CONSIGLIO
NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI
CONVEGNO IN ROMA DEL 23 FEBBRAIO 2002
"LA PRASSI FALLIMENTARE NEI TRIBUNALI"
ACQUISIZIONE
E CUSTODIA DELLE ATTIVITA' FALLIMENTARI
Tullio Pannella
Dottore Commercialista in Napoli
Dalla
lettura degli elaborati, si evince che nella procedura esecutiva
-concorsuale, talvolta, non si eseguono atti amministrativi,
pur necessari e previsti dalla norma processuale, da parte
di alcuni Uffici fallimentari.
Ad esempio, l'apposizione dei sigilli, prevista dall'art.
84 l.f., quasi sempre, non viene effettuata, sicchè,
il curatore, unitamente al cancelliere, effettua la prima
ricognizione dei beni, mediante inventario, che costituisce
il primo impatto con la realtà dell'azienda.
La legge del 1942 può dirsi superata nella realtà,
dal momento che è sommamente dispendiosa l'attività
che un Giudice dedichi all'apposizione di sigilli, con tutto
il carico processuale da sbrigare nella esponenziale crescita
delle dichiarazioni di fallimento, oltre alle altre incombenze
che gravano su di lui, all'infuori della procedura amministrativa
fallimentare.
E' giusto pensare, quindi, già da questo primo impatto
con la realtà fallimentare, che, in sede di riforma
della legge, al curatore vengano dati poteri più
ampi, in quanto egli non solo è la "longa manus"
del Giudice Delegato, ma, anche, colui il quale conosce
"dal vivo" quelle realtà che lo stesso
Giudice può solo immaginare dalla lettura delle relazioni
che gli vengono presentate.
Accade spesso che, in circostanze di fatto particolari,
il curatore senta il bisogno di fornirsi, ad esempio, di
una macchina fotografica per non incorrere, in futuro, in
dubbi sulla presenza di taluni beni che, in accessi successivi,
possano scomparire o essere sostituiti con altri similari:
il tutto non riscontrabile, nè accertabile, nella
descrizione dell'inventario.
Al quesito che prevede se il fallito viene preventivamente
avvisato per l'effettuazione dell'inventario: il Nord risponde
si con un 67%, il Centro risponde no o non risulta con il
67%, il Sud no o non risulta con il 55%.
Praticamente, il curatore, al primo accesso in azienda,
giunge di sorpresa e coglie spesso il fallito nella piena
attività gestionale. Ciò accade perché,
non essendo stata effettuata l'apposizione dei sigilli,
e non essendo stato avvertito il fallito della data dell'inventario,
questi, non legalmente conscio (stante il ritardo della
comunicazione dell'estratto della sentenza dichiarativa
di fallimento), si trova nella condizione di chi non è
stato praticamente impedito nell'attività commerciale.
Si verifica, di certo, una situazione incresciosa: può
accadere che il curatore, con il cancelliere, si trova in
presenza di fatti, persone, dipendenti, collaboratori, clienti
del fallito, ignari di tutto. Si realizza la sorpresa di
un'attività giudiziaria di rilevante impatto, che
dura tanto, quanto necessario per inventariare i beni stessi.
E' evidente che l'apposizione dei sigilli, prevista dalla
legge, immediatamente prima o dopo la dichiarazione di fallimento,
serviva, come serve, anche ad escludere un'immissione dell'Ufficio
giudiziario nel pieno dell'attività gestionale dell'azienda.
In effetti, con l'apposizione dei sigilli alla porta d'ingresso
dell'azienda, si verifica un'evidente pubblicità
per i terzi.
Alla luce di quanto considerato, è auspicabile che,
in futuro, se si vuole mantenere l'istituto dell'apposizione
dei sigilli, si sostituisca al Giudice altro organo.
Diversamente, è corretto adottare altro istituto
giuridico che, subito dopo la dichiarazione di fallimento,
impedisca il prosieguo dell'attività commerciale,
e sottragga i beni al possesso materiale del fallito.
E'
nell'ambito di questo accesso che il curatore, al cospetto
di circostanze particolari, da indicarsi nel verbale di
inventario, può ritenere necessario nominare un custode,
salva l'approvazione successiva del Giudice Delegato.
Tale approvazione deve considerarsi come atto di nomina
fatta direttamente dal Giudice per tutti gli effetti conseguenziali
in tema di compenso, di revoca, di sostituzione, di applicazione
di pene pecuniarie, così come previsto dagli artt.
65 e segg. del c.p.c., e di una più ampia interpretazione
del II comma dell'art. 32 l.f..
Sulla
stima dei beni mobili, la prassi maggioritaria prevede che
la valutazione di tali beni sia solitamente fatta in sede
di inventario.
Se il curatore ritiene di procedere per sua competenza specifica,
o per esperienza acquisita, valuta lo staggito, indicando
i criteri di valutazione adottati.
Se invece, per la qualità e per la particolarità
dei beni da inventariare, si impone la nomina di specialisti
qualificati, il curatore, consultato l'albo per categoria
esistente presso i Tribunali, indica al G.D. lo stimatore
idoneo alla bisogna del caso concreto.
Il G.D. può aderire alla indicazione, ovvero può
scegliere altro nominativo.
Dall'elaborato si evince, comunque, che al Nord la nomina
di uno stimatore è più frequente che al Centro-Sud.
Non è azzardato pensare che le aziende del Nord abbiano
maggiore consistenza di beni per qualità e quantità.
I
quesiti relativi all'apprensione di beni mobili, cosiddetti
"ritenuti del fallito", hanno bisogno di precisazioni:
a) i beni mobili si considerano di proprietà del
possessore fino a prova contraria (possesso vale titolo),
sicchè tutti i beni mobili che il curatore trova
nella casa o azienda del fallito, devono essere da lui inventariati;
b) i beni mobili, che l'imprenditore assume siano di sua
proprietà, in qualunque luogo si trovino, senza che
vi sia contestazione di terzi sul punto, correttamente possono
essere ritenuti di appartenenza del fallito, e, quindi,
inventariati;
c) i beni mobili, in possesso di terzi che dichiarano di
non essere proprietari, ma di averne titolo di godimento
(ad es. locazione), oppure titolo di garanzia ( ad es. pegno),
devono essere inventariati, ancorchè non presi in
consegna;
d) i beni mobili costituiti da macchinari contraddistinti
da numero di matricola, acquistati dal fallito in forza
di un titolo idoneo al trasferimento del bene, e che non
si trovano nell'azienda al momento dell'inventario, possono
essere inventariati dal curatore presso il terzo. Se questi
si oppone in forza di un titolo avente data certa, e perciò
opponibile al fallimento, il curatore ne prenderà
atto, per l'eventuale esercizio di un'azione revocatoria.
Se il titolo non è opponibile al fallimento, il curatore
deve promuovere azione giudiziale di rivendicazione del
bene.
L'azione forzosa del recupero del bene da parte del curatore,
non sembra legittima, in quanto il G.D. non dispone più
di un potere di coazione nei confronti del terzo possessore,
per giurisprudenza della Cassazione.
Per
quanto concerne le scritture contabili, queste devono essere
tenute dal curatore, ancorché depositate in cancelleria.
Non si comprende come potrebbe essere diversamente, in considerazione
del fatto che il curatore, attraverso le scritture contabili,
può verificare, in modo particolareggiato, e quindi
non solo dalla lettura dei bilanci, le operazioni effettuate
dalla fallita, soprattutto negli ultimi due anni di attività.
Al termine della procedura questi devono essere restituiti
agli amministratori della società fallita.
Non manca un orientamento di alcuni giudici, i quali ritengono
che i libri debbano essere depositati in cancelleria.
Dott.
Tullio Pannella