GUGLIELMO LANDOLFI

IL CONCORDATO PREVENTIVO CON CESSIONE DEI BENI

CEDAM 2000

L’autore prende spunto dai molteplici problemi offerti dalla pratica in relazione alla lacunosità legislativa (tre norme soltanto: art. 160, II comma, n. 2, art. 182, art. 186, II comma, legge fallimentare) e dalle soluzioni prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza spesso incoerenti e contrastanti, per delineare una trattazione unitaria della cessione concordataria.

In tal senso, vengono prese in considerazione soltanto le problematiche specificamente connesse a queste fattispecie e, segnatamente, al suo momento esecutivo, precisando dall’analisi dei profili inerenti il concordato preventivo in generale.

Volendo individuare le direttrici dell’opera, un primo punto riguarda l’unitarietà sistematica della procedura nelle due forme di concordato fino all’omologazione, con particolare riferimento ai beni del debitore ceduti, che pur rimanendo nella sfera giuridica del debitore, subiscono in virtù della proposta, una peculiare destinazione al soddisfacimento delle ragioni del creditore.

L’autore si sofferma, quindi, sulle differenze dell’istituto della cessione concordataria con quella civilistica.

Altro profilo di notevole impegno ricostruttivo riguarda la qualificazione giuridica della fase post-omologativa concernente la liquidazione dei beni ceduti, posta in relazione ai poteri degli organi del concordato.

La fase successiva del concordato consiste in una serie di atti di carattere negoziale posti in essere dal liquidatore giudiziale. In coerenza con questa soluzione, quest’ultimo può correttamente qualificarsi come gestore imparziale. Viene così operata la revisione critica dell’orientamento giurisprudenziale che riconduce la figura del liquidatore nel mandato e delle varie teorie che prospettano la sua qualificazione come pubblico ufficiale ovvero come organo della procedura.

Ulteriore tematica oggetto di notevole approfondimento è costituita dalla risoluzione del concordato preventivo con cessione dei beni con la verifica delle implicazioni dell’art. 186, II comma, legge fallimentare, secondo cui il concordato non si risolve se, dalla liquidazione dei beni, sia ricavata una percentuale inferiore al 40%.

La disamina del problema viene svolta diversamente dagli altri orientamenti, alla luce dei principi dell’adempimento in generale. Posto che il debitore, per effetto della cessione ai creditori, offre una prestazione diversa da quella originaria, si perviene alla conclusione che la sua liberazione potrà realizzarsi soltanto quanto l’obbligazione promessa verrà eseguita.

TEOBALDO AMURO

 

 












 

 

 


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