I
DIPENDENTI DELLAPPALTATORE FALLITO POSSONO OTTENERE
DAL COMMITTENTE DEI LAVORI IL PAGAMENTO DELLE LORO SPETTANZE
Nei limiti del credito del loro ex datore di lavoro,
evitando la procedura fallimentare (Cassazione Sezione Lavoro
n. 3559 del 10 marzo 2001, Pres. Janniruberto, Rel. Prestipino).
Secondo lart. 1676 del codice civile, in caso di appalto,
i dipendenti dellappaltatore, che abbiano lavorato per
lesecuzione delle opere, possono proporre azione diretta
contro il committente per conseguire quanto è loro
dovuto. Essi possono però chiedere di essere soddisfatti
nei limiti del debito che il committente abbia verso lappaltatore
per il corrispettivo dellopera.
Patrizia S. ed altri dipendenti della società Italpulimento,
titolare di un appalto per servizi di pulizia presso il Ministero
delle Finanze, non avendo percepito né la retribuzione
per alcune mensilità, né il trattamento di fine
rapporto, hanno chiesto al Pretore di Roma di condannare la
datrice di lavoro e il Ministero in solido a pagare quanto
loro spettante, fino a concorrenza di lire 350 milioni, corrispettivo
ancora dovuto dallAmministrazione alla società
appaltatrice.
Il Pretore ha accolto la domanda, ma, dopo la pronuncia della
sua sentenza, la S.p.A. Italpulimento è fallita.
Sia il Ministero delle Finanze che il curatore del fallimento
hanno proposto appello, sostenendo che, una volta aperto il
procedimento fallimentare, le somme dovute dallAmministrazione
alla S.p.A. Italpulimento dovevano essere acquisite allattivo
del fallimento per poi essere ripartite fra tutti i creditori.
Il Tribunale di Roma ha confermato la condanna del Ministero
delle Finanze a pagare direttamente ai lavoratori quanto loro
spettante. Sia il Ministero che il curatore del fallimento
hanno proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione
della legge fallimentare.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 3559 del 10 marzo 2001,
Pres. Janniruberto, Rel. Prestipino) ha rigettato i ricorsi,
osservando che i dipendenti dellappaltatore quando agiscono
nei confronti del committente in base allart. 1676 cod.
civ. non fanno valere, in via surrogatoria (art. 2900 cod.
civ.), un credito del loro datore di lavoro, ma esercitano
unazione propria.
Il fatto stesso che la legge parli di azione diretta
contro il committente e che la legittimazione attiva
sia attribuita ai lavoratori per conseguire quanto loro
dovuto ha osservato la Corte sta a significare
che i lavoratori fanno valere un diritto proprio, che la legge
loro riconosce non in sostituzione del loro debitore, ma direttamente.
Questo particolare meccanismo ha aggiunto la Corte
ha fondamento in una finalità di natura preminentemente
sociale, dato che il legislatore ha voluto predisporre uno
strumento che è rivolto a tutelare una categoria di
soggetti particolarmente deboli, come sono i lavoratori subordinati,
per preservarli dal rischio dellinadempimento o, peggio
ancora, dellinsolvenza del datore di lavoro.
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