell'articolo 3 della legge
23 luglio 1991 n. 223. Mentre, infatti, durante tutto il periodo
di prosecuzione dell'esercizio d'impresa il trattamento di
cassa integrazione guadagni straordinaria è assicurato
senza limiti temporali dall'articolo 7, comma 10-ter, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 116, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236; dopo la cessazione dell'esercizio,
la cassa integrazioni guadagni straordinaria può essere
concessa, a mente del citato articolo 3 della legge n. 223
del 1991, per un periodo massimo di diciotto mesi, decorso
il quale i dipendenti devono essere posti in mobilità.
La disposizione introdotta con il decreto legislativo consente,
dunque, in sostanza, di salvaguardare i lavoratori dipendenti
per ulteriori dodici mesi.
L'articolo 109 reca le abrogazioni, che investono ovviamente,
in primis, la normativa generale dettata dal decreto-legge
n. 26 del 1979, e successive modificazioni ed integrazioni,
fatta eccezione per il solo articolo 2-bis (e ciò nel
rispetto della puntuale statuizione dell'articolo 1, comma
1, della legge delega). Formano inoltre oggetto di abrogazione
espressa altre disposizioni di leggi speciali, le cui previsioni
risultano riprodotte o assorbite da corrispondenti disposizioni
del presente decreto (quali, ad esempio, l'articolo 2 del
decreto-legge 9 aprile 1984, n. 62, convertito, con modificazioni,
nella legge 28 aprile 1982, n. 185, in tema di determinazione
del prezzo di cessione, nel caso di trasferimenti aziendali;
l'articolo 4 del decreto-legge 31 luglio 1981, n. 414, convertito,
con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544, in
tema di divieto di azioni esecutive individuali; l'articolo
6, comma 2, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, in
tema di divieto di sequestri conservativi); o che tutt'al
contrario risultano non più compatibili, o comunque
non ribadite, nel nuovo regime (così, ad esempio, la
disposizione di cui all'articolo 8, terzo comma, della legge
28 novembre 1980, n. 784, in tema di esonero delle imprese
in amministrazione straordinaria dall'obbligo di prestare
cauzioni in materia di diritti doganali, imposta di fabbricazione,
imposta erariale di consumo e di diritti erariali; o le disposizioni
che riconoscevano natura prededucibile anche a crediti maturati
anteriormente alla procedura, di cui al decreto-legge 28 aprile
1982, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
giugno 1982, n. 381, o all'articolo 19 del decreto-legge 31
dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 febbraio 1997, n. 30; o le disposizioni, di cui alla
legge 23 agosto 1988, n. 391, che sancivano la giurisdizione
del giudice amministrativo in ordine all'impugnazione delle
vendite di beni di imprese in amministrazione straordinaria).
Da ultimo, l'articolo 110 reca una norma generale di coordinamento,
stabilendo che i riferimenti contenuti in norme vigenti, non
abrogate espressamente o implicitamente dal presente decreto,
alle disposizioni del decreto-legge n. 26 del 1979 debbano
intendersi effettuati alle corrispondenti disposizioni del
presente decreto.
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INDICE
del D.Lgs. n. 270/99:
TITOLO
I - Disposizioni Generali
Art.
1. - Natura e finalità dell' amministrazione straordinaria
Art.
2. - Imprese soggette all'amministrazione straordinaria
TITOLO
II - Dichiarazione dello stato di insolvenza
CAPO
I - Procedimento
Art.
3. - Accertamento dello stato di insolvenza
Art.
4. - Dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa
individuale
Art.
5. - Obblighi dell 'imprenditore che chiede la dichiarazione
del proprio stato di insolvenza
Art.
6. - Ricorso dei creditori
Art.
7. - Procedimento
Art.
8. - Sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
Art.
9. - Opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza
Art.
10. - Revoca della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
Art.
11. - Accoglimento dell 'opposizione per mancanza dei requisiti
per l 'ammissione all 'amministrazione straordinaria
Art.
12. - Rigetto del ricorso
CAPO
II - Organi
Art.
13. - Competenza del tribunale che ha dichiarato lo stato
di insolvenza
Art.
14. - Giudice delegato
Art.
15. - Commissario giudiziale
Art.
16. - Sostituzione del commissario giudiziale
Art.
17. - Reclamo contro gli atti del commissario giudiziale
CAPO
III - Effetti e provvedimenti immediati
Art.
18. - Effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza
Art.
19. - Andamento della gestione dell 'impresa al commissario
giudiziale
Art.
20. - Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell
'impresa
Art.
21. - Provvedimenti conservativi
Art.
22. - Avviso ai creditori per l 'accertamento del passivo
CAPO
IV - Società con soci illimitatamente responsabili
Art.
23. - Dichiarazione dello stato di insolvenza di società
con soci illimitatamente responsabili
Art.
24. - Accertamento successivo dell 'esistenza di un socio
illimitatamente responsabile
Art.
25. - Estensione dell 'amministrazione straordinaria e del
fallimento ai soci illimitatamente responsabili
Art.
26. - Società cooperative
TITOLO
III - Amministrazione straordinaria
CAPO
I - Apertura della procedura
Art.
27. - Condizioni per l 'ammissione alla procedura
Art.
28.- Relazione del commissario giudiziale
Art.
29. - Parere del Ministero dell 'industria e osservazioni
Art.
30. - Apertura della procedura Dichiarazione di fallimento
Art.
31. - Dichiarazione di fallimento
Art.
32. - Provvedimenti per la prosecuzione dell 'esercizio dell
'impresa
Art.
33. - Reclamo avverso il decreto di apertura dell 'amministrazione
straordinaria o di dichiarazione del fallimento
Art.
34. - Giudizi in corso nei confronti del commissario giudiziale
Art.
35. - Conversione del fallimento a seguito di accoglimento
dell 'opposizione
Art.
36. - Disposizioni applicabili all'amministrazione straordinaria
CAPO
II -Organi
Art.
37. - Vigilanza sulla procedura
Art.
38. - Nomina del commissario straordinario
Art.
39. - Criteri per la scelta dei commissari e degli esperti
Art.
40. - Poteri del commissario straordinario
Art.
41. - Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario
straordinario
Art.
42.- Controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario
Art.
43. - Revoca del commissario straordinario
Art.
44. - Rendiconto del commissario straordinario
Art.
45. - Nomina del comitato di sorveglianza
Art.
46. - Funzioni del comitato di sorveglianza
Art.
47. - Compenso dei commissari e dei membri del comitato di
sorveglianza
CAPO
III - Effetti
Art.
48. - Divieto di azioni esecutive individuali
Art.
49. - Azioni revocatorie
Art.
50. - Contratti in corso
Art.
51. - Diritti dell 'altro contraente
Art.
52. - Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell
'impresa
CAPO
IV - Accertamento del passivo
Art.
53. - Accertamento del passivo
CAPO
V -Definizione ed esecuzione del programma
Art.
54 -Predisposizione del programma
Art.
55.- Criteri di definizione del programma
Art.
56. - Contenuto del programma
Art.
57. - Autorizzazione all 'esecuzione del programma
Art.
58. - Autorizzazione all 'esecuzione del programma in casi
particolari
Art.
59. - Comunicazione al tribunale del programma autorizzato
Art.
60. - Modifica o sostituzione del programma autorizzato
Art.
61. - Esecuzione del programma
Art.
62. - Alienazione dei beni
Art.
63. - Vendita di aziende in esercizio
Art.
64. - Cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni
Art.
65. - Impugnazione degli atti di liquidazione
Art.
66. - Proroga del termine di scadenza del programma di cessione
dei complessi aziendali
CAPO
VI - Ripartizione dell'attivo
Art.
67. - Ripartizione dell'attivo
Art.
68. - Acconti ai creditori
CAPO
VII - Cessazione della procedura
SEZIONE
I - Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento
Art.
69. - Conversione in corso di procedura
Art.
70. - Conversione al termine della procedura
Art.
71. - Decreto di conversione
Art.
72. - Applicabilità delle disposizioni relative alla
chiusura
SEZIONE
II - Chiusura della procedura
Art.
73. - Cessazione dell'esercizio dell'impresa
Art.
74. - Chiusura della procedura
Art.
75. - Bilancio finale della procedura e rendiconto del commissario
straordinario
Art.
76. - Decreto di chiusura
Art.
77. - Riapertura della procedura
SEZIONE
III - Concordato
Art.
78. - Concordato
Art.
79. - Concordato particolare del socio
TITOLO
IV - Gruppo di imprese
CAPO
I - Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese
del gruppo
Art.
80. - Definizioni
Art.
81. - Amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo
Art.
82. - Accertamento dei presupposti per l 'ammissione alla
procedura
Art.
83. - Informazioni sui rapporti di gruppo
Art.
84. - Conversione del fallimento in amministrazione straordinaria
Art.
85. - Organi della procedura e imputazione delle spese
Art.
86. - Programma delle imprese del gruppo
Art.
87. - Conversione dell 'amministrazione straordinaria in fallimento
CAPO
II - Responsabilità e azioni revocatorie
Art.
88. - Definizioni
Art.
89. - Denuncia al tribunale
Art.
90. - Responsabilità nei casi di direzione unitaria
Art.
91. - Azioni revocatorie
TITOLO
V - Disposizioni comuni di procedura
Art.
92. - Composizione collegiale del tribunale
Art.
93. - Sospensione dei termini processuali
Art.
94. - Affissione con mezzi informatici
TITOLO
VI - Disposizioni penali
Art.
95. - Applicabilità delle disposizioni penali della
legge fallimentare
Art.
96. - Reati del commissario giudiziale e del commissario straordinario
Art.
97. - Costituzione di parte civile
TITOLO
VII - Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali
Art.
98. - Modifica dell 'articolo 50-bis del codice di procedura
civile
Art.
99. - Modifica della disciplina penale della liquidazione
coatta amministrativa
Art.
100. - Modifica dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30
gennaio 1979, n. 26
Art.
101. - Adeguamento delle disposizioni attuative dell 'articolo
2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26
Art.
102. - Pagamento di crediti di lavoro a carico del Fondo di
garanzia
Art.
103. - Impiego della Guardia di finanza ai fini dell 'espletamento
dei compiti di vigilanza
Art.
104. - Termine per l 'emanazione dei regolamenti in materia
di scelta dei commissari e di compensi
Art.
105. - Termine per l 'emanazione del regolamento in materia
di pubblicità con mezzi informatici
Art.
106. - Procedure di amministrazione straordinaria in corso
Art.
107. - Compenso dei commissari delle procedure di amministrazione
straordinaria in corso
Art.
108. - Proroga del trattamento di cassa integrazione guadagni
Art.
109. - Abrogazioni
Art.
110. - Norma di coordinamento
NOTE
--------------------------------------------------------------------------------
DECRETO
LEGISLATIVO 8 luglio 1999 n. 270 ( indice ) ( RELAZIONE )
(pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1999 n. 185 )
NUOVA
DISCIPLINA DELL'AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI
IMPRESE IN STATO DI INSOLVENZA, A NORMA DELL'ARTICOLO 1 DELLA
LEGGE 30 LUGLIO 1998, N. 274.
Il
Presidente della Repubblica
Visti
gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto
l'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, che delega
il Governo ad emanare entro centottanta giorni dalla sua entrata
in vigore, un decreto legislativo recante la nuova disciplina
dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
stato di insolvenza;
Visto
l'articolo 52, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
che ha prorogato al 30 settembre 1999 il termine per l'emanazione
del decreto legislativo;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 30 giugno 1999;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del Ministro
di grazia e giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
TITOLO
I
Disposizioni
Generali
Art.
1.
Natura
e finalità dell' amministrazione straordinaria
1.
L'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale
della grande impresa commerciale insolvente, con finalità
conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione,
riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.
Art.
2.
Imprese
soggette all'amministrazione straordinaria
1.
Possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria,
alle condizioni e nelle forme previste dal presente decreto,
le imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni
sul fallimento che hanno congiuntamente i seguenti requisiti:
a)
un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi
al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore
a duecento da almeno un anno,
b)
debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi
tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale che
dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo
esercizio.
TITOLO
II
Dichiarazione
dello stato di insolvenza
CAPO
I
Procedimento
Art.
3. ( nota )
Accertamento
dello stato di insolvenza
1.
Se un'impresa avente i requisiti previsti dall'articolo 2
si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo in
cui essa ha la sede principale, su ricorso dell'imprenditore,
di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero
d'ufficio, dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio.
2.
Il tribunale provvede a norma del comma 1 anche quando, in
base alle disposizioni contenute nei titoli III e IV del regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("legge fallimentare"),
si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento di
un'impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo
o di amministrazione controllata.
Art.
4. ( nota )
Dichiarazione
dello stato di insolvenza di una impresa individuale
1.
La dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa
individuale è soggetta alle disposizioni degli articoli
10 e 11 della legge fallimentare.
2.
Se l'imprenditore muore dopo la dichiarazione dello stato
di insolvenza si applicano le disposizioni dell'articolo 12
della legge fallimentare.
Art.
5.
Obblighi
dell 'imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio
stato di insolvenza
1.
L'imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio stato
di insolvenza deve esporre, nel ricorso, le cause che lo hanno
determinato, segnalando ogni elemento utile ai fini della
valutazione dell'esistenza dei requisiti e delle condizioni
indicati negli articoli 2 e 27.
2.
L'imprenditore deve altresì depositare presso la cancelleria
del tribunale:
a)
le scritture contabili;
b)
i bilanci relativi agli ultimi due esercizi, ovvero dall'inizio
dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata;
c)
una situazione patrimoniale aggiornata a non più di
trenta giorni anteriori alla data di presentazione del ricorso;
d)
l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi
crediti e delle cause di prelazione;
e)
l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari
su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse
e del titolo da cui deriva il diritto.
Art.
6.
Ricorso
dei creditori
1.
Il creditore, nel ricorso per la dichiarazione dello stato
di insolvenza, deve eleggere domicilio nella circoscrizione
del tribunale adito.
2.
Se l'elezione di domicilio manca, ovvero è insufficiente
o inidonea, le notificazioni e le comunicazioni che debbono
effettuarsi al creditore ricorrente nel corso del procedimento
sono eseguite presso la cancelleria del tribunale.
Art.
7.
Procedimento
1.
Prima di provvedere, il tribunale convoca l'imprenditore,
il ricorrente e il Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato ("Ministro dell'industria"),
il quale può designare un delegato per la comparizione
o far pervenire un parere scritto.
L'audizione può essere delegata dal tribunale ad uno
dei componenti del collegio.
2.
Tra la data della comunicazione dell'avviso di convocazione
e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non inferiore
a quindici giorni liberi. Il termine può essere abbreviato
dal tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari
ragioni di urgenza.
3.
L'avviso di convocazione diretto al Ministro dell'industria
contiene l'invito ad indicare, entro la data fissata per l'udienza,
uno o tre commissari giudiziali, da nominare nel caso di dichiarazione
dello stato di insolvenza. Il numero dei commissari è
stabilito dal tribunale.
Art.
8. ( nota )
Sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza
1.
Con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza il
tribunale:
a)
nomina il giudice delegato per la procedura;
b)
nomina uno o tre commissari giudiziali, in conformità
dell'indicazione del Ministro dell'industria, ovvero autonomamente,
se l'indicazione non è pervenuta nel termine stabilito
a norma dell'articolo 7, comma 3;
c)
ordina all'imprenditore di depositare entro due giorni in
cancelleria le scritture contabili e i bilanci, se non vi
si è provveduto a norma dell'articolo 5, comma 2;
d)
assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali
mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, un termine
non inferiore a novanta giorni e non superiore a centoventi
giorni dalla data dell'ammissione della sentenza per la presentazione
in cancelleria delle domande;
e)
stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui,
nel termine di trenta giorni da quello indicato nella lettera
a, si procederà all'esame dello stato passivo davanti
al giudice delegato;
f)
stabilisce se la gestione dell'impresa, fino a quando non
si proceda a norma dell'articolo 30, è lasciata all'imprenditore
insolvente o è affidata al commissario giudiziale.
2.
La nomina di tre commissari giudiziali è limitata ai
casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura.
3.
La sentenza è comunicata ed affissa nei modi e nei
termini stabiliti dall'articolo 17, primo e secondo comma,
della legge fallimentare, salvo quanto previsto dall'articolo
94 del presente decreto. A cura del cancelliere, essa è
altresì comunicata entro tre giorni al Ministro dell'industria.
Art.
9.
Opposizione
alla dichiarazione dello stato di insolvenza
1.
Contro la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
può essere proposta opposizione da qualunque interessato,
davanti al tribunale che l'ha pronunciata, nel termine di
trenta giorni. Il termine decorre per l'imprenditore dalla
data della comunicazione e, per ogni altro interessato, dalla
data dell'affissione.
2.
L'opposizione è proposta con atto di citazione notificato
al commissario giudiziale e a chi ha richiesto la dichiarazione
dell'insolvenza, nonché all'imprenditore dichiarato
insolvente, se l'opponente è soggetto diverso da quest'ultimo.
3.
L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza.
Art.
10.
Revoca
della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
1.
La sentenza che revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza
è comunicata e affissa a norma dell'articolo 8, comma
3.
2.
Restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli
organi della procedura.
Art.
11.
Accoglimento
dell 'opposizione per mancanza dei requisiti per l 'ammissione
all 'amministrazione straordinaria
1.
L'accertamento della mancanza dei requisiti indicati nell'articolo
2 non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di
insolvenza.
2.
Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie
l'opposizione per tale motivo, il tribunale che ha dichiarato
lo stato di insolvenza dispone, con decreto, la conversione
della procedura in fallimento, sempre che questo non sia stato
già dichiarato a norma degli articoli 30, 69 e 70.
3.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 71, commi 2 e 3.
Art.
12.
Rigetto
del ricorso
1.
Il tribunale che respinge il ricorso per dichiarazione dello
stato di insolvenza provvede con decreto motivato.
2.
Contro il decreto il ricorrente può, entro quindici
giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte di
appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti
il reclamante e l'imprenditore.
3.
La corte di appello, se accoglie il reclamo, rimette d'ufficio
gli atti al tribunale per la dichiarazione dello stato di
insolvenza.
CAPO
II
Organi
Art.
13.
Competenza
del tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza
1.
Il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza è
competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano,
qualunque ne sia il valore, fatta eccezione per le azioni
reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie
di competenza.
Art.
14.
Giudice
delegato
1.
Il giudice delegato adotta i provvedimenti di sua competenza
con decreto.
2.
I decreti sono impugnabili nei modi consentiti per i decreti
del giudice delegato al fallimento.
Art.
15. ( nota )
Commissario
giudiziale
1.
Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all'esercizio
delle sue funzioni, pubblico ufficiale.
2.
In caso di nomina di tre commissari giudiziali, gli stessi
deliberano a maggioranza. La rappresentanza è esercitata
da almeno due di essi.
3.
Si applicano al commissario giudiziale le disposizioni degli
articoli 37, 38, primo e secondo comma, e 39 della legge fallimentare,
salvo quanto previsto dagli articoli 39, comma 1, e 47 del
presente decreto.
Art.
16.
Sostituzione
del commissario giudiziale
1.
Se occorre procedere alla sostituzione del commissario giudiziale
il tribunale richiede al Ministro dell'industria di indicare
il nuovo commissario, stabilendo il termine entro il quale
l'indicazione deve pervenire.
2.
Il tribunale nomina il nuovo commissario in conformità
dell'indicazione del Ministro, ovvero autonomamente, se l'indicazione
stessa non è pervenuta nel termine.
Art.
17.
Reclamo
contro gli atti del commissario giudiziale
1.
Contro gli atti di amministrazione del commissario giudiziale
chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo al
giudice delegato, che decide con decreto motivato.
2.
Il decreto del giudice delegato è impugnabile nei modi
indicati dall'articolo 14, comma 2.
CAPO
III
Effetti
e provvedimenti immediati
Art.
18. ( note )
Effetti
della dichiarazione dello stato di insolvenza
1.
La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina
gli effetti previsti dagli articoli 45, 52, 167, 168 e 169
della legge fallimentare. Si applica, altresì, nei
medesimi limiti che nel fallimento, la disposizione dell'articolo
54, terzo comma, della legge fallimentare.
2.
Sono inefficaci rispetto ai creditori i pagamenti di debiti
anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza eseguiti
dall'imprenditore dopo la dichiarazione stessa senza l'autorizzazione
del giudice delegato.
Art.
19. ( note )
Andamento
della gestione dell 'impresa al commissario giudiziale
1.
L'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale,
ove non stabilito con la sentenza dichiarativa dello stato
di insolvenza, può essere disposto dal tribunale con
successivo decreto.
2.
Il decreto è a cura del cancelliere pubblicato mediante
affissione e comunicato per l'iscrizione all'ufficio del registro
delle imprese.
3.
Fermo quanto previsto dall'articolo 18, l'affidamento della
gestione al commissario giudiziale determina gli effetti stabiliti
dagli articoli 42, 43, 44, 46 e 47 della legge fallimentare,
sostituito al curatore il commissario giudiziale, in quanto
compatibili, le disposizioni degli articoli 31, 32, 34 e 35
della legge fallimentare, salva la facoltà del tribunale
di stabilire ulteriori limiti ai suoi poteri.
4.
Al termine del proprio ufficio, il commissario giudiziale
cui è affidata la gestione dell'impresa deve rendere
il conto a norma dell'articolo 116 della legge fallimentare.
Dell'avvenuto deposito del conto e della fissazione dell'udienza
per la presentazione delle osservazioni è data notizia
mediante affissione, a cura del cancelliere; tale formalità
sostituisce la comunicazione ai singoli creditori prevista
dal terzo comma del medesimo articolo 116 della legge fallimentare.
Art.
20. ( nota )
Crediti
sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa
1.
I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa
e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione
dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione,
a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge
fallimentare.
Art.
21.
Provvedimenti
conservativi
1.
Il tribunale, con la sentenza dichiarativa dello stato di
insolvenza o con successivo decreto, adotta i provvedimenti
conservativi opportuni nell'interesse della procedura.
Art.
22.
Avviso
ai creditori per l 'accertamento del passivo
1.
Il commissario giudiziale comunica ai creditori e ai terzi
che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore
insolvente il termine entro il quale devono far pervenire
in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni
della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza che
riguardano l'accertamento del passivo.
2.
La comunicazione è effettuata mediante lettera raccomandata
o con mezzi telematici che diano certezza della ricezione.
CAPO
IV
Società
con soci illimitatamente responsabili
Art.
23.
Dichiarazione
dello stato di insolvenza di società con soci illimitatamente
responsabili
1.
Gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza
di una società con soci illimitatamente responsabili
previsti dagli articoli 18 e 19, comma 3, si estendono ai
soci illimitatamente responsabili.
2.
Nei confronti del socio receduto o escluso e del socio defunto
l'estensione ha luogo se la dichiarazione dello stato di insolvenza
è pronunciata entro l'anno successivo, rispettivamente,
alla data in cui il recesso o l'esclusione sono divenuti opponibili
ai terzi e a quella della morte, sempre che l'insolvenza della
società attenga, in tutto o in parte, a debiti contratti
anteriormente a tale data.
3.
Il tribunale, prima di provvedere, sente i soci illimitatamente
responsabili nelle forme previste dall'articolo 7, commi 1
e 2.
4.
Contro la sentenza il socio può proporre opposizione
a norma dell'articolo 9 nel termine di trenta giorni dalla
comunicazione.
Art.
24.
Accertamento
successivo dell 'esistenza di un socio illimitatamente responsabile
1.
Se l'esistenza di un socio illimitatamente responsabile risulta
dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della società
o di una impresa individuale, il tribunale estende i relativi
effetti nei suoi confronti con sentenza in camera di consiglio,
che è comunicata ed affissa a norma dell'articolo 8,
comma 3.
2.
Il tribunale provvede su ricorso dei soggetti indicati nell'articolo
3, comma 1, di altro socio, del commissario giudiziale, ovvero
d'ufficio.
3.
Se la società o l'impresa individuale è stata
ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, il
ricorso può essere proposto anche dal commissario straordinario.
4.
Si osservano le disposizioni degli articoli 12 e 23, commi
2, 3 e 4, sostituita alla dichiarazione dello stato di insolvenza
la sentenza di estensione.
Art.
25.
Estensione
dell 'amministrazione straordinaria e del fallimento ai soci
illimitatamente responsabili
1.
I provvedimenti di apertura dell'amministrazione straordinaria,
di dichiarazione di fallimento e di conversione delle procedure,
previsti dal presente decreto, si estendono ai soci illimitatamente
responsabili cui sono estesi gli effetti della dichiarazione
dello stato di insolvenza o che, nel caso di conversione del
fallimento in amministrazione straordinaria, sono stati dichiarati
falliti.
Art.
26.
Società
cooperative
1.
Le disposizioni del presente capo non si applicano alle società
cooperative.
TITOLO
III
Amministrazione
straordinaria
CAPO
I
Apertura
della procedura
Art.
27.
Condizioni
per l 'ammissione alla procedura
1.
Le imprese dichiarate insolventi a norma dell'articolo 3 sono
ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora
presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio
economico delle attività imprenditoriali.
2.
Tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa:
a)
tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di
un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di
durata non superiore ad un anno ("programma di cessione
dei complessi aziendali");
b)
tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa,
sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore
a due anni ("programma di ristrutturazione").
Art.
28.
Relazione
del commissario giudiziale
1.
Entro trenta giorni dalla dichiarazione dello stato di insolvenza,
il commissario giudiziale deposita delle cause dello stato
di insolvenza e una valutazione motivata circa l'esistenza
delle con dizioni previste dall'articolo 27 ai fini dell'ammissione
alla procedura di amministrazione straordinaria.
2.
Alla relazione sono allegati lo stato analitico ed estimativo
delle attività e l'elenco nominativo dei creditori
con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di
prelazione.
3.
Nel medesimo termine indicato nel comma 1, il commissario
giudiziale trasmette copia della relazione al Ministero dell'industria,
depositando in cancelleria la prova dell'avvenuta ricezione.
4.
Un avviso dell'avvenuto deposito della relazione è
affisso entro ventiquattro ore, a cura del cancelliere.
5.
L'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato
hanno facoltà di prendere visione della relazione e
di estrarne copia.
Art.
29.
Parere
del Ministero dell 'industria e osservazioni
1.
Il Ministero dell'industria, nei dieci giorni successivi alla
ricezione della relazione del commissario giudiziale, deposita
in cancelleria il proprio parere in ordine all'ammissione
dell'impresa dichiarata insolvente alla procedura di amministrazione
straordinaria. Il tribunale provvede a norma dell'articolo
30 anche in mancanza del parere, se lo stesso non è
depositato nel termine.
2.
L'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato
possono depositare in cancelleria osservazioni scritte nel
termine di dieci giorni dall'affissione dell'avviso di deposito
della relazione.
Art.
30.
Apertura
della procedura Dichiarazione di fallimento
1.
Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione,
tenuto conto del parere e delle osservazioni depositati, nonché
degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti, dichiara
con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione
straordinaria, se sussistono le condizioni indicate dall'articolo
27. In caso contrario, dichiara con decreto motivato il fallimento.
2.
I decreti previsti dal comma 1 sono comunicati ed affissi
a norma dell'articolo 8, comma 3. Di essi è data altresì
comunicazione, a cura del cancelliere, alla regione ed al
comune in cui l'impresa ha la sede principale.
Art.
31.
Dichiarazione
di fallimento
1.
Il decreto che dichiara il fallimento nomina il giudice delegato
per la procedura e il curatore. A seguito di esso cessano
le funzioni degli organi nominati con la sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza, salvo quanto previsto dall'articolo
34.
2.
L'accertamento dello stato passivo nel fallimento prosegue
sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza.
Art.
32.
Provvedimenti
per la prosecuzione dell 'esercizio dell 'impresa
1.
Con il decreto che dichiara aperta la procedura di amministrazione
straordinaria, il tribunale adotta o conferma i provvedimenti
opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa,
sotto la gestione del commissario giudiziale, sino alla nomina
del commissario straordinario.
Art.
33. ( nota )
Reclamo
avverso il decreto di apertura dell 'amministrazione straordinaria
o di dichiarazione del fallimento
1.
Contro i decreti previsti dall'articolo 30, comma 1, chiunque
vi abbia interesse può proporre reclamo alla corte
di appello nel termine di quindici giorni. Il termine decorre,
per il Ministro dell'industria, per l'imprenditore insolvente
e per il creditore che ha richiesto la dichiarazione dello
stato di insolvenza, dalla data della comunicazione; per ogni
altro interessato, dalla data dell'affissione.
2.
Il reclamo non sospende l'esecuzione del decreto.
3.
Con il reclamo non possono dedursi motivi che avrebbero potuto
o che possono farsi valere con l'opposizione alla sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza.
4.
La corte di appello provvede in camera di consiglio, sentiti
i soggetti indicati nel comma 1. Prima di provvedere, la corte
sente altresì il commissario giudiziale, anche se cessato
dalle funzioni, nonché il commissario straordinario
o il curatore, secondo che il reclamo sia proposto avverso
il decreto di apertura della procedura di amministrazione
straordinaria o il decreto che dichiara il fallimento. Se
il commissario straordinario non è stato ancora nominato,
è sentito esclusivamente il commissario giudiziale.
5.
La pendenza del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza non costituisce motivo di sospensione
del procedimento di reclamo a norma dell'articolo 295 del
codice di procedura civile.
6.
Se la corte accoglie il reclamo, rimette d'ufficio gli atti
al tribunale affinché adotti i provvedimenti previsti
dagli articoli 30, 31 e 32, in conformità della decisione
della corte stessa.
Restano in ogni caso salvi gli effetti degli atti legalmente
compiuti dagli organi della procedura.
Art.
34.
Giudizi
in corso nei confronti del commissario giudiziale
1.
Se i decreti previsti dall'articolo 30, comma 1, sono emessi
mentre è in corso il giudizio di opposizione alla sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza, il commissario straordinario
o il curatore, secondo che sia stata aperta la procedura di
amministrazione straordinaria o dichiarato il fallimento,
intervengono nel giudizio in sostituzione del commissario
giudiziale.
2.
In mancanza dell'intervento, il giudizio prosegue nei confronti
del commissario giudiziale, salva la facoltà delle
parti di chiamare nel processo il commissario straordinario
o il curatore.
3.
Se alla data dei decreti previsti dall'articolo 30, comma
1, non è ancora scaduto il termine per proporre opposizione
alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, l'atto
di opposizione è notificato al commissario straordinario,
ove nominato, o al curatore, in luogo del commissario giudiziale.
4.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche agli altri
giudizi in corso nei quali è parte il commissario giudiziale.
Art.
35. ( nota )
Conversione
del fallimento a seguito di accoglimento dell 'opposizione
1.
L'accertamento del possesso, da parte dell'impresa fallita,
dei requisiti indicati dall'articolo 2 non comporta la revoca
della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata in base
alle disposizioni della legge fallimentare.
2.
Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie
per tale motivo l'opposizione prevista dall'articolo 18 della
legge fallimentare, il tribunale che ha dichiarato il fallimento,
ove non sia esaurita la liquidazione dell'attivo, invita con
decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere
al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione
contenente una valutazione motivata circa l'esistenza delle
condizioni previste dall'articolo 27 ai fini dell'ammissione
dell'impresa fallita alla procedura di amministrazione straordinaria.
3.
Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione,
con decreto motivato dispone la conversione del fallimento
in amministrazione straordinaria, ovvero dichiara che non
sussistono le condizioni per farvi luogo.
4.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli
articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30, comma 2, e 33, sostituito
al commissario giudiziale il curatore.
Art.
36.
Disposizioni
applicabili all'amministrazione straordinaria
1.
Per quanto non previsto dal presente decreto, si applicano
alla procedura di amministrazione straordinaria, in quanto
compatibili, le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa,
sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario.
CAPO
II
Organi
Art.
37. ( nota )
Vigilanza
sulla procedura
1.
La procedura di amministrazione straordinaria si svolge ad
opera di uno o tre commissari straordinari, sotto la vigilanza
del Ministero dell'industria, salve le competenze del tribunale
e del giudice delegato nelle materie ad essi affidate.
2.
Ai fini dell'esercizio delle funzioni previste dal presente
decreto il Ministero può avvalersi dell'opera di esperti
o di società specializzate, a norma dell'articolo 3
della legge 11 maggio 1999, n. 140.
3.
Il Ministero dell'industria può altresì avvalersi
del personale della Guardia di finanza per le verifiche ed
i controlli necessari ai fini dell'espletamento dell'attività
di vigilanza e dell'adozione degli atti e dei provvedimenti
di propria competenza.
Art.
38.
Nomina
del commissario straordinario
1.
Entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto che dichiara
aperta la procedura, il Ministro dell'industria nomina con
decreto uno o tre commissari straordinari. In quest'ultimo
caso, i commissari deliberano a maggioranza e la rappresentanza
è esercitata congiuntamente da almeno due di essi.
2.
La nomina di tre commissari è limitata ai casi di eccezionale
rilevanza e complessità della procedura.
3.
Il decreto di nomina è comunicato al tribunale che
ha dichiarato lo stato di insolvenza, all'ufficio del registro
delle imprese, nonché alla regione ed al comune in
cui l'impresa ha la sede principale. Di esso è data
altresì pubblica notizia con mezzi informatici, a cura
del Ministero dell'industria, secondo le modalità stabilite
con il regolamento previsto dall'articolo 94.
4.
Con la nomina del commissario straordinario cessano le funzioni
del commissario giudiziale, salvo quanto previsto dall'articolo
34.
Art.
39.
Criteri
per la scelta dei commissari e degli esperti
1.
Con regolamento del Ministro dell'industria, di concerto con
il Ministro di grazia e giustizia, sono stabili i requisiti
di professionalità e di onorabilità dei commissari
giudiziali e dei commissari straordinari.
2.
Il Ministro dell'industria stabilisce altresì preventivamente,
con proprio decreto, i criteri per la scelta degli esperti
la cui opera è richiesta dalla procedura.
Art.
40. ( nota )
Poteri
del commissario straordinario
1.
Il commissario straordinario ha la gestione dell'impresa e
l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente e
dei soci illimitatamente responsabili ammessi alla procedura,
fermo, per questi ultimi, quanto previsto dall'articolo 148,
secondo comma, della legge fallimentare. Per quanto attiene
all'esercizio delle sue funzioni, egli è pubblico ufficiale.
Art.
41.
Intrasmissibilità
delle attribuzioni del commissario straordinario
1.
Il commissario esercita personalmente le attribuzioni del
proprio ufficio, con facoltà di delegare ad altri,
sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti
alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri casi, la
delega può essere conferita soltanto per singole operazioni
e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria.
2.
Il commissario può essere altresì autorizzato
dal Ministero dell'industria a farsi coadiuvare da esperti,
sotto la propria responsabilità.
Art.
42.
Controllo
preventivo sugli atti del commissario straordinario
1.
Sono soggetti ad autorizzazione del Ministero dell'industria,
sentito il comitato di sorveglianza:
a)
gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami
di aziende;
b)
gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e
di costituzione di diritti reali sui medesimi, gli atti di
alienazione di beni mobili in blocco, di costituzione di pegno
e le transazioni, se di valore indeterminato o superiore a
lire quattrocento milioni.
Art.
43.
Revoca
del commissario straordinario
1.
Il Ministro dell'industria può in ogni tempo, su proposta
del comitato di sorveglianza o d'ufficio, revocare il commissario
straordinario. Il Ministro provvede previa comunicazione dei
motivi di revoca o contestazione degli eventuali addebiti
e dopo aver invitato il commissario ad esporre le proprie
deduzioni.
Art.
44.
Rendiconto
del commissario straordinario
1.
Il commissario straordinario che cessa dal suo ufficio, anche
durante l'amministrazione straordinaria, deve rendere il conto
della gestione a norma dell'articolo 75.
Art.
45.
Nomina
del comitato di sorveglianza
1.
Entro quindici giorni dalla nomina del commissario straordinario,
il Ministro dell'industria nomina con decreto un comitato
di sorveglianza, composto da tre o cinque membri. Uno o due
di essi, a seconda che il comitato sia composto da tre o cinque
membri, sono scelti tra i creditori chirografari; i membri
residui tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività
esercitata dall'impresa o nella materia concorsuale.
2.
Il Ministro nomina, altresì, tra i membri del comitato,
il presidente.
3.
Il decreto di nomina del comitato è comunicato al tribunale
che ha dichiarato lo stato di insolvenza, nonché alla
regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale.
4.
I membri del comitato nominati in qualità di esperti
hanno diritto a compenso secondo le disposizioni del regolamento
previsto dall'articolo 47; gli altri membri al solo rimborso
delle spese. Il compenso e le spese sono liquidati dal Ministero
dell'industria.
Art.
46.
Funzioni
del comitato di sorveglianza
1.
Il comitato di sorveglianza esprime il parere sugli atti del
commissario nei casi previsti dal presente decreto e in ogni
altro caso in cui il Ministero dell'industria lo ritiene opportuno.
2.
Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di
voti dei suoi componenti.
3.
Il comitato esprime il parere entro dieci giorni dalla richiesta,
salvo che, per ragioni di urgenza, non sia invitato a pronunciarsi
entro un termine più breve, comunque non inferiore
a tre giorni.
4.
Il comitato ed ogni suo membro possono in qualunque momento
ispezionare le scritture contabili e i documenti della procedura
e possono chiedere chiarimenti al commissario straordinario
e all'imprenditore insolvente.
Art.
47.
Compenso
dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza
1.
L'ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale,
al commissario straordinario ed ai membri del comitato di
sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati
con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto
con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica.
2.
I compensi di cui al comma 1 sono a carico dell'impresa sottoposta
alla procedura.
CAPO
III
Effetti
Art.
48.
Divieto
di azioni esecutive individuali
1.
Sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione
straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni
esecutive individuali, anche speciali.
Art.
49. ( nota )
Azioni
revocatorie
1.
Le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca
degli atti pregiudizievoli ai creditori previste dalle disposizioni
della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare
possono essere proposte dal commissario straordinario soltanto
se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma
di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione
della procedura in fallimento.
2.
I termini stabiliti dalle disposizioni indicate nel comma
1 si computano a decorrere dalla dichiarazione dello stato
di insolvenza. Tale disposizione si applica anche in tutti
i casi in cui alla dichiarazione dello stato di insolvenza
segua la dichiarazione di fallimento.
Art.
50.
Contratti
in corso
1.
Salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario
può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione
continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente
eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell'amministrazione
straordinaria.
2.
Fino a quando la facoltà di scioglimento non è
esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.
3.
Dopo che è stata autorizzata l'esecuzione del programma,
l'altro contraente può intimare per iscritto al commissario
straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel
termine di trenta giorni dalla ricezione dell'intimazione,
decorso il quale il contratto si intende sciolto.
4.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano:
a)
ai contratti di lavoro subordinato, in rapporto ai quali restano
ferme le disposizioni vigenti;
b)
se sottoposto ad amministrazione straordinaria è il
locatore, ai contratti di locazione di immobili, nei quali
il commissario straordinario subentra, salvo patto contrario.
Art.
51. ( note )
Diritti
dell 'altro contraente
1.
I diritti dell'altro contraente, nel caso di scioglimento
o di subentro del commissario straordinario nei contratti
ancora ineseguiti o non interamente eseguiti alla data di
apertura dell'amministrazione straordinaria, sono regolati
dalle disposizioni della sezione IV del capo III del titolo
II della legge fallimentare.
2.
Nel caso di subentro del commissario straordinario nei contratti
di somministrazione, la disposizione del secondo comma dell'articolo
74 della legge fallimentare non si applica se il somministrante
opera in condizione di monopolio.
3.
Nei casi in cui le disposizioni indicate nel comma 1 prevedono
diritti da far valere mediante ammissione al passivo, il contraente
può chiedere l'ammissione sotto condizione dello scioglimento
o del subentro del commissario straordinario nel contratto,
ove non ancora verificatosi, a norma dell'articolo 55, terzo
comma, della legge fallimentare.
Art.
52. ( nota )
Crediti
sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa
1.
I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa
e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti
in prededuzione a norma dell'articolo 111, primo comma, numero
1), della legge fallimentare, anche nel fallimento successivo
alla procedura di amministrazione straordinaria.
CAPO
IV
Accertamento
del passivo
Art.
53. ( note )
Accertamento
del passivo
1.
L'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni
della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, secondo
il procedimento previsto dagli articoli 93 e seguenti della
legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario
straordinario.
2.
Se è ammessa all'amministrazione straordinaria una
società con soci illimitatamente responsabili si applicano
altresì le disposizioni dell'articolo 148, terzo, quarto
e quinto comma, della legge fallimentare.
CAPO
V
Definizione
ed esecuzione del programma
Art.
54
Predisposizione
del programma
1.
Il commissario straordinario, entro i sessanta giorni successivi
al decreto di apertura della procedura, presenta al Ministero
dell'industria un programma redatto secondo uno degli indirizzi
alternativi indicati nell'articolo 27, comma 2.
2.
Il termine previsto dal comma 1 può essere prorogato
dal Ministero dell'industria, per una sola volta e per non
più di sessanta giorni, se la definizione del programma
risulta di particolare complessità.
3.
Della presentazione del programma e del provvedimento di proroga
del relativo termine è data notizia, entro tre giorni,
al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza, a cura
del commissario straordinario.
4.
La mancata presentazione del programma nel termine originario
o prorogato costituisce causa di revoca del commissario.
Art.
55. ( note )
Criteri
di definizione del programma
1.
Il programma è redatto sotto la vigilanza del Ministero
dell'industria ed in conformità degli indirizzi di
politica industriale dal medesimo adottati, in modo da salvaguardare
l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto
degli interessi dei creditori.
2.
Se il programma prevede il ricorso alla garanzia del Tesoro
dello Stato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 30
gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 aprile 1979, n. 95, o ad altre agevolazioni pubbliche
non rientranti fra le misure autorizzate dalla Commissione
europea, esso deve conformarsi alle disposizioni ed agli orientamenti
comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione
di imprese in difficoltà.
Art.
56.
Contenuto
del programma
1.
Il programma deve indicare:
a)
le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione
e quelle da dismettere;
b)
il piano per la eventuale liquidazione dei beni non funzionali
all'esercizio dell'impresa;
c)
le previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione
dell'esercizio dell'impresa;
d)
i modi della copertura del fabbisogno finanziario, con specificazione
dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche di
cui è prevista l'utilizzazione.
2.
Se è adottato l'indirizzo della cessione dei complessi
aziendali, il programma deve altresì indicare le modalità
della cessione, segnalando le offerte pervenute o acquisite,
nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei
creditori.
3.
Se è adottato l'indirizzo della ristrutturazione dell'impresa,
il programma deve indicare, in aggiunta a quanto stabilito
nel comma 1, le eventuali previsioni di ricapitalizzazione
dell'impresa e di mutamento degli assetti imprenditoriali,
nonché i tempi e le modalità di soddisfazione
dei creditori, anche sulla base di piani di modifica convenzionale
delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato.
Art.
57.
Autorizzazione
all 'esecuzione del programma
1.
L'esecuzione del programma è autorizzata dal Ministero
dell'industria con decreto, sentito il comitato di sorveglianza,
entro trenta giorni dalla sua presentazione.
2.
Salvo quanto previsto dall'articolo 58, il programma si intende
comunque autorizzato se il Ministero non si pronuncia entro
novanta giorni dalla presentazione.
3.
Il termine previsto dal comma 2 è sospeso se il Ministero
chiede chiarimenti, modifiche o integrazioni del programma;
ad essi il commissario straordinario provvede entro trenta
giorni dalla richiesta, a pena di revoca dall'incarico. Ulteriori
richieste di chiarimenti, modifiche o integrazioni non hanno
effetto sospensivo.
4.
I termini di durata del programma stabiliti a norma dell'articolo
27, comma 2, decorrono dalla data dell'autorizzazione.
Art.
58.
Autorizzazione
all 'esecuzione del programma in casi particolari
1.
Se il programma prevede il ricorso a finanziamenti o agevolazioni
pubbliche soggetti ad autorizzazione della Commissione europea
in base alle disposizioni ed agli orientamenti comunitari
sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione
di imprese in difficoltà, i termini per l'autorizzazione
del programma previsti dall'articolo 57, commi 1 e 2, decorrono
dalla data della decisione della Commissione stessa.
2.
Nel caso di diniego dell'autorizzazione della Commissione
europea, o se questa non è concessa nei centoventi
giorni successivi alla presentazione del programma, il commissario
straordinario presenta al Ministero dell'industria un nuovo
programma che non preveda il ricorso ai finanziamenti e alle
agevolazioni.
3.
Il commissario straordinario provvede a norma del comma 2
entro trenta giorni, a pena di revoca dall'incarico. In rapporto
al nuovo programma i termini previsti dall'articolo 57, commi
2 e 3, sono ridotti della metà.
Art.
59.
Comunicazione
al tribunale del programma autorizzato
1.
Il commissario straordinario trasmette entro tre giorni copia
del programma autorizzato al tribunale, segnalando se esso
contenga notizie o previsioni specifiche la cui divulgazione
prima della scadenza potrebbe pregiudicarne l'attuazione.
2.
Il giudice delegato dispone il deposito in cancelleria del
programma, con esclusione delle parti in relazione alle quali
siano ravvisabili esigenze di riservatezza a norma del comma
1.
L'imprenditore
insolvente, i creditori e ogni altro interessato possono prendere
visione ed estrarre copia del programma depositato, che reca
l'indicazione della eventuale mancanza di parti per ragioni
di riservatezza.
Art.
60. ( note )
Modifica
o sostituzione del programma autorizzato
1.
Nel corso dell'esecuzione del programma, il commissario straordinario
può chiedere al Ministero dell'industria, indicandone
le ragioni, la modifica del programma autorizzato o la sua
sostituzione con un programma che adotta l'indirizzo alternativo
fra quelli previsti nell'articolo 27, comma 2.
2.
La modifica o la sostituzione è autorizzata a norma
degli articoli 57, comma 1, 58, comma 1, e 59. L'autorizzazione
è inefficace se interviene dopo la scadenza del termine
del primo programma autorizzato, ovvero, nel caso di sostituzione
del programma di ristrutturazione con un programma di cessione
dei complessi aziendali, se interviene dopo che è trascorso
un anno dalla data di autorizzazione del primo programma.
3.
Il termine di durata del programma modificativo o sostitutivo
stabilito a norma dell'articolo 27, comma 2, si computa in
ogni caso a decorrere dalla data di autorizzazione del primo
programma.
4.
Nel caso di sostituzione di un programma di cessione dei complessi
aziendali con un programma di ristrutturazione, le azioni
proposte dal commissario straordinario in base alle disposizioni
della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare
sono sospese sino a quando è in corso l'esecuzione
del programma sostitutivo. Ai fini della fissazione dell'udienza
per la eventuale prosecuzione del processo dopo la sospensione,
l'istanza prevista dall'articolo 297 del codice di procedura
civile deve essere proposta entro sei mesi dalla cessazione
dell'esecuzione del programma stesso.
Art.
61.
Esecuzione
del programma
1.
Il commissario straordinario compie tutte le attività
dirette all'esecuzione del programma autorizzato, fermo quanto
stabilito dall'articolo 42.
2.
Il commissario straordinario presenta ogni tre mesi al Ministro
dell'industria una relazione sull'andamento dell'esercizio
dell'impresa e sulla esecuzione del programma.
3.
Nei dieci giorni successivi al termine di scadenza del programma,
il commissario presenta una relazione finale, con la quale
illustra analiticamente gli esiti della sua esecuzione, specificando
se gli obiettivi indicati nell'articolo 27 siano stati o meno
conseguiti.
4.
Le relazioni sono sottoposte al parere del comitato di sorveglianza.
Copia delle medesime e del parere del comitato è depositata
entro tre giorni dal commissario presso la cancelleria del
tribunale, ove qualunque interessato può prenderne
visione ed estrarne copia.
Art.
62.
Alienazione
dei beni
1.
L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità
delle previsioni del programma autorizzato, è effettuata
con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore
realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti
dal Ministro dell'industria.
2.
La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore
superiore a lire cento milioni è effettuata previo
espletamento di idonee forme di pubblicità.
3.
Il valore dei beni è preventivamente determinato da
uno o più esperti nominati dal commissario straordinario.
Art.
63. ( note )
Vendita
di aziende in esercizio
1.
Per le aziende e i rami di azienda in esercizio la valutazione
effettuata a norma dell'articolo 62, comma 3, tiene conto
della redditività, anche se negativa, all'epoca della
stima e nel biennio successivo.
2.
Ai fini della vendita di aziende o di rami di azienda in esercizio,
l'acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio
le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo
periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita.
3.
La scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto,
oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità
dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività
imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla
garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali.
4.
Nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento
d'azienda previste dall'articolo 47 della legge 29 dicembre
1990, n. 28, il commissario straordinario, l'acquirente e
i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento
solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente
e ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro consentite
dalle norme vigenti in materia.
5.
Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità
dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle
aziende cedute, anteriori al trasferimento.
Art.
64.
Cancellazione
delle iscrizioni e trascrizioni
1.
La cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione
e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi
sui beni trasferiti è ordinata dal Ministero dell'industria
con decreto nei quindici giorni successivi al trasferimento.
Art.
65. ( nota )
Impugnazione
degli atti di liquidazione
1.
Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi,
relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione
straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto
del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati.
2.
Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto soggetto
a reclamo a norma dell'articolo 739 del codice di procedura
civile.
3.
Il ricorso non ha effetto sospensivo.
4.
Nel caso di accoglimento dell'impugnazione proposta contro
i decreti di cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni,
previsti dall'articolo 64, il tribunale ordina al conservatore
dei registri le rettifiche e le integrazioni conseguenti alla
decisione assunta.
Art.
66.
Proroga
del termine di scadenza del programma di cessione dei complessi
aziendali
1.
Se alla scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali,
la cessione non è ancora avvenuta, in tutto o in parte,
ma risultano in corso iniziative di imminente definizione,
il commissario straordinario può chiedere al tribunale,
con l'autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito
il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza
del programma.
2.
La proroga può essere concessa una sola volta e per
un periodo non superiore a tre mesi.
3.
Il tribunale provvede con decreto motivato.
4.
Alla scadenza del termine prorogato, il commissario straordinario
presenta una ulteriore relazione a norma dell'articolo 61,
commi 3 e 4.
CAPO
VI
Ripartizione
dell'attivo
Art.
67 ( note )
Ripartizione
dell'attivo
1.
Ogni quattro mesi a partire dalla data di scadenza del programma
di cessione dei complessi aziendali, ovvero dalla data di
deposito del decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo
a norma dell'articolo 97 della legge fallimentare, se successiva,
il commissario straordinario presenta al giudice delegato
un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione
delle medesime, corredato dal parere del comitato di sorveglianza.
2.
Le ripartizioni hanno luogo secondo le disposizioni degli
articoli 110, secondo e terzo comma, 111, 112, 113, 114, 115
e 117, secondo e terzo comma, della legge fallimentare.
3.
La ripartizione finale ha luogo dopo l'approvazione del conto
della gestione e la liquidazione del compenso al commissario
straordinario a norma dell'articolo 75.
Art.
68.
Acconti
ai creditori
1.
In qualunque momento nel corso della procedura, tenuto conto
delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa, il commissario
straordinario, sentito il parere del comitato di sorveglianza
e con l'autorizzazione del giudice delegato, può distribuire
acconti parziali ai creditori, o ad alcune categorie di essi,
sulle somme che saranno prevedibilmente attribuite in via
definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione.
2.
Nella distribuzione degli acconti è data preferenza
ai crediti dei lavoratori subordinati e ai crediti degli imprenditori
per le vendite e somministrazioni di beni e per le prestazioni
di servizi effettuate a favore dell'impresa insolvente nei
sei mesi precedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza.
3.
Le disposizioni del presente articolo si applicano indipendentemente
dal tipo di programma adottato fra quelli alternativamente
previsti dall'articolo 27, comma 2.
CAPO
VII
Cessazione
della procedura
SEZIONE
I
Conversione
dell'amministrazione straordinaria in fallimento
Art.
69.
Conversione
in corso di procedura
1.
Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di
amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può
essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del
commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione
della procedura in fallimento.
2.
Prima di presentare la richiesta di conversione, il commissario
straordinario ne riferisce al Ministro dell'industria.
Art.
70.
Conversione
al termine della procedura
1.
Il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o
d'ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione
straordinaria in fallimento:
a)
quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione
dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta,
in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto
previsto dall'articolo 66;
b)
quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione,
l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza
del programma.
Art.
71.
Decreto
di conversione
1.
La conversione della procedura di amministrazione straordinaria
in fallimento, a norma degli articoli 69 e 70, è disposta
dal tribunale con decreto motivato, sentiti il Ministro dell'industria,
il commissario straordinario e l'imprenditore dichiarato insolvente.
2.
Con il decreto il tribunale nomina il giudice delegato per
la procedura e il curatore; a seguito di esso cessano le funzioni
del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza.
L'accertamento dello stato passivo, se non esaurito, prosegue
sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza.
3.
Il decreto è comunicato e affisso a norma dell'articolo
8, comma 3.
4.
Contro il decreto che dispone la conversione o rigetta la
richiesta del commissario straordinario chiunque vi abbia
interesse può proporre reclamo alla corte di appello
nel termine di quindici giorni. Il termine decorre, per l'imprenditore
insolvente ed il commissario straordinario, dalla comunicazione
del decreto e, per ogni altro interessato, dalla sua affissione.
5.
La corte provvede in camera di consiglio, sentiti il commissario
straordinario, l'imprenditore ed il reclamante. Il decreto
che accoglie il reclamo è comunicato e affisso a norma
del comma 3.
Art.
72.
Applicabilità
delle disposizioni relative alla chiusura
1.
In tutti i casi in cui è disposta la conversione della
procedura di amministrazione straordinaria in fallimento,
il commissario straordinario presenta il bilancio della procedura
con il conto della gestione a norma dell'articolo 75.
SEZIONE
II
Chiusura
della procedura
Art.
73.
Cessazione
dell'esercizio dell'impresa
1.
Nei casi in cui è stato autorizzato un programma di
cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza
del programma, originario o prorogato a norma dell'articolo
66, è avvenuta la integrale cessione dei complessi
stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario
o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio
dell'impresa.
2.
Il decreto è affisso e comunicato al Ministero dell'industria
e all'ufficio del registro delle imprese a cura del cancelliere.
Contro di esso chiunque vi abbia interesse può proporre
reclamo alla corte di appello nel termine di dieci giorni
dall'affissione; la corte di appello provvede in camera di
consiglio, sentito il commissario straordinario. Il reclamo
non ha effetto sospensivo.
3.
A far data dal decreto previsto dal comma 1 l'amministrazione
straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come
procedura concorsuale liquidatoria.
4.
La liquidazione degli eventuali beni residui acquisiti all'attivo
è effettuata secondo le disposizioni previste dagli
articoli 42, 62, 64 e 65.
Art.
74.
Chiusura
della procedura
1.
La procedura di amministrazione straordinaria si chiude:
a)
se, nei termini previsti dalla sentenza dichiarativa dello
stato di insolvenza, non sono state proposte domande di ammissione
al passivo;
b)
se, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore
insolvente ha recuperato la capacità di soddisfare
regolarmente le proprie obbligazioni;
c)
con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il
concordato.
2.
Se è stato autorizzato un programma di cessione dei
complessi aziendali, la procedura di amministrazione straordinaria
si chiude altresì:
a)
quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale
dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero
ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo
estinti e sono pagati i compensi agli organi della procedura
e le relative spese;
b)
quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo.
Art.
75. ( nota )
Bilancio
finale della procedura e rendiconto del commissario straordinario
1.
Prima della chiusura della procedura, il commissario straordinario
sottopone al Ministero dell'industria il bilancio finale della
procedura con il conto della gestione, accompagnati da una
relazione del comitato di sorveglianza. Il Ministero ne autorizza
il deposito presso la cancelleria del tribunale che ha dichiarato
lo stato di insolvenza e liquida il compenso al commissario.
2.
Un avviso dell'avvenuto deposito è, a cura del cancelliere,
comunicato all'imprenditore insolvente e affisso entro tre
giorni.
3.
Gli interessati possono proporre le loro contestazioni con
ricorso al tribunale nel termine di venti giorni. Il termine
decorre, per l'imprenditore, dalla comunicazione dell'avviso
e, per ogni altro interessato, dalla sua affissione. Si osservano
le disposizioni dell'articolo 213, secondo comma, secondo
e terzo periodo, della legge fallimentare.
4.
Decorso il termine indicato nel comma 3 senza che siano proposte
osservazioni, il bilancio e il conto della gestione si intendono
approvati.
Art.
76.
Decreto
di chiusura
1.
La chiusura della procedura di amministrazione straordinaria
è dichiarata con decreto motivato dal tribunale, su
istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore
dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio.
2.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 71, commi 3, 4
e 5.
Art.
77.
Riapertura
della procedura
1.
Nel caso previsto dall'articolo 74, comma 2, lettera b), il
tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza
dell'imprenditore dichiarato insolvente o di qualunque creditore,
può ordinare la riapertura della procedura di amministrazione
straordinaria, convertendola in fallimento, quando risulta
che nel patrimonio dell'imprenditore esistono attività
in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando
l'imprenditore offre garanzia di pagare almeno il dieci per
cento ai creditori vecchi e nuovi.
2.
Il tribunale, sentito l'imprenditore, se accoglie l'istanza,
pronuncia sentenza in camera di consiglio non soggetta ad
appello, con la quale:
a)
richiama in ufficio il giudice delegato, o lo nomina di nuovo;
b)
nomina il curatore;
c)
impartisce l'ordine previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera
c);
d)
stabilisce i termini previsti dall'articolo 8, comma 1, lettere
d) ed e), abbreviandoli di non oltre la metà.
3.
La sentenza è comunicata e affissa a norma dell'articolo
8, comma 3.
SEZIONE
III
Concordato
Art.
78. ( note )
Concordato
1.
Dopo il decreto previsto dall'articolo 97 della legge fallimentare,
il Ministero dell'industria, su parere del commissario straordinario,
sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare
l'imprenditore dichiarato insolvente o un terzo a proporre
al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell'articolo
152 della legge fallimentare, se si tratta di società.
2.
L'autorizzazione è concessa tenuto conto della convenienza
del concordato e della sua compatibilità con il fine
conservativo della procedura.
3.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 214, secondo, terzo,
quarto e quinto comma della legge fallimentare, sostituito
al commissario liquidatore il commissario straordinario. I
termini per proporre l'appello e il ricorso per cassazione
previsti dal quarto comma dello stesso articolo 214 decorrono
dalla comunicazione della sentenza soggetta ad impugnazione.
Art.
79.
Concordato
particolare del socio
1.
Nell'amministrazione straordinaria di una società con
soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci
ammessi alla procedura può proporre un concordato ai
creditori sociali e particolari che concorrono sul suo patrimonio
con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 78.
TITOLO
IV
Gruppo
di imprese
CAPO
I
Estensione
dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo
Art.
80. ( nota )
Definizioni
1.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente
capo si intendono:
a)
per "procedura madre", la procedura di amministrazione
straordinaria di una impresa che ha i requisiti previsti dagli
articoli 2 e 27, facente parte di un gruppo;
b)
per "imprese del gruppo":
1) le imprese che controllano direttamente o indirettamente
la società sottoposta alla procedura madre;
2) le società direttamente o indirettamente controllate
dall'impresa sottoposta alla procedura madre o dall'impresa
che la controlla;
3) le imprese che, per la composizione degli organi amministrativi
o sulla base di altri concordanti elementi, risultano soggette
ad una direzione comune a quella dell'impresa sottoposta alla
procedura madre.
2.
Agli effetti del comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), il rapporto
di controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi
dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359,
primo e secondo comma, del codice civile.
Art.
81.
Amministrazione
straordinaria delle imprese del gruppo
1.
Dalla data del decreto che dichiara aperta la procedura madre,
e fino a quando la stessa è in corso, le imprese del
gruppo soggette alle disposizioni sul fallimento, che si trovano
in stato di insolvenza, possono essere ammesse all'amministrazione
straordinaria indipendentemente dal possesso dei requisiti
previsti nell'articolo 2.
2.
Le imprese del gruppo sono ammesse all'amministrazione straordinaria
qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio
economico delle attività imprenditoriali, nei modi
indicati dall'articolo 27, ovvero quando risulti comunque
opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito
del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti
di natura economica o produttiva esistenti tra le singole
imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura.
Art.
82.
Accertamento
dei presupposti per l 'ammissione alla procedura
1.
L'accertamento dei presupposti e delle condizioni per l'ammissione
alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa
del gruppo è effettuato dal tribunale del luogo in
cui essa ha la sede principale con l'osservanza delle disposizioni
del titolo II e del capo I del titolo III.
2.
Il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza
dell'impresa del gruppo può essere proposto anche dal
commissario straordinario della procedura madre.
Art.
83. ( nota )
Informazioni
sui rapporti di gruppo
1.
Al fine di accertare l'esistenza dei rapporti indicati nell'articolo
80, comma 1, lettera b), il tribunale, il Ministero dell'industria
ed il commissario straordinario possono chiedere informazioni
alla Commissione nazionale per le società e la borsa
e ad ogni altro pubblico ufficio. Possono chiedere, altresì,
alle società fiduciarie previste dalla legge 23 novembre
1939, n. 1966 le generalità degli effettivi titolari
di diritti sulle azioni intestate a loro nome.
2.
Le informazioni sono fornite entro quindici giorni dalla richiesta.
Art.
84.
Conversione
del fallimento in amministrazione straordinaria
1.
Se il decreto che dichiara aperta la procedura madre è
emesso dopo la sentenza di fallimento di una impresa del gruppo,
il tribunale che ha dichiarato il fallimento ne dispone la
conversione in amministrazione straordinaria, qualora sussistano
i presupposti stabiliti dall'articolo 81 e sempre che non
sia già esaurita la liquidazione dell'attivo. Il tribunale
provvede su istanza di chiunque vi abbia interesse o d'ufficio.
2.
Ai fini indicati nel comma 1, il tribunale invita con decreto
il curatore ed il commissario straordinario a depositare in
cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro
trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata
circa la sussistenza dei presupposti per la conversione.
3.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli
articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30 e 33, sostituiti al commissario
giudiziale il curatore ed il commissario straordinario.
Art.
85.
Organi
della procedura e imputazione delle spese
1.
Alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa
del gruppo sono preposti gli stessi organi nominati per la
procedura madre, salva l'eventuale integrazione del comitato
di sorveglianza, anche in eccedenza rispetto al numero massimo
dei componenti stabilito dal comma 1 dell'articolo 45, al
fine di assicurare il rispetto della disposizione prevista
dal secondo periodo dello stesso comma 1 dell'articolo 45.
2.
Le spese generali della procedura sono imputate alle singole
imprese del gruppo in proporzione delle rispettive masse attive.
Art.
86.
Programma
delle imprese del gruppo
1.
Se l'impresa del gruppo è stata ammessa alla procedura
di amministrazione straordinaria nel concorso delle condizioni
indicate nell'articolo 27, il commissario straordinario predispone
un programma secondo uno degli indirizzi alternativi previsti
dal comma 2 del medesimo articolo.
2.
Se l'impresa del gruppo è stata ammessa alla procedura
in assenza delle condizioni indicate nell'articolo 27, ed
in considerazione della opportunità della gestione
unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, il commissario
straordinario predispone un programma integrativo di quello
approvato a norma dell'articolo 57 nell'ambito della procedura
madre o in relazione ad altra impresa del gruppo ammessa alla
procedura.
3.
Il commissario provvede a norma dei commi 1 e 2 nei termini
stabiliti dall'articolo 54, ridotti della metà.
Art.
87.
Conversione
dell 'amministrazione straordinaria in fallimento
1.
La conversione in fallimento e la chiusura della procedura
madre a norma degli articoli 11, 69, 70 e 74, comma 1, determinano
la conversione in fallimento della procedura di amministrazione
straordinaria delle imprese del gruppo in rapporto alle quali
non sussistono le condizioni previste dall'articolo 27.
CAPO
II
Responsabilità
e azioni revocatorie
Art.
88.
Definizioni
1.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente
capo si intendono:
a)
per "impresa dichiarata insolvente", l'impresa dichiarata
insolvente a norma dell'articolo 3, anche se successivamente
ammessa alla procedura di all'amministrazione straordinaria
o dichiarata fallita, nonché l'impresa che, nel caso
previsto dall'articolo 35, avrebbe dovuto essere dichiarata
insolvente a norma del medesimo articolo 3;
b)
per "imprese del gruppo", le imprese, anche non
insolventi, che si trovano nei rapporti indicati dall'articolo
80, comma 1, lettera b), con l'impresa dichiarata insolvente;
c)
per "società del gruppo", le imprese del
gruppo costituite in forma societaria.
Art.
89. ( nota )
Denuncia
al tribunale
1.
Il commissario giudiziale, il commissario straordinario e
il curatore dell'impresa dichiarata insolvente possono proporre
la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile
contro gli amministratori e i sindaci delle società
del gruppo.
2.
Nel caso di accertamento delle gravi irregolarità denunciate,
il commissario o il curatore denunciante può essere
nominato amministratore giudiziario della società del
gruppo a norma del terzo comma dell'articolo 2409 del codice
civile.
Art.
90.
Responsabilità
nei casi di direzione unitaria
1.
Nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli
amministratori delle società che hanno abusato di tale
direzione rispondono in solido con gli amministratori della
società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati
alla società stessa in conseguenza delle direttive
impartite.
Art.
91. ( nota )
Azioni
revocatorie
1.
Fermo quanto stabilito dall'articolo 49, comma 1, il commissario
straordinario ed il curatore dell'impresa dichiarata insolvente
possono proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo
67 della legge fallimentare nei confronti delle imprese del
gruppo relativamente agli atti indicati nei numeri 1), 2)
e 3) dello stesso articolo compiuti nei cinque anni anteriori
alla dichiarazione dello stato di insolvenza, e relativamente
agli atti indicati nei numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo
compiuti nei cinque anni anteriori alla dichiarazione dello
stato di insolvenza, e relativamente agli atti indicati nel
numero 4) e nel secondo comma dello stesso articolo compiuti
nei tre anni anteriori.
2.
Al fine dell'esperimento dell'azione il commissario straordinario
ed il curatore possono chiedere le informazioni previste dall'articolo
83.
TITOLO
V
Disposizioni
comuni di procedura
Art.
92. ( note )
Composizione
collegiale del tribunale
1.
Il tribunale dichiara lo stato di insolvenza e adotta gli
altri provvedimenti previsti dal presente decreto in composizione
collegiale.
2.
Nell'ambito della procedura regolata dal presente decreto,
il tribunale giudica altresì in composizione collegiale
nelle cause relative all'accertamento del passivo previste
dagli articoli 98 e seguenti della legge fallimentare e nelle
cause di approvazione del concordato previste dall'articolo
214, terzo comma, della medesima legge.
Art.
93. ( nota )
Sospensione
dei termini processuali
1.
La sospensione dei termini processuali, prevista dalla legge
7 ottobre 1969, n. 742, non si applica:
a)
ai procedimenti per la dichiarazione dello stato di insolvenza
e di opposizione alla medesima;
b)
al procedimento per l'apertura della procedura di amministrazione
straordinaria o la dichiarazione di fallimento dell'impresa
insolvente, previsto dagli articoli 28, 29 e 30, ed al relativo
procedimento di reclamo;
c)
ai procedimenti di conversione dell'amministrazione straordinaria
in fallimento e di conversione del fallimento in amministrazione
straordinaria, nonché ai relativi procedimenti di reclamo.
Art.
94.
Affissione
con mezzi informatici
1.
In tutti i casi in cui il presente decreto prevede, anche
mediante rinvio a disposizioni della legge fallimentare, l'affissione
di atti, provvedimenti, estratti o avvisi, questa è
effettuata mediante il loro inserimento in una rete informatica
accessibile al pubblico, secondo le modalità stabilite
con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto
con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica.
2.
Il regolamento stabilisce i criteri di imputazione alle imprese
sottoposte alle procedure dei costi del servizio.
TITOLO
VI
Disposizioni
penali
Art.
95. ( note )
Applicabilità
delle disposizioni penali della legge fallimentare
1.
La dichiarazione dello stato di insolvenza a norma degli articoli
3 e 82 è equiparata alla dichiarazione di fallimento
ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I, II
e IV del titolo VI della legge fallimentare.
2.
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 220 della legge fallimentare,
l'obbligo previsto dall'articolo 16, secondo comma, numero
3), della medesima legge si intende sostituito dall'obbligo
previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), del presente
decreto.
Art.
96. ( nota )
Reati
del commissario giudiziale e del commissario straordinario
1.
Si applicano al commissario giudiziale ed al commissario straordinario
le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230 della legge
fallimentare.
2.
Le stesse disposizioni si applicano, altresì, alle
persone che coadiuvano il commissario giudiziale o il commissario
straordinario nell'amministrazione della procedura.
Art.
97. ( nota )
Costituzione
di parte civile
1.
La facoltà di costituzione di parte civile prevista
dall'articolo 240, primo comma, della legge fallimentare è
esercitata, dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza,
dal commissario giudiziale e, dopo l'apertura della procedura
di amministrazione straordinaria, dal commissario straordinario.
TITOLO
VII
Disposizioni
di coordinamento, transitorie e finali
Art.
98. ( nota )
Modifica
dell 'articolo 50-bis del codice di procedura civile
1.
Nel numero 2) del primo comma dell'articolo 50-bis del codice
di procedura civile, aggiunto dall'articolo 56 del decreto
legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, le parole "al decreto-legge
30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni dalla
legge 3 aprile 1979, n. 95," sono soppresse.
Art.
99. ( nota )
Modifica
della disciplina penale della liquidazione coatta amministrativa
1.
Il secondo periodo del primo comma dell'articolo 203 della
legge fallimentare è abrogato.
2.
L'articolo 237 della legge fallimentare è sostituito
dal seguente:
"Art.
237. (Liquidazione coatta amministrativa). L'accertamento
giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli
195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento
ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente
titolo. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si
applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo
coadiuvano nell'amministrazione della procedura le disposizioni
degli articoli 228, 229 e 230.".
Art.
100. ( nota )
Modifica
dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n.
26
1.
Nel primo comma dell'articolo 2-bis del decreto-legge 30 giugno
1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
aprile 1979, n. 95, le parole "società in amministrazione
straordinaria" sono sostituite dalle parole "imprese
in amministrazione straordinaria".
Art.
101. ( nota )
Adeguamento
delle disposizioni attuative dell 'articolo 2-bis del decreto-legge
30 gennaio 1979, n. 26
1.
Con regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica adegua
le disposizioni attuative in ordine alle condizioni e modalità
di prestazione della garanzia dello Stato per i debiti delle
imprese in amministrazione straordinaria, previste dall'articolo
2-bis, terzo comma, del decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979,
n. 95, alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di
Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese
in difficoltà e alle disposizioni del presente decreto.
Art.
102. ( note )
Pagamento
di crediti di lavoro a carico del Fondo di garanzia
1.
Le domande dirette a conseguire il pagamento, a carico del
Fondo di garanzia, dei crediti dei prestatori di lavoro subordinato
alle dipendenze di imprese in amministrazione straordinaria
e dei loro aventi causa, previsti dall'articolo 2 della legge
29 maggio 1982, n. 297 e dall'articolo 2 del decreto legislativo
27 gennaio 1992, n. 80, possono essere presentate dopo l'adozione
dei provvedimenti indicati nell'articolo 2, secondo e terzo
comma, della citata legge n. 297 del 1982.
Art.
103.
Impiego
della Guardia di finanza ai fini dell 'espletamento dei compiti
di vigilanza
1.
Ai fini dell'espletamento dei compiti previsti dall'articolo
37, comma 3, il Ministero dell'industria, previa intesa con
il Ministero delle finanze, può chiedere il distacco
presso di esso di un contingente del personale della Guardia
di finanza, nell'ambito delle vigenti strutture e dotazione
organica del Corpo.
Art.
104.
Termine
per l 'emanazione dei regolamenti in materia di scelta dei
commissari e di compensi
1.
I regolamenti previsti dagli articoli 39 e 47 sono emanati
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
2.
Fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto
dall'articolo 39 si applicano ai commissari giudiziali ed
ai commissari straordinari i requisiti per la nomina dei curatori
fallimentari.
Art.
105.
Termine
per l 'emanazione del regolamento in materia di pubblicità
con mezzi informatici
1.
Il regolamento previsto dall'articolo 94 è emanato
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto ed entra in vigore decorsi centottanta giorni
dalla pubblicazione del regolamento stesso nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica.
2.
Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, nonché
nei casi di indisponibilità presso gli uffici giudiziari
delle dotazioni necessarie ai fini dell'effettuazione della
pubblicità con mezzi informatici, l'affissione di atti,
provvedimenti, estratti o avvisi, prevista dal presente decreto,
è eseguita con mezzo cartaceo presso la porta esterna
del tribunale; nei casi in cui è prevista l'applicazione
delle disposizioni dell'articolo 8, comma 3, un estratto del
provvedimento è inoltre pubblicato nel foglio degli
annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.
3.
Il regolamento stabilisce adeguate modalità di informazione
del pubblico in ordine alla mancata effettuazione dell'affissione
con mezzi informatici da parte dei singoli tribunali per indisponibilità
delle necessarie dotazioni.
4.
Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, la pubblicità
prevista dall'articolo 38, comma 3, secondo periodo, è
eseguita mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica.
Art.
106. ( note )
Procedure
di amministrazione straordinaria in corso
1.
Salvo quanto previsto dal comma 3, le procedure di amministrazione
straordinaria in corso alla data di entrata in vigore del
presente decreto continuano ad essere regolate dalle disposizioni
anteriormente vigenti, anche per quanto attiene al successivo
assoggettamento ad amministrazione straordinaria delle società
o imprese controllate, a direzione unica e garanti a norma
dell'articolo 3 del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979,
n. 95.
2.
La procedura di amministrazione straordinaria si considera
in corso quando, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, è stato giudizialmente accertato lo stato
di insolvenza dell'impresa, ancorché non sia stato
ancora emesso il decreto che dispone l'amministrazione straordinaria
a norma dell'articolo 1, quinto comma o dell'articolo 3, secondo
comma, del citato decreto-legge n. 26 del 1979.
3.
Alle procedure di amministrazione straordinaria in corso si
applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 46,
comma 3, 77 e 78 del presente decreto.
Art.
107.
Compenso
dei commissari delle procedure di amministrazione straordinaria
in corso
1.
Con il regolamento previsto dall'articolo 47 sono stabiliti
i criteri di liquidazione del compenso dei commissari straordinari
e dei membri del comitato di sorveglianza nelle procedure
di amministrazione straordinaria in corso alla data del presente
decreto, per quanto attiene alle attività espletate
successivamente all'entrata in vigore del decreto medesimo.
Art.
108. ( note )
Proroga
del trattamento di cassa integrazione guadagni
1.
Ferma l'applicazione della disciplina vigente in materia di
interventi straordinari di integrazione salariale, i trattamenti
a favore dei lavoratori dipendenti delle imprese sottoposte
ad amministrazione straordinaria alla data di entrata in vigore
del presente decreto, previsti dall'articolo 3 della legge
23 luglio 1991, n. 223, possono essere ulteriormente prorogati
alla scadenza, su proposta del Ministero dell'industria, per
un periodo massimo di dodici mesi, nei limiti di disponibilità
stabiliti dall'articolo 5, comma 1, della legge 30 luglio
1998, n. 274.
2.
La proposta del Ministero dell'industria, prevista dal comma
1, costituisce criterio di priorità ai fini della concessione
dei trattamenti ivi indicati.
Art.
109.
Abrogazioni
1.
Sono abrogati:
a)
il decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni,
fatta eccezione per l'articolo 2-bis;
b)
l'articolo 8, terzo comma, della legge 28 novembre 1980, n.
784;
c)
l'articolo 4 del decreto-legge 31 luglio 1981, n. 414, convertito,
con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544;
d)
il decreto-legge 28 aprile 1982, n. 185, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1982, n. 381;
e)
l'articolo 2 del decreto-legge 9 aprile 1984, n. 62, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 giugno 1984, n. 212;
f)
gli articoli 2 e 3 del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 835,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987,
n. 19;
g)
l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 4 settembre 1987,
n. 366, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre
1987, n. 452;
h)
la legge 23 agosto 1988, n. 391;
i)
l'articolo 19 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997,
n. 30.
2.
E' abrogata ogni altra disposizione incompatibile con il presente
decreto.
Art.
110.
Norma
di coordinamento
1.
I riferimenti contenuti in norme vigenti, non abrogate esplicitamente
o implicitamente dal presente decreto, alle disposizioni del
decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, si intendono effettuati
alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarlo e di farlo osservare.
NOTE
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e stato redatto ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti
del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali
della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre
1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle
disposizioni di legge modificate o alle quali è operato
il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli
atti legislativi qui trascritti.
Note
alle premesse:
-
Si riporta il testo dell'art. 76 della Costituzione: "Art.
76. - L'esercizio della funzione legislativa non può
essere delegato al Governo se non con determinazione di principi
e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti".
-
Si riporta il testo dell'art. 87 della Costituzione: "Art.
87. - Il Presidente della Repubblica e il Capo dello Stato
e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima
riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge
di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge
e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina nei casi previsti dalla legge i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica
i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione
delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo
di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di
guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica".
-
La legge 30 luglio 1998, n. 274, reca: "Disposizioni
in materia di attività produttive". Si riporta
il testo del relativo art. 1:
"Art.
1 (Disposizioni per il riordino della disciplina dell'amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza)
1.
Il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Presidente
del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e del Ministro di grazia e giustizia,
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un decreto legislativo recante la nuova disciplina
dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in stato di insolvenza, procedendo l'abrogazione del
decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni
ed integrazioni ad eccezione dell'art. 2-bis del citato decreto-legge
n. 26 del 1979.
2.
In sede di adozione del decreto legislativo di cui al comma
1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a)
definizione dell'amministrazione straordinaria quale procedura
concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con
finalità conservative delle attività aziendali,
mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione dell'esercizio;
b)
individuazione delle imprese soggette alla procedura avente
come parametro un nitunero di dipendenti non inferiore a duecento
da almeno un anno e un indebitamento complessivo non inferiore
ai due terzi dell'attivo lordo e dei ricavi provenienti dalle
vendite e dalle prestazioni;
c)
individuazione del presupposto oggettivo della procedura nell'esistenza
di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico
delle attività aziendali nei modi indicati dalla lettera
m);
d)
articolazione del procedimento in due fasi: la prima di dichiarazione
dello stato di insolvenza, e la seconda, eventuale, di apertura
della procedura di amministrazione straordinaria;
e)
attribuzione al tribunale del potere di dichiarare con sentenza
lo stato di insolvenza delle imprese eventualmente da assoggettare
ad amministrazione straordinaria, acquisito l'avviso del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
f)
nomina da parte del tribunale, con la sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza, di uno o più commissari
giudiziali, su indicazione vincolante del Ministro dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, ovvero in via autonoma,
se l'indicazione non venga tempestivamente formulata;
g)
determinazione degli effetti immediati della dichiarazione
dello stato di insolvenza sulla base di quelli stabiliti dal
capo II del titolo III delle disposizioni approvate con regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267, con gli adattamenti opportuni
alla particolarità del procedimento, e con previsione
altresì del potere del tribunale di affidare al commissario
giudiziale la gestione dell'impresa;
h)
previsione che il tribunale, sulla base di apposita relazione
del commissario giudiziale, da depositare entro trenta giorni
dalla nomina, e sentito il Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, dichiari con decreto, entro un termine
non superiore a un mese dal deposito della relazione, l'apertura
della procedura di amministrazione straordinaria ovvero il
fallimento dell'impresa, a seconda che ricorra o meno il presupposto
indicato nella lettera c);
i)
attribuzione al tribunale del potere di disporre, anche in
via di conversione del fallimento, l'estensione della procedura
alle imprese appartenenti al medesimo gruppo che si trovino
in stato di insolvenza, qualora ricorra il presupposto indicato
nella lettera c) o quando risulti comunque opportuna la gestione
unitaria della procedura nell'ambito del gruppo;
l)
attribuzione al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
nel caso di apertura della procedura, del potere di nomina
di uno o più commissari straordinari e di un comitato
di sorveglianza composto da creditori e da esperti, delle
funzioni di vigilanza sulla procedura nonché della
fissazione dei criteri per la scelta dei commissari straordinari
e dei consulenti degli organi della procedura;
m)
previsione di due alternativi indirizzi della procedura di
amministrazione straordinaria, rispettivamente volti:
1) alla cessione a terzi dei complessi aziendali, sulla base
di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa
della durata di un anno che garantisca, per quanto possibile,
la salvaguardia dei livelli occupazionali e dell'unità
operativa dei complessi da trasferire;
2) alla ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa,
sulla base di un programma della durata di due anni volto
al risanamento dell'impresa;
n)
conformazione della disciplina della prosecuzione dell'esercizio
dell'impresa, in entrambi i casi indicati nella lettera m),
alle disposizioni e agli orientamenti comunitari sugli aiuti
di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese
in difficoltà e coordinamento della medesima con le
norme vigenti in materia di finanziamenti e di altre agevolazioni
pubbliche alle imprese;
o)
disciplina della procedura sulla base delle disposizioni della
legge fallimentare relative alla liquidazione coatta amministrativa,
in quanto compatibili con i principi e i criteri direttivi
stabiliti nel presente comma e con le modificazioni ed integrazioni
richieste da questi ultimi;
p)
determinazione dei poteri del commissario straordinario e
della disciplina delle autorizzazioni al compimento dei relativi
atti secondo criteri che privilegino la rapidità e
l'efficacia dell'azione commissariale, limitando il controllo
preventivo agli atti di maggiore rilevanza;
q)
previsione che sia assicurata, ai sensi delle disposizioni
approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la tutela
dei crediti maturati dalle imprese fornitrici antecedentemente
alla dichiarazione dello stato di insolvenza e che siano garantiti
integralmente i crediti sorti durante la continuazione dell'esercizio
dell'impresa;
r)
definizione della disciplina penale della procedura mediante
estensione all'amministrazione straordinaria nei limiti della
compatibilità, delle disposizioni previste dai capi
I, II e IV del titolo VI delle disposizioni approvate con
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, equiparando, ai fini
della loro applicazione, la dichiarazione dello stato di insolvenza
pronunciata a norma delle lettere e) ed i) alla dichiarazione
di fallimento e apportando altresì alla vigente disciplina
penale della liquidazione coatta amministrativa le modifiche
necessarie ad assicurare l'omogeneità del trattamento
sanzionatorio;
s)
previsione dell'obbligo del commissario straordinario, qualora
in qualunque momento nel corso della procedura risulti che
questa non può essere utilmente continuata, di riferirne
all'autorità di vigilanza ed al tribunale affinché
si provveda a norma della lettera t);
t)
previsione del potere del tribunale di disporre la conversione
della procedura in fallimento, sentito il parere del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, qualora:
1) nel caso previsto dal n. 1) della lettera m), alla scadenza
del programma di prosecuzione delle attività non siano
ancora maturate le condizioni per la cessione del complesso
aziendale;
2) nel caso previsto dal n. 2) della lettera m), al termine
del programma di risanamento l'impresa non abbia recuperato
la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;
u)
definizione di norme transitorie da applicare alle imprese
assoggettate ad amministrazione straordinaria anteriormente
alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di
cui al presente articolo, salvaguardando i lavoratori dipendenti
attraverso l'utilizzo della cassa integrazione guadagni straordinaria.
3.
Le determinazioni adottate in relazione agli adempimenti di
cui alla lettera h) del comma 2 e alla apertura della procedura,
nonché alla nomina degli organi di cui alla lettera
l) del medesimo comma 2 sono comunicate alle regioni interessate
e ai comuni ove ha sede l'impresa.
4.
La cessione dei crediti in prededuzione ai sensi dell'art.
111, n. 1), delle disposizioni approvate con regio decreto
16 marzo 1942, n. 267, vantati da imprese commerciali non
appartenenti a settori oggetto di limitazioni o divieti sulla
base della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato nei
confronti di imprese di amministrazione straordinaria per
le quali l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa sia cessata
nei tre anni precedenti la data di entrata in vigore della
presente legge, è garantita nei limiti e secondo i
criteri degli aiuti de minimis definiti in sede comunitaria,
ai sensi dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile
1979, n. 95, nei limiti di disponibilità dell'ammontare
complessivo di cui all'articolo medesimo. Il Ministro dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, con proprio decreto, disciplina
le condizioni e le modalità per l'attuazione della
disposizione di cui al presente comma".
-
Si riporta il testo dell'art. 52, comma 3, della legge 23
dicembre 1998, n. 448:
"3.
Il decreto legislativo previsto dall'art. 1 della legge 30
luglio 1998, n. 274, in materia di amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato di insolvenza, è emanato
entro il 30 settembre 1999, sulla base dei principi e dei
criteri direttivi indicati nella medesima legge".
Nota
all'art. 3:
-
I titoli III e IV del R.D. n. 267/1942 ("legge fallimentare")
disciplinano rispettivamente il concordato preventivo e l'amministrazione
controllata.
Nota
all'art. 4:
-
Si riporta il testo degli articoli 10, 11 e 12 del R.D. n.
267/1942:
"Art.
10 (Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio
dell'impresa). - L'imprenditore che per qualunque causa, ha
cessato l'esercizio dell'impresa, può essere dichiarato
fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa, se l'insolvenza
si è manifestata anteriormente alla medesima o entro
l'anno successivo".
"Art.
11 (Fallimento dell'imprenditore defunto). - L'imprenditore
defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono
le condizioni stabilite nell'articolo precedente.
L'erede può chiedere il fallimento del defunto, purché
l'eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.
Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli
effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori
del defunto a norma del codice civile".
"Art.
12 (Morte del fallito). - Se l'imprenditore muore dopo la
dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti
degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario.
Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto
di quello che è designato come rappresentante. In mancanza
di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici
giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta
dal giudice delegato.
Nel caso previsto dall'art. 528 del codice civile, la procedura
prosegue in confronto del curatore dell'eredità giacente
e nel caso previsto dall'art. 641 del codice civile nei confronti
dell'amministratore nominato a norma dell'art. 642 dello stesso
codice".
Nota
all'art. 8:
-
Si riporta il testo dell'art. 17, commi 1 e 2 , del R.D. n.
267/1942.
"La
sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per
estratto, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile,
al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più
tardi del giorno successivo alla sua data. L'estratto deve
contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della
sentenza.
Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura
del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato
al pubblico ministero, all'ufficio del registro delle imprese
per l'iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al
ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione
il debitore è nato o la società fu costituita.
Si osservano inoltre le disposizioni del codice di procedura
penale, relative al casellario giudiziario".
Nota
all'art. 15:
-
Si riporta il testo degli articoli 37, 38, commi 1 e 2 , 39
del R.D. n. 267/1942:
"Art.
37 (Revoca dei curatore). - Il tribunale può in ogni
tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del
comitato dei creditori o d'ufficio, revocare il curatore.
Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed
il pubblico ministero".
"Art.
38 (Responsabilità del curatore). - Il curatore deve
adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio. Egli
deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese
dal giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni
relative alla sua amministrazione.
Durante il fallimento l'azione di responsabilità contro
il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore,
previa autorizzazione del giudice delegato".
"Art.
39 (Compenso del curatore). - Il compenso e le spese dovuti
al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato,
sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale
non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato,
secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la
grazia e giustizia.
La liquidazione del compenso è fatta dopo l'approvazione
del rendiconto e, se del caso, dopo l'esecuzione del concordato.
è in facoltà del tribunale di accordare al curatore
acconti sul compenso per giustificati motivi.
Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può
essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese.
Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono
nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò
che è stato pagato, indipendentemente dall'esercizio
dell'azione penale, se vi è luogo".
Note
all'art. 18:
-
Si riporta il testo degli articoli 45, 52, 167, 168 e 169
del R.D. n. 267/1942:
"Art.
45 (Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento).
- Le formalità necessarie per rendere opponibili gli
atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione
di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori".
"Art.
52 (Concorso dei creditori). - Il fallimento apre il concorso
dei creditori sul patrimonio del fallito.
Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve
essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V, salvo
diverse disposizioni della legge".
"Art.
167 (Amministrazione dei beni durante la procedura). - Durante
la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione
dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza
del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato.
I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi,
le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche
o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni
di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni
di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni
e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione,
compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato,
sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato".
"Art.
168 (Effetti della presentazione del ricorso). - Dalla data
della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato
della sentenza di omologazione del concordato, i creditori
per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto
pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive
sul patrimonio del debitore.
Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti
predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con
efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi
sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo
precedente".
"Art.
169 (Norme applicabili). - Si applicano, con riferimento alla
data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni
degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63".
-
Si riporta il testo dell'art. 54, comma 3 , del R.D. n. 267/1942:
"L'estensione
del diritto di prelazione agli interessi è regolata
dagli articoli 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice
civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento
all'atto di pignoramento".
Note
all'art. 19:
-
Si riporta il testo degli articoli 42, 43, 44, 46 e 47 del
R.D. n. 267/1942:
"Art.
42 (Beni del fallito). - La sentenza che dichiara il fallimento,
priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della
disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di
dichiarazione di fallimento.
Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al
fallito durante il fallimento, dedotte le passività
incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi".
"Art.
43 (Rapporti processuali). - Nelle controversie, anche in
corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito
compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore
Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le
questioni dalle quali può dipendere un'imputazione
di bancarotta a suo carico o se l'intervento è previsto
dalla legge".
"Art.
44 (Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento).
- Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui
eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci
rispetto ai creditori.
Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito
dopo la sentenza dichiarativa di fallimento".
"Art.
46 (Beni non compresi nel fallimento). - Non sono compresi
nel fallimento:
1)
i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi,
pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con
la sua attività entro i limiti di quanto occorre per
il mantenimento suo e della famiglia;
3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli
ed i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare,
salvo quanto è disposto dagli articoli 170 e 326 del
codice civile;
4) i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati,
salvo quanto è disposto dall'art. 188 del codice civile;
5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione
di legge.
I
limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con
decreto del giudice delegato".
"Art.
47 (Alimenti al fallito e alla famiglia). - Se al fallito
vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato,
sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è
stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo
di alimenti per lui e per la famiglia.
La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui
è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia,
non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione
delle attività.".
-
Si riporta il testo degli articoli 31, 32, 34 e 35 del R.D.
n. 267/1942:
"Art.
31 (Poteri del curatore). - Il curatore ha l'amministrazione
del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice
delegato.
Egli non può stare in giudizio senza l'autorizzazione
scritta dal giudice delegato, salvo in materia di contestazioni
e di tardive denunzie di crediti e di diritti reali mobiliari.
Il curatore non può assumere la veste di avvocato o
di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento".
"Art.
32 (Intrasmissibilità delle attribuzioni del curatore).
- Il curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio
ufficio e non può delegarle ad altri, tranne che per
singole operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.
Può essere autorizzato da questo, previo parere del
comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da
altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto
la propria responsabilità".
"Art.
34 (Deposito delle somme riscosse). - Le somme riscosse a
qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il giudice delegato
con decreto dichiara necessario per le spese di giustizia
e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque
giorni presso l'ufficio postale o presso un istituto di credito
indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite.
Il deposito deve essere intestato all'ufficio fallimentare
e non può essere ritirato che in base a mandato di
pagamento del giudice delegato.
In caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto,
il tribunale dispone la revoca del curatore".
"Art.
35 (Integrazione dei poteri del curatore). - Il giudice delegato,
sentito il comitato dei creditori, può autorizzare
con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di
crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti,
ricognizioni di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a
restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità
e donazioni.
Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore
a lire duecentomila, l'autorizzazione deve essere data, su
proposta del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori,
dal tribunale con decreto motivato non soggetto a gravame.
In quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito".
-
Si riporta il testo dell'art. 116 del R.D. n. 267/1942:
"Art.
116 (Rendiconto del curatore). - Compiuta la liquidazione
dell'attivo prima del riparto finale, il curatore presenta
al giudice delegato il conto della gestione.
Il
giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa
l'udienza nella quale ogni interessato può presentare
le sue osservazioni.
L'udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi
quindici giorni dal deposito.
Dell'avvenuto deposito e della fissazione della udienza è
data immediata comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
Se all'udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste
viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti
provvede a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile,
fissando l'udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni
successivi".
Nota
all'art. 20:
-
Si riporta il testo dell'art. 111, comma 1 , numero 1), del
R.D. n. 267/1942:
"Le
somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate
nel seguente ordine:
1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate
dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione
del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa,
se questo è stato autorizzato".
Nota
all'art. 33:
-
Si riporta il testo dell'art. 295 del codice di procedura
civile:
"Art.
295 (Sospensione necessaria). - Il giudice dispone che il
processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro
giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione
dipende la decisione della causa".
Nota
all'art. 35:
-
Si riporta il testo dell'art. 18 del R.D. n. 267/1942:
"Art.
18 (Opposizione alla dichiarazione di fallimento). - Contro
la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque
interessato possono fare opposizione nel termine di quindici
giorni dall'affissione della sentenza.
L'opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto
la dichiarazione di fallimento.
L'opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi
al curatore e al creditore richiedente.
L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza".
Nota
all'art. 37:
-
Il testo dell'art. 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, è
il seguente:
"Art.
3 (Studi e ricerche per la politica industriale). - 1. Per
lo svolgimento di funzioni di elaborazione, di analisi e di
studio nei settori delle attività produttive, il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato è
autorizzato, sentite le Commissioni parlamentari competenti,
ad avvalersi della collaborazione di esperti o società
specializzate mediante appositi contratti, nonché di
un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della
necessaria struttura di supporto e disciplinato con apposito
decreto, anche in attuazione dei criteri direttivi e di quanto
disposto dall'art. 10 della legge 7 agosto 1985, n. 428, ferma
restando la dotazione organica del Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato.
L'onere relativo, comprensivo di quello di cui all'art. 2,
comma 3, lettera f), è determinato in lire 6 miliardi
annue a decorrere dal 1999".
Nota
all'art. 40:
-
Si riporta il testo dell'art. 148, comma 2 , del R.D. n. 267/1942:
"Il
patrimonio della società e quello dei singoli soci
devono essere tenuti distinti".
Nota
all'art. 49:
-
La sezione III del capo III del titolo II del R.D. n. 267/1942,
reca: "Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli
ai creditori".
Note
all'art. 51:
-
La sezione IV del capo III del titolo II del R.D. n. 267/1942,
reca: "Degli effetti del fallimento sugli atti giuridici
preesistenti".
-
Si riporta il testo dell'art. 74, comma 2 , del R.D. n. 267/1942:
"Tuttavia il curatore che subentra deve pagare integralmente
il prezzo anche delle consegne già avvenute".
-
Si riporta il testo dell'art. 55, comma 3 , del R.D. n. 267/1942:
"I crediti condizionali partecipano al concorso a norma
degli articoli 95 e 113. Sono compresi tra i crediti condizionali
quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se
non previa escussione di un obbligato principale".
Nota
all'art. 52:
-
Per il testo dell'art. 111, comma 1 , n. 1), del R.D. n. 267/1942,
si veda la nota all'art. 20.
Note
all'art. 53:
-
Si riporta il testo degli articoli 93, 94, 95, 96, 97, 98,
99, 100, 101, 102, 103 del R.D. n. 267/1942:
"Art.
93 (Domanda di ammissione al passivo). - La domanda di ammissione
al passivo deve contenere il cognome e il nome del creditore,
l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva,
delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
Se il creditore non è domiciliato nel comune in cui
ha sede il tribunale, la domanda deve inoltre contenere l'elezione
del domicilio nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni
posteriori si fanno al creditore presso la cancelleria del
tribunale.
I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati
prima dell'adunanza di verifica.
Il giudice ad istanza della parte può disporre che
il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all'ordine
presentati e li restituisca con l'annotazione dell'avvenuta
domanda di ammissione al passivo".
"Art.
94 (Effetto della domanda). - La domanda di ammissione al
passivo produce gli effetti della domanda giudiziale ed impedisce
la decadenza dei termini per gli atti che non possono compiersi
durante il fallimento".
"Art.
95 (Formazione dello stato passivo). - Il cancelliere forma
un elenco cronologico delle domande di ammissione al passivo
e lo rimette al giudice delegato.
Questi con l'assistenza del curatore, sentito il fallito ed
assunte le opportune informazioni, esamina le domande e predispone
in base ad esse lo stato passivo del fallimento.
Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di ammettere,
specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca,
e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte,
esponendo sommariamente i motivi dell'esclusione totale o
parziale di essi o delle relative garanzie.
I crediti indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 e quelli
per i quali non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi
sono compresi con riserva fra i crediti ammessi.
Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato,
è necessaria l'imputazione se non si vuole ammettere
il credito.
Lo stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato
in cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall'art.
16, n. 5. I creditori possono prenderne visione".
"Art.
96 (Verificazione dello stato passivo). - Nell'adunanza prevista
dall'art. 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del
curatore e con l'intervento del fallito, lo stato passivo
predisposto dal giudice. Sono inoltre esaminate le domande
di ammissione al passivo pervenute successivamente o presentate
nell'adunanza stessa.
Il giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni
degli interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti,
apporta allo stato passivo le modificazioni e le integrazioni
che ritiene necessarie.
Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza,
il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto
giorni, senza che occorra altro avviso per gli intervenuti
e per gli assenti.
Il giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la
definitiva formazione dello stato passivo fino a quindici
giorni dopo che l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue
operazioni".
"Art.
97 (Esecutività dello stato passivo). - Lo stato passivo
del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal cancelliere
e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara esecutivo
a decorrere dalla data in cui l'adunanza dei creditori ha
esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista
nel quarto comma dell'articolo precedente.
Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato
in cancelleria, ove i creditori possono prenderne visione.
Se vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono
state accolte in tutto o in parte o che sono state accolte
con riserva, il curatore ne dà immediatamente notizia
ai creditori esclusi o ammessi con riserva mediante raccomandata
con avviso di ricevimento".
"Art.
98 (Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva).
- I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione,
entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in
cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui tutti i creditori
opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché
il termine per la notificazione al curatore del ricorso e
del decreto.
Almeno cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono
costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l'opposizione
si reputa abbandonata.
Possono intervenire in causa gli altri creditori".
"Art.
99 (Istruzione dell'opposizione e sentenza relativa). - Il
giudice delegato provvede all'istruzione delle varie cause
di opposizione e quindi fissa l'udienza per la discussione
davanti al collegio a norma dell'art. 189 del codice di procedura
civile.
Quando alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre
richiedono lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza
con la quale separa le cause e rimette al collegio quelle
mature per la decisione.
Il tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono
rimesse, con unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall'art.
279, primo comma, del codice di procedura civile, il tribunale
può ammettere provvisoriamente al passivo tutto o in
parte il credito contestato.
La sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale
entro otto giorni dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente
esecutiva. Il cancelliere dà immediato avviso dell'avvenuta
pubblicazione ai procuratori delle parti, a norma dell'art.
136 del codice di procedura civile.
Il termine per appellare è di giorni quindici dall'affissione
della sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le
disposizioni dei commi precedenti in quanto applicabili. Il
termine per il ricorso in cassazione decorre dal giorno dell'affissione
della sentenza ed è ridotto della metà.
Non è ammesso l'appello per le controversie non eccedenti
la competenza del pretore".
"Art.
100 (Impugnazione dei crediti ammessi). - Entro quindici giorni
dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore
può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al giudice
delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui le parti e il
curatore devono comparire davanti a lui, nonché il
termine perentorio per la notificazione del ricorso e del
decreto al curatore ed ai creditori i cui crediti vengano
impugnati. Le parti si costituiscono a norma dell'art. 98,
terzo comma.
Se all'udienza le parti non raggiungono l'accordo, il giudice
dispone con ordinanza non impugnabile che in caso di ripartizione
siano accantonate le quote spettanti ai creditori contestati.
Per l'istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano
le disposizioni dell'articolo precedente e il giudizio deve
essere riunito a quello sulle opposizioni".
"Art.
101 (Dichiarazioni tardive di crediti). - Anche dopo il decreto
previsto nell'art. 97, fino a che non siano esaurite tutte
le ripartizioni dell'attivo fallimentare, i creditori possono
chiedere con ricorso al giudice delegato l'ammissione al passivo.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui il richiedente
e il curatore devono comparire davanti a lui nonché
il termine perentorio per la notificazione al curatore del
ricorso e del decreto. Le parti si sostituiscono a norma dell'art.
98, terzo comma.
Possono intervenire gli altri creditori.
Se all'udienza il curatore non contesta l'ammissione del nuovo
credito e il giudice lo ritiene fondato, il credito è
ammesso con decreto; altrimenti il giudice provvede all'istruzione
della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice
di procedura civile.
Il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della
domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non
imputabile".
"Art.
102 (Istanza di revocazione contro crediti ammessi). - Se
prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l'ammissione
di un credito o d'una garanzia è stata determinata
da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si
rinvengono documenti decisivi prima ignorati, il curatore
o qualunque creditore può proporre domanda di revocazione
del decreto del giudice delegato o della sentenza del tribunale,
relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell'impugnativa.
L'istanza si propone con ricorso al giudice delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza per la comparizione
davanti a sè delle parti, nonché il termine
perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto
alle parti e al curatore. Quindi provvede all'istruzione della
causa.
Il curatore può intervenire in giudizio.
Finché la controversia non sia definitivamente decisa,
il giudice può disporre che siano accantonate in caso
di ripartizione le quote spettanti ai creditori i cui crediti
sono stati impugnati.
Se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia
stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale".
"Art.
103 (Domande di rivendicazione, restituzione e separazione
di cose mobili). - Le disposizioni degli articoli da 93 a
102 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione
e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
In base all'elenco di tutte le domande il giudice forma uno
stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli articoli
95, 96 e 97.
Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell'art.
101, il giudice delegato può sospendere la vendita
delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate,
con cauzione o senza.
In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande,
deve, in quanto possibile, sentire il fallito.
Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul
prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono
essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire".
-
Si riporta il testo dell'art. 148, commi 3 , 4 , e 5 del R.D.
n. 267/1942:
"Il
credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della
società si intende dichiarato per l'intero anche nel
fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto
di partecipare a tutte le ripartizioni fino all'integrale
pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per
la parte pagata in più della quota rispettiva.
I creditori partecipano soltanto al fallimento dei soci loro
debitori.
Ciascun creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori
con i quali si trova in concorso".
Note
all'art. 55:
-
Per il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio
1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
aprile 1979, n. 95, si veda la nota all'art. 100.
-
Gli orientamenti comunitari attualmente in vigore sono pubblicati
nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea C.
368 del 23 dicembre 1994 e sono stati prorogati da ultimo,
fino al 31 dicembre 1999, con comunicazione della Commissione,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità
europea C. 67 del 10 marzo 1999.
Note
all'art. 60:
-
Circa le disposizioni di cui alla sezione III del capo III
del titolo II del R.D. n. 267/1942, si veda la nota all'art.
49.
-
Il testo dell'art. 297 del codice di procedura civile è
il seguente:
"Art.
297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione).
- Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata
l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono
chiederne la fissazione entro il termine perentorio di sei
mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all'art.
3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato
della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa
di cui all'art. 295.
Nell'ipotesi dell'articolo precedente l'istanza deve essere
proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di
sospensione.
L'istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o,
in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato
a cura dell'istante alle altre parti nel termine stabilito
dal giudice".
Note
all'art. 63:
-
La legge 29 dicembre 1990, n. 428, reca: "Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alla Comunità europea (legge comunitaria
per il 1990)".
-
Si riporta il testo del relativo art. 47:
"Art.
47 (Trasferimenti di azienda). - 1. Quando si intenda effettuare,
ai sensi dell'art. 2112 del codice civile, un trasferimento
d'azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori,
l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione per
iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive
rappresentanze sindacali costituite, a norma dell'art. 19
della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive
interessate, nonché alle rispettive associazioni di
categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali,
la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni
di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative
sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di
categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione
sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione
deve riguardare: a) i motivi del programmato trasferimento
d'azienda; b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e
sociali per i lavoratori; c) le eventuali misure previste
nei confronti di questi ultimi.
2.
Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali
o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni
dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, l'alienante
e l'acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni
dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto
con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si
intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio,
non sia stato raggiunto un accordo.
Il mancato rispetto, da parte dell'acquirente o dell'alienante,
dell'obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo
costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della
legge 20 maggio 1970, n. 300.
3.
I primi tre commi dell'art. 2112 del codice civile sono sostituiti
dai seguenti:
"In
caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua
con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti
che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per
tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.
Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice
di procedura civile il lavoratore può consentire la
liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal
rapporto di lavoro.
L'acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici
e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali
vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza,
salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili
all'impresa dell'acquirente".
4.
Ferma restando la facoltà dell'alienante di esercitare
il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti,
il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé
motivo di licenziamento.
5.
Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive
delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale
a norma dell'art. 2, quinto comma, lettera c), della legge
12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei confronti delle quali
vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di
concordato preventivo consistente nella cessione dei beni,
emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa
ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria,
nel caso in cui la continuazione nell'attività non
sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione
di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo
circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai
lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente
non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile, salvo
che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il
predetto accordo può altresì prevedere che il
trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che
quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle
dipendenze dell'alienante.
6.
I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente,
dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza
nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno
dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore
stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei lavoratori
predetti, che vengano assunti dall'acquirente, dall'affittuario
subentrante in un momento successivo al trasferimento d'azienda,
non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile".
Nota
all'art. 65:
-
Il testo dell'art. 739 del codice di procedura civile è
il seguente:
"Art.
739 (Reclami delle parti). - Contro i decreti del giudice
tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale,
che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati
dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può
proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia
anch'essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di
dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è
dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione
se è dato in confronto di più parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso
reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli
del tribunale pronunciati in sede di reclamo".
Note
all'art. 67:
-
Per il testo dell'art. 97 si veda la nota all'art. 53.
-
Si riporta il testo degli articolo 110 , commi 2 e 3 , 111,
112, 113, 114, 115 e 117, commi 2 e 3 , del R.D. n. 267/1942:
"Art.
110 (Progetto di ripartizione). - (Omissis).Il giudice, sentito
il comitato dei creditori, apporta al progetto le variazioni
che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in cancelleria,
disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
I creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall'avviso
le loro osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato,
tenuto conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il
piano di riparto rendendolo esecutivo".
"Art.
111 (Ordine di distribuzione delle somme). - Le somme ricavate
dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente ordine:
1)
per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate
dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione
del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa,
se questo è stato autorizzato;
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle
cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;
3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione
dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso,
compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata
ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui
rimasero non soddisfatti da questa.
I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto
dal giudice delegato".
"Art.
112 (Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente). -
I creditori ammessi a norma dell'art. 101 concorrono soltanto
alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione
del rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se
però dalla sentenza pronunciata a norma dell'art. 101
risulta che il ritardo è dipeso da causa ad essi non
imputabile, i creditori sono ammessi a prelevare sull'attivo
non ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle
precedenti ripartizioni".
"Art.
113 (Ripartizioni parziali). - Nelle ripartizioni parziali,
che non possono superare il novanta per cento delle somme
da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi
stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:
1)
ai creditori residenti all'estero per i crediti dei quali,
essendo stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta
la verificazione;
2) ai creditori per i quali è stato ordinato l'accantonamento
delle quote, nonché ai creditori ammessi con riserva
di presentazione del titolo;
3) ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva
non ancora verificata, compresi i crediti che non possono
farsi valere contro il fallito se non previa escussione di
un obbligato principale;
4) alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato
ed alle somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese
dovute al curatore".
"Art.
114 (Restituzione di somme riscosse). - Nei casi previsti
dall'art. 102 i creditori che hanno partecipato a qualche
ripartizione devono restituire le somme riscosse con gli interessi
legali".
"Art.
115 (Pagamento ai creditori). - Il curatore provvede al pagamento
delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione
nei modi stabiliti dal giudice delegato".
"Art.
117 (Ripartizione finale). - (Omissis). Nel riparto finale
vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente
fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 113,
se la condizione non si è ancora verificata, la somma
è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato,
perché a suo tempo possa essere o versata ai creditori
cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli
altri creditori.
Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili
la somma dovuta è depositata presso un istituto di
credito. Il certificato di deposito vale quietanza".
Nota
all'art. 75:
-
Si riporta il testo dell'art. 213, comma 2 , del R.D. n. 267/1942:
"Nel
termine di venti giorni dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale,
gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale,
le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere,
all'autorità che vigila sulla liquidazione al commissario
liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine
di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale
le loro osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un
giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori a
norma del l'art. 189 del codice di procedura civile".
Note
all'art. 78:
-
Per il testo dell'art. 97 si veda la nota all'art. 53.
-
Si riporta il testo dell'art. 152 del R.D. n. 267 267/1942:
"Art.
152 (Proposta di concordato). - La proposta di concordato
per la società fallita è sottoscritta da coloro
che ne hanno la rappresentanza sociale.
La proposta e le condizioni del concordato nelle società
in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere
approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta
del capitale, e nelle società per azioni, in accomandita
per azioni e a responsabilità limitata, nonché
nelle società cooperative devono essere approvate dall'assemblea
straordinaria, salvo che tali poter siano stati delegati agli
amministratori.
-
Si riporta il testo dell'art. 214, commi 2 , 3 , 4 e 5 del
R.D. n. 267/1942:
"La
proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali
garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale
col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza
e pubblicata nelle forme disposte dall'autorità che
vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito
gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro
opposizioni che vengono comunicate al commissario.
Il tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila
sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo
conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio.
La sentenza che approva il concordato è pubblicata
a norma dell'art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite
dal tribunale.
Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato,
l'impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli
opponenti possono appellare entro quindici giorni dall'affissione.
La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente
e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall'affissione.
Il commissario liquidatore con l'assistenza del comitato di
sorveglianza sorveglia l'esecuzione del concordato".
Nota
all'art. 80:
-
Il testo dell'art. 2359, commi l e 2 , del codice civile è
il seguente:
"Sono
considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone
della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone
di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante
nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di
un'altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa.
Ai
fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma
si computano anche i voti spettanti a società controllate,
a società fiduciarie e a persona interposta; non si
computano i voti spettanti per conto di terzi".
Nota
all'art. 83:
-
La legge 23 novembre 1939, n. 1966, reca: "Disciplina
delle società fiduciarie e di revisione".
Nota
all'art. 89:
-
Si trascrive il testo dell'art. 2409, comma 3 , del codice
di procedura civile:
"Se
le irregolarità denunziate sussistono, il tribunale
può disporre gli opportuni provvedimenti cautelari
e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni.
Nei casi più gravi può revocare gli amministratori
ed i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone
i poteri e la durata".
Nota
all'art. 91:
-
Si riporta il testo dell'art. 67 del R.D. n. 267/1942:
"Art.
67 (Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie). - Sono revocati,
salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza
del debitore:
1)
gli atti a titolo oneroso compiuti nei due anni anteriori
alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite
o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente
ciò che a lui è stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili
non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento,
se compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti
nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento per
debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie
costituiti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento
per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra
parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti
di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso
e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti
contestualmente creati, se compiuti entro l'anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto
di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni
di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e
agli istituti di credito fondiario.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali".
Note
all'art. 92:
-
Per il testo degli articoli 98 e seguenti del R.D. n. 267/1942
si veda la nota all'art. 53.
-
Per il testo dell'art. 214 si vedano le note all'art.78.
Nota
all'art. 93:
-
La legge 7 ottobre 1969, n. 742, reca: "Sospensione dei
termini processuali nel periodo feriale".
Note
all'art. 95:
-
Il titolo VI del R.D. n. 267/1942 reca: "Disciplina penale".
I capi I, II e IV disciplinano rispettivamente:
"Reati
commessi dal fallito"; "Reati commessi da persone
diverse dal fallito" e "Disposizioni di procedura".
-
Si riporta il testo dell'art. 220 del R.D. n. 267/1942:
"Art.
220 (Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze
da parte del fallito). - è punito con la reclusione
da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi
preveduti all'art. 26, nell'elenco nominativo dei suoi creditori
denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza
di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva
gli obblighi imposti dagli articoli 16, numeri 3 e 49.
Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione
fino ad un anno".
-
Si riporta il testo dell'art. 16, commi 1 e 2 , numeri 1),
2) e 3) del regio decreto n. 267/1942:
"La
sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in
camera di consiglio.
Con la sentenza il tribunale:
1) nomina il giudice delegato per la procedura;
2) nomina il curatore;
3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture
contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora
eseguito a norma dell'articolo 14;".
Nota
all'art. 96:
-
Si riporta il testo degli articoli 228, 229 e 230 del R.D.
n. 267/1942:
"Art.
228 (Interesse privato del curatore negli atti del fallimento).
- Salvo che al fatto non siano applicabili gli articoli 315,
317, 3l8, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore
che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento
direttamente o per interposta persona o con atti simulati
è punito con la reclusione da due a sei anni e con
la multa non inferiore a lire 400.000.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici".
"Art.
229 (Accettazione di retribuzione non dovuta). - Il curatore
del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in
danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in
suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è
punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa
da lire 200.000 a l.000.000.
Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi
l'inabilitazione temporanea all'ufficio di amministratore
per la durata non inferiore a due anni".
"Art.
230 (Omessa consegna a deposito di cose del fallimento). -
Il curatore che non ottempera all'ordine del giudice di consegnare
a depositare somme o altra cosa del fallimento, ch'egli detiene
a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione
fino a due anni e con la multa fino a lire 2.000.000.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino
a sei mesi a la multa fino a lire 600.000".
Nota
all'art. 97:
-
Si riporta il testo dell'art. 240, comma 1 , del R.D. n. 267/1942:
"Art.
240 (Costituzione di parte civile). - Il curatore, il commissario
giudiziale e il commissario liquidatore possono costituirsi
parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti
nel presente titolo, anche contro il fallito".
Nota
all'art. 98:
-
Si riporta il testo dell'art. 50-bis, comma 1, n. 2, del codice
di procedura civile, come modificato dal presente decreto:
"Il tribunale giudica in composizione collegiale:
1)
(Omissis);
2) nelle cause di opposizione, impugnazione e revocazione
e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti
di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alle altre
leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;".
Nota
all'art. 99:
-
Il testo dell'art. 203, comma 1 , del R.D. n. 267/1942, come
modificato dal presente decreto, e il seguente:
"Accertato
giudizialmente lo stato di insolvenza a norma degli articoli
195 e 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento
che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II,
capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità
illimitata".
-
Per il testo degli articoli 228, 229 e 230 del R.D. n. 267/1942
si vedano le note all'art. 96.
Nota
all'art. 100:
-
Il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio l979,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile
1979, n. 95, come modificato dal presente decreto è
il seguente:
"Art.
2-bis (Garanzia dello Stato) - Il Tesoro dello Stato può
garantire in tutto o in parte i debiti che le imprese in amministrazione
straordinaria contraggono con istituzioni creditizie per il
finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione
ed il completamento di impianti, immobili ed attrezzature
industriali.
L'ammontare complessivo delle garanzie prestate ai sensi del
precedente comma non può eccedere, per il totale delle
imprese garantite, i settecento miliardi di lire.
Le condizioni e modalità della prestazione delle garanzie
saranno disciplinate con decreto del Ministro del tesoro su
conforme delibera del CIPI.
Gli oneri derivanti dalle garanzie graveranno su apposito
capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro,
da classificarsi tra le spese di carattere obbligatorio".
Nota
all'art. 101:
-
Il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio l979,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile
1979, n. 95, come modificato dal presente decreto è
il seguente:
"Art.
2-bis (Garanzia dello Stato) - Il Tesoro dello Stato può
garantire in tutto o in parte i debiti che le imprese in amministrazione
straordinaria contraggono con istituzioni creditizie per il
finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione
ed il completamento di impianti, immobili ed attrezzature
industriali.
L'ammontare complessivo delle garanzie prestate ai sensi del
precedente comma non può eccedere, per il totale delle
imprese garantite, i settecento miliardi di lire.
Le condizioni e modalità della prestazione delle garanzie
saranno disciplinate con decreto del Ministro del tesoro su
conforme delibera del CIPI.
Gli oneri derivanti dalle garanzie graveranno su apposito
capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro,
da classificarsi tra le spese di carattere obbligatorio".
Note
all'art. 102:
-
La legge 29 maggio 1982, n. 297, reca:
"Disciplina
del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica".
Si riporta il testo del relativo art. 2:
"Art.
2 (Fondo di garanzia). - è istituito presso l'Istituto
nazionale della previdenza sociale il ''Fondo di garanzia
per il trattamento di fine rapportò' con lo scopo di
sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del
medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di
cui all'articolo 2120 del codice civile spettante ai lavoratori
o loro aventi diritto.
Trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo,
reso esecutivo ai sensi dell'articolo 97 del regio decreto
16 marzo 1942, n. 267 ovvero dopo la pubblicazione della sentenza
di cui all'art. 99 dello stesso decreto, per il caso siano
state proposte
opposizioni o impugnazioni riguardanti il suo credito, ovvero
dalla pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato
preventivo, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono
ottenere a domanda il pagamento, a carico del fondo, del trattamento
di fine rapporto lavoro e dei relativi crediti accessori,
previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte.
Nell'ipotesi di dichiarazione tardiva di crediti di lavoro
di cui all'articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267, la domanda di cui al comma precedente può essere
presentata dopo il decreto di ammissione al passivo o dopo
la sentenza che decide il giudizio insorto per l'eventuale
contestazione del curatore fallimentare.
Ove l'impresa sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa
la domanda può essere presentata trascorsi quindici
giorni dal deposito dello stato passivo, di cui all'articolo
209 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero, ove siano
state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il credito
di lavoro, dalla sentenza che decide su di esse.
Qualora il datore di lavoro, non soggetto alle disposizioni
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non adempia, in caso
di risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione
del trattamento dovuto o vi adempia in misura parziale, il
lavoratore o i suoi aventi diritto possono chiedere al fondo
il pagamento del trattamento di fine rapporto, semprechè,
a seguito dell'esperimento dell'esecuzione forzata per la
realizzazione del credito relativo a detto trattamento, le
garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte
insufficienti. Il fondo, ove non sussista contestazione in
materia, esegue il pagamento del trattamento insoluto.
Quanto previsto nei commi precedenti si applica soltanto nei
casi in cui la risoluzione del rapporto di lavoro e la procedura
concorsuale od esecutiva siano intervenute successivamente
all'entrata in vigore della presente legge.
I pagamenti di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma
del presente articolo sono eseguiti dal fondo entro 60 giorni
dalla richiesta dell'interessato. Il fondo è surrogato
di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio
spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli
articoli 2751-bis e 2776 del codice civile per le somme da
esso pagate.
Il fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una
contabilità separata nella gestione dell'assicurazione
obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato
con un contributo a carico dei datori di lavoro pari allo
0,03 per cento della retribuzione di cui all'articolo 12 della
legge 30 aprile 1969, n. 153, a decorrere dal periodo di paga
in corso al 1 luglio 1982. Per tale contributo si osservano
le stesse disposizioni vigenti per l'accertamento e la riscossione
dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.
Le disponibilità del fondo di garanzia non possono
in alcun modo essere utilizzate al di fuori della finalità
istituzionale del fondo stesso. Al fine di assicurare il pareggio
della gestione, l'aliquota contributiva può essere
modificata, in diminuzione o in aumento, con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro del tesoro, sentito il consiglio di amministrazione
dell'INPS, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo
del fondo medesimo.
Il datore di lavoro deve integrare le denunce previste dall'articolo
4, primo comma, del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352 convertito,
con modificazione, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, con
l'indicazione dei dati necessari all'applicazione delle norme
contenute nel presente articolo nonché dei dati relativi
all'accantonamento effettuato nell'anno precedente ed all'accantonamento
complessivo risultante a credito del lavoratore. Si applicano
altresì le disposizioni di cui ai commi secondo, terzo
e quarto dell'articolo 4 del predetto decreto-legge. Le disposizioni
del presente comma non si applicano al rapporto di lavoro
domestico.
Per i giornalisti e per i dirigenti di aziende industriali,
il fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è
gestito, rispettivamente, dall'Istituto nazionale di previdenza
dei giornalisti italiani ''Giovanni Amendola e dall'Istituto
nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali".
-
Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, reca: "Attuazione
della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori
subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro".
Si riporta il testo del relativo art. 2:
"Art.
2 (Intervento del Fondo di garanzia di cui alla legge 29 maggio
1982, n. 29). - 1. Il pagamento effettuato dal Fondo di garanzia
ai sensi dell'art. 1 è relativo ai crediti di lavoro,
diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine
rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro
rientranti nei dodici mesi che precedono: a) la data del provvedimento
che determina l'apertura di una delle procedure indicate nell'art.
1, comma 1; b) la data di inizio dell'esecuzione forzata;
c) la data del provvedimento di messa in liquidazione o di
cessazione dell'esercizio provvisorio ovvero dell'autorizzazione
alla continuazione dell'esercizio di impresa per i lavoratori
che abbiano continuato a prestare attività lavorativa,
ovvero la data di cessazione del rapporto di lavoro, se questa
è intervenuta durante la continuazione dell'attività
dell'impresa.
2. Il pagamento effettuato dal Fondo ai sensi del comma 1
non può essere superiore ad una somma pari a tre volte
la misura massima del trattamento straordinario di integrazione
salariale mensile al netto delle trattenute previdenziali
e assistenziali.
3. Per il conseguimento delle somme dovute dal Fondo ai sensi
del presente articolo si applicano le disposizioni di cui
ai commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, primo periodo
e decimo dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Per
le somme corrisposte dal Fondo si applica il disposto di cui
al comma settimo, secondo periodo, dell'art. 2 della legge
citata.
4. Il pagamento di cui al comma 1 non è cumulabile
fino a concorrenza degli importi: a) con il trattamento straordinario
di integrazione salariale fruito nell'arco dei dodici mesi
di cui al comma 1; b) con le retribuzioni corrisposte al lavoratore
nell'arco dei tre mesi di cui al comma 1; c) con l'indennità
di mobilità riconosciuta ai sensi della legge 23 luglio
1991, n. 223, nell'arco dei tre mesi successivi alla risoluzione
di rapporto di lavoro.
5. Il diritto alla prestazione di cui al comma 1 si prescrive
in un anno. Gli interessi e la svalutazione monetaria sono
dovuti dalla data di presentazione della domanda.
6. L'intervento del Fondo di garanzia previsto dalle disposizioni
che procedono opera soltanto nei casi in cui le procedure
indicate nell'art. 1 siano intervenute successivamente all'entrata
in vigore del presente decreto legislativo.
7. Per la determinazione dell'indennità eventualmente
spettante, in relazione alle procedure di cui all'art. 1,
comma 1, per il danno derivante dalla mancata attuazione della
direttiva CEE 80/87, trovano applicazione i termini, le misure
e le modalità di cui ai commi 1, 2 e 4.
L'azione va promossa entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto".
Note
all'art. 106:
-
Si riporta il testo dell'art. 3 del decreto-legge 30 gennaio
1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
aprile 1979, n. 95:
"Art.
3 (Società o imprese controllate, a direzione unica
e garanti). - Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale del decreto con il quale è stata disposta
l'amministrazione straordinaria di una società di cui
al primo comma dell'art. 1, sono soggette alla medesima procedura
a norma del presente decreto-legge, ancorché non si
trovino nelle condizioni previste nel detto comma:
a) la società che controlla direttamente o indirettamente
la società in amministrazione straordinaria;
b) le società direttamente o indirettamente controllate
dalla società in amministrazione straordinaria o dalla
società che la controlla;
c) le società che in base alla composizione dei rispettivi
organi amministrativi risultano sottoposte alla stessa direzione
della società in amministrazione straordinaria;
d) le società che hanno concesso crediti o garanzie
alla società in amministrazione straordinaria e alle
società di cui alle precedenti lettere per un importo
superiore, secondo le risultanze dell'ultimo bilancio, ad
un terzo del valore complessivo delle proprie attività.
L'accertamento giudiziario dello stato di insolvenza delle
società suindicate è compiuto dal tribunale
ai sensi del secondo comma dell'articolo 1, anche per iniziativa
del commissario o dei commissari. Alla procedura di amministrazione
straordinaria, da disporre con separato decreto per ciascuna
società, devono essere preposti gli stessi organi nominativi
con decreto di cui al primo comma, salvo eventuale integrazione
del comitato di sorveglianza anche in eccedenza al numero
massimo previsto nell'art. 198 della legge fallimentare.
Nei confronti delle società di cui al primo comma,
ancorché non sia stato accertato lo stato di insolvenza,
il commissario o i commissari delle società poste in
amministrazione straordinaria possono esperire l'azione revocatoria
di cui all'art. 67 della legge fallimentare, relativamente
agli atti indicati ai numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo,
posti in essere nei cinque anni anteriori alla sentenza dichiarativa
dello stato di insolvenza della società in amministrazione
straordinaria, e relativamente agli atti indicati al n. 4)
e al secondo comma di detto articolo, posti in essere nei
tre anni anteriori.
Ai fini dell'esperimento dell'azione il commissario o i commissari
possono richiedere informazioni alla Commissione nazionale
per le società e la borsa, e ad ogni altro pubblico
ufficio, che sono tenuti a fornire entro trenta giorni. Possono
altresì chiedere alla CONSOB di effettuare, allo scopo
di accertare tutti i rapporti di carattere giuridico e patrimoniale
intercorsi tra le società in amministrazione straordinaria
e quelle passivamente legittimate rispetto all'azione revocatoria
di cui al comma precedente, le indagini consentite dalla legge
7 giugno 1974, n. 216. L'accertamento deve compiersi entro
120 giorni dalla data della richiesta.
Il commissario è legittimato a proporre la denuncia
prevista dall'articolo 2409 del codice civile contro gli amministratori
e i sindaci delle società indicate alle lettere a),
b) e c) del primo comma del presente articolo. Ove il tribunale
accerti la sussistenza delle più gravi irregolarità
di cui al terzo comma nel citato articolo 2409 il commissario
potrà essere nominato amministratore giudiziario della
società i cui amministratori hanno compiuto le gravi
irregolarità sopra indicate.
Le domande giudiziali previste dai commi precedenti e quelle
di responsabilità cui il commissario è legittimato
a norma dell'articolo 206, primo comma, della legge fallimentare,
vanno proposte dinanzi al tribunale che ha accertato il primo
stato di insolvenza ai sensi dell'art. 1, secondo comma, con
il rito disciplinato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533. Le
relative sentenze sono provvisoriamente esecutive.
Le norme di cui ai commi precedenti sono applicabili anche
agli atti e ai fatti posti in essere anteriormente all'entrata
in vigore del presente decreto-legge.
Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato
e i commissari, allo scopo di accertare la esistenza di società
nelle condizioni di cui al primo comma, possono richiedere
informazioni alla Commissione nazionale per le società
e la borsa e ad ogni altro pubblico ufficio, che sono tenuti
a fornirle entro quindici giorni.
Al medesimo fine possono richiedere alle società fiduciarie
di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966 le generalità
degli effettivi proprietari dei titoli azionari intestati
al proprio nome. Tali società sono parimenti tenute
a rispondere entro quindici giorni.
Nei casi di società collegate a norma del primo comma
del presente articolo, ove si verifichi l'ipotesi di una direzione
unitaria, gli amministratori delle società che hanno
esercitato tale direzione rispondono in solido con gli amministratori
della società in amministrazione straordinaria dei
danni da questi cagionati alla società stessa.
-
Si riporta il testo dell'art 1, quinto comma, del decreto-legge
30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 aprile 1979, n. 95:
"Quando
sia stato accertato giudiziariamente, ai sensi degli articoli
5 e 195 della legge fallimentare, d'ufficio o ad iniziativa
dei soggetti indicati dall'art. 6 della predetta legge, lo
stato di insolvenza dell'impresa ovvero l'omesso pagamento
di almeno tre mensilità di retribuzione, il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato dispone con
proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, la
procedura di amministrazione straordinaria".
Note
all'art. 108:
-
La legge 23 luglio 1991, n. 223, reca: "Norme in materia
di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento
al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del
lavoro".
-
Si riporta il testo del relativo art. 3:
"Art.
3 (Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure
concorsuali). - 1. Il trattamento straordinario di integrazione
salariale è concesso, con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese
soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di
integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento,
di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa
ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria,
qualora la continuazione dell'attività non sia stata
disposta o sia cessata. Il trattamento straordinario di integrazione
salariale è altresì concesso nel caso di ammissione
al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni.
In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione
salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello
previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento
viene concesso, su domanda del curatore, del liquidatore o
del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi.
2.
Entro il termine di scadenza del periodo di cui al comma 1,
quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa
dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei
livelli di occupazione tramite la cessione, a qualunque titolo,
dell'azienda o di sue parti, il trattamento straordinario
di integrazione salariale può essere prorogato, su
domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, previo
accertamento da parte del CIPI, per un ulteriore periodo non
superiore a sei mesi. La domanda deve essere corredata da
una relazione, approvata dal giudice delegato o dall'autorità
che esercita il controllo, sulle prospettive di cessione dell'azienda
o di sue parti e sui riflessi della cessione sull'occupazione
aziendale.
3.
Quando non sia possibile la continuazione dell'attività,
anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando
i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo
parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario
hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi
dell'articolo 4 ovvero dell'articolo 24, i lavoratori eccedenti.
In tali casi il termine di cui all'articolo 4, comma 6, è
ridotto a trenta giorni.
Il contributo a carico dell'impresa previsto dall'articolo
5, comma 4, non è dovuto.
4.
L'imprenditore che, a titolo di affitto, abbia assunto la
gestione, anche parziale, di aziende appartenenti ad imprese
assoggettate alle procedure di cui al comma 1, può
esercitare il diritto di prelazione nell'acquisto delle medesime.
Una volta esaurite le procedure previste dalle norme vigenti
per la definitiva determinazione del prezzo di vendita dell'azienda,
l'autorità che ad essa proceda provvede a comunicare
entro dieci giorni il prezzo così stabilito all'imprenditore
cui sia riconosciuto il diritto di prelazione. Tale diritto
deve essere esercitato entro cinque giorni dal ricevimento
della comunicazione.
4-bis.
Le disposizioni in materia di mobilità ed il trattamento
relativo si applicano anche al personale il cui rapporto sia
disciplinato dal regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e successive
estensioni, modificazioni e integrazioni, che sia stato licenziato
da imprese dichiarate fallite, o poste in liquidazione, successivamente
alla data del 1 gennaio 1993. Per i lavoratori che si trovino
nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento
di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione
da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi
quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l'inizio del trattamento
di mobilità.
4-ter.
Ferma restando la previsione dell'art. 4 della legge 12 luglio
1988, n. 270, e limitatamente ai lavoratori licenziati successivamente
al 1 agosto 1993, nei casi di fallimento, di concordato preventivo
di amministrazione controllata e di procedure di liquidazione,
le norme in materia di mobilità e del relativo trattamento
trovano applicazione anche nei confronti delle aziende di
trasporto pubblico che hanno alle proprie dipendenze personale
iscritto al Fondo per la previdenza del personale addetto
ai pubblici servizi di trasporto. Per i lavoratori che si
trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso
del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione,
la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione
deve intendersi quella del periodo di lavoro precedente l'inizio
del trattamento di mobilità.
5.
Sono abrogati l'art. 2 della legge 27 luglio 1979, n. 301
e successive modificazioni, e l'art. 2 del decreto-legge 21
febbraio 1985, n. 23 convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 aprile 1985, n. 143, e successive modificazioni.
5-bis.
La disciplina dell'intervento straordinario di integrazione
salariale e di collocamento in mobilità prevista dal
presente articolo per le ipotesi di sottoposizione di imprese
a procedure concorsuali si applica, fino a concorrenza massima
di lire dieci miliardi annui, previo parere motivato del prefetto
fondato su ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, ai lavoratori
delle aziende sottoposte a sequestro o confisca ai sensi della
legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
A tale fine l'amministratore dei beni nominato ai sensi dell'articolo
2-sexies della citata legge n. 575 del 1965 esercita le facoltà
attribuite dal presente articolo al curatore, al liquidatore
e al commissario nominati in relazione alle procedure concorsuali".
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Il testo dell'art. 5, comma 1, della legge 30 luglio 1998,
n. 274, è il seguente:
"1.
Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, lettera
u), della presente legge è autorizzata la spesa di
lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999".
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