COMMISSIONE DI STUDIO PER LA REVISIONE SISTEMATICA DEL DIRITTO COMMERCIALE


Relazione e schema di norme delegate in materia di "giustizia per le imprese"

LA COMPETENZA E LA COMPETENZA IN MATERIA FALLIMENTARE

 

- La competenza.-

Nel definire le materie competenza delle ipotizzate sezioni specializzate, il testo licenziato dalla Commissione "Mirone" il 14 febbraio 2000 si riferisce a quattro blocchi di questioni: quelle in materia societaria, quelle afferenti al testo unico sulla finanza ed al testo unico bancario, quelle in materia di concorrenza, brevetti, marchi e segni distintivi dell'impresa, e quelle (ma non tutte) in materia di fallimento ed altre procedure concorsuali. In particolare, stabilisce che, nella competenza delle istituende sezioni specializzate in materia commerciale siano, tra l'altro, compresi: il diritto societario; le materie disciplinate dal testo unico dei mercati finanziari e dal testo unico bancario; la concorrenza, i brevetti ed i segni distintivi dell'impresa; tutte o alcune delle controversie in materia fallimentare e concorsuale in genere, con esclusione della dichiarazione di fallimento e delle competenze gestorie del tribunale fallimentare. Nei primi due numeri, la indicazione è per fonti e, negli altri, per materia. Il disegno di legge approvato dal Governo il 26 maggio 2000 si riferisce ai "procedimenti in materia di diritto societario", specifica che sono comprese "le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali"; rimette al legislatore delegato la determinazione delle controversie previste dal testo unico dei mercati finanziari e dal testo unico bancario; aggiunge una specifica previsione per i procedimenti relativi alla amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza; riproduce in parte qua la previsione relativa alla materia fallimentare. Nella relazione che accompagna tale proposta si riconosce espressamente che le materie diverse dal diritto societario sono previste "per assicurare una "massa critica" di controversie sufficiente a giustificare l'istituzione di appositi organi giurisdizionali in tutte le attuali sedi di corte d'appello": si è, infatti, constatato che le controversie in materia di diritto societario, pur in base ad una valutazione approssimativa e per eccesso, coprono circa l'1% del contenzioso civile e che, quindi, un intervento legislativo limitato ad esse non sarebbe giustificato. A ben vedere, la definizione dell'ambito di competenza delle sezioni costituisce comprensibilmente la parte meno chiaramente definita della proposta, rispetto alla quale, non si è trattato soltanto di proseguire in un percorso già segnato, individuando di volta in volta le soluzioni tecniche per una compiuta elaborazione dei principî e dei criteri direttivi ai sensi dell'art. 77 Cost. e per formulare le relative disposizioni delegate, ma di precisare le scelte altrove solo in parte operate. Le esigenze sottese all'istituzione delle costituende sezioni specializzate, infatti, sebbene comuni alle materie indicate, lo sono anche ad altre: le obiezioni mosse all'istituzione di sezioni specializzate di rappresentare una sorta di miglior giustizia "di casta", vuoi per i soggetti giudicanti che per i soggetti giudicati, riceverebbe impulso se l'ambito delle materie fosse ristretto ai soli conflitti attinenti alle forme organizzative dell'impresa ed alla concorrenza fra imprenditori, mentre aggiungere alla forte motivazione della giustizia specializzata come fattore di efficienza e competitività dei mercati quella dell'affidamento ad una giustizia competente e rapida anche in materie come quelle dei contratti di impresa, specie bancari e finanziari, con positiva ricaduta anche sulla tutela dei risparmiatori, e così in generale anche dell'affidamento generale del mercato contribuirebbe significativamente ad allontanare le critiche di elitarismo. In questa prospettiva, sono da escludere le soluzioni estreme: quella di attribuire alle sezioni tutte le controversie commerciali, come avveniva per i Tribunali di commercio, aboliti nel 1888. Sebbene tale soluzione (che potrebbe fondarsi sulla qualità di imprenditore commerciale ai sensi dell'art. 2195 c.c. di almeno una delle parti, ovvero sulla natura della controversia, ovvero ancora su criterî misti) sia certamente coerente con l'obiettivo di offrire un servizio giustizia efficiente per i conflitti economici, affinché le imprese possano reggere la concorrenza all'interno della Unione Europea, non appare praticabile, perché la competenza delle sezioni finirebbe con l'assorbire quasi tutto il contenzioso attualmente definito civile: resterebbero fuori, oltre alle controversie di lavoro, subordinato, parasubordinato e di pubblico impiego, quelle agrarie e di locazione, soltanto quelle riguardanti le persone e la famiglia, i diritti reali e le successioni; quella di attribuire alle sezioni soltanto le attuali competenze collegiali in materia commerciale e cioè le "cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione (...) delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi", ai sensi dell'art. 50 bis, n. 5, c.p.c. comprese, quindi, le impugnazioni dei bilanci e delle deliberazione di esclusione dei soci; le "cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali e i liquidatori, ai sensi dello stesso art. 50 bis, n. 5, c.p.c., nonché dell'art. 144 ter disp. att. c.p.c. e, quindi, quelle previste, tra l'altro, dagli artt. 2393, 2394, 2395 c.c., 129 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, 146 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, 90 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270; i reclami avverso i provvedimenti cautelari nelle materie commerciali, in deroga a quanto previsto dall'art. 669 terdecies c.p.c.; i procedimenti in camera di consiglio regolati dagli artt. 737 ss. c.p.c. e quelli nei quali è previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, ancora ai sensi dell'art. 50 bis c.p.c., compreso, quindi, il procedimento per la denuncia di gravi irregolarità, ai sensi dell'art. 2409 c.c., al quale rinviano gli artt. 128, 152, 166 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nonché l'art. 89 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270; le controversie inerenti procedure concorsuali previste dall'art. 50 bis, nn. 2 e 4, c.p.c. e dall'art. 92 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, e, quindi, le "cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti"; le "cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo; la dichiarazione dello stato di insolvenza in funzione della ammissione alla amministrazione straordinaria; la verifica dei crediti nella amministrazione straordinaria; le "cause di approvazione del concordato" in riferimento alla amministrazione straordinaria; tutti gli altri provvedimenti previsti dal d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270; i reclami di cui all'art. 26 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e delle controversie indicate nell'art. 92 d.leg. 8 luglio 1999, n. 270. Nella consapevolezza che la precisa definizione dell'ambito di competenza non potrà che essere operata dal legislatore delegato, allorché sarà stata definitivamente approvata la legge delega e le scelte saranno state compiute dal Parlamento, e in considerazione delle esigenze di coerenza prima segnalate, è opportuna comunque la concentrazione presso le istituende sezioni di tutti i conflitti, incidenti su diritti soggettivi, nelle materie considerate, prevedendo espressamente che, in riferimento a ciascuna ipotesi, la competenza delle sezioni comprende anche i controlli sugli atti delle autorità indipendenti. In questa prospettiva, è consequenziale concentrare presso le sezioni anche le attuali competenze speciali nelle materie considerate della corte di appello, quale giudice di unico grado, senza, peraltro, incidere sui criteri speciali di competenza per territorio; ne consegue che la competenza sul brevetto europeo dovrebbe essere attribuita soltanto alle istituende sezioni presso i tribunali di Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari, Palermo e Cagliari; quella sulle sanzioni amministrative in materia bancaria alla sezione del tribunale di Roma. In conclusione, per quanto riguarda la tipologia dei procedimenti e delle controversie, è opportuno riferirsi: a tutti i conflitti ed i procedimenti in materia societaria, attribuendo al legislatore delegato il compito di individuarli analiticamente; ad alcuni di quelli in materia bancaria e finanziaria che il legislatore delegato dovrà individuare "in base alla rilevanza economica e sociale dei medesimi", a quelli in materia di concorrenza, brevetti e segni distintivi dell'impresa, come già previsto con formula ampia e, quindi, idonea a comprendere sia i conflitti orizzontali tra imprese, sia quelli verticali con i consumatori ed i risparmiatori, nonché, eventualmente, anche quelli in materia di diritti su beni immateriali e sulla proprietà intellettuale inerenti l'esercizio dell'impresa; a quelli in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, precisando che restano esclusi quelli relativi alle società controllate previsti dalla disciplina dei gruppi contenuta nel d. leg. 8 luglio 1999, n. 270, nonché secondo l'opinione della maggioranza a quelli in materia concorsuale relativi alle società quando l'ammontare complessivo delle voci di bilancio relative ai debiti ed al trattamento di fine rapporto non sia inferiore a 5.000 milioni di lire. .

La competenza in materia fallimentare.

- La materia fallimentare è sicuramente tra quelle per cui la specializzazione del giudice può essere considerata un requisito indispensabile per il corretto funzionamento dell'istituto. Specializzazione è presupposto di competenza, non soltanto dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista dell'esperienza pratica e del complesso di nozioni, in senso lato economico, che sono necessarie per il concreto svolgimento delle funzioni. Va sottolineato che il giudice fallimentare deve avere buona conoscenza della contabilità e dei bilanci e di molte prassi gestionali delle imprese, sia ai fini dell'istruttoria prefallimentare, sia nella concreta gestione delle procedure, sia infine nelle procedure concorsuali minori (amministrazione controllata e concordato preventivo) dove la valutazione sulle possibilità di risanamento, sulla gestione dell'impresa in pendenza di procedura, sulle modalità di cessione dell'azienda o di un ramo d'azienda sono ordinario oggetto dell'attività del magistrato. Al giudice fallimentare si chiedono spesso valutazioni di opportunità, che sono impossibili se non si conosce, nel suo concreto svolgersi, la realtà su cui si è chiamati ad incidere. La competenza tecnica del giudice fallimentare è anche garanzia di trasparenza. Pur essendo il giudice delegato un giudice monocratico, il procedimento per dichiarazione di fallimento e molti tra giudizi che dal fallimento derivano (opposizioni a dichiarazione di fallimento, opposizioni a stato passivo, impugnazione dei crediti ammessi, giudizi di insinuazione tardiva) sono rimasti di competenza del giudice collegiale. Il collegio interviene in sede di reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato. Le autorizzazioni per gli atti di straordinaria amministrazione sono ugualmente di competenza del collegio. In molti tribunali, anche di medie dimensioni, la materia fallimentare è affidata ad un solo giudice. In questi casi il controllo del collegio, formato da magistrati privi di ogni competenza tecnica specifica, è del tutto privo di incisività. La attribuzione anche della materia fallimentare alle istituende sezioni specializzate, inoltre, consentirebbe di soddisfare l'esigenza di individuare una "massa critica" da aggiungere ai procedimenti societari e finanziari. In alternativa al criterio previsto dallo schema "Mirone" è possibile attuare il riparto secondo altri criteri: già l'art. 156 della Legge fallimentare ex r.d. 16 marzo 1942, n. 267, prevedeva che le funzioni del giudice delegato potessero essere affidate al pretore del luogo dove il debitore ha la sede principale dell'impresa; la disposizione è stata abrogata dall'art. 161 d.leg. 51/98, ma il principio da essa espresso potrebbe essere recuperato, prevedendo che alla sezione, comunque competente per tutto ciò che riguarda l'amministrazione straordinaria, siano anche attribuiti i fallimenti delle società "quando l'ammontare complessivo delle voci di bilancio relative ai debiti ed al trattamento di fine rapporto non sia inferiore a cinque miliardi di lire", secondo un criterio oggettivo non suscettibile di dare luogo a complesse questioni di competenza, fondato sul riferimento alle voci C e D del passivo dello stato patrimoniale secondo lo schema previsto dall'art. 2424 c.c.; a tali parametri si è ritenuto di aggiungere l'ammontare complessivo delle voci di bilancio relative ai debiti ed al trattamento di fine rapporto. Attribuire, invece, alla sezione distrettuale la competenza a provvedere in ordine all'accertamento dei presupposti per far luogo a tutte le procedure concorsuali che debbano essere aperte nell'ambito del distretto significa attribuire a questo giudice specializzato la cognizione di un numero enorme di procedimenti, la maggior parte dei quali è di modesta rilevanza economica e che sovente sono promossi non per ottenere l'apertura della procedura, ma nella speranza più o meno fondata che il debitore, sottoposto a questo mezzo di pressione, si decida a pagare. E' sembrato allora che la soluzione debba passare necessariamente tramite la determinazione di una competenza per valore della sezione distrettuale, limitata alla cognizione delle procedure di maggior importanza economica. Così delimitato il campo di cui la sezione distrettuale deve occuparsi, non pare che vi siano motivi per escludere che la sezione possa seguire anche la gestione dei procedimenti che apre. Il limite dimensionale esclude infatti che ne derivi un soverchio carico di lavoro.

 

 












 

 

 


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